Effetti del fallimento sul contratto di affitto di azienda.

L’affitto di azienda viene comunemente definito come quel contratto con cui un soggetto, il concedente, si obbliga a far godere, per un dato tempo, un’azienda ad un altro soggetto, l’affittuario, il quale si impegna a gestirla senza modificarne la destinazione ed in modo da conservane l’efficienza dell’organizzazione, degli impianti e le normali dotazioni di scorte,  dietro il pagamento di un determinato corrispettivo in danaro.

 

Premesso brevemente ciò, in caso di fallimento di una delle parti del contratto di affitto di azienda, trova applicazione l’art. 79 della legge fallimentare il quale testualmente dispone: “Il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d’azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall’articolo 111, n. 1.”

Tale norma, è stata introdotta dall’art. 67 del D. Lgs. n. 5/2006, è detta una compiuta disciplina alla materia in oggetto.

Prima di tale riforma, alla carenza normativa la Giurisprudenza aveva sopperito con soluzioni diverse a seconda della parte contrattuale che fosse stata dichiarata fallita.
L’orientamento prevalente, in caso di fallimento del concedente, prevedeva la continuazione del contratto, e ciò in virtù di un’applicazione analogica dell’art. 80, comma 1, L.F, disciplinante il contratto di locazione.

In caso di fallimento dell’affittuario, gli orientamenti prevalenti erano due, da un lato vi era chi riconduceva la vicenda nell’ambito dell’art. 72 L.F., dall’altro invece chi ritenendo invece applicabili gli artt. 1626 c.c. e 44 L.F., optava per lo scioglimento automatico.
Come già anticipato, tale materia, a partire dal 2006, è stata oggetto di un’apposita riforma, che ha portato alla codificazione dell’art. 79 L.F., e quindi continuazione ope legis del contratto di affitto di azienda in caso di fallimento di una delle parti.

Per l’operatività di tale norma, quindi affinché il contratto possa continuare automaticamente dopo la dichiarazione di fallimento, è necessario che lo stesso sia opponibile al fallimento e quindi che:
1. sia costituito da atto scritto depositato entro trenta giorni per la registrazione presso il registro delle imprese;
2. abbia data certa anteriore al fallimento ai sensi dell’art. 2704 c.c..

Solo qualora il contratto di affitto di azienda sia quindi opponibile al fallimento troverà applicazione l’art. 79 L.F. e quindi ci sarà l’automatica continuazione dello stesso.

Ciò posto, la norma in esame, oltre a prevedere la continuazione del contratto, riconosce a ciascuno dei contraenti la facoltà di recedere dallo stesso entro sessanta giorni corrispondendo alla controparte un equo indennizzo.

Il recesso, il decorso del termine e l’equo indennizzo.

Il termine per esercitare la facoltà di recesso, per il curatore decorre dalla data di pubblicazione della sentenza di fallimento, mentre per l’altro contraente decorre, ai sensi dell’art. 16 L.F., dalla data di iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel registro delle imprese.

Una volta esercitata da una delle parti la facoltà di recesso, sorge il dovere di corrispondere l’equo indennizzo, che ha appunto a finalità di compensare il pregiudizio sofferto dalla controparte a causa della cessazione anticipata del contratto.

La quantificazione dell’indennizzo, come si evince dal tenore della norma, è rimessa all’autonomia delle parti ed in caso di eventuale dissenso tra le stesse, avverrà ad opera del giudice delegato, il quale lo commisurerà al lucro cessante ed al danno emergente che derivano dal recesso in capo alla controparte.

L’entità e la quantificazione dell’indennizzo sarà diversa, a seconda che il recesso sia stato esercitato dall’affittuario o dalla concedente, in quanto diversi sono gli interessi contrapposti.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.