È nota la distinzione tra leasing tradizionale o di godimento e leasing cd. traslativo: il leasing di godimento viene pattuito rispetto a beni che non conservano un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto negoziale, mentre il leasing traslativo riguarda beni idonei a mantenere alla scadenza un valore residuo ed è caratterizzato dal pagamento di canoni che non rappresentano esclusivamente il corrispettivo dell’uso del bene oggetto del contratto, ma scontano anche una quota di prezzo, in previsione del successivo acquisto da parte dell’utilizzatore. Nel primo caso, dunque, l’utilizzazione della res da parte del cessionario si inquadra in una funzione di finanziamento a scopo di godimento del bene per la durata del contratto, in conformità alla potenzialità economica del bene stesso, ed i canoni previsti costituiscono esclusivamente il corrispettivo di tale godimento; nel secondo caso, invece, le parti al momento della formazione del consenso, prevedono che la res, considerata la sua natura, l’uso previsto e la durata del negozio, avrà al termine dello stesso un valore residuo particolarmente apprezzabile per l’utilizzatore, sicché il trasferimento del bene non costituisce, come nel leasing tradizionale, un’eventualità del tutto marginale ed accessoria, ma rientra nella funzione assegnata dalle parti al contratto. Anzi, l’acquisto del bene da parte dell’utilizzatore al termine del rapporto negoziale è ciò che realizza la vera finalità perseguita dalle parti all’atto della stipulazione.

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Tribunale|Frosinone|Civile|Sentenza|24 gennaio 2020| n. 5
Data udienza 17 gennaio 2020

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE CIVILE DI FROSINONE

nella persona del giudice unico dott. PAOLO MASETTI

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1526 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2016 trattenuta in decisione all’udienza del 22.1.2019 con i termini ex art. 190, 1 comma, c.p.c., vertente

TRA

UN. S.P.A., in persona dei procuratori Dott. Ma.Lo. e Gi.Ba.;

FALLIMENTO Sc. S.p.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore Prof. Al.Di.;

rappresentati e difesi dall’Avv. Do.Sp., giusta procura in calce alla comparsa di riassunzione ex art. 50 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c.;

attori

E

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI FROSINONE, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante p.t. Dott. Lu.Ma., rappresentata e difesa dall’Avv. Gu.De., giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta.

convenuta

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

La Un. S.p.A. ed il Fallimento Sc. (già Se.) S.p.A. in liquidazione, con comparsa di riassunzione ex art. 50 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c. ritualmente notificata, riassumevano il giudizio originariamente introdotto con domanda di ingiunzione al Tribunale di Roma nei confronti della ASL di Frosinone per l’importo di Euro 2.440.000,00, a seguito della declaratoria di incompetenza territoriale del giudice capitolino in favore del Tribunale di Frosinone (e contestuale revoca del decreto ingiuntivo n. 8093 del 3.4.2015) emessa con ordinanza del 3.3.20lb nel giudizio di opposizione promosso dall’ASL.

Giova ricordare che, nel ricorso monitorio, le parti istanti deducevano che:

– in data 9.4.2009 tra la ASL e la società SE. S.p.A. (poi divenuta SE.M ed infine Sc.) era stato stipulato “”contratto di appalto per l’affidamento, mediante noleggio triennale con diritto di riscatto, di un sistema (…)”, per un importo complessivo triennale, “”comprensivo di assistenza, manutenzione e sostituzione delle parti di ricambio gratuite per il primo anno ed a pagamento per gli anni successivi”, pari ad Euro 2.000.00,00 oltre IVA (cfr. il contratto sottoscritto);

– nello specifico con il suddetto contratto la SE. si era impegnata a fornire il macchinario indicato, mentre la ASL avrebbe dovuto versare il corrispettivo pattuito entro i tre anni del periodo di noleggio (decorrente dalla data del verbale di collaudo positivo definitivo, ex art. 4), con la seguente rateizzazione: per il primo anno Euro

150.000. 00 trimestrali; per il secondo e terzo anno, oltre alla rata trimestrale di Euro 150.000. 00, ulteriori Euro 25.000,00 trimestrali (quale corrispettivo per l’assistenza, manutenzione e sostituzione delle parti di ricambio), godendo poi del diritto di riscatto gratuito dell’apparecchiatura;

– la Se. aveva provveduto a dare puntuale adempimento alle proprie obbligazioni, provvedendo alla consegna ed al montaggio del macchinario presso l’ospedale di Sora, dove lo stesso era utilizzato, oltre all’assistenza e alla manutenzione ogni qual volta era stata richiesta;

– in data 4.8.2009 Se. aveva perfezionato atto di cessione del credito nascente dal contratto in favore della Un. s.p.a.;

– benché ormai scaduto il triennio di durata del contratto, la ASL era rimasta totalmente inadempiente all’obbligo del pagamento del corrispettivo, omettendo di versarlo tanto alla Sc. quanto alla Un.;

– con sentenza del 26.5.2011 la Sc. S.p.A. in liquidazione era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Roma;

– a seguito della dichiarazione di fallimento Un. aveva comunicato alla curatela ed alla ASL la retrocessione del credito ceduto;

– nessun esito avevano avuto le successive trattative per la soluzione bonaria della controversia, a causa dell’atteggiamento dilatorio dell’ASL.

Nel contesto del medesimo ricorso, Un. dichiarava “”la propria volontà che la debitrice effettui il pagamento direttamente a favore della Curatela per l’intera somma dovuta, sia riconoscendo alla Curatela la completa ed effettiva titolarità del credito qui azionato, sia, se del caso, conferendo con il presente atto mandato alla Curatela del Fallimento Sc. per l’incasso di qualsiasi somma che risulterà dovuta dalla ASL Frosinone in ragione del contratto di appalto”.

Avverso il decreto ingiuntivo, emesso per l’importo richiesto a favore della sola Un., proponeva opposizione la ASL di Frosinone, in sintesi deducendo che:

– l’acquisizione dell’apparato HIFU a guida ecografica era stata richiesta dal Direttore della UOC Oncologia Medica del presidio ospedaliero di Sora, per il trattamento dei pazienti, affetti da patologie neoplastiche, afferenti alla citata struttura;

– l’apparecchiatura era stata acquisita dalla SE. (previa valutazione positiva dell’offerta inviata) in quanto all’epoca, per quanto noto, commercializzata in esclusiva dalla stessa;

– l’acquisizione aveva comportato, a carico dell’ASL, costi pari ad Euro 292.690,49 per lavori di adattamento e riqualificazione di uno specifico locale del presidio ospedaliero in cui installare il macchinario, nonché costi pari ad Euro 12.559,20 per il trasporto dello stesso;

– il collaudo finale era stato effettuato a cura della società (…) s.r.l. in data 28.5.2010;

– ciò nonostante la ASL non era stata messa in condizione di utilizzare il macchinario, tanto è vero che con esso venivano trattati solo 4 pazienti, precisamente in quanto la SE., in spregio alle previsioni contrattuali, dopo il collaudo, non aveva mai più fornito alla ASL alcuna assistenza e manutenzione per il corretto funzionamento dell’impianto, venendo anzi dichiarata fallita in data 26.5.2011, con conseguente scioglimento ipso iure del contratto di appalto ex art. 81 L. F. e cessazione di ogni attività;

– di fatto, perciò, ad un anno dal collaudo dell’impianto (momento iniziale del termine triennale del “noleggio”), la ASL si era trovata nell’impossibilità di richiedere alla SE. qualsiasi prestazione per i servizi di assistenza, calibrazione e manutenzione, con conseguente impossibilità di utilizzare il macchinario in sicurezza, date le sue peculiari caratteristiche, trattandosi di tecnologia innovativa richiedente l’impiego di personale con specifico addestramento ed una calibrazione molto accurata della macchina.

In base a quanto sopra, premessa l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice adito, l’ASL sosteneva la nullità o annullabilità del contratto per vizio del consenso, sub specie di errore della P.A. contraente (e ciò in quanto “se al momento della stipula del contratto” la ASL di Frosinone avesse solo potuto immaginare che la contraente SE. S.p.A. avrebbe assicurato l’adempimento delle obbligazioni assunte “solo per un anno, la stessa non avrebbe mai e poi mai sottoscritto il suddetto contratto” – pag. 15 atto di citazione in opposizione al d.i. – laddove invece la SE. era ben consapevole della grave situazione in cui versava e che non sarebbe stata in grado di onorare fino in fondo le obbligazioni assunte).

In via subordinata deduceva l’erroneità dell’importo richiesto, avendo in ogni caso il contratto avuto concreta applicazione solo per un anno (ossia dalla data del collaudo del macchinario a quella del fallimento della società fornitrice).

Rilevava comunque l’inadempimento contrattuale della controparte, per la mancata fruizione delle controprestazioni relative alla assistenza e manutenzione del bene, nonché il grave pregiudizio economico subito per le spese sostenute in correlazione con la vicenda, da porre in compensazione con eventuali crediti avversari, ex art. 56 L. F..

Sosteneva, infine, la non debenza degli interessi ex D.Lgs. 231/2002 dalle singole scadenze trimestrali previste in contratto, così come accordati nel d.i., potendo riconoscersi, nei confronti della P.A., solo gli interessi in misura legale a far data dalla domanda introduttiva.

Costituendosi nel giudizio di opposizione, l’Un. ed il Fallimento Sc. contestavano le circostanze affermate dalla ASL, rimarcando in particolare che: il macchinario era stato fornito, installato e tarato per il corretto funzionamento dalla SE., la quale aveva anche provveduto alla formazione del personale medico; la ASL lo aveva concretamente utilizzato per la cura dei pazienti da essa selezionati, giammai riscontrando problemi nell’utilizzo dello stesso e mai chiedendo di restituirlo; le obbligazioni inerenti all’assistenza tecnica, peraltro di natura secondaria, temporalmente limitate al triennio ed economicamente incidenti solo per il corrispettivo di Euro 200.000,00 oltre IVA, erano state compiutamente adempiute dalla SE. e in ogni caso l’assistenza sul territorio era garantita dalla casa produttrice come da altre società da questa incaricate per l’Italia; in nessun modo, nella vicenda de qua, poteva configurarsi un vizio del consenso, comunque causa di annullamento e non di nullità del contratto, essendo dunque la relativa azione prescritta; il contratto non si era affatto sciolto a seguito del fallimento e, in ipotesi di sua caducazione per invalidità, la ASL sarebbe stata tenuta, quantomeno, ad un indennizzo per indebito arricchimento; gli interessi erano dovuti nella misura e con la decorrenza richieste, applicandosi anche alla ASL le disposizioni del D.Lgs. 231/2002.

Nel giudizio riassunto a seguito della declaratoria di incompetenza, le parti attrici, richiamati i precedenti atti difensivi, instavano per l’accoglimento delle seguenti conclusioni, così come precisate nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c.: “”a) accertare e dichiarare il credito del Fallimento Sc. S.p.A. (già SE. e poi Se.) e per esso della Un. S.p.A. nei confronti della ASL di Frosinone, per la complessiva somma di Euro 2.440.000,00, oltre interessi dalle scadenze specificamente previste nel contratto del 9.4.2009 al soddisfo e nella misura stabilita dal d.lgs. n. 231/02, come modificato dal d.lgs. n. 192/12 e successive modifiche; a1) in via gradata, nella denegata ipotesi in cui sia dichiarata l’invalidità del contratto per qualsiasi ipotesi o ragione, voglia l’adito Tribunale accertare il diritto delle attrici, ai sensi dell’art. 2041 c.c., al pagamento della somma di Euro 2.000.000, ovvero di quella che sarà ritenuta equa da parte del Giudice, ai sensi dell’art. 1226 c.c., per indebito arricchimento ricevuto dalla ASL di Frosinone dall’utilizzo delle apparecchiature oggetto di cessione da parte della Sc. S.p.A. dalla data della consegna e sino alla data odierna;

b) per l’effetto, condannare la ASL di Frosinone al pagamento in favore della Un. S.p.A. ovvero in subordine del Fallimento Sc. S.p.A. della somma di Euro 2.440.000, o di quella comunque ritenuta dovuta a titolo di corrispettivo o di indennità per indebito arricchimento, come innanzi liquidata, oltre agli interessi di mora ai sensi del d.lgs. n. 231/02;

c) condannare la ASL di Frosinone al rimborso delle spese e competenze per il presente giudizio”.

La ASL, a sua volta, richiamava interamente le difese di merito spiegate dinanzi al Tribunale di Roma e concludeva nei seguenti termini: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione” In via riconvenzionale nel merito: accertare e dichiarare la nullità e/o annullare il Contratto intercorso tra le parti per vizio del consenso della ASL di Frosinone e, per l’effetto, ritenere e dichiarare che nessun importo è dovuto dalla ASL di Frosinone alla Un. S.p.A., né al Fallimento Sc. (già SE.M) in Liquidazione S.p.A., per i titoli in premessa, perché la premessa creditoria è assolutamente infondata, in fatto ed in diritto, ingiusta ed illegittima, oltre che non provata, per tutti i motivi di cui alla narrativa del presente atto. In via riconvenzionale subordinata nel merito: nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda riconvenzionale principale, voglia comunque contenere la pretesa creditoria avanzata dai ricorrenti nei confronti della ASL di Frosinone al sinallagma contrattuale, operando la compensazione legale ex art. 56L.F. tra i debiti “eventualmente accertati e di crediti vantati dall’opposta, per tutti i motivi di cui alla narrativa del presente atto”.

La causa, concessi i termini ex art. 183, sesto comma, c.p.c., veniva istruita con prove documentali e testimoniali e all’esito dell’istruttoria trattenuta in decisione, all’udienza indicata in epigrafe.

Così ripercorsi l’excursus processuale e le posizioni dalle parti, la soluzione della controversia non può prescindere dal preliminare inquadramento del contratto intercorso tra la società allora denominata SE. S.p.A. e la ASL di Frosinone, che ne determina anche il regime giuridico all’indomani del fallimento della Sc. s.p.a..

Da questo punto di vista, gli elementi emergenti dagli atti lasciano tutti propendere per la qualificazione del contratto in termini di leasing traslativo.

È nota la distinzione tra leasing tradizionale o di godimento e leasing cd. traslativo: il leasing di godimento viene pattuito rispetto a beni che non conservano un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto negoziale, mentre il leasing traslativo riguarda beni idonei a mantenere alla scadenza un valore residuo ed è caratterizzato dal pagamento di canoni che non rappresentano esclusivamente il corrispettivo dell’uso del bene oggetto del contratto, ma scontano anche una quota di prezzo, in previsione del successivo acquisto da parte dell’utilizzatore. Nel primo caso, dunque, l’utilizzazione della res da parte del cessionario si inquadra in una funzione di finanziamento a scopo di godimento del bene per la durata del contratto, in conformità alla potenzialità economica del bene stesso, ed i canoni previsti costituiscono esclusivamente il corrispettivo di tale godimento; nel secondo caso, invece, le parti al momento della formazione del consenso, prevedono che la res, considerata la sua natura, l’uso previsto e la durata del negozio, avrà al termine dello stesso un valore residuo particolarmente apprezzabile per l’utilizzatore, sicché il trasferimento del bene non costituisce, come nel leasing tradizionale, un’eventualità del tutto marginale ed accessoria, ma rientra nella funzione assegnata dalle parti al contratto. Anzi, l’acquisto del bene da parte dell’utilizzatore al termine del rapporto negoziale è ciò che realizza la vera finalità perseguita dalle parti all’atto della stipulazione.

Ebbene la predetta finalità è particolarmente evidente dalla lettura degli atti preparatori dell’operazione negoziale posta in essere: cfr. la nota ASL prot. 24380 del 24.11.2008 avente ad oggetto “”richiesta autorizzazione per acquisizione sistema (…) a guida ecografica, mediante locazione finanziaria”; la nota Regione Lazio prot. 13858 del 4.2.2009 avente ad oggetto “”autorizzazione all’acquisto dell’attrezzatura mediante locazione finanziaria””; la delibera ASL n. 109 del 9.2.2009 di affidamento della fornitura alla SE., ove si legge che “”al termine del periodo di noleggio il sistema sarà riscattato senza oneri aggiuntivi per l’Azienda””). Inoltre lo schema del contratto ricalca esattamente quello tipico del leasing, con preminente accentuazione dello scopo di acquisizione del bene, prevedendosi un noleggio del macchinario di soli tre anni con diritto di riscatto gratuito a favore della ASL alla scadenza del periodo.

È poi evidente che l’elemento caratterizzante la prestazione a carico della SE. fosse la fornitura dell’apparecchiatura, unitamente alle operazioni di start up indispensabili alla sua messa in funzione (queste ultime comunque completate alla data del fallimento). L’aspetto dell’assistenza tecnica, sebbene regolato in modo puntuale (cfr. gli artt. 9 e 13 del contratto nonché i contenuti dell’offerta per il servizio di supporto e manutenzione ivi richiamata) ed avente, chiaramente, la sua importanza, restava accessorio nell’economia generale del negozio. Appare significativo, da questo punto di vista, che il servizio in questione sia stato separatamente considerato nella fase delle trattative precontrattuali (cfr. i doc. 4 e 7 del fascicolo di parte convenuta) ed abbia infatti un costo autonomo, incidente in modo limitato sul valore economico complessivo dell’operazione ( Euro 200.000,00 sui totali 2.000.000,00); che esso abbia, ai termini del contratto, una durata comunque circoscritta (i tre anni di noleggio più, eventualmente, ulteriori tre anni, ai sensi dell’art. 15); che si tratti di un servizio suscettibile di essere reperito, in ipotesi, anche presso altre società specializzate (circostanza questa allegata dalle parti attrici e non specificamente e tempestivamente messa in discussione dalla ASL).

In sostanza, pur venendo in rilievo un contratto a causa “mista”, la sua funzione prevalente va individuata, senz’altro, in quella del leasing ed in particolare del leasing traslativo.

Ebbene, premesso che il contratto in questione era ancora pendente alla data del fallimento della Sc. (in quanto non compiutamente eseguito da entrambe le parti), deve applicarsi la regola desumibile dall’art. 72 quater L. F., dettato in tema di locazione finanziaria, che, per l’ipotesi del fallimento del concedente, prevede la prosecuzione del contratto (consentendo, così, all’utilizzatore di riscattare il bene).

Sebbene infatti il quarto comma dell’articolo in esame sia testualmente riferito alle “”società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria”, con ciò facendo riferimento alla tradizionale figura del leasing finanziario (in cui è una società finanziaria che acquista il bene dal produttore per poi concederlo in utilizzo ad un soggetto, dietro il corrispettivo di un canone periodico), mentre nella fattispecie ci si trova di fronte ad una figura di leasing cd. operativo (nel quale è direttamente il soggetto produttore/rivenditore del bene a concederlo in godimento all’utilizzatore) non sembra precluso (anche nel nuovo impianto della legge fallimentare, che ha introdotto la regola generale dell’art. 72, destinata a valere in caso di inapplicabilità delle diverse disposizioni contenute nella Sezione IV, Capo III, Titolo II della stessa legge) procedere ad una applicazione estensiva della norma de qua, considerata l’identità del ruolo del soggetto fallito nello schema contrattuale (quello, appunto, di concedente).

Peraltro le caratteristiche del contratto concluso inter partes avvicinano molto la fattispecie per cui è causa a quella della vendita con riserva di proprietà (per la quale è parimenti prevista la prosecuzione del contratto in caso di fallimento del venditore, ex art. 73 L. F.), considerato il diritto di riscatto gratuito dell’utilizzatrice al termine del triennio, che rendeva pressoché scontato il trasferimento del bene a quest’ultima.

È indubbio, poi, in linea di fatto, che la ASL abbia continuato a detenere il bene, giammai formulando offerta di restituzione dello stesso.

Riconosciuta, dunque, la legittimazione del curatore a richiedere l’intero corrispettivo del contratto, proseguito dopo il fallimento ed ormai venuto a scadenza, occorre esaminare le eccezioni sollevate dalla ASL a giustificazione del mancato pagamento. Ebbene, l’eccezione fondamentale non attiene, a ben vedere, ad un vizio del consenso nella formazione del contratto (non ricorrendo alcuna ipotesi di errore rilevante ai sensi degli artt. 1428 e ss. c.c.), bensì ad un asserito inadempimento della società fornitrice del macchinario, per non avere prestato i servizi di assistenza tecnica e manutenzione, garantiti per l’intera durata del contratto, ciò che, sempre secondo quanto sostenuto dalla ASL, avrebbe determinato l’impossibilità di utilizzare l’apparecchiatura in sicurezza.

Ora, tuttavia, dall’istruttoria è sostanzialmente emerso che la SE.:

– ha regolarmente provveduto all’installazione, presso i locali del polo ospedaliero di Sora, del sistema (…), il quale è stato sottoposto a collaudo con esito positivo (cfr. doc. 15 fascicolo di parte convenuta);

– ha organizzato i corsi di formazione del personale medico della ASL, finalizzati all’acquisizione delle conoscenze necessarie all’utilizzo dell’apparecchiatura, sia in Italia che in Cina (cfr. i documenti prodotti con la seconda memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. di parte convenuta, nonché le dichiarazioni dei testi Bu. e Ge.);

– ha messo a disposizione presso la struttura sanitaria, nella fase di start up, un medico ed un ingegnere cinesi, per l’assistenza ai primi trattamenti con il sistema (cfr. dichiarazioni testi Se., To., Bu., Ge.);

– ha offerto assistenza tecnica, anche tramite un servizio di contatto telefonico, almeno nel primo anno di rapporto (cfr. dichiarazioni testi Se., To.).

È vero che i testi Bu. e Ge. hanno riferito di alcune difficoltà incontrate nel contattare telefonicamente il tecnico di riferimento della SE. (peraltro, a detta del Ge., ciò si sarebbe verificato solo in un paio di occasioni).

È inoltre affatto verosimile che, sopraggiunto il fallimento e collocati in mobilità i dipendenti, la Sc. non abbia più effettuato attività di manutenzione preventiva, della quale, in effetti, non vi è prova in atti.

Pur tuttavia e d’altro canto, l’ASL non ha dimostrato che tali carenze abbiano pregiudicato irrimediabilmente la possibilità di utilizzo dello strumento (se del caso ricorrendo ad altri operatori specializzati nell’assistenza, tenuto conto del fatto che, come pure emerso dall’istruttoria, trattasi di apparecchiatura in uso anche ad altri centri di medicina oncologica).

Secondo il teste De., oltretutto, la Sc. aveva già affidato la manutenzione di tutti i macchinari ad altra società da essa stessa partecipata (la HTSS), con contratto proseguito anche dopo il fallimento, mentre non consta che la ASL o i medici della stessa, da un certo momento in poi, abbiano effettivamente inoltrato richieste di intervento o comunque tentato di mettersi in contatto con i referenti della società fallita (cfr. dichiarazioni teste Serra: “”anche perché il nostro tecnico non è stato più chiamato, abbiamo pensato che non utilizzassero più il macchinario”; cfr., altresì, dichiarazioni teste Ge.: “”To. mi disse di rivolgermi direttamente a Se. per indicazione di nuovo tecnico di riferimento. Io non chiamai Se., né seguii la pratica di persona, quanto al periodo che seguì, anche perché ci arrivò notifica del fallimento”).

In tutta evidenza, qualora si fosse determinata l’assoluta inutilizzabilità dello strumento a cagione di carenze nell’assistenza e manutenzione imputabili alla ditta fornitrice (scenario di particolare gravità nel contesto di un contratto di così grande rilevanza economica intercorrente con una Pubblica Amministrazione) sarebbe stato assolutamente logico trovarsi di fronte non soltanto a plurime richieste di intervento, inviate per iscritto e rimaste inevase, ma anche a contestazioni ufficiali da parte della ASL e a immediate iniziative per la risoluzione del contratto e la restituzione del macchinario.

Nulla di tutto questo è dato invece rinvenire negli atti processuali, il che priva di consistenza le difese di parte convenuta.

Ciò avuto riguardo anche al fatto che, per quanto emerso dalle deposizioni testimoniali, l’esiguo numero di pazienti trattati con il sistema (…) è dipeso da diversi fattori che nulla hanno a che vedere con inadempimenti della società fallita (così il teste Serra: “ci risulta che c ‘erano problemi organizzativi tra medici oncologi e medici anestetisti, la cui presenza era indispensabile per il trattamento”; così il teste Ra.: “il Commissario ASL ci disse che la macchina era stata utilizzata poco per problemi tra anestetisti e medici oncologi”; così il teste Bu.: “abbiamo trattato 5 pazienti, anche perché l’indicazione terapeutica all’utilizzo del macchinario ha un range molto ristretto”).

Giova a questo punto richiamare il fondamentale principio per cui nei contratti a prestazioni corrispettive il rifiuto di una parte di adempiere la propria obbligazione si giustifica, secondo il canone dell’art. 1460 c.c., solo quando vi sia proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, essendo altrimenti contrario a buona fede (cfr., ex multis, Cass. 2720/2009 e 22626/2016).

Alla luce di quanto sopra risulta ingiustificabile il mancato pagamento dell’intero corrispettivo da parte della ASL, a fronte della protratta detenzione del macchinario per tutto il periodo di vigenza contrattuale e dell’utilizzo dello stesso (sebbene non con i risultati attesi), così come infondata deve dirsi la pretesa della convenuta di compensare l’importo dovuto per i canoni con i costi che, secondo le pattuizioni legittimamente intercorse, dovevano restare a carico dell’Azienda.

Piuttosto, può considerarsi inesigibile il compenso di Euro 200.000,00 contrattualmente legato all’assistenza tecnica da prestarsi nel secondo e nel terzo anno di rapporto, dal momento che non è stato dimostrato l’esatto ed integrale adempimento di tale specifica obbligazione.

Giova rilevare che ad analoga soluzione della controversia si perverrebbe considerando instaurati tra le parti due rapporti negoziali, distinti sebbene collegati, ossia un contratto di leasing (finalizzato all’acquisto dell’apparecchiatura medica) ed un contratto di appalto (specificamente riferito al servizio di assistenza e manutenzione, dal costo, separato, di Euro 200.000,00), posto che in tal caso verrebbe a “sciogliersi” per effetto del fallimento, ex art. 81 L. F., solo il secondo contratto, con conseguente non debenza del relativo corrispettivo, ma non il primo, che manterrebbe una sua utilità e funzione.

In definitiva, dunque, è dovuto dalla ASL il pagamento della somma di Euro 1.800.000,00 oltre IVA ed interessi di mora nella misura e con le decorrenze previste dal D.Lgs. 231/2002, essendo indubbio che la normativa sui ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, di cui al suddetto decreto legislativo, si applichi anche alle transazioni concluse tra imprese e P.A. (cfr. art. 2 D.Lgs. 231/2002).

Il pagamento deve avvenire in favore del Fallimento Sc., in quanto è pacifico – per averlo espressamente dichiarato in giudizio la stessa Un. s.p.a. – che i crediti nascenti dal contratto, inizialmente ceduti alla suddetta società di factoring, sono poi stati retroceduti alla curatela fallimentare.

Le spese seguono la prevalente soccombenza di parte convenuta e vengono liquidate come in dispositivo, secondo i parametri di cui al D.M. 55/2014, opportunamente adeguati al carattere delle difese svolte.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1) rigetta la domanda di declaratoria di nullità o di annullamento del contratto formulata dalla ASL di Frosinone;

2) condanna la ASL di Frosinone, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore del Fallimento Sc. S.p.A. in liquidazione della somma di Euro 1.800.000,00 oltre IVA ed interessi di mora nella misura e con le decorrenze previste dal D.Lgs. 231/2002;

3) condanna la convenuta a rifondere agli attori le spese di lite, che liquida in Euro 545,00 per esborsi e in complessivi Euro 30.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, CPA ed IVA come per legge.

Così deciso in Frosinone il 17 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.