in merito alla legittimazione attiva e passiva, dell’azione extracontrattuale ex art. 1669 c.c. per gravi difetti costruttivi può essere promossa in via esclusiva o concorrente nei confronti tanto dell’appaltatrice, quanto del progettista o del direttore dei lavori e può essere promossa tanto dai committenti, quanto dagli acquirenti, quanto dall’amministratore del condominio in relazione ai vizi che interessano le parti comuni degli edifici.
Tribunale|Milano|Sezione 7|Civile|Sentenza|1 aprile 2020| n. 2229
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SETTIMA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, in persona del giudice designato dr. Gian Piero Vitale, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 15329 del Registro Affari Contenziosi dell’anno 2016 vertente
TRA
CONDOMINIO (…) DI VIA (…) MILANO (C.F. (…)), in persona dell’amministratore p.t., elettivamente domiciliato in Milano, alla Via (…), presso lo studio dell’avv. Fr.Gr., che lo rappresenta e difende come da procura in calce all’atto di citazione;
ATTORE
E
BE.AM. (C.F. (…)), rappresentato e difeso, per procura alle liti posta in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall’avv. Pa.An. del Foro di Mantova e dall’avv. Ka.Mu. del Foro di Milano, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Milano, Via (…);
CONVENUTO
E
UN. S.p.A. (C.F. (…)), in persona del legale rappresentante p.t., con sede in Bologna, via (…), elettivamente domiciliata in Milano, alla via (…), presso lo studio dell’avv. Fr.La. che la rappresenta e difende, giusta procura giusta procura speciale congiunta alla comparsa di costituzione e risposta;
TERZA CHIAMATA
OGGETTO: risarcimento danni ex art. 1669 c
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 1.3.2016, il Condominio (…) conveniva in giudizio avanti a questo Tribunale l’ing. Am.Be. per sentirlo condannare, a titolo di risarcimento danni ex artt. 1669 c.c. (conseguenti ai vizi e difetti costruttivi delle parti comuni specificati in citazione), al pagamento in proprio favore della somma di Euro 170.000,00 o della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione e con vittoria delle spese di giudizio.
In particolare, il Condominio attore assumeva che la società costruttrice (…) Srl – in seguito divenuta (…) S.r.l. in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese in data 31.08.2009 – aveva edificato lo stabile condominiale e che era stato incaricato come direttore dei lavori, nonché redattore del progetto di variante, l’ing. Am.Be.; che, a seguito di perizie effettuate dall’arch. Gu. incaricato dal Condominio, venivano scoperti gravi vizi e difetti costruttivi da ricondurre specificamente ad erronea progettazione, direzione dei lavori ed esecuzione delle opere, con conseguente responsabilità, in via solidale, del costruttore-venditore ormai cessato da anni e dell’ing. Am.Be., in qualità di direttore dei lavori.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio il professionista convenuto contestando la domanda attorea; in particolare, eccepiva la carenza di legittimazione attiva del Condominio e la decadenza e prescrizione ex articolo 1669 c.c.; nel merito, assumeva che le situazioni lamentate non potevano rientrare nel novero dei gravi difetti ai sensi dell’articolo 1669 c.c. e, in ogni caso, di non avere alcuna responsabilità in ordine agli stessi. Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda attorea e, al contempo, chiedeva autorizzarsi la chiamata in causa della compagnia Un. S.p.A., con la quale aveva stipulato polizza per la responsabilità professionale, per essere da quest’ultima garantita nel caso di accoglimento dell’avversa domanda.
Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva Un. S.p.A., eccependo l’insussistenza dell’obbligo di pagare l’indennizzo assicurativo, ai sensi dell’articolo 1892, terzo comma, cod. civ. e concludendo per il rigetto della domanda di manleva proposta dal convenuto. All’esito della trattazione seguiva la fase istruttoria, nel corso della quale veniva disposta ed espletata c.t.u.; quindi a partire dall’udienza dell’18.11.2018 subentrava questo giudicante nella trattazione del giudizio e, sulle conclusioni rassegnate all’udienza del 18.12.2019, la causa era riservata in decisione con i termini ex art. 190 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda avanzata da parte attrice è infondata e va, pertanto, rigettata.
La presente causa è stata introdotta dal Condominio (…) di via (…) 22/24 in Milano nei confronti dell’ing. Am.Be., in qualità di direttore dei lavori all’epoca dell’edificazione dello stabile condominiale (dal febbraio 2006 al novembre 2008), al fine di sentir accertare la responsabilità di quest’ultimo per i gravi difetti e vizi ex art. 1669 c.c. con conseguente condanna del medesimo al risarcimento dei danni.
Sotto il profilo della legittimazione attiva e passiva, va innanzitutto evidenziato che l’azione extracontrattuale ex art. 1669 c.c. per gravi difetti costruttivi può essere promossa in via esclusiva o concorrente nei confronti tanto dell’appaltatrice, quanto del progettista o del direttore dei lavori (cfr. in particolare, Cass. n. 17874/2013) e può essere promossa tanto dai committenti, quanto dagli acquirenti, quanto dall’amministratore del condominio in relazione ai vizi che interessano le parti comuni degli edifici.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di appalto, la norma di cui all’art. 1669 c.c. ha, nonostante la relativa sedes materiae, natura indiscutibilmente extracontrattuale (essendo diretta a tutelare l’interesse, di carattere generale, alla conservazione ed alla funzionalità degli edifici e degli altri immobili destinati, per loro natura, ad una lunga durata), e trascende il rapporto negoziale (di appalto, di opera, di vendita) in base al quale il bene sia pervenuto, dal costruttore, nella sfera di dominio di un soggetto che, dalla rovina, dall’evidente pericolo di rovina o dai gravi difetti dell’opera, abbia subito un pregiudizio (per tutte, Cass. 1998, n. 12106).
Nel caso in esame non vi è dubbio che i vizi specificamente dedotti dal Condominio afferiscono a parti comuni dell’edificio condominiale (facciata, difettoso isolamento termico, frontalini e intradossi dei balconi).
Con riferimento in particolare ai frontalini e intradossi dei balconi occorre ricordare l’orientamento consolidato della giurisprudenza secondo cui tali elementi si debbono considerare beni comuni quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio – come nel caso di specie, secondo quanto si evince dalla documentazione fotografica in atti – in quanto assolventi anche ad una funzione estetica e quindi inerenti al decoro dell’edificio (cfr. Cass. 2013, n. 18571; Cass. 2012, n. 6624; Cass. 1996, n. 8159).
In ogni caso va rilevato che la Suprema Corte “ha progressivamente ampliato l’interpretazione dell’art. 1130 c.c., n. 4, – che prevede il potere-dovere dell’amministratore di compiere atti conservativi a tutela delle parti comuni dell’edificio -, fino ad affermare la legittimazione dell’amministratore del Condominio a promuovere l’azione di cui all’art. 1669 cod. civ., a tutela indifferenziata dell’edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivino da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusiva di condomini, come ad esempio i balconi (ex plurimis Cass. 2016 n. 1990; Cass. 2010, n. 22656)”.
Ciò premesso, deve rilevarsi che il c.t.u. ing. Ca. ha riscontrato in gran parte i difetti denunciati da parte attrice e descritti nella perizia del consulente di parte arch. Gu. del 18.01.2014 (“tutti i frontalini dei balconi che si affacciano sul parco presentano distacchi del manto pittorico a base di silicati presente e del sottostante intonaco anche a causa di rilevanti fenomeni infiltrativi; tutti gli intradossi dei balconi che si affacciano sul parco presentano distacchi del manto pittorico a base di silicati presente e del sottostante intonaco a causa dei rilevanti fenomeni infiltrativi dalla soprastante pavimentazione in gres ceramico e dai punti di fissaggio dei montanti; la facciata, su cui aggettano i balconi, presenta in più punti tracce di ammaloramento superficiale del manto pittorico ai silicati e presente in colore bianco a causa anche di sgocciolamenti dai davanzali, infiltrazioni dalle solette ammalorate dei balconi e dal non omogeneo trattamento superficiale della stessa; gli angoli dei balconi afferenti via (…) presentano distacchi del manto pittorico a base di silicati presente e del sottostante intonaco anche a causa dell’ancoraggio inidoneo e dei fenomeni infiltrativi in atto”).
In sostanza, dunque, in quasi tutti balconi, i frontalini, gli intradossi e, in generale, sulla facciata del fabbricato si è manifestato il diffuso scostamento dell’intonaco dovuto all’erronea impermeabilizzazione.
Deve ritenersi che tali difetti, anche per la loro diffusività sulla facciata condominiale (per come si evince dalla documentazione fotografica in atti) e pericolosità, siano riconducibili ai gravi vizi costruttivi di cui all’art. 1669 cod. civ..
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità la nozione di difetto di costruzione ricomprende anche alterazioni che non investono parti essenziali dell’immobile ma quegli elementi secondari o accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi ecc.) funzionali all’impiego duraturo dell’opera e tali pertanto da incidere in modo considerevole sul godimento dell’immobile e da comprometterne la normale utilità in relazione alla sua destinazione economica e pratica, e per questo eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici (Cass. Sez. U. 27/03/2017, n. 7756; Cass. 09/09/2013, n. 20644; Cass. 03/01/2013, n. 84; Cass. 04/10/2011, n. 20307; Cass. 15/09/2009, n. 19868).
Inoltre, la giurisprudenza qualifica come gravi le infiltrazioni e le macchie di umidità ed altresì le fessurazioni e i distacchi di intonaco della facciata, quando, per intensità e diffusività, sono tali da ridurre l’effettivo godimento dell’immobile (cfr. Cass. 2013, n. 84; Cass. 2013, n. 27433; Cass. 1996 n. 3301).
Ciò posto in tema di qualifica dei vizi descritti nella perizia del 18.01.2014, deve ritenersi che l’eccezione di decadenza formulata dal convenuto merita accoglimento con riferimento a detti vizi. Come noto, l’art. 1669 c.c. individua tre termini: uno decennale di natura sostanziale, un secondo di decadenza per la denuncia entro un anno dalla scoperta, un terzo di prescrizione dell’azione, di un anno dalla denuncia.
È pacifico che il fabbricato in questione è stato ultimato nel 2008.
Secondo la giurisprudenza il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile previsto dall’art. 1669 c.c., a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore o il direttore dei lavori, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione di relazioni peritali effettuate (Cass. 2008, n. 2460; Cass. 2005 n. 567; Cass. 2002 n. 16008).
Nel caso in esame deve ritenersi che parte attrice ha acquisito adeguata conoscenza dei difetti sopra menzionati e delle relative probabili cause con la relazione tecnica del 18 gennaio 2014 commissionata all’arch. Gu. (doc. 8 di parte attrice).
Tuttavia, il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. di cui al proc. n. 1076/2015 R.G. proposto dal Condominio (e poi rigettato da questo Tribunale con ordinanza del 4 marzo 2015) che, secondo quanto esposto da parte attrice ha avuto anche valenza di denunzia (non essendovi in atti comunicazioni di data anteriore), è stato notificato al convenuto con raccomandata a.r. ricevuta il 4 febbraio 2015 (v. doc. 5 di parte convenuta), oltre il termine annuale dalla scoperta e conoscenza dei vizi acquisita dal Condominio con la relazione del arch. Gu. del 18 gennaio 2014, ragione per cui parte attrice è decaduta dall’azione ex art. 1669.
A nulla rileva che il ricorso in questione è stato depositato dal Condominio in data 12 gennaio 2015 posto che la denunzia dei vizi è, per sua natura, una dichiarazione recettizia, che non può produrre effetti fino a che non sia portata a conoscenza, effettiva o presunta, del destinatario.
Parte attrice ha poi dedotto ulteriori vizi sulla scorta della successiva relazione dell’arch. Gu. del 25 settembre 2015, con cui veniva rilevato che alcune unità immobiliari del condominio erano interessate da infiltrazioni e muffe su pareti e soffitti e che la causa di tali fenomeni era da ricondursi al mancato isolamento termico.
Al riguardo deve osservarsi quanto segue.
Occorre premettere che, anche alla luce della documentazione fotografica allegata alla relazione dell’arch. Gu. e alla relazione del CTU ing. Ca., si tratta sicuramente di problematiche di scarso rilievo, non più in atto, che avrebbero riguardato soltanto n. 5 unità immobiliari su 60 esistenti nel condominio e che hanno prodotto effetti esclusivamente estetici (circoscritte tracce di umidità appena visibili), non incidendo sulla struttura e non pregiudicando la fruibilità dell’edificio. Deve ritenersi, allora, che tali vizi non possono ritenersi gravi e sono riconducibili alla disciplina, di natura esclusivamente contrattuale, prevista dall’art. 1667 cod. civ..
Ne consegue che, poiché tale azione spetta soltanto al committente verso l’appaltatore, deve escludersi, nel caso di specie, qualsiasi legittimazione attiva in capo al Condominio attore, non essendo questi committente dell’opera.
A ciò si aggiunga, in ogni caso (e ad abudantiam), che non vi sono nemmeno gli elementi sufficienti per ricondurre tali vizi a carenze dell’isolamento termico e comunque alla responsabilità del direttore dei lavori convenuto.
Al riguardo il CTU ha evidenziato, nelle conclusioni a pag. 15 della relazione, che “il direttore dei lavori ha migliorato il progetto per quanto riguarda l’involucro”, rimandando espressamente, per gli aspetti attinenti all’isolamento termico, alla relazione del proprio ausiliario ing. Lamberti, il quale nelle conclusioni a pag. 19-20 della propria relazione allegata alla CTU ha così esposto: “Dalle analisi agli elementi finiti sopra riportate si evince che la soluzione realizzata in variante è migliorativa sia per quanto riguarda i risultati di trasmittanza della parete che per quanto riguarda la temperatura superficiale raggiunta durante i mesi invernali. La correzione del ponte termico così come realizzata, rispetto alla soluzione da progetto, tende a sfavorire la formazione di muffe lungo il ponte termico di interpiano. I risultati ottenuti hanno recepito le mancanze realizzative riscontrate nella campagna di indagini svolte in data 21.02.2018, quali la non continuità dello strato isolante sino a raggiungere il cordolo in C.A. (mancanza modellata come 30×50 mm anche se identificata di inferiore entità) e della non completa presenza di collante nel cappotto dallo spessore di 40 mm su via (…).
Riteniamo quindi che le modifiche proposte dal progettista ed avvallate dalla DL e quindi realizzate dal costruttore, siano in tutti gli aspetti migliorative rispetto a quelle di progetto inizialmente previste (così ricavate dalla Legge 10 in atti) dal punto di vista dell’analisi termica e di correzione dei ponti termici.
Nessuna responsabilità per quanto realizzato sotto questo aspetto può quindi essere imputata alla DL, così come le mancanze di isolante dovute ad una non perfetta cura nella posa possono essere considerate causa delle problematiche riscontrate in qualche appartamento.
A tal proposito si ricorda che la mancata costante ventilazione dei locali porta facilmente all’innalzamento dell’umidità relativa interna, con conseguente abbassamento della temperatura limite per la formazione delle muffe.
La condizione per cui la problematica si presenta solo in una piccola percentuale di alloggi è prova del possibile errato utilizzo degli spazi (eccessiva produzione di vapore, mancanza di ventilazione, errata gestione dei cicli di riscaldamento e delle temperature mantenute)… Analizzando alcune immagini termografiche realizzate nel corso del sopralluogo … si ritiene che il problema di formazione muffe e difetti a pavimento non sia di natura termica ma più probabilmente dovuto ad infiltrazioni di umidità dalle sigillature delle soglie delle aperture finestrate presenti sulla facciata e /o da umidità capillare”.
Ritiene il Tribunale che le conclusioni dell’ausiliario del CTU sono condivisibili, in quanto frutto di accurati rilievi, congruamente motivate e prive di vizi logici e giuridici, sia in ordine alla mancanza di responsabilità del direttore dei lavori per gli aspetti relativi all’isolamento termico sia in ordine alle cause delle problematiche riscontrate in alcuni appartamenti, attribuite non a carenze di natura termica quanto ad un errato utilizzo degli spazi da parte dei condomini.
Per le ragioni sopra esposte la domanda attorea, dunque, non può essere accolta.
La domanda subordinata di garanzia avanzata dal convenuto nei confronti della compagnia Un. risulta implicitamente assorbita dal tenore della decisione.
Passando alle spese processuali, la soccombenza del Condominio attore impone che a suo carico debbano essere poste le spese di lite sostenute dal convenuto.
Il Condominio (…), inoltre, è tenuto a rifondere le spese processuali anche alla terza chiamata, sia in virtù del principio di causalità che governa la regolamentazione delle spese di lite (Cass. 2011, n. 23552) sia in ragione del consolidato principio secondo cui “il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria” (cfr. Cass. 2012, n. 7431).
Tale principio trova un temperamento solo nell’ipotesi in cui la domanda proposta dal chiamante sia manifestamente infondata, nel qual caso deve ritenersi che “la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l’attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest’ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale” (Cass. 2017, n. 10070).
Nel caso in esame le chiamata in causa della compagnia assicuratrice da parte del convenuto ai fini della domanda di rivalsa non può ritenersi arbitraria o manifestamente infondata.
Risulta in atti la polizza n. (…) sottoscritta in data 16.12.2013 (doc. 9 – 10 fascicolo Be. e doc. 3-4 fascicolo Un.) da cui risulta, tra l’altro, che la copertura assicurativa è relativa all’attività svolta dal professionista in qualità di progettista e direttore dei lavori per i danni subiti dalle opere per le quali l’assicurato ha svolto la progettazione, direzione lavori e collaudo verificatesi sia durante l’esecuzione dei lavori di costruzione e collaudo, entro 10 anni dalla data del loro compimento, tali da configurare gravi difetti delle opere, idonee a pregiudicare la stabilità e durata delle opere (Sezione responsabilità civile, art. 3.3 n. 5 delle c.g.c.).
Inoltre, è infondata l’eccezione di Un. secondo cui l’assicurazione non sarebbe tenuta a pagare l’indennizzo in virtù del disposto di cui all’art. 1892, comma 3, c.c. per dichiarazioni reticenti dell’assicurato.
Al riguardo deve rilevarsi che non vi è prova che l’ing. Be., all’epoca della sottoscrizione della polizza, aveva ricevuto richieste di risarcimento danni né che sussistevano circostanze che potevano determinare richieste di risarcimento indennizzabili con la polizza.
Nessuna valenza significativa può attribuirsi in proposito all’atto di transazione del 15.3.2012 sottoscritto dal Condominio (…) (ed i suoi condomini) da una parte, Fi. Spa, Fl.Ze. e Ie. Spa, dall’altra, con il quale le parti definivano la lite dipendente dai vizi e difetti accertati dalla c.t.u. nel procedimento di ATP RG n. 171/2010 Tribunale di Milano; invero, la transazione, per espressa pattuizione, estendeva i suoi effetti anche verso i terzi chiamati nel giudizio, tra cui nel caso specifico l’ing. Be. (cfr. “A fronte e per effetto del regolare pagamento di cui al precedente punto 2, il Condominio ed i condomini intervenuti si dichiarano integralmente tacitati per i danni conseguenti ai vizi e difetti oggetto di ATP, ivi compresi i costi legali e e/o di CTU, rinunciano a qualsiasi ulteriore pretesa al riguardo e dichiarano, dunque, di non avere più nulla a che pretendere, in relazione a tali vizi e difetti dal sig. Ze.Fl. e/o Fi. e/o da (…) S.r.l. e/o da I.E.G.A. e/o da Fa. e/o dai subappaltatori e/o dai terzi chiamati nell’ATP (doc. 7 di parte attrice e 8 di parte convenuta).
Se ne deve concludere, pertanto, che parte attrice va condannata a rifondere integralmente anche le spese di giudizio sostenute dalla terza chiamata Un. S.p.A.
Allo stesso modo vanno poste definitivamente a carico di parte attrice le spese di CTU nella misura determinata con decreto emesso il 29.05.2019.
Le spese di lite si liquidano come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto delle notule allegate e dei valori medi in relazione allo scaglione compreso tra Euro 52.000,00 ed Euro 260.000,00.
La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva tra le parti a norma dell’art. 282 c.p.c..
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano – Settima Sezione Civile – in composizione monocratica, nella persona del dr. Gian Piero Vitale, definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, ogni altra istanza, deduzione, eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
1) RIGETTA la domanda avanzata dal Condominio (…) di via (…) 21/23 in Milano;
2) DICHIARA assorbita la domanda di garanzia avanzata dal convenuto Be.Am. nei confronti di Un. Ass.ni s.p.a.;
3) CONDANNA parte attrice a rimborsare al convenuto Be.Am. le spese di lite, che si liquidano in Euro 13.948,00, di cui Euro 518,00 per spese vive ed Euro 13.430,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%;
4) CONDANNA parte attrice a rimborsare alla terza chiamata Un. Ass.ni S.p.A. le spese di lite, che si liquidano in Euro 13.430,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%;
5) Pone definitivamente a carico di parte attrice le spese di ctu come liquidate dal Giudice con decreto del 29.05.2019;
6) Dà atto della provvisoria esecutività della presente sentenza come per legge.
Così deciso in Milano il 26 marzo 2020.
Depositata in Cancelleria l’1 aprile 2020.