in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, non sussistendo piu’ il vincolo legale dell’inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale; pertanto il giudice e’ tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’articolo 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 8 giugno 2018, n. 14891
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. CIGNA Mario – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28536/2015 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 879/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 23/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/01/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), locatrice, convenne in giudizio (OMISSIS), conduttore di un immobile ubicato in (OMISSIS), con atto di intimazione di sfratto per morosita’ in relazione al mancato pagamento del canone di locazione relativo al mese di aprile 2013. Il (OMISSIS) si costitui’, offri’ un assegno per il pagamento del canone di giugno, trattenuto dalla locatrice quale acconto sulla parte residua di credito e il Tribunale di Catanzaro, in considerazione della permanente morosita’, accolse la domanda attrice dichiarando risolto il contratto di locazione per inadempimento del conduttore, condanno’ il (OMISSIS) al pagamento della complessiva somma di Euro 4.235, pari a sette mensilita’ piu’ interessi legali, rigetto’ la domanda attrice di risarcimento dei danni, dichiaro’ inammissibile la domanda riconvenzionale volta ad ottenere la compensazione tra quanto dovuto a titolo di canoni di locazione e quanto versato a titolo di cauzione, condanno’ il (OMISSIS) al pagamento delle spese liquidate in complessive Euro 2.430 oltre accessori di legge. Il (OMISSIS) propose appello lamentando l’erroneita’ della decisione nella parte relativa alla propria condanna al pagamento di Euro 4.235 anziche’ del minor importo di Euro 3.620, dovendosi detrarre Euro 615 consegnati alla prima udienza a titolo di canone locatizio del mese di giugno. Tale motivo di appello e’ stato accolto e il (OMISSIS) condannato al pagamento della minor somma di Euro 3.620. Il (OMISSIS) con un secondo motivo di appello ha censurato la sentenza nella parte in cui, statuendo sulle spese, ha incluso gli onorari della fase istruttoria omettendo di valutare il rigetto della domanda di risarcimento dei danni e la semplicita’ delle questioni trattate senza applicare alcuna riduzione ai valori medi delle fasi di studio, introduttiva e decisoria. La Corte d’Appello ha accolto anche questo motivo, ravvisando che nel giudizio di primo grado non era stata effettuata alcuna attivita’ istruttoria dovendosi escludere le produzioni documentali effettuate tra le parti ed ha ritenuto che la controversia non fosse di complessita’ tale da giustificare l’applicazione dei parametri medi per la liquidazione degli onorari. Le spese di lite sono state pertanto calcolate in base ai valori minimi con esclusione degli onorari per la fase istruttoria e, in considerazione del rigetto della domanda di risarcimento danni avanzata dalla (OMISSIS), sono state compensate per 1/3 e i residui 2/3 posti a carico del (OMISSIS).
Avverso la sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Nessuno resiste al ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia l’errata o falsa applicazione e violazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), errata o falsa applicazione e violazione dell’articolo 92 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma, nn. 3) e 5), mancato esame di fatti e documenti decisivi. La ricorrente censura la sentenza impugnata che ha ridotto gli importi dovuti a titolo di spese legali, escludendo la fase istruttoria ed applicando le tariffe minime in presenza di questioni non complesse. Il mancato computo della fase istruttoria sarebbe illegittimo e da cassare, avendo avuto la causa un articolato svolgimento, con molte udienze di trattazione, deposito di memorie, esame di prove documentali, etc..
Quanto alla riduzione degli onorari dai valori medi del primo grado ai valori minimi dell’appello, la ricorrente censura la sentenza per non aver motivato sulle ragioni per cui le questioni trattate erano da ritenersi di semplice soluzione, a fronte, invece, di questioni tutt’altro che semplici quale l’istituto della cessione d’azienda applicabile al caso o la richiesta improcedibilita’ dell’azione di sfratto per il mancato tentativo di conciliazione obbligatoria. In sintesi, secondo la ricorrente, la questione sorta originariamente come mero sfratto per morosita’ si sarebbe certamente complicata con l’introduzione di domande di miglioria dei locali locati da parte del conduttore, il diritto del (OMISSIS) a vedersi riconosciuto il deposito cauzionale versato dal precedente conduttore, etc.. Infine, per completare il quadro delle attivita’ espletate, la ricorrente ha valorizzato l’esito finale della lite, a se’ del tutto favorevole, di guisa che il complesso di detti elementi avrebbe dovuto indurre il giudice a liquidare il compenso con riguardo alle tariffe dei valori medi. Quanto alla compensazione parziale degli onorari, la Corte d’Appello avrebbe omesso di valutare la documentazione versata a sostegno della domanda risarcitoria da parte della (OMISSIS) ed avrebbe deciso per la compensazione per un solo terzo delle spese, a fronte del valore della domanda rigettata di soli Euro 250, rispetto all’importo complessivo riconosciuto a carico del (OMISSIS) di Euro 3.620. La sentenza avrebbe omesso altresi’ di considerare il fatto decisivo della soccombenza del (OMISSIS) sia perche’ condannato a pagare la somma di Euro 3.620 a titolo di canoni scaduti e non pagati sia perche’ destinatario di una pronuncia di inammissibilita’ della domanda riconvenzionale, volta all’accertamento di migliorie da porre in compensazione con i canoni non pagati. Se la Corte d’Appello avesse tenuto in considerazione tutti questi elementi avrebbe certamente deciso per una compensazione parziale delle spese di primo grado o per una compensazione con percentuale inferiore a quella disposta. Tutto cio’ premesso il ricorrente chiede la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio o, in alternativa, la decisione della causa nel merito ex articolo 384 c.p.c..
Il motivo e’ fondato nei termini qui esposti. Per quel che riguarda l’omessa quantificazione della fase istruttoria il Giudice non ha tenuto conto del fatto che, in base al Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 4, la fase istruttoria consiste non soltanto nella formulazione di mezzi di prova ma nella redazione di memorie illustrative, eccezioni, conclusioni, esame degli scritti o documenti delle altre parti, adempimenti e prestazioni connesse ai provvedimenti giudiziali, etc. Si tratta di una fase molto complessa che certamente ha avuto svolgimento nel primo grado del giudizio, come si evince dall’avvenuto deposito di memoria integrativa da parte della ricorrente, con allegazione di documenti, quattro udienze di trattazione, esame e confutazione della documentazione prodotta dalla controparte, opposizione alle richieste istruttorie del conduttore formulate con memoria integrativa. Ne consegue l’illegittimita’ dell’impugnata sentenza nella parte in cui non ha liquidato la fase istruttoria. Per quel che riguarda la mancata applicazione dei valori medi nel giudizio di appello la censura e’ inammissibile in quanto la sentenza, sia pur in modo sintetico, ha motivato sul punto affermando che la controversia non era di complessita’ tale da giustificare l’applicazione dei parametri medi, si’ da ritenere pertanto giustificata l’applicazione dei minimi tariffari. Deve ritenersi soddisfatta la condizione richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, non sussistendo piu’ il vincolo legale dell’inderogabilita’ dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale; pertanto il giudice e’ tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’articolo 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione (Cass., 6-3, n. 30286 del 15/12/2017)”.
Nel caso in esame il Giudice ha motivato riguardo la presenza di ragioni per discostarsi dai parametri medi, non ravvisando elementi di peculiare complessita’ che potessero far propendere per una soluzione piu’ onerosa. Da quanto esposto non sussistendo ragioni per rinviare la causa al giudice del merito ed in presenza di tutti gli elementi necessari perche’ questa Corte decida nel merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., si procede alla cassazione dell’impugnata sentenza e alla liquidazione degli onorari, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., procede a liquidare le spese del doppio grado, con riguardo ai valori minimi, includendo anche gli onorari per la fase istruttoria. Condanna pertanto l’appellante (OMISSIS) a pagare in favore di parte appellata le spese di lite che, gia’ detratte di un terzo, liquida, per i restanti 2/3, per il primo grado in Euro 1.825 e per l’appello in Euro 2.078,68, oltre rimborso spese generali, Iva e CPA, con distrazione in favore del difensore che ne ha fatto richiesta. Condanna altresi’ il (OMISSIS) a pagare alla (OMISSIS) le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.935 (piu’ Euro 200 per esborsi), accessori di legge e spese generali al 15%.