Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 2017 e della salvezza del testo della L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, introdotto dall’articolo 1, comma 59, della L. n. 208 del 2015, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati ad iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione della l. n. 311 del 2004,articolo 1, comma 346 risultano validi ed efficaci, in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validita’ del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011 e dalla successiva proroga di cui alla L. n. 47 del 2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l’indennita’ di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo su indicato sono dovuti nell’ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorche’ l’intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell’articolo 1, comma 346, retroagisca, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto.

Puoi scaricare la presente sentenza in formato PDF, effettuando una donazione in favore del sito, attraverso l’apposito link alla fine della pagina.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|4 gennaio 2023| n. 162

Data udienza 21 dicembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17986/2021 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 24/2021, depositata il 5 gennaio 2021.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 dicembre 2022 dal Consigliere Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 24802/2015 del 9 dicembre 2015 il Tribunale di Roma dichiaro’ risolto il contratto di locazione dell’immobile ad uso abitativo di proprieta’ di (OMISSIS), con ordine di rilascio entro il 31 gennaio 2016 e la condanna del conduttore, (OMISSIS), al rimborso, in favore del locatore, della differenza tra il canone originariamente concordato nel contratto di locazione (stipulato il 1 marzo 2007 e tardivamente registrato il 23 novembre 2011), pari a Euro 960, e quello medio tempore corrisposto nel periodo compreso tra il mese di dicembre 2011 (nella ridotta misura, pari al triplo della rendita catastale, prevista del Decreto Legislativo n. 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, commi 8 e 9, norme dichiarate incostituzionali per eccesso di delega da Corte Cost. n. 50 del 2014) e la sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 2015, depositata il 16 luglio 2015 (che aveva dichiarato l’incostituzionalita’, per violazione dell’articolo 136 Cost., del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47 articolo 5, comma 1-ter, , convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, che aveva fatto salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, “gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti” sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi di quelle norme del d. lgs. n. 23 del 2011 gia’ dichiarate incostituzionali).

Il Tribunale ritenne, infatti, che, per effetto di detta (seconda) declaratoria di illegittimita’ costituzionale, riprendesse vigore la disciplina vigente antecedentemente al Decreto Legislativo n. 23 del 2011, e che fosse pertanto dovuta la differenza tra i canoni concordati in contratto ed il canone ridotto ex lege, corrisposto medio tempore, prima della pronuncia della Corte Costituzionale del luglio 2015.

2. Il (OMISSIS) non impugno’ la decisione quanto alla declaratoria di risoluzione del contratto per morosita’, avendo rilasciato l’immobile, ma la censuro’ limitatamente al capo di condanna al pagamento del maggior importo, a titolo di canoni di locazione, lamentando la violazione dell’articolo 13, comma 5, L. n. 9 dicembre 1998, n. 431, il quale – nel testo novellato dell’articolo 1, comma 59, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, entrata in vigore dopo la pubblicazione della sentenza impugnata – cosi’ dispone:

“5. Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati dall’articolo 5, comma 1-ter, del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, l’importo del canone di locazione dovuto ovvero dell’indennita’ di occupazione maturata, su base annua, e’ pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato”.

3. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Roma ha accolto il gravame, reputando dunque, in sostanza, che a ragione il conduttore sostenesse che la citata novella aveva confermato la legittimita’ della operata riduzione del canone nell’intervallo di tempo considerato.

Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, per quanto in questa sede interessa, ha rigettato la domanda del locatore.

La motivazione della sentenza si articola essenzialmente nei seguenti passaggi argomentativi:

a) con la sentenza, nelle more sopravvenuta, n. 87 del 2017, depositata il 13 aprile 2017, la Corte delle leggi aveva salvato dall’incostituzionalita’ l’evocato novellato testo del L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, ritenendo che esso non riaffermava gli effetti della norma dichiarata incostituzionale, perche’ non ripristinava alcuna forma di sanatoria ex lege dei pregressi contratti non registrati, venuti meno ex tunc, per effetto delle precedenti declaratorie di illegittimita’ costituzionale delle richiamate disposizioni del 2011 e del 2014;

b) successivamente a quella pronuncia la giurisprudenza di legittimita’ si e’ definitivamente orientata nel senso che la tardiva registrazione operi la sanatoria con efficacia retroattiva del contratto di locazione (Cass. Sez. U. 09/10/2017, n. 23601), con cio’ facendo venir meno uno degli espliciti presupposti dell’opzione ermeneutica offerta in precedenza dalla Corte Costituzionale;

c) la conseguenza di tale mutato quadro ermeneutico non puo’ essere pero’, l’inapplicabilita’ ai contratti di locazione tardivamente registrati del citato novellato testo del L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, come ritenuto da Cass. 24/09/2019, n. 23637, sul presupposto, non condiviso dalla Corte d’appello, che detta norma, alla luce della interpretazione fornita dalla Corte costituzionale, sia da riferire alle sole indennita’ compensative delle mere occupazioni di fatto;

d) la norma, infatti, secondo la Corte romana “non puo’ che riferirsi ad un contratto sanato ex tunc e, quindi, valido, con conseguente recupero della naturale alterita’ dei richiami espliciti al “canone di locazione dovuto” – proprio di un rapporto in corso de iure – “ovvero dell’indennita’ di occupazione”, da ascrivere all’eventualita’ che il contratto sia cessato ed il conduttore sia in mora ex articolo 1591 c.c.”; e la ratio di cio’ “e’ da rinvenire nella tutela della buona fede del conduttore a fronte della apparente vigenza di una normativa che lo abilitava a pagare il canone entro limiti predeterminati e la cui sancita illegittimita’ costituzionale (per ragioni comunque non attinenti a tale legale predeterminazione) lo avrebbe fatto divenire a posteriori moroso e, quindi, esposto alla risoluzione per inadempimento”.

4. Avverso tale sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, cui resiste (OMISSIS) depositando controricorso.

Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

E’ stata quindi fissata l’odierna udienza pubblica, della quale e’ stata data rituale comunicazione alle parti.

Il P.M. ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Parte resistente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si da’ preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi dell’articolo 23, comma 8-bis, Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in combinato disposto con l’articolo 16, comma 1, Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228 (che ne ha prorogato l’applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti ne’ il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale.

2. Con l’unico motivo di ricorso (OMISSIS) denuncia, con riferimento all’articolo 360, comma 1, num. 3, c.p.c., “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”.

Sostiene, in sintesi, che una volta rimossa dall’ordinamento la norma dichiarata incostituzionale (ovvero del Decreto Legislativo n. 14 marzo 2011, n. 23 articolo 3, commi 8 e 9,), il conduttore risulta aver reiteratamente e manifestamente corrisposto un canone inferiore a quello concordato, senza essere a cio’ legittimato da alcuna disposizione di legge e, quindi, versando in mora per tutti i canoni contrattuali nel frattempo scaduti e non integralmente versati.

3. Il motivo e’ infondato.

La questione posta dal ricorso in esame e’ stata di recente affrontata e risolta da questa Corte, con sentenza n. 26493 del 22/09/2022, sulla base di considerazioni esegetiche che hanno condotto al meditato superamento di precedenti orientamenti dissonanti.

3.1. E’ stato in quella occasione evidenziato che:

a) e’ bensi’ vero che, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 87 del 2017, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59, novellando, tra l’altro, la L. 431 del 1998, articolo 13 comma 5 non ha “sostanzialmente ripristina (to) la disciplina del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, commi 3, 8 e 9, e successive modifiche, attribuendo al conduttore il diritto di versare il canone annuo nella misura del triplo della rendita catastale dell’immobile”, atteso che la Consulta ha precisato espressamente che “il novellato comma 5 dell’articolo 13 della L. n. 431 del 1998… non ripristina (ne’ ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo) dei pregressi contratti non registrati la cui convalida, per effetto delle richiamate disposizioni del 2011 e del 2014 (del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 articolo 3 commi 8 e 9 e del Decreto Legge n. 47 del 2014, articolo 5 comma 1-ter convertito, con modificazioni, dalla L. n. 80 del 2014 del 2014) e’ venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimita’ costituzionale…”; Data pubblicazione 04/01/2023

b) tuttavia la stessa Corte costituzionale ha aggiunto che “… una volta che il legislatore del 2015 si e’ disinteressato del ripristino dei rapporti giuridici di locazione sorti in base a contratti non registrati tempestivamente, la disciplina inerente al pagamento dell’importo annuo “pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato” non puo’ altrimenti collegarsi che alla pretesa situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti ed essere comunque attinente al profilo dell’arricchimento indebito del conduttore, cui e’ coerente il pagamento di una indennita’ di occupazione e non di un canone di locazione, non affatto dovuto…. La nuova disciplina si rivolge comunque soltanto alla particolare platea di conduttori individuata alla stregua della situazione di fatto determinatasi in base agli effetti della disciplina di cui del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati del Decreto Legge n. 47 del 2014, articolo 5, comma 1-ter, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del suddetto Decreto Legislativo 2011 a quella (16 luglio 2015) di deposito della sentenza caducatoria n. 169 del 2015. E, per tale profilo, opera una selezione che trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla normativa poi dichiarata illegittima, sulla quale il conduttore aveva pero’ riposto affidamento (fino alla data, appunto della declaratoria di siffatta illegittimita’), essendosi conformato a quanto disposto…. La (pur solo) parziale coincidenza dell’importo del parametro indennitario, previsto dalla disposizione censurata, con quello del canone legale, individuato dalle pregresse norme dichiarate costituzionalmente illegittime, non e’ dunque sufficiente a determinare la violazione del giudicato costituzionale, atteso, appunto, il piu’ ampio e differente assetto disciplinatorio dettato dalle norme dichiarate illegittime – le quali avevano mantenuto intatti gli effetti di un (convalidato) rapporto giuridico locatizio, con tutti i correlativi obblighi (reciproci), legali e convenzionali, e con le eventuali ricadute sul contenzioso concernente l’attuazione del rapporto stesso – rispetto alla disciplina recata della L. n. 431 del 1998, articolo 13, vigente comma 5, che quel rapporto conferma, invece, essere venuto meno ex tunc, regolandone soltanto le implicazioni indennitarie, in termini di occupazione sine titulo”.

Poste tali premesse il precedente richiamato (Cass. n. 26493 del 2022) ha svolto i seguenti passaggi argomentativi:

– la pronuncia della Consulta, la’ dove ha ritenuto non violativo dell’articolo 136 Cost. il testo attuale dell’articolo 13, comma, 5 della l. n. 431 del 1998, lo ha fatto escludendo che con il suo disposto si sia inteso salvare l’efficacia del contratto dall’intervenuta registrazione con gli effetti conseguenti quanto alla durata;

– in tal modo, la Consulta si e’ occupata degli effetti della registrazione solo sotto tale profilo e non anche con riguardo al regime generale di una tardiva registrazione sulla nullita’ comminata dall’articolo 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004;

– se ne desume che il comportamento del conduttore che avesse proceduto alla registrazione del contratto stipulato nella vigenza della norma ora detta in applicazione della disciplina del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, e successiva proroga, disciplina dichiarata incostituzionale, non e’ stata oggetto in alcun modo della valutazione espressa dal Giudice delle Leggi.

3.2. Cio’ precisato il detto precedente passa a considerare il decisum espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 23601 del 9/10/2017 (non senza sottolineare che tale pronuncia, decisa in data 7/02/2017, ma pubblicata ben dopo la decisione della Consulta, pur dando atto dell’attuale testo del L. n. 431 del 1998,articolo 13, comma 5, non si e’ fatta carico, tuttavia, di esaminare la sentenza n. 87 del 2017 della Corte Costituzionale, depositata in data 13/04/2017).

Al riguardo sono svolte due considerazioni: a) il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite – nel senso che “il contatto di locazione di immobili, quando sia nullo per (la sola) omessa registrazione, puo’ comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente” – ha certamente una valenza generale nell’esegesi del comma 346 citato e, dunque, esprime – nonostante il silenzio delle Sezioni Unite – un’esegesi che “copre”, sotto il profilo della validita’ (retroattiva) del contratto conseguente a successiva registrazione anche le fattispecie, come quella di cui e’ processo, nelle quali la registrazione fosse intervenuta durante il periodo di vigenza delle disposizioni incostituzionali indicato dall’articolo 13, comma 5, testo attuale;

b) tale estensione, per quanto si e’ detto circa il significato della sentenza della Consulta n. 87 del 2017, “non confligge con il dictum del Giudice delle Leggi inteso nei sensi indicati sopra”

3.3. In conclusione, nel raccordare le due pronunce (quella della Consulta e quella delle Sezioni Unite), il precedente che si sta qui evocando enuncia il seguente principio di diritto:

“Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 2017 e della salvezza del testo della L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, introdotto dall’articolo 1, comma 59, della L. n. 208 del 2015, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati ad iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione della l. n. 311 del 2004,articolo 1, comma 346 risultano validi ed efficaci, in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validita’ del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011 e dalla successiva proroga di cui alla L. n. 47 del 2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l’indennita’ di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo su indicato sono dovuti nell’ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorche’ l’intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell’articolo 1, comma 346, retroagisca, giusta Cass., Sez. Un., n. 23601 del 2017, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto”.

4. Questo Collegio presta piena adesione a detto principio e intende darvi continuita’, anche sulla scorta delle seguenti considerazioni che appare utile aggiungere ad ulteriore chiarificazione degli esposti e condivisi passaggi argomentativi.

A) Con sentenza n. 50 del 14 marzo 2014 la Corte costituzionale dichiaro’ l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, per contrasto con l’articolo 76 Cost., sotto il profilo del difetto di delega.

Giova rammentare che il comma 8 dichiarato incostituzionale cosi’ recitava: “Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione e’ stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, della citata L. n. 431 del 1998;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione e’ fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai”.

Alla declaratoria di incostituzionalita’, per difetto di delega, la citata sentenza del Giudice delle leggi pervenne sul rilievo, in sintesi,che all’ambito normativo della legge delega la citata norma risultava del tutto estranea, “essendo questa destinata ad introdurre una determinazione legale di elementi essenziali del contratto di locazione ad uso abitativo (canone e durata), in ipotesi di ritardata registrazione dei contratti o di simulazione oggettiva dei contratti medesimi, pur previste ed espressamente sanzionate nella disciplina tributaria di settore”.

B) La successiva disposizione di cui al Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, articolo 5 comma 1 ter del convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, n. 80 – con cui erano “fatti salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’articolo 3, commi 8 e 9, del Decreto Legislativo n. 14 marzo 2011, n. 23” – e’ stata, a sua volta, dichiarata costituzionalmente illegittima, per violazione dell’articolo 136 Cost., con sentenza n. 169 del 2015, depositata il 16 luglio 2015.

C) Analogo sospetto di illegittimita’ costituzionale, per violazione del giudicato costituzionale, era stato successivamente sollevato con riferimento al comma 59 dell’articolo 1 L. 28 dicembre 2015, n. 208, che, come detto, ha novellato il comma 5 dell’articolo 13 della L. 9 dicembre 1998, n. 431, sostituendolo con una norma del seguente tenore: “Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui al del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati dall’articolo 5, comma 1-ter, del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, l’importo del canone di locazione dovuto ovvero dell’indennita’ di occupazione maturata, su base annua, e’ pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato”.

D) Corte costituzionale n. 87 del 13 aprile 2007 ha dichiarato infondata detta questione avendo ritenuto, in buona sostanza, che, diversamente dalla norma di cui al comma 1-ter dell’articolo 5 del Decreto Legge n. 28 marzo 2014, n. 47, dichiarata incostituzionale con sentenza n. 169 del 2015, scopo della norma non fosse quello di far salvi gli effetti del Decreto Legislativo n. 23 del 2011 articolo 3 commi 8 e 9 oggetto della prima pronuncia di incostituzionalita’, quanto piuttosto quello di “prevedere una predeterminazione forfettaria del danno patito dal locatore e/o della misura dell’indennizzo dovuto dal conduttore (Corte di cassazione, sezione terza, sentenza 13 dicembre 2016, n. 25503), in ragione della occupazione illegittima del bene locato, stante la nullita’ del contratto e, dunque, l’assenza di suoi effetti ab origine”.

E) La motivazione di detta pronuncia e’ estremamente chiara e univoca e non consente alcun dubbio sul fatto che la norma censurata (ripetesi, l’articolo 13, comma 5, L. 9 dicembre 1998, n. 431, come sostituito dall’articolo 1, comma 59, L. 28 dicembre 2015, n. 208) sia stata interpretata dalla Consulta, in detta occasione, come volta a regolare rapporti che, per effetto della nullita’ prevista dall’articolo 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004 in caso di mancata registrazione del contratto di locazione e della illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati dall’articolo 5, comma 1-ter, del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 2014, n. 80, si fossero svolti senza la copertura di un valido titolo contrattuale, dovendosi in sostanza escludere – proprio per l’efficacia delle precedenti declaratorie di incostituzionalita’ e in contemplazione del precetto di cui all’articolo 136 della Costituzione – che il disposto della nuova norma, nell’intentio legis, fosse da intendere come determinativo del dovuto da parte del conduttore nel presupposto che la registrazione intervenuta in contemplazione del disposto dei decreti dichiarati incostituzionali avesse avuto l’effetto di determinare la validita’ del contratto gia’ pendente e nullo in dipendenza del comma 346 dell’articolo 1 gia’ citato.

F) Particolarmente chiari in tal senso i seguenti passaggi della motivazione che conviene qui di seguito riportare (enfasi aggiunta per quelli che appaiono maggiormente significativi):

“Tanto e’ anche testualmente confermato dalla disposizione censurata la’ dove, in questa, il riferimento al “canone di locazione dovuto” si completa con l’espressione “ovvero” (da intendere in senso specificativo) “l’indennita’ di occupazione maturata”, poiche’ e’ proprio (e soltanto) il riferimento a tale indennita’ che risulta coerente ed armonico rispetto alla invalidita’ del contratto ed alla caducazione del rapporto ex tunc, correlandosi alla detenzione dell’immobile senza titolo.

“In altri termini, una volta che il legislatore del 2015 si e’ disinteressato del ripristino dei rapporti giuridici di locazione sorti in base a contratti non registrati tempestivamente (scilicet: registrati secondo il disposto dei decreti a suo tempo dichiarati illegittimi dalla Consulta), la disciplina inerente al pagamento dell’importo annuo “pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato” non puo’ altrimenti collegarsi che alla pregressa situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti; ed essere dunque propriamente attinente al profilo dell’arricchimento indebito del conduttore, cui e’ coerente il pagamento di una indennita’ di occupazione e non di un canone di locazione, non affatto dovuto.

“E’ significativo, in tale contesto, anche il venire meno della previsione dell’adeguamento ISTAT dell’importo dovuto, consentaneo, invero, soltanto al canone quale corrispettivo della locazione in essere.

“La nuova disciplina si rivolge, comunque, soltanto alla particolare platea di conduttori individuata alla stregua della situazione di fatto determinatasi in base agli effetti della disciplina di cui al del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, prorogati del Decreto Legge n. 47 del 2014 articolo 5, comma 1-ter, , nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del suddetto Decreto Legislativo 2011 a quella (16 luglio 2015) di deposito della sentenza caducatoria n. 169 del 2015. E, per tal profilo, opera una selezione che trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla normativa poi dichiarata illegittima, sulla quale il conduttore aveva pero’ riposto affidamento (fino alla data, appunto della declaratoria di siffatta illegittimita’), essendosi conformato a quanto da essa disposto”.

G) Nessun dubbio, dunque, puo’ sussistere sul fatto che, secondo l’interpretazione accolta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 87 del 2017, l’articolo 13, comma 5, l. cit., la’ dove fissa l’importo del triplo della rendita catastale dell’immobile quale ammontare dovuto nel periodo considerato da chi abbia detenuto l’immobile, considera la norma non come volta a regolare, in via di eterointegrazione, rapporti sorti sulla base di valido contratto di locazione, ma come esclusivamente diretta a regolare la “situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti”.

H) Fermo tutto cio’, non va pero’ dimenticato che si tratta pur sempre di interpretazione operata in funzione di un obiettivo specifico e limitato, quello cioe’ di escludere che la norma sottoposta a sindacato di costituzionalita’ potesse essere letta come volta a fare salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi del Decreto Legislativo n. 14 marzo 2011, n. 23, articolo 3, commi 8 e 9, sull’implicito ma chiaro postulato che, ove invece interpretata in quest’ultimo senso, la norma non sarebbe potuta sfuggire a declaratoria di incostituzionalita’ per contrasto con l’articolo 136 Cost..

I) Ebbene, solo in tale direzione e in tali limiti l’interpretazione predetta e’ vincolante per il giudice comune.

Va in tal senso richiamato il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “il vincolo che deriva, sia per il giudice a quo sia per tutti gli altri giudici comuni, da una sentenza interpretativa di rigetto, resa dalla Corte costituzionale, e’ soltanto negativo, consistente cioe’ nell’imperativo di non applicare la norma ritenuta non conforme al parametro costituzionale evocato e scrutinato dalla Corte costituzionale, cosi’ da non ledere la liberta’ dei giudici di interpretare ed applicare la legge (ai sensi dell’articolo 101, comma 2, Cost.) e, conseguentemente, neppure la funzione di nomofilachia attribuita alla Corte di cassazione dall’articolo 65 dell’ordinamento giudiziario, non essendo preclusa la possibilita’ di seguire, nel processo a quo o in altri processi, “terze interpretazioni” ritenute compatibili con la Costituzione, oppure di sollevare nuovamente, in gradi diversi dello stesso processo a quo o in un diverso processo, la questione di legittimita’ costituzionale della medesima disposizione, sulla base della interpretazione rifiutata dalla Corte costituzionale, eventualmente evocando anche parametri costituzionali diversi da quello precedentemente indicato e scrutinato” (Cass. Sez. U. n. 27986 del 16/12/2013).

L) Una volta, dunque, che sia esclusa una interpretazione che intenda attribuire alla norma il significato che la Corte costituzionale ha detto non essere consentito perche’ confliggente con il parametro costituzionale dell’articolo 136 Cost. (nella specie quello di sottoporre il rapporto nel periodo successivo alla registrazione alla disciplina prevista dall’articolo 3, comma 8, d. lgs. n. 23 del 2011) resta in astratto aperta e consentita ogni altra diversa interpretazione, anche diversa da quella che “in positivo” sia stata data dalla Corte delle leggi.

M) Ed e’ proprio giunti a questo punto dell’analisi che viene in

rilievo il principio affermato da Cass. Sez. U. n. 23601 del 2017 il quale indubbiamente determina un contesto esegetico (sul piano almeno del c.d. diritto vivente) del tutto nuovo e diverso da quello tenuto presente dalla Consulta al momento della pronuncia della sentenza n. 87 del 13 aprile 2017.

N) La sanatoria retroattiva del contratto, affermata innovativamente da detto arresto nomofilattico, in conseguenza della successiva sua registrazione, e’ effetto che prescinde totalmente dalla disciplina (incostituzionale) dettata dal d. lgs. n. 23 del 2011, articolo 3, commi 8 e 9, i quali dunque non tornano affatto in gioco, in nessuno degli aspetti del rapporto ivi regolati: invero, l’esegesi del comma 346 del L. n. 311 del 2004 articolo 1 nel senso che preveda una c.d. nullita’ di protezione a favore del conduttore e, dunque, tale da risolversi ed elidersi retroattivamente, nel caso di una registrazione successiva comunque intervenuta, con conseguente acquisizione di validita’ del contratto, e’ un’esegesi che consente di attribuire alla registrazione intervenuta nella vigenza dei decreti legge dichiarati incostituzionali e, dunque, in contemplazione di essa, comunque l’effetto indicato dalle Sezioni Unite in sede di esegesi del comma 346 citato e cio’ senza contraddire il dictum del Giudice delle Leggi, atteso che Esso ha salvato l’attuale comma 5 dell’articolo 13 della l. n. 431 del 1998 escludendo solo che esso potesse avere determinato la salvezza degli effetti salvifici della registrazione siccome contemplata e valutata dai decreti legge in precedenza dichiarati incostituzionali.

O) Il vincolo “negativo” posto dalla sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale e’, dunque, rispettato se la norma in allora scrutinata dalla Consulta in relazione a quello specifico oggetto ed a quel parametro venga nuovamente sottoposta al vaglio esegetico del giudice comune, e segnatamente di quello di legittimita’, in rapporto al mutato contesto esegetico e con un apprezzamento del fatto storico della registrazione secondo esso, cioe’ alla stregua della

diversa norma dell’articolo 1, comma 346, e non invece della stessa registrazione siccome supposta dai decreti legge dichiarati illegittimi e considerati non richiamati in vigore con riferimento all’efficacia di essa dalla disposizione che il Giudice delle Leggi ha ritenuto legittima.

P) Ebbene, in tale contesto e’ certamente da escludere che la norma novellata di cui al L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 5, la’ dove in sostanza riconosce l’efficacia del versamento – da parte dei conduttori che abbiano registrato il contratto uniformandosi alla disciplina di all’articolo 3, commi 8 e 9, del Decreto Legislativo n. 14 marzo 2011, n. 23, prorogata dall’articolo 5, comma 1-ter, del Decreto Legge 28 marzo 2014, n. 47, nel periodo intercorrente tra la sua entrata in vigore e la pubblicazione della sentenza che ne ha dichiarato l’incostituzionalita’ – di importo pari a quello ivi dettato non possa essere considerata applicabile sol perche’, in base a valutazione giuridica nuova e del tutto prescindente dalle norme dichiarate incostituzionali, alla registrazione debba nondimeno riconoscersi efficacia sanante del contratto.

R) Risulterebbe invero paradossale e anche in contrasto con il principio di uguaglianza una lettura che quella previsione di favore riservasse solo a chi avesse detenuto l’immobile, nel periodo considerato, in base a contratto per altre ragioni nullo e non invece in favore di chi, sia pur tardivamente, abbia comunque assolto l’onere di registrazione in adempimento dei doveri nei confronti del Fisco; si tratterebbe peraltro di discrimine che non troverebbe giustificazione in alcuna considerazione di valore legata alla condotta dei destinatari di detta disciplina, derivando piuttosto e unicamente dagli effetti indiretti di un mutamento del quadro giurisprudenziale di riferimento; senza dire che, a seguire l’interpretazione qui avversata, la norma verrebbe in buona sostanza privata di significato e svuotata di possibilita’ pratiche di applicazione.

S) Non puo’ in tal senso sfuggire che le considerazioni dedicate

dalla sentenza della Consulta alle ragioni che giustificano la disposizione scrutinata (salvandola dal dubbio di costituzionalita’) – ragioni in sostanza rappresentate dall’esigenza di tutela dell’affidamento riposto dal conduttore che si sia conformato alla disciplina indicata, fino alla declaratoria della sua illegittimita’ – rimangono certamente tutte e per intero valide indipendentemente dal fatto che, per un successivo mutamento di giurisprudenza, alla registrazione sia stato anche riconosciuto effetto sanante retroattivo.

T) Mette conto peraltro ed ancora rimarcare che, se e’ vero, come detto, che la motivazione della sentenza n. 87 del 2017 e’ chiara nello svilire il riferimento testuale nella norma al “canone di locazione”, e’ anche vero che, anche sul punto, tale lettura fu chiaramente funzionale – in un contesto esegetico in cui l’esegesi del comma 346 dell’articolo 1 era nel senso di considerare irrilevante per salvare il contratto una successiva registrazione – allo scopo di escludere che la norma potesse, in alcuna sua parte, essere intesa come volta a fare salvi gli effetti delle norme dichiarate incostituzionali, le quali avevano derogato al precetto dell’articolo 1, comma 346, come inteso prima della successiva esegesi delle Sezioni Unite; anche in tale parte dunque l’interpretazione (invero, semanticamente forzata) e’ vincolante solo nel suo aspetto negativo, ossia nel senso di escludere che possa farsi riferimento al regime del rapporto quale regolato dall’articolo 3, comma 8, d. lgs. n. 23 del 2011, ma non esclude – come s’e’ gia’ detto – che, nel diverso orizzonte aperto da Cass. Sez. U. n. 23601 del 2017, la norma, anche in quella parte, possa tornare ad essere sottoposta a diversa e piu’ coerente lettura.

U) Va, del resto, considerato che la circostanza che il legislatore del Decreto Legge n. 208 del 2015, nell’introdurre con l’articolo 1, comma 59, il testo dell’articolo 13, comma 5, della l. n. 431 del 1998 salvato dalla Corte Costituzionale, avesse fatto riferimento – come si legge nel testo vigente – all’importo “del canone di locazione dovuto ovvero dell’indennita’ di occupazione maturata”, si doveva spiegare come si spiega quale espressione volta a comprendere come oggetto da regolare – in relazione a registrazioni intervenute sulla base della disciplina del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, prorogata dal Decreto Legge n. 47 del 2014, convertito con modificazioni dalla l. n. 80 del 2014 – sia contratti di locazione ancora pendenti, sebbene invalidamente in forza della nullita’ comminata dall’articolo 1, comma 346, non piu’ elisa da dette registrazioni a seguito delle precedenti declaratorie di illegittimita’ della relativa normativa legittimante, sia rapporti contrattuali ormai cessati (per morosita’ o altro), ma sempre registrati in base a detta normativa. L’oggetto di disciplina cosi’ individuato dal legislatore della novella del 2015 era da spiegare in questi termini e non implicava in alcun modo, con il riferimento ai “contratti di locazione” un avallo della loro validita’, bensi’ l’indicazione di un oggetto di disciplina. La Consulta, nel salvare dall’illegittimita’ la novellazione, non ha inteso riferirsi all’oggetto di disciplina di essa nei termini appena indicati, ma alla conseguenza del fatto che la registrazione non era piu’ idonea, per le precedenti declaratorie di illegittimita’ costituzionale – non interferenti, come s’e’ veduto, col disposto dell’articolo 1, comma 346 come poi interpretato dalle Sezioni Unite, ma assunto nell’esegesi anteriormente praticata – a salvare il contratto e, dunque, i contratti pendenti cui si era riferita la formula del comma 5 dell’articolo 13. In pratica, il riferimento unitario all’indennita’ di occupazione non era relativo alla formulazione usata nel detto comma, ma alla conseguenza del venire meno dell’efficacia sanante delle registrazioni contemplate dai decreti legge dichiarati illegittimi, il cui disposto non e’ stato ripristinato.

5. Per le considerazioni che precedono deve in conclusione pervenirsi al rigetto del ricorso.

Avuto tuttavia riguardo alla complessita’ della questione trattata

d all’esistenza di precedenti pronunce dissonanti di questa stessa Corte, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’articolo 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dall’articolo 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13

Per approfondimenti in merito al contratto di comodato si consiglia la lettura del presente articolo Il contratto di comodato

Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.

Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978

La successione nel contratto di locazione ad uso abitativo.

Per ulteriori approfondimenti in materia affitto/cessione di azienda si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di affitto di azienda o La cessione di azienda

Puoi scaricare il contenuto in allegato effettuando una donazione in favore del sito attraverso il seguente link

Inserisci importo donazione € (min €1.00)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.