in tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullita’ prevista dalla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 1, sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente.
Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di locazioni, si consiglia la Raccolta di massime delle principali sentenza della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf
Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:
Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L 392/1978
Corte di Cassazione|Sezione 6|Civile|Ordinanza|16 luglio 2019| n. 19110
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4901-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3554/2017 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 06/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA.
RILEVATO
che:
Con citazione 1-2-2013 (OMISSIS) propose opposizione a decreto ingiuntivo emesso, ad istanza di (OMISSIS), dal Giudice di Pace di Empoli a fronte di canoni di locazione non pagati, spiegando anche domanda riconvenzionale per Euro 6.300,00.
A sostegno dell’opposizione sostenne di avere pagato, in costanza del rapporto locatizio, un canone mensile di Euro 500,00 a fronte di quello minore (Euro 300,00) formalmente previsto in contratto; nello specifico dedusse di avere quindi complessivamente corrisposto Euro 18.000,00 (36 rimesse da Euro 500,00 ciascuna) a fronte di Euro 10.800,00 realmente dovuti, con conseguente suo credito per Euro 7.200,00, cui era da aggiungere la somma di Euro 600,00 a titolo di restituzione del deposito cauzionale a suo tempo versato; in conclusione, pertanto, operata la compensazione tra detta somma (Euro 7.800,00) e quella dallo stesso dovuta per canoni di locazione non pagati (Euro 1.500,00), risultava creditore per Euro 6.300,00, somma oggetto della spiegata riconvenzionale.
Con sentenza 176/2014 il Giudice di Pace di Empoli, previa revoca del d.i. opposto, condanno’ (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 900,00.
Con sentenza 3554 del 6-11-2017 il Tribunale di Firenze, in accoglimento dell’appello proposto da (OMISSIS), previa conferma della disposta revoca del d.i. opposto, ha accolto la domanda riconvenzionale ed ha condannato il (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 6.300,00, oltre interessi; in particolare il Tribunale ha considerato pacifico, e comunque provato, quanto dedotto dall’opponente, mentre ha ritenuto nulla L. n. 431 del 1998, ex articolo 13, per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam, l’intervenuta pattuizione verbale tra le parti di un canone superiore rispetto a quello previsto in contratto; la scrittura privata prodotta dal (OMISSIS), con la quale – a dire dello stesso – le parti si erano accordate per una maggiorazione del canone, era infatti datata 1-4-2007, e quindi anteriore al contratto di locazione in questione stipulato il 21-5-2009, sicche’ non poteva che riferirsi ad altro e diverso contratto intercorso tra le medesime parti.
Avverso detta sentenza (OMISSIS) propone ricorso per Cassazione affidato ad unico motivo.
(OMISSIS) resiste con controricorso.
Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, e’ stata ritualmente notificata alle parti.
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo il ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 5 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto della controversia, sostiene che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto, senza che sul punto fosse intervenuta alcuna prova, che la detta prodotta dichiarazione afferisse a diverso contratto; in tema di locazioni abitative, inoltre, una lettura costituzionalmente orientata della L. n. 431 del 1998, articolo 13, portava ad escludere la sanzione della nullita’ per l’ipotesi di mancata registrazione di un accordo ulteriore intercorso tra le parti.
Anche a prescindere dalla mancata rituale produzione della copia notificata della sentenza impugnata, il motivo e’ inammissibile, in quanto non in linea con la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.; conf. Cass. S.U. 8053 e 8054 del 2014.
Nel caso in esame il ricorrente non indica alcun fatto storico omesso dal giudice di merito, limitandosi a dedurre, secondo la vecchia formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della impugnata sentenza.
Ne’ la motivazione puo’ ritenersi solo apparente ed in violazione del “minimo costituzionale” di esternazione dei motivi.
Costituisce consolidato principio di questa Corte che la mancanza di motivazione, quale causa di nullita’ per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura “nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili (Cass. sez unite 8053 e 8054/2014);
nella specie il tribunale, come agevolmente desumibile dalla su esposta sintesi dell’impugnata sentenza, ha espresso le ragioni della adottata decisione, con argomentazioni logicamente conciliabili, non perplesse ed obiettivamente comprensibili.
Il motivo e’, comunque, inammissibile, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, anche per difetto di specificita’, non essendo riportato il contenuto della invocata dichiarazione scritta intercorsa tra le parti ne’ indicato dove la stessa e’ stata prodotta nel corso del giudizio, sicche’ non e’ stata consentita a questa Corte il compiuto esame della doglianza.
Il motivo e’, infine, inammissibile anche con riferimento alla dedotta non applicabilita’, nel caso di specie, della L. n. 431 del 1998, articolo 13.
Ed invero, anche a prescindere dal rilievo che siffatta deduzione e’ stata sollevata nell’ambito del denunciato vizio motivazionale, senza quindi alcun riferimento ad una violazione di specifica norma e con argomenti che non consentono di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti (Cass. 21819/2017), non puo’ comunque dubitarsi che, in tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullita’ prevista dalla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 1, sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente (Cass. S.U. 12213/2015; Cass. 20881/2018).
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, poiche’ il ricorso e’ stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed e’ stato dichiarato inammissibile, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 1.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.