Il difetto dell’impianto elettrico, non a norma rispetto alle normative vigenti, non rientra nella categoria delle riparazioni straordinarie di competenza del locatore, ma nella categoria del vizio della cosa locata, per il quale, secondo l’art.1578 c.c., qualora il bene oggetto del contratto, al momento della consegna, sia affetto da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili” e per il quale, il locatore, se non prova di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa al momento della consegna (ovvero l’impossibilità di venirne a conoscenza con la normale diligenza), è tenuto a risarcire i danni derivanti dai vizi stessi.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di locazioni, si consiglia la Raccolta di massime delle principali sentenza della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Tribunale Catania, Sezione 5 civile Sentenza 23 aprile 2019, n. 1674

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI CATANIA

QUINTA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Elena Codecasa

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. r.g. 12247/2012 promossa da:

(…), (C.F. (…)), nato a M. il (…), rappresentato e difeso dall’avv. MO.GI. giusta procura in atti.

ATTORE

contro

(…) (C.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore; rappresentato e difeso dall’avv. SP.SA. giusta procura in atti.

(…) (C.F. (…)), nato a C. il (…), rappresentato e difeso dall’avv. FE.GI. giusta procura in atti.

CONVENUTI

(…) (…)), nato a C. il (…) e residente in C. Via (…).

CONVENUTO CONTUMACE

RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

L’attore ha allegato di avere condotto in locazione l’immobile meglio descritto in atti e di proprietà dei convenuti germani (…) sin dal 1998, con contratto stipulato con la madre (…); che in data 14.1.2011 si sprigionava un incendio in cucina che devastava l’appartamento, mobili e suppellettili;

che l’appartamento non veniva rimesso in ripristino per cui, essendo completamente inagibile, veniva rilasciato, dopo avere avviato e concluso un procedimento di ATP;

che in detto procedimento, il 31.7.2012, veniva depositata CTU che attribuiva l’incendio alla vetustà dell’impianto elettrico, non adeguato alla L. n. 46 del 1990 e 37/08, ed alla mancanza di salvavita e messa a terra, stimando i danni patiti in Euro 15.000,00; tanto premesso l’attore conveniva i convenuti perché fossero condannati in solido a risarcire i danni patiti e a rimborsare le spese di atp.

Il (…) restava contumace, mentre (…) si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda e chiedeva di essere manlevato dalla propria compagnia assicurativa; in via riconvenzionale chiedeva la condanna dell’attore al pagamento di una indennità da indebita occupazione per mesi 21 (dalla data dell’incendio, gennaio 2011, al rilascio, ottobre 2012), pari al valore locativo del bene.

Anche la Compagnia Assicuratrice si costituiva ed eccepiva il difetto di legittimazione ad agire dell’attore nei confronti della Compagnia e, nel merito, chiedeva il rigetto delle domande nei suoi confronti, in quanto l’evento non rientra nella copertura assicurativa per difetto di accidentalità.

La causa veniva istruita esclusivamente attraverso prove documentali.

Preliminarmente si dichiara l’ammissibilità nel presente giudizio della relazione di CTU espletata in sede di procedimento per A.T.P. sussistendo certamente il requisito dell’urgenza, ovvero della necessità di evitare la dispersione della prova in un contesto in cui l’immobile doveva essere rilasciato e gli arredi necessariamente riparati in vista della loro riutilizzazione o dismessi; parimenti si dichiara la rilevanza della prova acquisita nel presente procedimento, essendo relativa all’accertamento delle cause dell’incendio ed alla sussistenza e quantificazione dei danni.

Ad ogni modo, è pacifico che l’art. 698 u.c. c.p.c. debba essere inteso nel senso che non occorre, al fine della produzione in giudizio dei verbali delle prove preventive, un formale provvedimento che ne dichiari l’ammissibilità, essendo sufficiente che le prove abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e che il giudice le abbia esaminate traendone elementi per il suo convincimento (cfr. Cass. n. 17990/04, n. 23693/09., n. 9863/90).

Si aggiunga che, inoltre, la prova si è formata nel contraddittorio di tutte le parti del presente giudizio.

La CTU redatta nel procedimento di ATP ha accertato quale causa dell’incendio la vetustà dell’impianto elettrico, per la insufficiente sezione dei cavi di alimentazione, per la vetustà dell’isolamento nonché pe il mancato intervento dell’interruttore magnetotermico differenziale a monte dell’impianto. L’impianto era infatti risalente al 1967 e non era mai stato adeguato né alla L. n. 46 del 1990 né alla L. n. 37 del 2008.

Premessa, allora la causa dell’incendio, circa l’an della pretesa si osserva quanto segue.

Su espressa eccezione della Compagnia Assicuratrice, parte attrice è stata invitata dal Giudice a chiarire, tra le altre cose, quale fosse il titolo della pretesa, se il rapporto contrattuale o il titolo dominicale. In risposta a tale invito, la parte ha sostanzialmente inteso evocare entrambi i titoli.

Deve però osservarsi che, se la pretesa è correlata al titolo contrattuale, deve essere dichiarata infondata.

Ciò non deriva dalla nullità del titolo, che nel caso di specie non sussiste, in quanto il contratto è stato stipulato prima che entrasse in vigore l’obbligo di registrazione a pena di nullità.

Ciò deriva, invece, dalle seguenti considerazioni.

Il difetto dell’impianto elettrico, non a norma rispetto alle normative vigenti, non rientra nella categoria delle riparazioni straordinarie di competenza del locatore, ma nella categoria del vizio della cosa locata, per il quale, secondo l’art.1578 c.c., “qualora il bene oggetto del contratto, al momento della consegna, sia affetto da vizi “che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili” e per il quale, il locatore, se non prova di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa al momento della consegna (ovvero l’impossibilità di venirne a conoscenza con la normale diligenza), è tenuto a risarcire i danni derivanti dai vizi stessi.

Ciò è stato ribadito anche da una recentissima sentenza della Corte di cassazione, del 3 maggio 2016 n. 8637.

Essendo il locatore tenuto al risarcimento del danno, l’attore in questa sede avrebbe dovuto fornire la prova sia del decesso del locatore, sia della qualità di eredi in capo ai convenuti, mentre, invece, entrambe le circostanze sono rimaste non provate.

L’attore, pertanto, può invocare solo il titolo dominicale a fondamento della pretesa avanzata in questo Giudizio, essendo provato che entrambi i convenuti (…) sono proprietari giusta atto di donazione del 31.5.2006.

E’ invocabile, dunque, l’art. 2051 c.c., secondo cui, ai fini della responsabilità per i danni da cose in custodia, occorre la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla stessa, ovvero la sua disponibilità giuridica e materiale, con il conseguente potere di intervento su di essa.

La Cassazione, ormai pacificamente, afferma che, anche se l’immobile è goduto a qualsiasi titolo da altri, il proprietario dell’immobile locato conserva la disponibilità giuridica, e quindi la custodia, delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati (cfr. Corte di Cassazione n. 13881/10). Conseguentemente, il proprietario e’ responsabile in via esclusiva, ai sensi degli articoli 2051 e 2053 c.c., dei danni arrecati a terzi da dette strutture ed impianti.

Conseguentemente si dichiara che i convenuti (…) e (…) sono responsabili dei danni cagionati all’attore in conseguenza dell’incendio sprigionatosi in data 14.1.2011.

In merito alla stima dei danni, correttamente il CTU ha considerato solo i beni di parte attrice, suddividendoli in tre categorie: mobili ed elettrodomestici andati distrutti, mobili da restaurare e pulizia e lavori straordinari ed ha tenuto conto anche della vetustà degli arredi, stimandolo in complessivi Euro 15.000,00, da cui devono detrarsi Euro 2000,00 già corrisposti dai convenuti.

Pertanto, i convenuti (…) devono essere condannati, in solido tra loro, a pagare all’attore la somma di Euro 13.000,00, oltre rivalutazione dalla data della stima (prossima a quella del sinistro) ed interessi.

Non può invece trovare accoglimento la domanda di rimborso delle spese sostenute per la CTU nel procedimento di ATP in quanto non sono state documentate.

I convenuti hanno formulato domanda di garanzia nei confronti della Compagnia Assicurativa convenuta e tale domanda merita accoglimento.

Infatti, la Compagnia ha sollevato una eccezione di inoperatività della polizza che deve definirsi infondata.

Essa ha eccepito che l’evento non rientrerebbe nella copertura, in quanto non accidentale, ma l’assunto è meramente labiale,

Infatti, dalla lettura della polizza, nel settore “Incendio ed elementi naturali”, si evince che la garanzia, ex artt. 26 e 27, comprende espressamente l’incendio e, soprattutto i danni da incendio cagionati con colpa grave dell’assicurato, il che esclude a fortiori il requisito della accidentalià.

La convenuta Compagnia C., quindi, va condannata a tenere indenni i convenuti (…) da quanto questi sono stati condannati a pagare all’attore.

Invece, la domanda riconvenzionale dei (…), relativa alla condanna al pagamento dell’indennità di occupazione per il periodo in cui l’immobile è stato occupato dall’attore, è manifestamente infondata.

Circa il danno da occupazione sine titulo, esistono due orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento, in caso di occupazione senza titolo di un immobile altrui, il danno patito dal proprietario sarebbe in re ipsa. Ciò è quanto ha sostenuto di fatto l’attore in questo giudizio.

Questo orientamento si fonda sull’assunto che il diritto di proprietà implica in sè le facoltà di godimento e di disponibilità del bene che ne forma oggetto, di modo che quando queste facoltà vengono soppresse per effetto dell’occupazione, l’esistenza d’un danno risarcibile può ritenersi sussistente sulla base d’una praesumptio hominis, superabile solo con la dimostrazione concreta che il proprietario, anche se non fosse stato spogliato, si sarebbe comunque disinteressato del suo immobile e non l’avrebbe in alcun modo utilizzato. Per quanto attiene, poi, alla concreta stima del danno, l’orientamento in esame ritiene che questa possa avvenire anche facendo riferimento al cosiddetto danno “figurativo”, vale a dire al valore locativo dell’immobile occupato (confronta Sentenza n. 9137 del 16/04/2013, Sentenza n. 14222 del 07/08/2012, Sentenza n. 5568 del 08/03/2010, Sentenza n. 3251 del 11/02/2008).

Secondo un altro orientamento, invece, il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente in re ipsa, nè coincidere col mero fatto dell’occupazione, perché l’occupazione non è il danno, ma la condotta produttiva del danno. Pertanto il danneggiato che chieda il risarcimento del pregiudizio causato dall’occupazione sine titulo è tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo avvalersi anche della prova presuntiva (confronta Sentenza n. 15111 del 17/06/2013, Sentenza n. 378 del 11/01/2005).

Questo Giudicante ritiene di aderire preferibilmente al secondo orientamento; si condivide, infatti, l’affermazione secondo cui non sono configurabili nel nostro ordinamento danni in re ipsa, dal momento che la lesione di un diritto è solo il presupposto del danno e non il danno stesso; solo la perdita patrimoniale o non patrimoniale derivata dalla lesione del diritto è oggettivamente risarcibile (ex multis, Sentenza n. 24474 del 18/11/2014, Sentenza n. 18812 del 05/09/2014, Sentenza n. 23194 del 11/10/2013).

Tuttavia si condivide anche il principio di diritto enunciato, come correttivo del rigore di tale secondo orientamento, dalla cassazione sezione III con la sentenza n. 18494/15.

Sostiene infatti la Corte che se questo danno deve essere provato, ciò può farsi con ogni mezzo di prova, ivi comprese le presunzioni semplici di cui all’art. 2727 c.c., che consentono al giudice di risalire al fatto ignorato dell’esistenza d’un danno muovendo dal fatto noto.

Ciò impone di considerare che un immobile non ha come sola destinazione la vendita o la locazione, ma è suscettibile anche di uso diretto da parte del proprietario e l’uso diretto ha una utilità avente un contenuto economico; il pregiudizio consistente nella utilità teorica che il danneggiato poteva trarre dall’uso diretto del bene durante la occupazione altrui può essere valutato anche in modo equitativo.

Tanto premesso, si ritiene che sulla base dei presupposti sopra evidenziati, nel caso di specie non sussistono i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria nella sua interezza.

Infatti, i convenuti non avrebbero potuto trarre dal bene nel periodo in cui si è protratta l’occupazione nessuna utilità, né diretta né indiretta, proprio per le condizioni in cui lo stesso si trovava dopo l’incendio; anzi, essi avrebbero dovuto sostenere delle spese sia per metterlo a norma con le normative vigenti sia per renderlo di nuovo utilizzabile.

Circa la regolamentazione delle spese processuali, secondo soccombenza i convenuti (…) vanno condannati a rifondere le spese del giudizio (che si liquidano secondo il dispositivo per tutte le fasi) all’attore, mentre la convenuta (…) va condannata a rifondere i convenuti (…) delle spese, per la fase di studio ed introduttiva.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:

– in accoglimento della domanda attorea dichiara i convenuti (…) e (…) responsabili dei danni subiti dall’attore e li condanna a pagare, in solido tra loro, allo stesso la somma di Euro 13.000,00, oltre rivalutazione ed interessi;

– in accoglimento della domanda di garanzia dei convenuti (…) e (…), condanna la convenuta (…) a tenerli indenni da quanto gli stessi sono stati condannati a pagare all’attore;

– rigetta la domanda riconvenzionale dei convenuti (…) e (…);

– condanna altresì i convenuti (…) a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 406,00 per spese ed Euro 4.800,00 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e 12,50% per spese generali;

– condanna la convenuta (…) a rimborsare altresì ai convenuti (…) le spese di lite, che si liquidano in Euro 1.615,00, oltre i.v.a., c.p.a. e 12,50% per spese generali;

Così deciso in Catania il 20 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2019.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.