La comunicazione del diniego di rinnovazione alla prima scadenza della locazione ad uso non abitativo, ai sensi dell’art. 29 L. 392/78, non può limitarsi a far generico riferimento all’intenzione del locatore di svolgere nell’immobile un’attività non meglio specificata, rientrante in una delle ipotesi previste dal citato art. 29 ma deve indicare, incorrendo altrimenti nella sanzione di nullità di cui al comma 4 del menzionato articolo, quale particolare attività il locatore intende svolger, sia perché, in mancanza, il conduttore non sarebbe in grado di valutare la serietà dell’intenzione indicata ed il giudice non potrebbe verificare, in sede contenziosa, la sussistenza della condizione per il riconoscimento del diritto al diniego di rinnovo, sia perché verrebbe impedito il successivo controllo sull’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato, ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 31 della legge citata.
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Tribunale Ravenna, civile Sentenza 6 maggio 2019, n. 451
TRIBUNALE di RAVENNA – SENTENZA 6 maggio 2019, n. 451
Con atto di citazione ritualmente notificato Ra. Fa. Srl, nella sua qualità di proprietaria e locatrice in forza di contratto 30/06/2011 reg.to il 26/07/2011 dell’immobile ad uso diverso sito in Ravenna Via …, intimava sfratto per finita locazione nei confronti dei propri conduttori Br. Ma., Ma. Ma., Br. Pa. e Ma. Ge. per l’avvenuta scadenza del 30/06/2017.
Esponevano l’attrice che l’immobile era stato adibito ad ambulatori medici e che il contratto era stato oggetto di tempestiva disdetta in data 28/06/2016 ai fini del diniego di rinnovo per la prima scadenza del 30/06/2017 e che a tale data i convenuti non avevano provveduto al rilascio dell’immobile.
Concludevano pertanto per la declaratoria di sfratto per finita locazione mediante convalida o comunque l’adozione di ordinanza di rilascio. Si costituivano i convenuti opponendosi alla convalida tutti eccependo la nullità, e quindi l’inefficacia, della disdetta per difetto di motivazione ed il conseguente rinnovo del rapporto contrattuale fino alla successiva scadenza del 30/06/2023.
Con ordinanza interinale 22/11/2017 veniva rigettata l’istanza di emissione di ordinanza di rilascio dell’immobile e disposto il mutamento del rito. Tutti depositavano memorie integrative e la mediazione obbligatoria sortiva esito positivo solo nei confronti dei convenuti Br. Ma. e Ma.
Ma. mentre il risultato era negativo per Br. Pa. e Ma. Ge. All’udienza del 14/05/2018 il Giudice dava atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere nei confronti di Br. Ma. e Ma. Ma. e successivamente, ritenuta la causa matura per la decisione senza necessità di attività istruttorie, la causa veniva rinviata per la discussione all’udienza del 06/05/2019 in cui è stata data lettura del dispositivo.
Va preliminarmente confermata l’intervenuta cessazione della materia del contendere tra la parte attrice ed i convenuti Br. Ma. e Ma. Ma. per l’intervenuta conciliazione in sede di mediazione obbligatoria. Per il resto la domanda attrice è infondata e va rigettata.
La comunicazione di diniego di rinnovazione del contratto inviata da parte attrice ai conduttori, a norma dell’art. 28 ult. comma e 29 comma 1° lett. b e penultimo ed ultimo comma L. 392/78, con racc. A.R. del 28/06/2016 non soddisfa il requisito di specificazione dei motivi così come richiesto dalla norma citata.
La dizione in essa contenuta “… ha intenzione di utilizzare la struttura nell’ambito delle proprie finalità per attività connesse all’oggetto sociale ….” è assolutamente generica perché non consente alcuna indagine o valutazione critica dell’esigenza manifestata.
La giurisprudenza di legittimità è in proposito monolitica (cfr. quella già citata in ordinanza 22/11/2017) ed ancor più recentemente “La comunicazione del diniego di rinnovazione alla prima scadenza della locazione ad uso non abitativo, ai sensi dell’art. 29 L. 392/78, non può limitarsi a far generico riferimento all’intenzione del locatore di svolgere nell’immobile un’attività non meglio specificata, rientrante in una delle ipotesi previste dal citato art. 29 ma deve indicare, incorrendo altrimenti nella sanzione di nullità di cui al comma 4 del menzionato articolo, quale particolare attività il locatore intende svolger, sia perché, in mancanza, il conduttore non sarebbe in grado di valutare la serietà dell’intenzione indicata ed il giudice non potrebbe verificare, in sede contenziosa, la sussistenza della condizione per il riconoscimento del diritto al diniego di rinnovo, sia perché verrebbe impedito il successivo controllo sull’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato, ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 31 della legge citata” (cfr. Cass. Civ. 19/02/2019 n.4714 – 04/04/2017 n.8869 – 20/03/2017 n.7040).
In piena sintonia con tale principio anche la giurisprudenza di merito “Il locatore di un immobile destinato ad uso non abitativo che intenda esercitare la facoltà di diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza ha l’onere di specificare dettagliatamente, ai sensi dell’art. 29 commi 4 e 5 della L. 392/78, nella comunicazione da inviare al conduttore, il motivo sul quale la disdetta è fondata, al fine di consentire la verifica preventiva della serietà dell’intento dichiarato, la cui realizzabilità si configura quale condizione di procedibilità dell’azione del locatore, ed il controllo successivo circa l’effettiva destinazione dell’immobile all’uso, in merito alla serietà dell’intento ” (cfr. C. App. Salerno 06/06/2017 n.491 e Trib. Milano 17/05/2017 n.5707).
Tali requisiti di specificità devono comportare l’autosufficienza della comunicazione e non possono pertanto essere integrati con il contenuto degli atti processuali o con l’attività istruttoria.
La comunicazione di diniego va pertanto dichiarata nulla con la conseguente rinnovazione del contratto di locazione fino alla sua scadenza naturale del 30/06/2023.
Va infine dichiarata l’inammissibilità della domanda nuova di risoluzione per inadempimento, introdotta da parte attrice solo nella memoria integrativa.
Occorre infatti rilevare che nel procedimento per convalida di sfratto l’opposizione dell’intimato dà luogo alla trasformazione in un processo di cognizione regolato dall’art. 447 bis cpc il cui “thema decidendum” risulta cristallizzato dalla combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative ex art. 426 cpc ma in questo regime di “processo unitario” vige il principio, seppur mitigato nel tempo dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, del divieto di “mutatio libelli” essendo ammesse solo modifiche anche se rilevanti della domanda originaria (Cass. Civ. 29/01/2014 n.1990 – Cass. Civ. 20/05/2013 n.12247 – Trib. Latina 02/04/2013 – Le Locazioni, Grasselli – Masoni, Cedam 2013, pgg. 511);
La domanda di risoluzione per inadempimento è domanda assolutamente nuova – diversa per petitum e causa petendi -, neppure accennata in atto d’intimazione, che si traduce in una inammissibile “mutatiolibelli” rispetto all’originaria convalida di sfratto per finita locazione che in sé contiene solo la domanda di risoluzione per avvenuta scadenza contrattuale (Cass. Civ. 17/05/2010 n.11960) e le questioni ad essa strettamente connesse con preclusione, rilevabile anche d’ufficio (Trib. Roma 30/09/2010 – Trib. Latina 02/04/2013).
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate per ciascuno dei due convenuti, con riferimento all’effettiva attività processuale svolta ed alla sostanziale unicità del procedimento, alla stregua del DM n.55/2014 tab. 2 come modificato dal DM n.37/2018, in ragione di Euro 1.000,00 per la fase di studio della controversia, Euro 800,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 1.800,00 per la fase di trattazione, Euro 1.800,00 per la fase decisionale ed Euro 600,00 per la partecipazione alla mediazione obbligatoria, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande di cui in epigrafe, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
– dichiara cessata la materia del contendere tra la parte attrice RA. FA. Srl ed i convenuti Br. Ma. e Ma. Ma.;
– rigetta la domanda proposta da RA. FA. Srl nei confronti di Br. Pa. E Ma. Ge.;
– condanna RA. FA. Srl a rifondere ai convenuti Br. Pa. E Ma. Ge. le spese di lite che liquida, per ciascuno, nel complessivo importo di Euro 6.000,00 per compenso, oltre 15% per spese generali ex art. 2 DM n.55/2014, IVA e CPA come per legge;
– rigetta ogni altra domanda. Così deciso in Ravenna il 6 maggio 2019.
Depositata in Segreteria il 6 maggio 2019.