nel rapporto di locazione, le carenze di interventi di piccola manutenzione da parte del conduttore non integrano la violazione dell’obbligo di mantenere la cosa locata con la diligenza del padre di famiglia, prevista dall’art. 1587 c.c., n. 1, come la prima delle obbligazioni principali a carico del conduttore, se non comportano una alterazione delle caratteristiche dell’immobile o un suo degrado frutto non del normale passaggio del tempo ma di un uso improprio di esso tali da renderlo inutilizzabile per la destinazione impressagli dal locatore e per la quale lo stesso è stato preso in locazione. L’art. 1587 c.c. opera, quindi, solo per quelle tipologie di danni più gravi, tali da alterare o le caratteristiche strutturali dell’immobile in modo tale da non poter più essere utilizzato come prima o la destinazione dello stesso. Più specificamente, come evidenziato in dottrina, l’obbligo di diligenza di cui all’art. 1587 c.c. si sostanzia nel divieto di mutare la destinazione economica del bene e nell’obbligo di custodia, a sua volta estrinsecatesi negli obblighi strumentali di: a) vigilare sull’integrità e sull’incolumità della cosa; b) predisporre le opportune cautele per la conservazione; c) provvedere alle riparazioni urgenti di sua competenza; d) dare prontamente avviso al locatore della necessità di provvedere alle riparazioni che sono a suo carico (oltre a provvedere agli avvisi di cui all’art. 1586 c.c.).

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Tribunale Savona, civile Sentenza 13 febbraio 2019, n. 122

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI SAVONA

In persona del Giudice Dott. Fabrizio Pelosi

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nella causa tra:

P. srl in persona del legale rappresentante pro tempore, difesa per delega in calce alla citazione dagli avv.ti St.Sc. e Pa.Ve.

ATTORE

CONTRO

(…) srl, difesa dall’Avv. Ch.Fe. per procura allegata in calce alla comparsa.

CONVENUTO

E CONTRO

(…) spa, difeso dall’avv. Fa.Di. per procura allegata alla comparsa

MOTIVI DELLA DECISIONE

Risulta pacifico quanto segue.

(…) è proprietaria superficiaria del complesso immobiliare sito in comune di Borghetto (…) Spirito via (…) 2 (prod. 2 di parte attrice).

Prima di divenire proprietaria dell’immobile, (…) lo aveva occupato in virtù di un contratto di locazione stipulato con la Provincia di Sondrio, all’epoca proprietaria, del 29 ottobre 2002.

In tale immobile, (…) svolgeva attività di residenza sanitaria per anziani denominata Residenza H..

Il 29 marzo del 2006, (…) cedette l’azienda H. alla società (…) e, contestualmente, stipulò un contratto di sublocazione (dal momento che all’epoca (…) non era proprietaria ma solo conduttrice) con il cessionario di parte dell’immobile di cui sopra, destinato, appunto, all’esercizio dell’azienda ceduta (prod. 1 di parte attrice).

All’art. 8 del contratto di locazione, le parti concordarono che il conduttore si sarebbe impegnato ad intervenire per la totalità degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile locato, nessuno escluso od eccettuato.

L’11 febbraio del 2015, infine, (…) affittò l’azienda H. a (…) (prod. 3 di parte attrice), la quale, per effetto dell’art. 10 del contratto, si rese cessionaria del contratto di locazione stipulato tra (…) e (…).

(…) ha radicato un atp e, poi, ha promosso il presente giudizio, sostenendo che il conduttore era inottemperante ai propri obblighi ex art. 1587 c.c., oltre che ai doveri contrattuali di manutenzione, lamentando una serie di problematiche e di danni sull’immobile medesimo.

Ha, quindi, citato in giudizio i convenuti, chiedendo pronunciarsi la risoluzione del contratto e, in via subordinata, ha chiesto la condanna al compimento dei lavori necessari per il perfetto ripristino dell’immobile, oltre al risarcimento dei danni.

(…) si è costituita in giudizio, contestando le domande proposte nei suoi confronti. In particolare, ha sostenuto di aver sempre eseguito i lavori di manutenzione imposti dal contratto e che i danni riscontrati dal ctu in sede di atp erano perfettamente compatibili con l’uso dell’immobile.

Ha, poi, chiesto di essere manlevata, nel caso di condanna, da (…).

Ha, poi, proposto domanda riconvenzionale di condanna della attrice al risarcimento dei danni subiti, in quanto aveva dovuto eseguire una serie di lavori sull’immobile necessari per ottenere il certificato prevenzione incendi richiesto per l’attività ivi svolta.

Nel contratto di cessione di azienda del 29 marzo 2006 stipulato dalla convenuta con l’attrice, invece, era stato garantito da parte attrice la presenza di tutte le necessarie autorizzazioni per l’esercizio dell’attività di casa di riposo.

Anche (…) si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto di ogni domanda e, in via subordinata, di essere manlevata da (…).

Disposta la conversione del rito da locatizio ad ordinario ex art. 40, co. 3 c.p.c., per effetto della domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta (…) nei confronti dell’attore, istruita la causa con prove documentali e ctu, all’esito le parti hanno precisato le conclusioni come in epigrafe.

E’, quindi, pacifico, per effetto dell’art. 8 del contratto di locazione esistente tra (…) e (…), poi, richiamato anche nel contratto di affitto di azienda intercorso tra (…) e (…), che il conduttore dell’immobile è tenuto a provvedere ad ogni opera inerente la manutenzione dell’immobile, sia essa ordinaria o straordinaria.

Parte attrice ha sostenuto che i convenuti hanno violato tale disposizione ed ha, quindi, chiesto, ex art. 1587 c.c., la risoluzione del contratto.

L’art. 1587 c.c. pone al primo posto tra le obbligazioni principali del conduttore quella di prendere in consegna la cosa ed utilizzarla con la diligenza del buon padre di famiglia, utilizzandola per l’uso individuato nel contratto o altrimenti desumibile dalle circostanze.

Tale obbligazione è indipendente da quello di cui all’art. 1590 c.c., nel senso che il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di osservare la diligenza del buon padre

di famiglia nell’usare della cosa locata.

Sul punto, la giurisprudenza è pacifica:

“L’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, a norma dell’art. 1587 n. 1 cod. civ., con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione e la natura, è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall’altro obbligo, sancito dall’art. 1590 cod. civ., di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui al citato art. 1587 n. 1 e di agire nei confronti del conduttore inadempiente (Cass. 11345/10; Cass. 10485/04; Cass. 3343/01; Cass. 8385/95).

La giurisprudenza (Cass. 17066/14) ha, però, delimitato l’oggetto dell’obbligo di cui all’art. 1587 c.c.:

“nel rapporto di locazione, le carenze di interventi di piccola manutenzione da parte del conduttore non integrano la violazione dell’obbligo di mantenere la cosa locata con la diligenza del padre di famiglia, prevista dall’art. 1587 c.c., n. 1, come la prima delle obbligazioni principali a carico del conduttore, se non comportano una alterazione delle caratteristiche dell’immobile o un suo degrado frutto non del normale passaggio del tempo ma di un uso improprio di esso tali da renderlo inutilizzabile per la destinazione impressagli dal locatore e per la quale lo stesso è stato preso in locazione”.

L’art. 1587 c.c. opera, quindi, solo per quelle tipologie di danni più gravi, tali da alterare o le caratteristiche strutturali dell’immobile in modo tale da non poter più essere utilizzato come prima o la destinazione dello stesso.

Più specificamente, come evidenziato in dottrina, l’obbligo di diligenza di cui all’art. 1587 c.c. si sostanzia nel divieto di mutare la destinazione economica del bene e nell’obbligo di custodia, a sua volta estrinsecatesi negli obblighi strumentali di: a) vigilare sull’integrità e sull’incolumità della cosa; b) predisporre le opportune cautele per la conservazione; c) provvedere alle riparazioni urgenti di sua competenza; d) dare prontamente avviso al locatore della necessità di provvedere alle riparazioni che sono a suo carico (oltre a provvedere agli avvisi di cui all’art. 1586 c.c.).

Nel caso di specie, il ctu ha elencato una serie di danni presenti nell’immobile per un costo di riparazione complessivo di circa 70.000,00.

Tuttavia, si tratta per lo più di interventi di normale manutenzione, la cui omissione non ha conseguenze significative sulle possibilità di utilizzo dell’immobile o sulla sua destinazione; basti pensare che gran parte dei danni riscontrati sono riconducibili a rotture di zoccolino, rotture di piastrelle nel pavimento, porte rovinate, ecc. Si tratta, per lo più, di danni riconducibili, secondo quanto indicato dallo stesso ctu, al “consueto” utilizzo della struttura.

L’ipotesi, quindi, non è riconducibile alla previsione dell’art. 1587 c.c.

Si deve, quindi, valutare se tale condotta del conduttore è rilevante ai fini dell’art. 8 del contratto di locazione, secondo cui “la parte subconduttore si impegna ad intervenire per la totalità degli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria dell’immobile locato, nessuno escluso o eccettuato”.

Al riguardo, non è dubbio che si può parlare di un inadempimento a carico del conduttore.

Tuttavia, non sussiste la gravità dell’inadempimento.

Per quanto, infatti, il valore delle riparazioni da eseguire sia tutt’altro che modico, si deve, comunque, considerare che parliamo di un immobile che si sviluppa su 4 piani fuori terra, si compone di oltre 30 stanze, oltre cucine, bagni e locali tecnici e che dà ricovero a oltre 60 persone necessitanti di cure, assistenza e carrozzelle per muoversi da un piano all’altro, con la presenza giornaliera di oltre 25 operatori e personale di segreteria.

Si tratta, quindi, di danni in gran parte fisiologici e correlati al tipo di attività svolta all’interno della residenza.

Si è, quindi, in presenza di un “normale” deterioramento, quasi connaturato all’uso dell’immobile e, comunque, pienamente compatibile con esso, nel quale non è riscontrabile alcun significativo abuso da parte del conduttore.

Un discorso a parte meritano i difetti riscontrati dal ctu relativi alla presenza di un impianto termico non a norma di legge e ad un fenomeno di infiltrazioni proveniente dalla copertura dell’edificio e che interessa esternamente la facciata nord.

Per quanto riguarda il primo intervento, sul punto può dirsi cessata a materia del contendere, dal momento che la società (…) si è già attivata per la sua sostituzione.

In ogni caso, non è chiaro se l’impianto da sostituire fosse quello originario e, cioè, fornito dal locatore o meno. Infatti, il conduttore è tenuto a compiere attività di straordinaria manutenzione, ma non certo a migliorare le dotazioni originarie dell’immobile.

Per quanto riguarda, invece, le infiltrazioni, allo stato parte convenuta non si è ancora attivata. Tuttavia, non risulta che la situazione sia destinata nel breve tempo a trascendere.

Del resto, la giurisprudenza ha evidenziato che

“Nelle locazioni non abitative (nella specie, ad uso turistico-alberghiero), la valutazione della gravità dell’inadempimento va operata caso per caso e non può ridursi alla mera constatazione della violazione di una obbligazione principale ma deve considerare l’importanza dell’inadempimento in rapporto al complesso delle pattuizioni e dell’operazione economica posta in essere, nonché all’interesse che intendeva realizzare la parte non inadempiente, così da verificare in quale misura l’inadempimento abbia determinato un effettivo squilibrio nel sinallagma contrattuale, che giustifichi la risoluzione (Cass. 17066/14).

Nel caso di specie, non risulta che la condotta dei conduttori, per quanto censurabile, sia tale da mettere in pericolo l’interesse concreto preteso dal locatore, ovvero quello di mantenere l’immobile nello stesso stato nel quale lo ha consegnato.

Parte attrice ha, poi, chiesto la condanna dei convenuti ad eseguire i lavori indicati dal ctu o a versare gli importi corrispondenti.

In realtà, se l’obbligazione del conduttore occuparsi della manutenzione dell’immobile è persistente per tutta la durata del rapporto, non altrettanto può dirsi per le obbligazioni di riparazione. Ai sensi dell’art. 1590 co. 1 c.c., è solo al momento della restituzione che il conduttore deve restituire la cosa locata “nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto”.

Ciò del resto, risponde ad un criterio di ragionevolezza: imporre costantemente al conduttore di riparare i danni cagionati potrebbe risultare antieconomico, come nel caso di specie, in cui gran parte dei danni sono correlati proprio all’attività svolta nell’immobile e sono, quindi, presumibilmente, destinati a ripetersi.

Ammettere una riparazione differita alla restituzione potrebbe comportare per il danneggiante un risparmio economico significativo, a fronte di un interesse del locatore a ricevere l’immobile in piena efficienza che diviene attuale solo nel momento in cui l’immobile gli viene restituito.

Ad es., che senso ha pretendere che oggi il conduttore ripari le porte danneggiate dallo scontro con le carrozzelle portate dagli operatori per il trasporto dei degenti, quando, comunque, per effetto dell’attività svolta nell’immobile, tali scontri saranno inevitabilmente destinati a ripetersi e quando, invece, alla cessazione del rapporto lo stesso potrà provvedere alla riparazione con un evidente risparmio di spesa?

Discorso diverso vale, ovviamente, per le riparazioni urgenti, di cui, però, il ctu non ha parlato.

Infine, si deve decidere in ordine alla domanda riconvenzionale proposta da (…) nei confronti di (…).

In estrema sintesi, (…) ha sostenuto di aver dovuto eseguire una serie di interventi, con costi superiori ad Euro 215.000,00, necessari per potere svolgere l’attività per ottenere il certificato di prevenzione incendi. Ha, quindi, contestato a (…) l’inadempimento alle obbligazioni nascenti a suo carico dalla stipula del contratto di cessione di azienda del 24 marzo 2006, in quanto al punto 7 le parti stabilirono che “la parte cedente garantisce quanto segue: la presenza di tutte le concessioni, le autorizzazioni, i permessi e le licenze necessarie per l’esercizio dell’attività”.

Tra le autorizzazioni richiamate vi era, quindi, a giudizio della (…), anche il certificato di prevenzione incendi.

Parte attrice ha, invece, evidenziato che (…) era consapevole di tale difetto: infatti, questa, prima di acquistare l’azienda, l’aveva ricevuta in affitto con contratto datato 4 aprile 2005. (…), quindi, conosceva tutte le caratteristiche e le dotazioni consegnate in funzione dell’attività svolta.

Inoltre, con la proposta irrevocabile di acquisto dell’azienda del 25 settembre del 2005 (prod. 7 di parte ricorrente), la (…) si impegnò “ad eseguire a proprio carico tutte le opere necessarie all’adeguamento igienico-sanitario, urbanistico e comunque richieste da qualsiasi normativa vigente (a titolo esemplificativo: realizzazione del bagno assistito, realizzazione interventi per la prevenzione incendi ecc.) per l’ottenimento delle autorizzazioni all’esercizio di attività di residenza protetta per pazienti non autosufficienti, disabili e persone bisognose di cure socio-sanitarie”.

Non è, quindi, dubbio che l’acquirente fosse a conoscenza dell’assenza del certificato prevenzione incendio.

La mancanza contestata è riconducibile ad un difetto di qualità, disciplinato dall’art. 1497 c.c.

Va ricordato, però, che l’art. 1491 c.c. esclude la garanzia per i vizi della cosa venduta nel caso di conoscenza del difetto.

Si è discusso se tale disposizione sia o meno applicabile anche al difetto di qualità.

In realtà, il dibattito si è concentrato principalmente sulla possibilità di escludere la tutela dell’acquirente nel caso di mancanza di qualità facilmente riconoscibile.

Nel caso di conoscenza effettiva, infatti, si concorda nel ritenere che l’acquirente non possa pretendere alcuna tutela.

Ciò non solo in quanto la distinzione codicistica tra vizi e mancanza di qualità è tutt’altro che agevole ed è, quindi, ragionevole una parificazione della regolamentazione delle due fattispecie, ma anche in quanto è pacifico che, se l’acquirente è a conoscenza della mancanza di qualità nel momento in cui presta il proprio consenso, l’accordo sulla cessione si è formato prendendo in considerazione un bene del tutto particolare e avente le caratteristiche note alle parti (Trib. Catania 28 novembre 2006, in DeJure).

Ne discende che le parti, nel richiamare nel contratto di cessione di azienda “la presenza di tutte le concessioni, le autorizzazioni, i permessi e le licenze necessarie per l’esercizio dell’attività” ebbero ben chiaro che tra questi non doveva considerarsi il certificato prevenzione incendi, della cui mancanza entrambe le parti erano consapevoli.

La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra (…) e (…).

La compensazione delle spese di lite nei rapporti tra (…) e (…) si spiega, invece, considerando la novità delle questioni affrontate.

P.Q.M.

DEFINITIVAMENTE PRONUNCIANDO

Respinge tutte le domande proposte;

compensa le spese di lite tra le parti.

Pone le spese di ctu a carico di tutte le parti in solido.

Così deciso in Savona il 13 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.