In un contratto ad effetti obbligatori, come la locazione, la traditio del bene non configura la trasmissione del suo possesso ma l’insorgenza di una mera detenzione, sebbene qualificata, salvo che intervenga una interversio possessionis, mediante la manifestazione esterna, diretta contro il proprietario/possessore, della volonta’ di esercizio del possesso uti dominus, atteso che il possesso costituisce una situazione di fatto, non trasmissibile, di per se’, con atto negoziale separatamente dal trasferimento del diritto corrispondente al suo esercizio, sicche’ non opera la presunzione del possesso utile ad usucapionem, previsto dall’articolo 1141 c.c., quando la relazione con il bene derivi, come nel caso in esame, da un atto o da un fatto del proprietario non corrispondente al trasferimento del diritto. L’interversione nel possesso, tuttavia, non puo’ aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente animus detinendi dell’animus rem sibi habendi.
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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|27 gennaio 2023| n. 2535
Data udienza 21 dicembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. ROLFI Federico – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17881/2018 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avvocati (OMISSIS) per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) per procura a margine del controricorso;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la SENTENZA n. 43/2018 della CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI, depositata il 31/1/2018;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO nell’adunanza in camera di consiglio del 21/12/2022.
FATTI DI CAUSA
1.1. La (OMISSIS) s.a.s. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Tempio Pausania, (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo che:
– (OMISSIS), con atto per notaio (OMISSIS) del 16/5/2002, aveva donato al proprio coniuge, (OMISSIS), la proprieta’ di alcuni beni immobili situati in (OMISSIS) (e, precisamente, la piena proprieta’ di un villino composto da soggiorno, cucina, due camere, bagno corridoio e ripostiglio, con annesso terreno adibito a cortile, della superfice di 200 mq circa, con piscina di 62 mq., e la nuda proprieta’ del limitrofo fabbricato allo stato rudere), dichiarando che tali beni gli erano pervenuti in ragione del possesso pieno, esclusivo ed ininterrotto per un periodo di oltre venti anni.
1.2. La societa’ attrice, quindi, dopo aver affermato di essere la proprietaria di beni immobili, tra cui quelli oggetto di donazione, ha dedotto che: – tali beni, originariamente destinati all’estrazione e alla lavorazione del granito, erano stati poi concessi senza formalita’ ai soci, tutti componenti della medesima famiglia e tra essi (OMISSIS), ovvero concessi in locazione a terzi; – i soci, con riferimento agli immobili dati in uso agli stessi, avevano convenuto di pagare ognuno un canone di locazione, di importo inferiore a quello di mercato, e, con riferimento all’immobile concesso a (OMISSIS), era stato pattuito un canone mensile di L. 100.000; – sino al momento della donazione, (OMISSIS) aveva corrisposto tale canone, come da atti di rendiconto sottoscritti dai soci stessi, mediante compensazione con il maggior credito derivante dai proventi (ripartiti tra i soci) derivanti dalla locazione degli immobili societari a terzi.
1.3. L’attrice, inoltre, ha dedotto l’insussistenza dei presupposti per l’acquisto a titolo originario da parte del donante, in ragione del fatto che il villino ed il terreno circostante erano detenuti da (OMISSIS) a titolo di locazione e che il rudere era inutilizzabile poiche’ pericolante, e, in ogni caso, l’insussistenza del possesso ultraventennale per essere stato realizzato, nel periodo 1985-1993, un abuso edilizio (piscina) poi oggetto di condono a nome della societa’, per essere stati gli immobili accatastati a nome della societa’ e per essere (OMISSIS) mero detentore dei beni.
1.4. La societa’ attrice, quindi, ha proposto domanda volta a ottenere la declaratoria di nullita’ della donazione e la condanna dei convenuti alla restituzione degli immobili nonche’ al risarcimento dei danni arrecati.
1.5. (OMISSIS) e (OMISSIS) si sono costituiti in giudizio ed hanno eccepito, per quanto ancora rileva, la carenza di legittimazione attiva della societa’ attrice, contestando la proprieta’ dei beni donati in capo alla stessa.
1.6. I convenuti, poi, hanno dedotto che (OMISSIS) aveva posseduto gli immobili oggetto di donazione sin dal 1976, provvedendo a ristrutturare e rendere abitabile l’unita’ al mappale 295, aveva provveduto alla costruzione della piscina, aveva personalmente abitato la suddetta unita’, l’aveva concessa in locazione a terzi, ed aveva, infine, utilizzato il rudere come deposito.
1.7. I convenuti, inoltre, hanno negato di aver stipulato alcun contratto di locazione con la societa’ attrice, eccependo che il rendiconto prodotto si riferisse ad altro immobile e non a quello oggetto di causa, ed hanno, quindi, chiesto, in via riconvenzionale, di dichiarare (OMISSIS) quale proprietario esclusivo del villino, con annesso terreno di pertinenza, e del fabbricato di 30 mq., per effetto di usucapione ventennale, e, sempre in via riconvenzionale, in caso di accoglimento della domanda di parte attrice, di condannare la (OMISSIS) s.a.s. al pagamento di una somma corrispondente all’aumento del valore degli immobili per migliorie e addizioni.
1.8. In data 17/3/2005 si e’ costituita in giudizio la (OMISSIS) s.r.l., quale successore per trasformazione della (OMISSIS) s.a.s..
1.9. Il tribunale, con la sentenza n. 55/2002, ha dichiarato la nullita’ dell’atto di donazione ed ha, quindi, condannato i convenuti alla restituzione dei relativi beni e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, ha condannato la societa’ attrice al pagamento in favore dei convenuti della somma di Euro. 100.000,00.
1.10. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, per un verso, che i convenuti non avevano provato l’avvenuto acquisto per usucapione degli immobili, poiche’ tali immobili erano stati concessi in locazione dalla societa’ al socio (OMISSIS), e, per altro verso, che quest’ultimo, come dimostrato dalle prove testimoniali assunte e dalla consulenza tecnica espletata in giudizio, aveva eseguito lavori di ristrutturazione dell’immobile e di edificazione della piscina in conseguenza dei quali gli immobili in questione avevano avuto un incremento di valore pari ad Euro. 100.000,00.
1.11. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto appello avverso tale sentenza, chiedendone la riforma.
1.12. La (OMISSIS) s.r.l. ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto e proponendo appello incidentale.
2.1. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha parzialmente accolto l’appello principale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) e, in parziale riforma della sentenza appellata, ha rigettato le domande della (OMISSIS) relativamente al fabbricato allo stato di rudere, confermando per il resto la pronuncia gravata.
2.2. La corte, in particolare, ha, innanzitutto, esaminato il motivo d’appello con il quale gli appellanti principali avevano censurato il rigetto della domanda d’usucapione: e l’ha ritenuto infondato in ragione della mancata dimostrazione del possesso pacifico, pubblico, non interrotto e ultraventennale dei beni immobili oggetto di donazione.
2.3. La corte, sul punto, con riguardo al villino con giardino e piscina, ha osservato che la deduzione degli appellanti, fondata sull’utilizzo del bene e sulla trasformazione dello stesso da rudere a unita’ immobiliare abitabile, con impossessamento dello stesso risalente al 1976, era, in realta’, smentita dal fatto che il (OMISSIS) era titolare di quote della societa’ appellata ed aveva esercitato i propri diritti e doveri inerenti al proprio status di socio.
2.4. La corte, quindi, dopo aver rilevato che: – la societa’ appellata aveva ricavato utili dalla gestione di immobili in (OMISSIS); – tali immobili era unitariamente amministrati con la riscossione dei proventi, il pagamento delle imposte e la ripartizione degli utili ai soci e la richiesta agli stesso di un contributo, che, nel caso del (OMISSIS), era indicato come “fitto cava”, ha ritenuto che tali fatti rendevano “pienamente credibile la allegazione della originaria parte attrice circa la assegnazione ai soci di singoli beni, nell’interesse comune di gestione dei beni stessi”, e che, per contro, era del tutto inverosimile che il (OMISSIS) “possa aver occupato l’area e realizzato le opere di ristrutturazione dell’immobile e della piscina in danno della societa’ e a proprio beneficio” posto che “l’esercizio dei diritti di socio, mediante l’utilizzazione dell’immobile e il percepimento – previa ripartizione tra i soci – nel corso degli anni degli utili sociali, cosi’ come il pagamento di una quota sociale (seppure con la dizione “fitto cava”) e delle imposte sono elementi compatibili con la detenzione e non con il possesso dell’immobile stesso”, trattandosi di fatti dai quali si desume che “il (OMISSIS) aveva agito secondo le regole che i soci si erano dati, incompatibili queste con una condotta in danno della societa’ stessa”. D’altra parte, ha aggiunto la corte, lo stesso (OMISSIS), in una lettera del 27/3/1998 indirizzata al sindaco del Comune di (OMISSIS), aveva indicato la societa’ attrice come la proprietaria della piscina per la quale aveva richiesto il condono edilizio, in tal modo escludendo la propria titolarita’ sul bene.
2.5. La corte, quindi, ha escluso che sussistevano i presupposti per riconoscere in capo al (OMISSIS) l’acquisto a titolo originario dell’immobile costituito dal villino con giardino e piscina.
2.6. La corte, poi, con riferimento alla domanda di usucapione relativa al fabbricato allo stato di rudere, ha affermato che mancava in atti qualsiasi elemento che potesse far desumere che lo stesso fosse stato posseduto in qualche modo dal (OMISSIS), essendo emerso che “tale fabbricato aveva avuto la funzione di deposito di carbone e, non piu’ utilizzato, era stato lasciato in stato di abbandono”, senza che sul punto il (OMISSIS) avesse fornito prove in senso contrario.
2.7. La corte, quindi, ha ritenuto che, per l’insussistenza dei presupposti per l’acquisto a titolo originario da parte del (OMISSIS), la statuizione del primo giudice di rigetto della domanda riconvenzionale proposta dai convenuti doveva essere confermata.
2.8. La corte d’appello, invece, ha parzialmente accolto la censura con la quale gli appellanti principali avevano lamentato l’omessa pronuncia da parte del tribunale sull’eccezione relativa alla prova della titolarita’ del diritto di proprieta’ quale presupposto dell’esercizio dell’azione spiegata dalla societa’ attrice.
2.9. La corte, sul punto, dopo aver evidenziato che: – la domanda proposta dalla societa’ attrice doveva essere qualificata come domanda di accertamento dell’invalidita’ dell’atto di donazione “avente ad oggetto beni non di proprieta’ del donante” al fine di ottenerne il rilascio in quanto detenuti sino all’atto di donazione a titolo di locazione, e, quindi, di un’azione “volta ad accertare l’insussistenza di diritti altrui su beni dei quali si chiede il rilascio per il venir meno del titolo (locazione) in forza del quale tali beni erano detenuti”; – tale qualificazione incide sul riparto dell’onere probatorio, in quanto, in tale tipo di azione, chi agisce in giudizio per far valere l’inesistenza del diritto altrui sulla cosa non e’ tenuto a fornire la prova rigorosa della sua proprieta’ come nell’azione di rivendica, essendo sufficiente anche la prova presuntiva; ha ritenuto che, nel caso in esame, la societa’ attrice aveva provato la sussistenza di elementi presuntivi dai quali desumere che la stessa era titolare del diritto di proprieta’ del villino con giardino e piscina, come: – la dichiarazione di successione di Lorenzo (OMISSIS), padre del convenuto, che indica tra i beni caduti in successione le quote della societa’ con l’elenco di tutti i beni di proprieta’ della stessa, tra cui l’immobile in questione; – la visura catastale e la dichiarazione ICI del 27/7/2001, che indicano la societa’ come la proprietaria dell’immobile; – la domanda di condono edilizio presentata l’1/3/1995 da Lorenzo (OMISSIS), quale socio della societa’ attrice.
2.10. La corte, invece, ha ritenuto che non era dato individuare analoghi elementi presuntivi con riferimento al fabbricato allo stato di rudere poiche’, a fronte dell’espressa contestazione della legittimazione ad agire in capo all’attrice, quest’ultima non aveva dato alcuna prova della titolarita’ del diritto di proprieta’ di tale immobile e, di conseguenza, della sussistenza dei presupposti per proporre l’azione.
2.11. La corte, quindi, in ragione del difetto di legittimazione sul punto, ha ritenuto che la sentenza appellata doveva essere riformata nella parte in cui aveva dichiarato la nullita’ della donazione del fabbricato allo stato di rudere e nella parte in cui aveva condannato i convenuti alla restituzione di tale immobile alla societa’ attrice.
2.12. La corte, invece, ha ritenuto che, avendo la societa’ fornito la prova per presunzione della titolarita’ del villino con giardino e piscina, doveva essere confermata la statuizione con la quale il tribunale aveva dichiarato la nullita’ della donazione di tale immobile sul rilievo che, una volta “provata dalla societa’ la proprieta’ di tali immobili, il (OMISSIS)… non aveva titolo alcuno per trasferire la nuda proprieta’ del predio”, trattandosi, piuttosto, di “donazione di cosa altrui, che deve esser dichiarata nulla per difetto di causa”
2.13. La corte, infine, ha rigettato l’appello incidentale proposto dalla societa’ appellata, rilevando che: – per cio’ che riguarda la condanna per migliorie, era stato provato, per ammissione del legale rappresentante della (OMISSIS), il fatto che le opere di miglioria erano state poste in essere da (OMISSIS) previa autorizzazione dell’amministrazione della societa’ e che il consenso della societa’ proprietaria determina, in applicazione del disposto di cui all’articolo 1592 c.c., comma 1, il diritto del conduttore al percepimento dell’indennita’ per miglioramenti; – per cio’ che riguarda il risarcimento dei danni, la societa’ attrice non aveva adeguatamente allegato e provato il pregiudizio subito.
3.1. La (OMISSIS) s.r.l., con ricorso spedito per la notifica l’8/6/2018 e ricevuto il 13/6/2018, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, notificata, come da relazione in atti, l’11/4/2018.
3.2. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso, notificato in data 20/7/2018, nel quale hanno proposto, per due motivi, ricorso incidentale.
3.3. La ricorrente principale ha, a sua volta, resistito al ricorso incidentale con controricorso.
3.4. I controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, la ricorrente principale,
lamentando la violazione del combinato disposto dell’articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la societa’ attrice non aveva offerto in giudizio elementi dai quali desumere la sussistenza in capo alla stessa del diritto di proprieta’ del fabbricato allo stato di rudere e che la stessa, di conseguenza, era priva della legittimazione a proporre la domanda di nullita’ della relativa donazione.
4.2. Cosi’ facendo, tuttavia, ha osservato la ricorrente, la corte d’appello non ha considerato che: – la titolarita’ del diritto di proprieta’ del rudere in capo alla (OMISSIS) s.r.l. e il possesso da parte della stessa non erano stati oggetto di una specifica contestazione da parte dei convenuti; – la societa’ attrice aveva prodotto documenti che dimostravano la proprieta’ del rudere, come il bando di vendita del 1937 che ne descriveva le caratteristiche; – i convenuti avevano svolto difese incompatibili con la contestazione della proprieta’ della (OMISSIS) sul rudere, avendo, in realta’, riconosciuto, li’ dove hanno escluso la necessita’ dell’interversione del possesso e la sufficienza di un possesso incompatibile con il godimento comune, la proprieta’ della (OMISSIS) di tutti gli immobili siti in Cava Francese, tra i quali i fabbricati oggetto di donazione, compreso il rudere.
4.3. D’altra parte, ha aggiunto la ricorrente principale, la corte d’appello ha omesso di considerare che il motivo dalla stessa accolto era da considerarsi nuovo giacche’ solo in appello i convenuti appellanti avevano contestato sia l’appartenenza alla (OMISSIS) dell’intero compendio immobiliare di (OMISSIS), sia la documentazione prodotta dalla stessa al fine di dimostrare che la proprieta’ dei beni donati ricadeva in detto compendio.
4.4. Con il secondo motivo, la ricorrente principale, lamentando violazione e falsa applicazione degli articoli 1592 c.c. e 113 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, accogliendo la domanda riconvenzionale dei convenuti, ha condannato la SAGIS al pagamento della somma di Euro 100.000,00, pari all’aumento di valore per effetto dei miglioramenti eseguiti (OMISSIS) sull’immobile locato senza, tuttavia, considerare che l’articolo 1592 c.c., che indica sia gli elementi costitutivi del diritto all’indennita’ in favore del conduttore che abbia eseguito dei miglioramenti nell’immobile locato, sia il criterio alla stregua del quale tale indennita’ deve essere ravvisata, presuppone che dagli atti del giudizio sia possibile individuare sia l’incremento di valore dell’immobile interessato dagli eventuali interventi di miglioramento, sia le spese in concreto sostenute dal conduttore.
4.5. Nel caso in esame, invece, ha osservato la ricorrente, la corte d’appello si e’ limitata a confermare la statuizione del giudice di prime cure in ordine al riconoscimento in favore dei convenuti dell’indennita’ di Euro. 100.000,00 senza operare la debita comparazione prevista dalla norma suddetta anche perche’, non sussistendo negli atti di causa alcuna prova in ordine alle spese sostenute, il consulente tecnico d’ufficio si e’ limitato ad indicare il presumibile incremento di valore del villino.
4.6. Peraltro, ha concluso la societa’ ricorrente, la corte d’appello non ha espressamente condizionato, in violazione dell’articolo 1592 c.c., la corresponsione dell’indennita’ al momento della riconsegna del bene locato.
4.7. Con il primo motivo di ricorso incidentale, i controricorrenti, lamentando nullita’ della sentenza o del procedimento, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte di appello ha ritenuto che la (OMISSIS) avesse la legittimazione attiva senza, tuttavia, considerare che: – le dichiarazioni rese dalla societa’ attrice nell’atto di citazione introduttivo del giudizio e la documentazione dalla stessa prodotta dimostravano che il complesso immobiliare era stato acquistato da Attilio (OMISSIS), avo dei membri della famiglia (OMISSIS); – nessun documento ha dimostrato, per contro, il trasferimento di tali beni alla societa’, come conferimenti, vendite, permute, ecc.; – i beni oggetto di causa dovevano essere, pertanto, a tutt’oggi considerati come beni delle persone fisiche, eredi di Attilio (OMISSIS); sicche’ i giudici di merito avrebbero dovuto rigettare la domanda o, quanto meno, disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli stessi.
4.8. In ogni caso, hanno aggiunto i controricorrenti, il fatto che la (OMISSIS) avesse affermato che vi era stata confluenza in un’unica indistinta amministrazione sia di beni di proprieta’ sociale, sia di beni di proprieta’ individuale, senza precisare se i beni oggetto di donazione rientrassero tra quelli appartenenti alla societa’ o tra quelli di proprieta’ delle persone fisiche ovvero fossero in parte di proprieta’ dell’una e in parte di proprieta’ dell’altra parte, imponeva l’esame dell’eccezione, ritualmente proposta dai convenuti nella comparsa di risposta, di carenza di legittimazione attiva in capo alla societa’ attrice, non essendo possibile comprendere se la stessa fosse proprietaria o meno dell’immobile oggetto dell’atto di donazione impugnato.
4.9. La corte d’appello, invece, hanno osservato i controricorrenti, senza tener conto di quanto dedotto dagli stessi con l’atto d’appello, ha omesso di considerare che: – i beni in questione erano stati acquistati nel 1901 da un gruppo di persone fisiche; – fino al 1985, quando la modifica dell’articolo 2659 c.c. consenti’ la trascrizione degli acquisti immobiliari in capo agli enti privi di autonomia patrimoniale perfetta, le societa’ di persone non acquistavano beni immobili; sicche’, in definitiva, o la domanda doveva essere rigettata per difetto di legittimazione ad agire oppure doveva essere disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle persone fisiche comproprietarie dei beni indistintamente amministrati appartenenti in parte non precisata ed incerta alla societa’ ed in altra parte ai vari componenti della famiglia (OMISSIS).
4.10. La corte, al contrario, ha svolto un’inammissibile inversione logica poiche’ dapprima ha delibato il merito della controversia, giungendo alla conclusione che per taluno dei beni donati non era stata raggiunta la prova dell’interversio possessionis e del possesso ad usucapionem, e solo dopo tale valutazione ha affrontato l’eccezione di carenza di legittimazione attiva, la quale, invece, aveva carattere preliminare poiche’ non concerneva soltanto il secondo immobile bensi’ anche il primo, e cioe’ quello per il quale la corte ha ritenuto non raggiunta la prova del possesso acquisitivo.
4.11. Ne risultano, in definitiva, violati, hanno concluso i controricorrenti, gli articoli 100, 101 e, soprattutto, 102 e 354 c.p.c., e cioe’ le norme in forza delle quali il giudice d’appello, dopo aver riconosciuto che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio, deve rimettere la causa al primo giudice, a nulla, per contro, rilevando, a fronte della confessoria ammissione contenuta nell’atto introduttivo, che erano emersi elementi soltanto indiziari utili a far presumere la sussistenza, in capo alla societa’, del diritto di proprieta’ su uno soltanto dei beni donati, e cioe’ il villino con giardino e piscina.
4.12. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, i controricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione degli articoli 1102 e 1158 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, partendo dal falso presupposto che il villino con terreno e piscina fosse di proprieta’ della (OMISSIS), ha confermato, relativamente a tale immobile, la pronuncia di primo grado, senza, tuttavia, considerare che, ai sensi dell’articolo 1102, comma 2, c.c., il comunista ben puo’ dar luogo a un’estensione del godimento utile ai fini acquisitivi e che, ai sensi dell’articolo 1158 c.c., l’acquisto a titolo originario puo’ riguardare anche beni immobili oggetto di comproprieta’.
4.13. (OMISSIS), infatti, hanno osservato i controricorrenti, ha esercitato sui beni donati al coniuge un potere di fatto esclusivo con l’animus rem sibi habendi, trasformando rustici degradati e fatiscenti in una stabile abitazione residenziale ed esclusiva.
5.1. Il primo motivo del ricorso principale e i due motivi del ricorso incidentale, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
5.2. La ricorrente principale ed i ricorrenti incidentali, in effetti, pur denunciando la violazione di norme di legge sostanziale e processuale, hanno finito, in realta’, per lamentare l’erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito: li’ dove, in particolare, questi, ad onta delle asserite emergenze delle stesse, hanno ritenuto, per un verso, che la societa’ (e non il donante ne’ altri) era la proprietaria del villino con giardino e piscina ma non anche del fabbricato allo stato di rudere, e, per altro verso, che, escluso il possesso del rudere da parte del Grondone (sul rilievo che “tale fabbricato aveva avuto la funzione di deposito di carbone e, non piu’ utilizzato, era stato lasciato in stato di abbandono”), quest’ultimo, una volta ricevuta “l’utilizzazione dell’immobile” quale socio ed eseguito “il pagamento di una quota sociale (seppure con la dizione “fitto cava”), e cioe’ (come gia’ affermato dal tribunale) a titolo di locazione (cfr. il controricorso, p. 7), aveva “occupato l’area e realizzato”, con il consenso della proprietaria, “le opere di ristrutturazione dell’immobile e della piscina” ma non “in danno della societa’ e a proprio beneficio”, esercitando, quindi, su tale bene non gia’ il possesso ma, “secondo le regole che i soci si erano dati, incompatibili queste con una condotta in danno della societa’ stessa”, solo la detenzione.
5.3. La valutazione delle prove raccolte, pero’, anche se si tratta delle risultanze asseritamente conseguenti alla mancata contestazione dei fatti ex adverso dedotti (Cass. SU n. 2951 del 2016: “il semplice difetto di contestazione non impone un vincolo di meccanica conformazione, in quanto il giudice puo’ sempre rilevare l’inesistenza della circostanza allegata da una parte anche se non contestata dall’altra, ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto”, tanto piu’ che “se le prove devono essere valutate dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento… a fortiori cio’ vale per la valutazione della mancata contestazione”; Cass. SU n. 11377 del 2015), costituisce un’attivita’ riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio (nel caso in esame neppure invocato come tale) consistito, come stabilito dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, nell’avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l’esame di uno o piu’ fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero senz’altro determinato un esito diverso della controversia (Cass. SU n. 8053 del 2014).
L’omesso esame di elementi istruttori non da’ luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti fattuali rilevanti in causa, quali fatti costitutivi del diritto azionato ovvero fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso, siano stati comunque presi in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.). La valutazione delle prove, al pari della scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale e’ libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga piu’ attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (v. Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 11511 del 2014; Cass. n. 16467 del 2017).
Il compito di questa Corte, del resto, non e’ quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata ne’ quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta un migliore e piu’ appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’articolo 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non piu’ se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioe’, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual e’ reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com’e’ in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
5.4. La corte d’appello, invero, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio, ha ritenuto, prendendo cosi’ in esame i fatti rilevanti ai fini della decisione sulle domande (di nullita’ della donazione e di usucapione dei beni donati) proposte dalle parti e indicando le ragioni del convincimento espresso in ordine agli stessi in modo nient’affatto apparente, perplesso o contraddittorio, che, da un lato, era emersa la prova della proprieta’ esclusiva in capo alla societa’ attrice di uno solo degli immobili oggetto della donazione, onde fondare il suo interesse ad agire in giudizio per l’accertamento della nullita’ del relativo atto di trasferimento, e, dall’altro lato, che non era emersa la prova del possesso ventennale degli stessi beni in capo al donante.
5.5. Ed una volta affermato, come la corte ha fatto senza che tale apprezzamento sia stato censurato (nell’unico modo possibile, e cioe’, a norma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5) per aver del tutto omesso l’esame di uno o piu’ fatti (principali o secondari) decisivi (e non semplicemente degli elementi di prova dai quali gli stessi emergerebbero ove, come nel caso in esame, tali fatti sono stati comunque esaminati dal giudice di merito: Cass. SU n. 8053 del 2014), che la societa’ attrice (e non altri) era proprietaria (almeno) del villino e che il donante non aveva posseduto ne’ il villino ne’ il rudere, non si prestano, evidentemente, a censure, in diritto, le decisioni che la stessa corte ha conseguentemente assunto, e cioe’ (senza disporre l’integrazione del contraddittorio con alcuno): a) l’accoglimento, relativamente al villino, della domanda proposta dalla societa’ attrice volta ad ottenere la declaratoria di nullita’ dell’atto di donazione; b) il rigetto della domanda proposta dal convenuto donante di accertamento dell’acquisto della proprieta’ di tali beni a titolo di usucapione.
5.6. In effetti, e’ noto che: – in un contratto ad effetti obbligatori, come la locazione, la traditio del bene non configura la trasmissione del suo possesso ma l’insorgenza di una mera detenzione, sebbene qualificata, salvo che intervenga una interversio possessionis, mediante la manifestazione esterna, diretta contro il proprietario/possessore, della volonta’ di esercizio del possesso uti dominus, atteso che il possesso costituisce una situazione di fatto, non trasmissibile, di per se’, con atto negoziale separatamente dal trasferimento del diritto corrispondente al suo esercizio, sicche’ non opera la presunzione del possesso utile ad usucapionem, previsto dall’articolo 1141 c.c., quando la relazione con il bene derivi, come nel caso in esame, da un atto o da un fatto del proprietario non corrispondente al trasferimento del diritto (Cass. n. 29594 del 2021; Cass. n. 24737 del 2016; con riferimento al comodato, Cass. n. 21690 del 2014); – l’interversione nel possesso, tuttavia, non puo’ aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore (che la corte d’appello non ha, in fatto, rinvenuto) dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente animus detinendi dell’animus rem sibi habendi (Cass. n. 2392 del 2009; Cass. n. 26327 del 2016; Cass. n. 27584 del 2013; Cass. n. 5419 del 2011; Cass. n. 1296 del 2010); – la donazione di cosa altrui o parzialmente altrui, sebbene non espressamente vietata, e’ nulla per difetto di causa (Cass. SU n. 5069 del 2016; Cass. n. 144 del 2017).
5.7. Il secondo motivo di ricorso principale e’, invece, fondato. L’articolo 1592 c.c., comma 1, stabilisce, quanto ai miglioramenti apportati dal conduttore alla cosa locata con il consenso del locatore, il principio che quest’ultimo e’ tenuto a pagare al primo un’indennita’ pari alla minor somma tra l’importo della spesa ed il valore del risultato utile al tempo della riconsegna, la quale, se non puo’ essere assunta quale condizione di proponibilita’ della domanda, deve nondimeno sussistere al momento della proposizione della domanda stessa.
5.8. In effetti, il legislatore ha voluto semplicemente, attraverso quel riferimento cronologico, assicurarsi che la liquidazione dell’indennita’ de qua venga determinata in concreto non prima del momento in cui cessi la disponibilita’ dell’immobile da parte del conduttore e la riacquisti invece il locatore, e con riferimento esclusivo ad esso, e non importa che la domanda relativa sia stata proposta anteriormente a tale momento.
5.9. In altri termini, nel sistema normativo delineato dall’articolo 1592 c.c., la riconsegna della cosa da parte del locatario non va intesa quale condizione di proponibilita’ della relativa domanda (come hanno ritenuto Cass. n. 11551 del 1998; Cass. n. 2777 del 2003), ma quale presupposto perche’ si abbia un provvedimento favorevole o sfavorevole sulla domanda stessa, vale a dire una pronuncia nel merito (Cass. n. 17861 del 2007).
5.10. La corte d’appello, quindi, li’ dove ha condannato la societa’ attrice al pagamento dell’indennita’ prevista dall’articolo 1592 c.c. senza verificare in fatto se l’immobile era stato o meno restituito alla societa’ proprietaria, non si e’ attenuta al principio sopra espresso, cosi’ cadendo nel vizio di falsa applicazione della norma indicata, e si presta, di conseguenza, alle censure svolte sul punto dalla ricorrente, che, per il resto, sono assorbite.
6.1. Il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere, pertanto, rigettati.
6.2. Il secondo motivo del ricorso principale, nei termini esposti, dev’essere, invece, accolto e la sentenza impugnata per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Cagliari che, in differente composizione, provvedera’ a liquidare le spese del presente giudizio.
6.3. La Corte, infine, da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte cosi’ provvede: accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Cagliari che, in differente composizione, provvedera’ a liquidare le spese del presente giudizio; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
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