l’obbligo del locatore di un immobile urbano, di corrispondere gli interessi legali sul deposito cauzionale ex art. 11 L. n. 392 del 1978, ha natura imperativa poiché persegue finalità di ordine generale, tutelando il contraente più debole e impedendo che la cauzione, mediante i frutti percepibili dal locatore, possa tradursi in un surrettizio incremento del corrispettivo della locazione (venendo a maggiorare la cifra pattuita). Di conseguenza sono nulle le clausole contrattuali che stabiliscono una disciplina della restituzione difforme da quella contenuta in detta norma. Una volta cessata la locazione, il deposito cauzionale versato dev’essere restituito al locatore.
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Tribunale|Roma|Sezione 6|Civile|Sentenza|12 febbraio 2020| n. 3206
Data udienza 12 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE SESTA CIVILE
Il Tribunale ordinario di Roma – VI Sezione civile, in composizione monocratica ed in persona del Giudice Unico, dott.ssa Maria Flora Febbraro, nell’udienza del 12/02/2020, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni della parte presente, ha pronunciato, ai sensi dell’art. 281 sexies e dell’art. 429 c.p.c., la seguente
SENTENZA
dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, nella causa iscritta al n. 84057 del Ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2017
tra
(…), rappresentato e difeso – giusta procura in atti – dall’Avv. D’A.VI. e dall’Avv. Ma.Di., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in VIA (…) ROMA
attore
e
ASSOCIAZIONE (…), rappresentato e difeso – giusta procura in atti – dall’Avv. AR.AN., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in VIA (…) 00100 ROMA
convenuto
OGGETTO: Azione di risoluzione del contratto ed altro.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
– ARTT. 132 E 281 SEXIES – 429 C.P.C. –
I. In limine litis va osservato che la recente riforma del processo civile, intervenuta con L. 18 giugno 2009, n. 69, ha modificato l’art. 132 c.p.c. ed il correlato art. 118 disp. att. c.p.c. escludendo dal contenuto della sentenza (art. 132, n. 4, c.p.c.) lo svolgimento del processo. La novella dell’art. 132 c.p.c. è applicabile ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge, ossia dal 4 luglio 2009 (v. art. 58 L. n. 69 del 2009). Ne deriva che può procedersi all’immediata stesura delle ragioni della decisione.
II. La domanda di parte attrice è fondata nei limiti di cui di ragione.
L’eccezione di parte convenuta di nullità dell’art.4 del contratto è fondata e va accolta.
Il contratto di locazione inter partes, stipulato in data 5.4.2007, avente ad oggetto l’immobile ad uso abitativo sito in R. al Viale (…), prevede un canone annuo determinato in misura crescente del 5%.
L’art. 32 della L. n. 392 del 1978, quanto alle locazioni ad uso non abitativo, stabilisce che “le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira” e che “le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all’articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati”.
L’art. 79 della L. n. 392 del 1978, a sua volta, stabilisce che “è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”, e che “il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”.
In proposito la S.C. ha affermato il seguente principio di diritto: “In materia di contratto di locazione di immobili destinati ad uso non abitativo, in relazione al principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo, la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati (del tutto diversi e indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere d’acquisto della moneta) deve ritenersi legittima (ex artt. 32 e 79 della legge sull’equo canone), salvo che essa non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria (nel qual caso è nulla)” (Cass. 23-2-2007, n. 4210; Cass. 9-2-2007, n. 2901; Cass. 8-5-2006, n. 10500; v. Cass., Sez. III, 24 marzo 2015, n. 5849, che ha così stabilito: “In tema di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, in virtù del principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo vigente per gli immobili destinati ad uso commerciale, è consentito alle parti prevedere la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, purché la stessa previsione non costituisca un espediente per aggirare la norma imperativa di cui all’art. 32 della L. n. 27 luglio 1978, n. 392 con la quale il legislatore si è riservato la facoltà di determinare le modalità e la misura dell’aggiornamento del canone in relazione alle variazioni del potere di acquisto della moneta, sottraendola alla disponibilità della parti”).
La Suprema Corte anche di recente – sent. n. 17061 del 28.7.2014 – ha ribadito che “in relazione al principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, la clausola convenzionale che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, per essere “secundum legem” (L. Equo Canone, artt. 32 e 79) deve chiaramente riferirsi ad elementi predeterminati, desumibili dal contratto, ed idonei ad influire sull’equilibrio economico del rapporto, in modo autonomo dalle variazioni annue del potere di acquisto della lira; mentre è “contra legem” statuendo che la clausola è radicalmente nulla per violazione della norma imperativa se costituisce un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria, con conseguente squilibrio del rapporto sinallagmatico e violazione dei limiti quantitativi previsti dal sistema normativo. L’interpretazione di tale clausola deve pertanto tener conto dell’intero contesto delle clausole contrattuali ed anche del comportamento contrattuale ed extracontrattuale delle partì contraenti (Cass. n. 1070/2000).
Alla stregua di tale giurisprudenza, nella specie, la clausola del contratto, che determina sin dall’inizio del rapporto il canone annuo in misura crescente anno dopo anno svincolata da qualunque oggettiva giustificazione è illegittima e non può essere accertata come dovuta la somma di euro 16.683,21 a titolo di maggiorazione del canone.
Né, per altri versi, è comprovata la domanda riconvenzionale volta ad ottenere la restituzione delle maggiori somme versate, rispetto al canone pattuito.
La parte conduttrice va, invece, condannata al pagamento dell’importo di Euro 1700,00 (non rivalutato) + Euro 893,40 essendo dimostrata la legittimazione attiva e passiva delle parti derivante dalla stipulazione, in data 5.2.2007, del contratto di locazione e non essendo provato il pagamento del canone di settembre 2017 e degli oneri condominiali per il periodo che va dal primo gennaio 2017 ed il 30 settembre 2017 nonché a titolo di conguaglio 2016 (v. documentazione in atti).
Per quanto riguarda la domanda ex art. 1590 c.c. va osservato che il conduttore è tenuto a restituire la cosa locata, al termine della locazione, “nello stato medesimo in cui ricevuta” (art. 1590 comma 1 c.c.).
Siffatta previsione, come pure l’obbligazione custodiale gravante sul conduttore a termini degli artt. 1587 n.1, 1588 c.c., traggono titolo dal contratto di locazione, sì da dover essere annoverate tra le obbligazioni il cui adempimento veniva garantito dal Bianconi in proprio, con il negozio fideiussorio sopra ricordato (v. sul punto Cass. n.11189.2007: “l’obbligazione di restituire la cosa locata secondo le condizioni stabilite dall’art. 1590, comma primo, cod. civ. pur avendo natura contrattuale, non ha carattere sinallagmatico, ma consegue alla natura propria della locazione (che si configura come contratto a termine), e nasce alla scadenza della locazione”; Cass. n.2910.1996; Cass. n.676.1980; Cass. n.20357.2005; Cass. n.647.1980: “a norma dell’art. 1588 c.c. l’Azione di danni per deterioramento della cosa locata ha natura contrattuale in quanto si fonda sul mancato adempimento, da parte del conduttore, di una delle obbligazioni principali su di esso gravante: quella, cioè, di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto; e la responsabilità del conduttore e presunta ed e fondata sulla colpa. Conseguentemente, il locatore deve solo fornire la prova del deterioramento dell’alloggio, mentre spetta al conduttore di provare, qualora voglia liberarsi della relativa responsabilità, che il deterioramento e avvenuto per fatto a lui non imputabile”).
Nella fattispecie è documentato il rilascio dell’immobile in data 30.9.2017 e le parti nel contraddittorio hanno verificato: che un muro in muratura era stato tirato giù; che due finestre presentassero fori di diametro di 13 cm; la presenza di numerose canaline fuori traccia; la mancanza di una porta; l’assenza di talune chiavi delle porte; talune lesioni a tre porte; il non perfetto funzionamento del portone di ingresso. I costi addebitabili al ripristino dello statu quo ante (scaturente dall’esame del contratto in cui si afferma che l’immobile si trovava in buono stato), individuati in Euro 19.260,00 devono essere rifusi alla parte locatrice.
Essi vanno rideterminati equitativamente nella minor somma di Euro 4.900,00, rivalutata all’attualità, oltre i.v.a. (di cui Euro 400,00 per ripristino portone ingresso; Euro 400,00 per la fornitura e posa in opera di una porta; Euro 600,00 per la sistemazione di tre porte; Euro 200,00 per demolizione del muro di cartongesso; tinteggiatura dell’immobile previa intonacatura Euro 2.500,00; Euro 500,00 conferimento in discarica; Euro 300,00 per fornitura e posa in opera di due vetri), essendo provato l’espletamento dei lavori dalla parte locatrice.
Sulle somme decorrono gli interessi come da dispositivo.
Va, infine, esaminata, affrontata e risolta la fondatezza della eccezione di compensazione di siffatto credito con gli importi versati dal conduttore a titolo di deposito cauzionale (euro 5.100,00) oltre interessi sino alla riconsegna.
In generale, l’obbligo di restituzione del deposito cauzionale in capo al locatore sorge nel momento in cui il conduttore rilascia l’immobile locato. Tra le parti la condizione è stata soddisfatta in quanto la restituzione dell’immobile è avvenuta in data 30.9.2007 e la circostanza, non essendo contestata tra le parti fatto, deve ritenersi “fatto pacifico incontroverso” ex art. 115 c.p.c., oltre che documentato.
È, nondimeno, riconosciuta la possibilità in capo al locatore di trattenere la somma, anche dopo il rilascio dell’immobile, solo quando ne faccia richiesta di attribuzione a copertura di specifici danni subiti, tra cui anche l’ipotesi di pigioni ed importi rimasti impagati (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 4725 del 09/11/1989, secondo cui: “In materia di locazione, l’obbligazione del locatore di restituire il deposito cauzionale versato dal conduttore a garanzia degli obblighi contrattuali sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione”).
Il locatore, pertanto, nel caso in cui voglia ritenere la somma a titolo di deposito cauzionale, ha l’onere di presentare domanda di attribuzione contestualmente alla richiesta di pagamento dei canoni non versati dal conduttore.
Nella fattispecie che occupa il Tribunale adito, la corresponsione effettiva della riferita entità economica è documentata, per tabulas, e la somma deve ritenersi dovuta per effetto del rilascio dell’immobile (v. Cass. Civ., Sentenza n. 7883/2019 pubbl. il 10/04/2019 RG n. 2536/2017 Repert. n. 8069/2019 del 11/04/2019; Sez. 3, Sentenza n. 14655 del 15/10/2002, conf. a Sez. 3, Sentenza n. 4725 del 09/11/1989, secondo cui: “In materia di locazione, l’obbligazione del locatore di restituire il deposito cauzionale versato dal conduttore a garanzia degli obblighi contrattuali sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione”).
Il locatore non ha manifestato alcun interesse e non ha preteso la ritenzione della cauzione versata in sede di stipula, anzi ammettendo l’obbligo della restituzione.
Orbene, l’obbligo del locatore di un immobile urbano, di corrispondere gli interessi legali sul deposito cauzionale ex art. 11 L. n. 392 del 1978, ha natura imperativa poiché persegue finalità di ordine generale, tutelando il contraente più debole e impedendo che la cauzione, mediante i frutti percepibili dal locatore, possa tradursi in un surrettizio incremento del corrispettivo della locazione (venendo a maggiorare la cifra pattuita). Di conseguenza sono nulle le clausole contrattuali che stabiliscono una disciplina della restituzione difforme da quella contenuta in detta norma. Una volta cessata la locazione, il deposito cauzionale versato dev’essere restituito al locatore.
La previsione in esame continua ad essere applicata anche a seguito dell’entrata in vigore della L. 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo). La disposizione di cui all’art. 11 della L. n. 392 del 1978, infatti, non figura ricompresa nel nutrito gruppo di disposizioni per le quali l’ art. 14, comma 4, della citata L. n. 431 del 1998 ha disposto l’espressa abrogazione. Tuttavia, mentre per le locazioni ad uso abitativo si ritiene che la disciplina del deposito cauzionale sia liberamente derogabile da parte dei contraenti, per quelle ad uso non abitativo la disciplina riveste ancora carattere cogente.
Alla luce di quanto esposto deve sostenersi che l’obbligo del locatore di un immobile urbano di corrispondere al conduttore gli interessi legali sul deposito cauzionale versato da quest’ultimo – obbligo stabilito non soltanto dall’art. 11 L. n. 392 del 1978 (norma applicabile anche ai contratti in corso alla sua entrata in vigore) ma anche dall’art. 4 L. n. 841 del 1973 – ha natura imperativa, in quanto persegue finalità di ordine generale, tutelando il contraente più debole ed impedendo che la cauzione, mediante i frutti percepibili dal locatore, possa tradursi in un incremento del corrispettivo della locazione; con la conseguenza che tali interessi devono essere corrisposti al conduttore anche in difetto di una sua espressa richiesta (mentre, ai fini processuali, è sempre necessaria la relativa domanda o eccezione giudiziale, quest’ultima in particolare operando come eccezione in senso stretto di natura riconvenzionale, come tale non rilevabile d’ufficio dal giudice per l’espresso divieto posto dall’art. 1242, primo comma, cod. civ., ed inammissibile, ai sensi degli artt. 447 – bis, 437 e 345 cod. proc. civ., se non proposta già in primo grado, secondo le peculiarità del rito, v. Cass. Civ., sezione III, sent. n. 9059 del 21.6.2002).
Non può, infine, conteggiarsi sul montante indicato, anche la rivalutazione monetaria che il conduttore avrebbe dovuto provare ex art. 1224 c.c. e non ha fatto.
La compensazione legale opera come da dispositivo, conteggiando gli interessi legali sino al 30 settembre 2017, con decorrenza, per ciascuna posta attiva, dalla domanda riconvenzionale.
III. Non si ravvisano “gravi ed eccezionali ragioni” per compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti, così come previsto dall’art. 92 c.p.c., nel testo aggiornato con le modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009.
Le spese del giudizio seguono, dunque, la soccombenza e, in mancanza di specifica nota-spese, sono liquidate d’ufficio come da dispositivo, tenuto conto della natura e del valore della controversia e considerata l’esiguità dell’importanza e del numero delle questioni trattate nonché l’assenza di particolari valutazioni di fatto e di diritto, che giustificano l’applicazione di medi tariffari dell’indicato scaglione, ridotti (v. S.U. Civili dell’11/09/2007, ud. 3/07/2007, sentenza n. 19014, secondo cui, in caso di rigetto, il valore della controversia viene fissato sulla base del criterio del quid disputatum mentre, in caso di accoglimento, si deve considerare il contenuto effettivo del decisum).
La presente sentenza, laddove contiene statuizioni di condanna, è provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 282 c.p.c., come modificato dall’art. 33 della L. n. 353 del 1990. Poiché pertanto tale provvisoria esecutorietà promana direttamente dalla legge, non è necessario fare espressa menzione di ciò nel dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
Il Tribunale di Roma, sezione sesta civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda come proposta in narrativa, nel contraddittorio delle parti, ogni contraria domanda, istanza, deduzione, eccezione disattesa, così provvede:
1. accoglie la domanda attrice, nei limiti di cui di ragione di cui in motivazione, e, per l’effetto, dichiara la parte convenuta al pagamento, in favore dell’attore, dell’importo di: a) Euro 1.700,00 a titolo di canoni di locazione inevasi del settembre 2017, oltre interessi al saggio legale dalla scadenza al soddisfo; b) di Euro 893,40 a titolo di oneri e spese condominiali insolute, oltre interessi al saggio legale dalla domanda giudiziale al soddisfo; c) di Euro 4.900,00, all’attualità, oltre i.v.a. ex art. 1590 c.c., oltre interessi al saggio legale dalla data media dell’esborso, individuato nel 30.11.2017, sino al soddisfo;
2. rigetta, per le ragioni indicate in motivazione, nel resto la domanda attorea;
3. dichiara la parziale compensazione tra gli importi dovuti dalla parte convenuta indicati al punto 1 con la somma di Euro 5.100,00 spettante alla stessa, oltre interessi legali maturati dal deposito della domanda giudiziale riconvenzionale sino al soddisfo effettivo;
4. condanna, per l’effetto, la parte convenuta al pagamento in favore della parte attrice della differenza tra gli importi indicati al punto 1 e la somma oggetto di compensazione;
5. rigetta, per le ragioni indicate in motivazione, nel resto la domanda riconvenzionale;
6. condanna la parte convenuta alla refusione in favore dell’attore delle spese processuali che liquida in euro 1059,85 per esborsi (inclusi i costi di mediazione) Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, oltre c.p.a. ed i.v.a. se dovuta come per legge.
La presente sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del Giudice del verbale d’udienza che la contiene, ai sensi e per gli effetti dell’art. 281 sexies, comma secondo, e dell’art. 429 c.p.c..
Così deciso in Roma il 12 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2020.