In tema di mediazione, il rifiuto di dare seguito al procedimento dopo il primo incontro informativo, se non supportato da un giustificato motivo, può costituire, per la parte attrice, causa di improcedibilità della domanda e, in ogni caso, per tutte le parti costituite, presupposto per l’irrogazione – anche nel corso del giudizio – della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 8, comma 4 bis, D.Lgs. n. 28/10, oltre che fattore da cui desumere argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c.
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Corte d’Appello|Milano|Sezione 2|Civile|Sentenza|20 dicembre 2022| n. 4020
Data udienza 14 dicembre 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sezione seconda
Composta dai magistrati:
dott.ssa Maria Caterina Chiulli – Presidente
dott. Carlo Maddaloni – Consigliere
dott.ssa Maria Elena Catalano – Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile promossa in grado d’appello con citazione notificata telematicamente in data 21 aprile 2022 e decisa nella camera di consiglio del 14.12.2022
tra
(…) (C.F. (…)), rappresentato e difeso dall’avv. (…), presso il cui studio legale, sito in Casteggio alla VIA (…), dichiara di essere elettivamente domiciliato.
Appellante
e
(…) (C.F. (…)) e (…) (C.F. (…)), rappresentati e difesi dall’avv. (…), presso il cui studio legale, sito in Broni alla (…) dichiarano di essere elettivamente domiciliati.
Appellati
Oggetto: USUCAPIONE
CONCLUSIONI DEI PROCURATORI DELLE PARTI: Per parte appellante:
voglia l’ecc. ma Corte d’ Appello adita, contrariis reiectis premessa ogni più opportuna declaratoria favorevole all’appellante anche nel più ampio rispetto del principio iura novit curia in riforma dell’impugnata sentenza n.387/2022 in data 10.03.2022 pubblicata il 21.03.2022 e notificata il 22.03.2022 che ha definito la causa RG 4329/2019 del Tribunale di Pavia – Sez. II Civile – Giudice dott.ssa M.Frangipani:
RESPINGERE entrambe le domande formulate dagli attori essendo infondate in fatto ed in diritto
ACCOGLIERE la domanda riconvenzionale di usucapione formulata dal convenuto – appellante essendo risultata fondata in fatto – come già riconosciuto in sentenza impugnata – ed in diritto – come non riconosciuto in sentenza impugnata con tutte le conseguenze di legge e del caso più favorevoli al convenuto – appellante
CONDANNARE i signori (…) e (…) alla restituzione della somma pagata in esecuzione della sentenza impugnata
SPESE E COMPETENZE di entrambi i gradi di giudizio a carico degli attori appellati Per parti appellate:
Voglia l’On. Corte di Appello di Milano, contrariis reiectis, dichiarare l’inammissibilità di ogni domanda od eccezione nuova proposta da (…) con l’atto di appello, respingere tutte le istanze istruttorie avanzate da controparte in quanto inammissibili ed irrilevanti e rigettare l’appello proposto da (…), avverso la sentenza n. 387/2022, emessa dal Tribunale di Pavia, in data 21.03.2022, in quanto infondato in fatto ed in diritto. Spese rifuse.
Fatto e Diritto
Con atto di citazione ritualmente notificato, i coniugi (…) e (…) convenivano in giudizio dinnanzi al Tribunale di Pavia (…), per l’accertamento negativo di una servitù di passaggio pedonale gravante sul proprio fondo, nonché per la condanna di questi alla chiusura della porta ivi affacciata.
A sostegno della loro domanda, gli attori (odierni appellati) producevano il titolo di proprietà dell’immobile (doc. n.1) rivendicato dal convenuto (odierno appellante) quale fondo servente per il passaggio pedonale.
Si costituiva (…), contestando quanto ex adverso dichiarato, deducendo di aver acquistato l’immobile nel 2017 e che i precedenti proprietari avessero sempre utilizzato la porta affacciata sul fondo dei coniugi. Spiegava, inoltre, domanda riconvenzionale di accertamento di intervenuta usucapione di tale diritto di servitù, adducendo che il passaggio pedonale sul già menzionato fondo fosse stato esercitato per venti anni consecutivi dai danti causa.
Istruita la causa con il deposito delle memorie ex art. 183, comma 6 c.p.c., e con l’escussione dei testi – chiamati anche per ulteriori chiarimenti in sede di confronto all’udienza del 26.05.2021 – e precisate le conclusioni, il Giudice tratteneva la causa in decisione.
Con sentenza n. 387/2022 del Tribunale di Pavia, depositata il 21.03.2022 e notificata il 22.03.2022, definitivamente statuendo nella causa R.G. 4329/2019 promossa da (…) e (…) contro (…), accertava l’assenza di servitù di passo gravanti sull’immobile sito in Montecalvo Versiggia, Loc. Spinola, distinto in mappa e catasto al Fg. (…) map. N. (…), di proprietà degli attori e per l’effetto ordinava al (…) la chiusura della propria porta affacciata su detto fondo, con condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese del giudizio e così disponeva:
“1) accerta che l’immobile di proprietà di (…) e di (…), sito a Montecalvo Versiggia, Loc. Spinola, distinto in mappa e catasto al Fg. (…) map. n. (…), non è gravato da servitù di passo a favore del fabbricato sito a Montecalvo Versiggia, Loc. Spinola n. 3, distinto in mappa e catasto al Fg. (…) map. n. (…), di proprietà di (…); 2) ordina a (…) di tenere chiusa la porticina che si affaccia sul fondo degli attori; 3) condanna (…) a rifondere a (…) e a (…) le spese di causa, che liquida in Euro4.835,00per compensi e in Euro 277,28per esborsi, oltre I.V.A. e C.P.A. se e come dovuti per legge e il 15 % sui compensi a titolo di rimborso delle spese generali.”
Avverso tale sentenza ha proposto appello (…) e, articolando n. 5 motivi di gravame, ne ha chiesto l’integrale riforma. Più precisamente, ha contestato:
1. l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado nel qualificare il passaggio pedonale avvenuto in passato sul fondo degli odierni appellati quale “atto di mera tolleranza”;
2. l’omessa motivazione sull’eccezione ostativa alla chiusura della porta, ritenendo che il Tribunale non avrebbe dedotto nulla in merito alla possibilità di utilizzare la suddetta apertura per il ricircolo dell’aria nell’immobile, imponendone, invece, la chiusura definitiva;
3. l’omessa pronuncia sulla eccezione di tardività delle contestazioni in presenza di domanda riconvenzionale, formulate dagli attori-appellati nella memoria ex art. 183, n.1. c.p.c.
4. l’assenza di ogni valutazione in merito al ricorso ex art. 89 c.p.c.;
5. l’erronea decisione del giudice di primo grado in merito alle scorrettezze processuali contestate alla difesa del (…) anche in relazione alla mancata partecipazione alla procedura di mediazione.
(…)e (…) si sono costituiti con comparsa di risposta in data 29 luglio 2022, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza.
La causa è stata trattenuta in decisione e decisa nella camera di consiglio del 14.12.2022
Motivi della decisione
(…) e (…) avevano proposto, dinanzi al Tribunale di Pavia, un’azione “negatoria servitutis” per far accertare che l’immobile di loro proprietà, sito a Montecalvo Versiggia, Loc. Spinola, distinto in catasto al Fg. (…) map. n. (…), ex map. n. (…), non era gravato da servitù di passo pedonale a favore del fabbricato ad uso abitazione sito a Montecalvo Versiggia, F.ne Spinola n. 3, distinto in mappa e catasto al Fg. (…) map. n. (…), acquistato da (…) con atto del notaio (…) in data 16.09.2017. L’immobile oggetto della domanda negatoria proposta in primo grado risulta adibito a giardino di pertinenza dell’abitazione degli attuali appellati, come risulta dalla fotografia prodotta come doc. n. 6 del fascicolo di primo grado di parte attrice.
Questo immobile confina a nord con il fabbricato ad uso abitazione acquistato da (…) con atto del Notaio (…) in data 16.09.2017. Il fabbricato acquistato dall’attuale appellante ha due porte che si affacciano su un tratto di corte, distinto al Fg. (…) map. n. (…), sempre di proprietà di (…), tramite il quale si accede alla strada provinciale. Queste porte sono sempre state utilizzate da (…) e, prima di lui, dai suoi danti causa, in particolare da (…), per accedere al fabbricato distinto al Fg. (…) map. n. (…). Nella parte retrostante di questo fabbricato c’è una porticina che si affaccia sul giardino di proprietà di (…) e (…), distinto al Fg. (…) map. n. (…), che, secondo la tesi dell’appellante, i danti causa di (…) avrebbero utilizzato per accedere al fabbricato di sua proprietà.
(…) ha sostenuto, perciò, di aver acquistato per usucapione la servitù di passo pedonale sull’immobile di proprietà degli attuali appellati in quanto i suoi danti causa avrebbero sempre utilizzato, per entrare in casa, la porticina che si affaccia sul fondo di proprietà di (…) e (…).
L’appellante chiede a questa Corte, in riforma della sentenza del Tribunale di Pavia, che venga accertato l’avvenuto acquisto per usucapione della servitù di passo pedonale a favore della propria abitazione, distinta al Fg. (…) map. n. (…) , ed a carico dell’immobile di proprietà degli attuali appellati, distinto al Fg. (…) map. n. (…).
Preliminarmente, occorre pronunciarsi in merito alla richiesta istruttoria proposta dall’appellante, quale motivo di appello, con riferimento all’omessa ammissione di CTU da parte del primo giudice.
Tale istanza deve essere rigettata.
Premesso che l’appellante, nelle proprie conclusioni non insiste nella richiesta CTU, si osserva che l’indagine del consulente su circostanze documentalmente facilmente dimostrabili (come la descrizione dei luoghi di causa e le misure dei passaggi) appare di per sé inammissibile in quanto in parte superflua e in parte esplorativa (volta a supplire (eventuali) lacune probatorie concernenti la ricostruzione dell’esatto stato dei luoghi e la misura dei passaggi). Peraltro, questa Corte rileva che dalle foto prodotte, dagli atti di compravendita e dall’escussione dei testi, la ricostruzione dello stato dei luoghi da parte del primo giudice appare corretta.
Infatti, l’istruttoria ha confermato che l’accesso al fabbricato di proprietà di (…), distinto al Fg. (…) map. n. (…), si è sempre praticato attraverso la porta che si affaccia sul tratto di corte tramite il quale si accede alla strada provinciale, porta che è raffigurata nella fotografia prodotta come doc. n. 20 del fascicolo di primo grado parte attrice.
Le parti disquisiscono se dalla porticina, raffigurata nelle fotografie prodotte come docc. n. 10-11 e 12 del fascicolo di primo grado parte attrice, porticina che si trova nella parte retrostante del fabbricato e che si affaccia sul giardino di proprietà degli attuali appellati, distinto al Fg. (…) map. n. (…), i danti causa di (…) avrebbero esercitato la servitù di passo pedonale sul fondo di proprietà di (…) e (…).
In conclusione, non vi sono dubbi sull’esatta ricostruzione dei luoghi da parte del Tribunale e una CTU non potrebbe confermare la tesi di parte (…).
“Erroneo riconoscimento di atto di tolleranza”: prima questione su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi.
L’appellante contesta la decisione del giudice di primo grado nella parte in cui ha ritenuto non perfezionatosi l’usucapione della servitù di passaggio in quanto “È, infatti, risultato che i precedenti proprietari del fondo esercitavano un uso del passaggio dato dalla mera tolleranza da parte dei vicini, situazione di fatto che, ai sensi dell’art. 1144 c.c., è inidonea a qualificare come possesso il potere di fatto esercitato dai precedenti proprietari del fondo del Sig. (…). In particolare, ciò che caratterizzava tale mera tolleranza era il fatto che i danti causa del Sig. (…) esercitavano un uso assai sporadico del passaggio sul fondo contiguo.”
Ebbene, sul punto il (…) lamenta che la natura dell’atto di tolleranza, connotato da una intrinseca transitorietà, risulterebbe di per sé incompatibile con un uso prolungato nel tempo di tale passaggio, come sarebbe accaduto nel caso de quo.
Inoltre, – secondo l’appellante – gli odierni appellati non avrebbero dimostrato di “aver subito il passaggio perché tollerato”.
Quest’ultimi hanno eccepito l’infondatezza delle pretese avversarie, richiamandosi alle dichiarazioni rese dai testi escussi in primo grado.
A parere di questa Corte, la suddetta doglianza è infondata e non merita accoglimento per le ragioni che seguono.
Come correttamente osservato anche dagli appellati, la prova della intervenuta usucapione della servitù di passaggio – oggetto della domanda riconvenzionale svolta dal (…) in primo grado – grava proprio su chi ne rivendica il diritto.
Tali allegazioni devono essere tese a dimostrare quanto previsto dall’art. 1061 c.c., che limita l’acquisto per usucapione alle servitù apparenti, ovvero a quelle contraddistinte da opere visibili e permanenti destinate al loro servizio. Sul punto, infatti, la giurisprudenza afferma con orientamento consolidato che “il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (art. 1061 cod. civ.), si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio e rivelanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che non è al riguardo pertanto sufficiente l’esistenza di una strada o di un percorso idonei allo scopo, essenziale viceversa essendo che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante, e, pertanto, un “quid pluris” che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù (sul punto anche Cass. n. 11834/2021; Cass. ord. n. 7004/2017; Cass. n. 13238/2010) Ebbene, applicando tali principi al caso di specie, la domanda di usucapione non può trovare accoglimento, come correttamente rilevato anche dal giudice di primo grado. Da un’attenta e puntuale rilettura di tutti gli elementi emersi durante la fase istruttoria, la Corte rileva l’assenza di una compiuta prova dell’esercizio ultraventennale del passaggio de quo, in quanto se dallo stato dei luoghi non è possibile escludere il requisito dell’apparenza, le dichiarazioni dei testi escussi, smentiscono la situazione di un possesso finalizzato all’accertamento di una servitù di passo, evidenziando la saltuarietà e eccezionalità dei passaggi sul fondo.
Come rappresentato chiaramente nelle fotografie depositate, l’immobile sito in Montecalvo Versiggia, Loc. Spinola, distinto in mappa e catasto al Fg. (…) map. N. (…) corrisponde ad una corte – prima adibita a vigneto ora a giardino dei coniugi (…)-(…) -parzialmente asfaltata sino ad un marciapiede che corre lungo il perimetro della struttura abitativa (vd.doc. n. 6).
Dai documenti n. 11 e 12 si comprende che su tale corte si apre una porta piccola, sottile, di colore blu e in legno, particolarmente usurata, dalla quale -secondo tesi dell’appellante-negli ultimi vent’anni avveniva l’accesso alla proprietà (…). Il pessimo stato di conservazione della porticina che si affaccia sul giardino degli attuali appellati, ben raffigurato nelle fotografie prodotte come docc. n. 10-11 e 12 del fascicolo di primo grado di parte attrice, conferma il suo mancato uso da ormai moltissimi anni.
Dalla planimetria dell’immobile del (…), allegata al contratto di compravendita (doc. 26), emerge che la suddetta porta conduce ad un piccolo vano – stretto e lungo (1) – ove è ubicata una scala.
Tali elementi, così singolarmente considerati, non sono però sufficienti ad integrare il requisito dell’apparenza necessario al perfezionamento dell’usucapione della servitù. Infatti, deve tenersi conto anche delle ulteriori produzioni fotografiche in atti, raffiguranti i due accessi dell’immobile del (…) affacciati sulla strada provinciale, id est sul lato opposto a quello della suddetta porta blu.
In primo luogo, dai documenti n. 20 – 23 – 24 è possibile notare due porte caratterizzate da dalle imposte verdi: su di una è presente un meccanismo di chiusura che prevedibilmente -come anche confermato dal teste (…) – consente l’apertura dall’esterno. Ulteriormente, dalle medesime fotografie, è possibile valorizzare la presenza di un numero civico e di un campanello, elementi tutti che tipicamente connotano una porta di ingresso dell’abitazione.
Tutto ciò considerato, secondo questa Corte, stante l’assenza di elementi utili, univoci, all’individuazione della pretesa servitù di passo dalla semplice analisi dei luoghi, l’iter argomentativo seguito dal giudice di primo grado risulta corretto. Il Tribunale ha infatti ricostruito in base alle prove testimoniali assunte e al confronto fra i testi la mancata sussistenza di elementi idonei a ritenere fondata la domanda di accertamento di servitù, in presenza -invece- di meri atti di tolleranza da parte dei dante causa degli appellati. Le doglianze del (…) si concentrano sull’assunto secondo cui i passaggi sul fondo degli appellati, sebbene sporadici, si sarebbero protratti per lungo tempo: tale circostanza – a parer dell’appellante – escluderebbe la possibilità di ricondurre tutto ad una mera tolleranza. Dall’escussione dei testi (sentiti anche in sede di confronto, al fine di dissipare le incongruenze emerse dalle singole dichiarazioni) – in particolare (…) figlio degli odierni appellati e (…) cugino di secondo grado di uno degli appellati sentiti all’udienza del 14.01.2021 – si ricava la saltuarietà del passaggio.
Secondo gli stessi, dunque, nessuno – ad eccezione dei proprietari dell’immobile – avrebbe attraversato la corte per accedere all’abitazione tramite la suddetta porticina blu e che, in ogni caso, il passaggio fosse stato del tutto saltuario, nonché legato a circostanze eccezionali o particolari.
In questo senso depongono anche le dichiarazioni di (…) che ha sostenuto che sull’area su cui si discute vi era una carrareccia, utilizzata, appunto, in casi eccezionali, quando, per esempio, “(…) la strada principale, che è quella direttamente legata alla provinciale, fosse ostruita, e questo (la strada che gira dietro la casa) era un modo per aggirare l’ostacolo”.
La sporadicità del medesimo passaggio emerge poi anche dal teste di parte appellante (…). Egli, infatti, ha riferito che “il 99% delle volte per arrivare in fondo si passava dalla strada tratteggiata di bianco. Tuttavia capitava che quando trovavamo ostruita per qualche motivo la strada facessimo il giro da dietro passando di fronte la cascina dei (…) prima che la (…) (2) ha fatto tutto un basamento con dei gradini al posto della terra battuta. In altre parole originariamente si riusciva a passare perché era fatto in terra battuta poi non si è potuto passare. Questi lavori saranno stati fatti nei primi anni ’90 …”; e “la porta di dietro si utilizzava saltuariamente, nel senso che quella porta ritratta nel doc. 12, si utilizzava soprattutto quando si andava via per più di un giorno per chiudere casa e poi rientrare”. (3)
Dalle risultanze istruttorie, dunque, emerge soltanto uno sporadico passaggio, e non, invece -come sostenuto dall’appellante – un diritto esercitato con continuità tale da poter ritenere esistente il possesso della servitù di passaggio pedonale.
In conclusione, nel vagliare la relazione fra il (…) e la res, la Corte ritiene configurabile una semplice detenzione per mera tolleranza e non già un possesso, considerando che, sebbene effettivamente si sia trattato di passaggi avvenuti in un arco temporale esteso (sino al 2017, anno in cui l’appellante ha acquistato l’immobile), la minima entità degli stessi esclude la possibilità di un loro computo ai fini dell’acquisizione della servitù per usucapione.
Alla luce di quanto considerato, il motivo deve essere rigettato, non essendo censurabile la decisione sul punto del Tribunale di Pavia.
Con il secondo motivo di appello, (…) lamenta che il giudice abbia immotivatamente escluso la possibilità di mantenere la porta, non quale ingresso dell’abitazione ma come apertura per il ricircolo dell’aria.
Secondo l’appellante, infatti, “in memoria conclusionale di replica, la scrivente, in evidente ed indubbia replica, afferma che detta circostanza inibisce l’accoglimento della domanda subordinata di tenere chiusa la porta, ma il Giudicante accoglie senza nulla argomentare sull’eccezione che si ripete in detta sede”. Tale censura è infondata.
Osserva la Corte, infatti, che il giudice di primo grado correttamente non ha esaminato la suddetta eccezione, in quanto tardivamente proposta. La circostanza secondo cui la porta oggetto della controversia potesse essere utilizzata non già quale apertura finalizzata all’ingresso e all’uscita dall’abitazione ma anche per il solo ricircolo d’aria costituisce una deduzione in fatto del tutto nuova.
È principio consolidato quello secondo cui con “le memorie di cui all’art. 190 c.p.c. le parti possono solo replicare alle deduzioni avversarie ed illustrare ulteriormente le tesi difensive già enunciate nelle comparse conclusionali e non anche esporre questioni nuove o formulare nuove conclusioni, sulle quali, pertanto, il giudice non può e non deve pronunciarsi” (così, da ultimo, Cass. n. 98/2016). Nel caso di specie, dunque, la qualificazione della presenza di uno sbocco sulla corte di proprietà degli odierni appellati non già quale porta di ingresso e uscita, ma quale mera apertura per il ricircolo dell’aria risulta a parer di questa Corte estranea al perimetro del thema decidendum, già cristallizzatosi.
Con il terzo motivo di gravame, l’appellante lamenta che il giudice di primo grado abbia omesso di pronunciarsi in merito all’asserita tardività delle contestazioni mosse dagli attori-appellati alla domanda riconvenzionale da lui formulata. Infatti, tali doglianze – secondo l’appellante – avrebbero dovuto essere espresse durante la prima udienza di trattazione, e non – come effettivamente accaduto – nella memoria ex art. 183, n. 1 c.p.c..
A tal proposito, la Corte osserva quanto segue.
Come è noto, nel giudizio di cognizione ordinario, il principio secondo cui l’attore non può proporre domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell’atto di citazione, trova una deroga nel caso in cui, per effetto di una domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, l’attore venga a trovarsi, a sua volta, in una posizione processuale di convenuto. A questi, pertanto, non potrà essere negato il diritto di difesa mediante la cd. “reconventio reconventionis, garantendo così una integrazione rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte (sul punto anche Cass. n. 26782/2016).
A tal proposito, l’art. 183, comma 5 (4), c.p.c. – nel circoscrivere l’oggetto del processo attraverso un rigido sistema di preclusioni – consente all’attore di formulare nella prima udienza di trattazione la nuova domanda o la nuova eccezione che siano conseguenza, oltre che della domanda riconvenzionale, della eccezione proposta dal convento con la comparsa di risposta. La ratio della norma è ravvisabile nella tutela di parte attrice dinanzi ad iniziative difensive della parte convenuta che mutino, con il suo primo atto, i termini oggettivi della controversia, o comunque introducano nel processo ulteriori questioni, garantendo così il rispetto del diritto di difesa.
La norma, pertanto, ove contempla l’eccezione dell’avversario, deve intendersi riferita all’eccezione in senso stretto e non, viceversa, alla semplice controdeduzione del convenuto. Rispetto a tale eccezione, inoltre, la nuova domanda o la nuova eccezione dell’attore devono presentarsi come consequenziali e, quindi, configurarsi come una contro iniziativa necessaria per replicare all’eccezione medesima. “Deve, conclusivamente, ritenersi che l’art. 183, comma 5, c.p.c. mentre consente all’attore, nella prima udienza di trattazione di proporre le domande e le eccezioni anche nuove che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni in senso stretto del convenuto, non attribuisce alle parti la facoltà di proporre domande nuove che potessero essere proposte con la citazione o con la comparsa di risposta”. (Cass. n. 498/2017).
Ulteriormente, la giurisprudenza di legittimità è pacifica nel ritenere che, in materia di acquisto per usucapione di diritti reali, la deduzione del proprietario che il bene sia stato goduto dal preteso possessore per mera tolleranza costituisce un’eccezione in senso lato (Cass. n. 31638/2018, richiamata correttamente anche dal giudice di prime cure).
Nel caso di specie, pertanto, gli attori-odierni appellati non sono incorsi in alcuna preclusione, risultando le deduzioni riportate nella propria memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. riconducibili al novero delle eccezioni in senso lato e, dunque, sottratte alle decadenze di cui al comma 5 del medesimo articolo.
Ciò detto, la censura è infondata e deve essere rigettata.
Con il quarto motivo, l’appellante lamenta l’omessa decisione del giudice di prime cure in merito al ricorso ex art. 89 c.p.c., depositato in data 28.10.2020.
E’ infatti rilevante individuare quali siano le corrette modalità di impugnazione della sentenza alla luce dei principi di cui all’art. 342 c.p.c., dovendosi ricordare che la sanzione di inammissibilità può essere anche solo parziale e cioè colpire anche solo alcuni dei motivi di gravame.
Invero, secondo i principi della Corte di Cassazione riguardanti l’esatta interpretazione dell’art. 342 c.p.c., l’atto di appello deve contenere una parte volitiva – id est di descrizione delle parti della sentenza che si intendono censurare, e una parte argomentativa – indicativa delle ragioni di fatto e di diritto che sorreggono la censura alle parti impugnate. A ciò necessariamente si deve affiancare una ulteriore parte descrittiva del nesso di causalità, da inserire tra la parte argomentativa e censoria e la modifica della sentenza nel senso che si auspica, precisando cioè il rapporto di causa ed effetto fra la violazione di legge lamentata e l’esito della lite (cfr. Cass. n. 27199/2017).
Nel caso di specie, l’appellante si limita ad un rinvio generico a una memoria (non autorizzata) depositata il 28.10.2020, in cui l’attore in primo grado chiedeva la cancellazione di frasi ritenute offensive contenute nella terza memoria istruttoria di parte attrice.
Nella precisazione delle conclusioni, (…) non reiterava l’istanza, ex art. 89 c.p.c., sulla quale il giudice non si era pronunciato in corso di causa.
Le modalità di impugnazione, unitamente alla mancata (ri)proposizione dell’istanza ex art. 89 c.p.c. in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado, consentono a questa Corte di ritenere inammissibile l’appello sul punto.
Infine, l’appellante contesta con il quinto motivo di appello la decisione del giudice in punto liquidazione delle spese, ove ha tenuto conto della “ingiustificata mancata partecipazione del convenuto alla procedura di mediazione e del comportamento processuale scorretto del convenuto medesimo, che ha svolto le proprie difese nella memoria di replica alla conclusionale avversaria anziché nella propria conclusionale, con conseguente compressione del diritto di difesa”.
Secondo l’appellante, infatti, il giudice di prime cure avrebbe considerato erroneamente le circostanze, stante la sua diligente partecipazione alla mediazione. Inoltre, con riferimento alla compressione del diritto di difesa avversario contestatagli, egli eccepisce che tutte le argomentazioni svolte fossero mere repliche a quanto già dedotto dagli attori-odierni appellanti nella rispettiva comparsa conclusionale.
Anche tale ultima doglianza è priva di pregio e deve essere rigettata.
La Corte osserva quanto segue.
In tema di mediazione, il rifiuto di dare seguito al procedimento dopo il primo incontro informativo, se non supportato da un giustificato motivo, può costituire, per la parte attrice, causa di improcedibilità della domanda e, in ogni caso, per tutte le parti costituite, presupposto per l’irrogazione – anche nel corso del giudizio – della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 8, comma 4 bis, D.Lgs. n. 28/10, oltre che fattore da cui desumere argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c.
Nel caso di specie, la decisione del giudice di primo grado appare corretta se si considera che la mancata volontà del (…) di intraprendere un percorso conciliativo è espressamente riportata nel verbale di mediazione. (5)
Parimenti, la valutazione in merito alle spese processuali ha correttamente tenuto conto della condotta tenuta dall’odierno appellato, già stigmatizzata nella sentenza impugnata ai sensi dell’art. 116 c.p.c..
Invero, in data 31.01.2022 (…) ha depositato una comparsa conclusionale di n. 2 pagine, limitandosi a dedurre in merito al requisito dell’apparenza dell’asserita servitù di passaggio.
Solamente con la sua memoria di replica – depositata in data successiva finanche al rispettivo atto di parte avversaria (avvenuto 3 giorni prima) – l’odierno appellante ha articolato le sue difese in uno scritto di ben n. 20 pagine.
Si tratta, dunque, di una chiara violazione processuale che ha come immediata e diretta conseguenza una evidente lesione del contraddittorio, stante la compressione del diritti di difesa degli attori, odierni appellati.
Ciò premesso, al di là del motivo di appello, risulta concludente la circostanza che il Tribunale abbia correttamente applicato il criterio della soccombenza, ponendo le spese a carico di (…), liquidandole nella misura di un terzo circa rispetto a quelle richieste dalle parti attrici.
In conclusione, per tutti i motivi di cui sopra, la sentenza del Tribunale di Milano n. 387/2022 deve essere integralmente confermata.
Le spese di lite del grado d’appello, liquidate come in dispositivo in applicazione del D.M. 147/2022 – applicabile in quanto l’attività difensiva è terminata dopo la sua entrata in vigore -, seguono la soccombenza, che è totalmente in capo a (…).
Sussistono, inoltre, i presupposti di cui all’art 13, co. 1quater, di cui al D.M. 115/2002 per la condanna dell’appellante al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello già versato per la presente impugnazione.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Milano, Seconda Sezione Civile, nella causa d’appello tra (…) e (…) e (…), così dispone:
– rigetta l’appello e conferma la sentenza n. 387/2022 del Tribunale di Pavia;
– condanna (…) al pagamento delle spese di lite in favore di (…) e (…) liquidate in complessivi Euro 3.966,00 oltre rimborso spese forfettarie, nella misura del 15%, IVA, e CPA, come per legge;
– dichiara che sussistono i requisiti di cui all’art. 13, co. 1quater, D.M. 115/2002, per il pagamento a carico dell’appellante di un ulteriore importo pari a quello già versato a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Milano, il 14 dicembre 2022.
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2022.
(1) Sul punto si è espresso anche il teste Giorgio Lanzi che nel descrivere il vano a cui si accede dalla porta oggetto di contestazione lo ha definito “un vano scala molto stretto”.
(2) nuova proprietaria dell’immobile sito di fronte rispetto al piccolo passaggio antecedente la cascina
3 verbale di udienza del 17.3.2021.
4 “Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli artt. 106 e 29, terzo comma se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate”.
(5) Si veda il doc. n. 15 ove si legge a pagina 7 “in data odierna parti istanti con il proprio avvocato dichiarano di aderire allo svolgimento del procedimento di mediazione. Parte invitata con il suo avvocato dichiara di non aderire allo svolgimento di mediazione (…)”
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