In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione, conseguendo altresì da tale regola, l’ammissibilità della notificazione dell’appello presso il procuratore della parte costituita in primo grado e deceduta successivamente.

Corte d’Appello Cagliari, Sezione 2 civile Sentenza 5 febbraio 2019, n. 103

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

SEZIONE CIVILE SECONDA

composta dai magistrati:

Giovanna Osana – Presidente

Maria Sechi – Consigliere

Grazia M. Bagella – Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta al n.ro 608 del ruolo affari generali del contenzioso civile dell’anno 2016 promossa

da

(…), (…) e (…), elettivamente domiciliate in Sanluri, presso lo studio dell’Avv. BA.AN., che le rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce all’atto di appello,

appellanti

CONTRO

(…), elettivamente domiciliato in Sanluri, presso lo studio dell’Avv. PI.GI. che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in atti,

appellato

e nei confronti di

(…) ed altri,

Appellati contumaci

SVOLGIMENTO Del PROCESSO

(…), e per esso la sua procuratrice generale e speciale (…), convenne in giudizio davanti al Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri, (…) ed altri, al fine di ottenere il risarcimento di tutti danni provocati all’immobile di sua proprietà, sito in S. G. M., nel viale (…) confinante, fra l’altro, con la ditta eredi (…), ed abitato, all’epoca dell’introduzione del giudizio di primo grado (novembre 2006), dal Sig. (…), a titolo di comodato gratuito.

Espose l’attore in quella sede che la sua casa era stata gravemente danneggiata a seguito dei lavori di demolizione realizzati nel vecchio fabbricato confinante degli eredi (…), riportando un abbassamento della copertura, fessurazioni che avevano cagionato infiltrazioni e una conseguente, forte umidità nel soffitto e nelle pareti, vistose crepe incidenti sulla staticità dell’immobile stesso, così come accertato nell’ambito di una procedura d’urgenza ex art. 700 c.p.c. promossa dallo stesso attore, a fronte dell’inerzia dei proprietari confinanti responsabili del danno, più volte sollecitati, procedura conclusa in suo favore in sede di reclamo, con l’ordine ai convenuti di esecuzione dei lavori di ripristino dello stato dei luoghi.

Il giudizio si era svolto nella contumacia dei convenuti e all’esito delle prove orali e documentali, nonché della ctu espletata nel procedimento cautelare, acquisita agli atti, la causa era stata trattenuta a decisione. Poiché conclusivamente l’attore aveva precisato di avere egli stesso provveduto, nell’inerzia degli eredi (…), ad eseguire i lavori di ripristino, con un intervento conclusosi nel settembre 2007, e che i convenuti, sottoposti ad esecuzione forzata, gli avevano rifuso le spese anticipate, il primo giudice, con sentenza n. 1398/2016, diede atto della cessazione della materia del contendere in ordine all’accertamento della responsabilità dei convenuti e alla loro condanna all’esecuzione delle opere di ripristino, accertandone, al contempo, la soccombenza virtuale.

Ritenne altresì fondata la domanda di risarcimento dei danni avanzata dall’attore, reputando dimostrata, anche in via presuntiva, l’esistenza di un danno da mancata disponibilità dell’immobile, quale desumibile dalle condizioni del bene rilevate in sede di consulenza tecnica d’ufficio, ritenendolo quantificabile in via equitativa, alla stregua del suo presumibile valore locativo, determinato, ai valori attuali, in complessivi Euro 10.000, 00 riferiti ad un arco temporale di circa 3 anni (supponendo un canone mensile di poco meno di Euro 300,00) così come prospettato dallo stesso attore.

Avverso tale sentenza hanno proposto appello le signore (…), (…) e (…), e senza contestare la propria responsabilità in ordine ai danni cagionati all’immobile del (…), hanno preliminarmente dedotto la cessazione degli effetti della procura generale rilasciata dall’attore, deceduto nel corso del giudizio di primo grado senza che tale circostanza venisse dichiarata in udienza ai fini dell’interruzione, come invece, a loro giudizio, sarebbe dovuto avvenire.

Nel merito hanno censurato la statuizione del primo giudice laddove aveva riconosciuto all’attore il risarcimento del danno per il mancato godimento dell’immobile, assumendo il totale difetto di prova sul punto, a fronte di una allegazione, nell’atto introduttivo, del tutto generica, priva di riferimenti alla tipologia del pregiudizio e ai criteri di quantificazione, tale da connotare di genericità la domanda.

In proposito hanno, altresì, fatto rilevare che nell’immobile continuava ad abitare il comodatario (…).

L’appellato si è costituito resistendo all’appello, di cui ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità e nel merito l’infondatezza, rilevando come i lavori di ripristino fossero avvenuti in due fasi, terminando nel settembre 2007, come da verbali prodotti in primo grado, sicché l’abitazione era rimasta inagibile per oltre tre anni, aspetto incontestato e sufficiente al fine di dimostrare il danno cagionato.

La quantificazione del danno, inoltre, risultava essere parametrata al presumibile valore locativo dell’immobile, quantificato nell’ importo prudenziale di meno di Euro 300 mensili.

Ha quindi proposto appello incidentale perché gli venisse liquidato il compenso professionale per le fasi del procedimento cautelare ante causam (ricorso ex art. 700 c.p.c. e reclamo) avendo il primo giudice omesso di provvedere, domandando, infine, che la liquidazione dei compensi professionali della fase cautelare e del giudizio di merito di primo grado e d’appello fosse effettuata in suo favore, quale antistatario, come già richiesto conclusivamente al primo giudice.

Disposta la notifica dell’appello incidentale agli appellati rimasti contumaci la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di legge per le comparse conclusionali e repliche.

MOTOVO DELLA DECISIONE

Preliminarmente si rileva la manifesta infondatezza del primo profilo di censura (trasfuso nelle conclusioni in domanda subordinata nonostante il suo carattere processuale/pregiudiziale), essendo, in proposito, sufficiente rilevare che in base al chiaro disposto dell’art. 300 comma 1 c.p.c. come costantemente interpretato dalla giurisprudenza:

“In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione” (Cass. n. 24845 del 09/10/2018), conseguendo altresì da tale regola, l’ammissibilità della notificazione dell’appello presso il procuratore della parte costituita in primo grado e deceduta successivamente.

Regola, quest’ultima, seguita dalle appellanti, peraltro contraddittoriamente rispetto alla censura formulata.

Nel merito l’appello, oltre che ammissibile, essendo da esso desumibili i requisiti dell’articolo 342 n. 2 c.p.c. come sintetizzati nell’espositiva, è altresì fondato per le ragioni di cui appresso.

Come accennato, le appellanti hanno censurato la statuizione del primo giudice relativamente al riconoscimento dell’esistenza del danno e alla sua liquidazione a fronte di una generica allegazione e di una totale assenza di prova.

Ora, l’attore, con l’atto di citazione ha domandato il risarcimento dei danni patiti e patiendi riferibili ai disagi sopportati senza esplicitare, neppure in sede di memorie ex art. 183 VI c. c.p.c., che questi danni erano legati al mancato godimento dell’immobile ed anzi, esponendo che nell’immobile abitava attualmente il comodatario (…) a titolo gratuito.

All’epoca dell’instaurazione della causa (nel novembre 2006) il danneggiamento all’immobile di parte attrice era già avvenuto (da circa due anni) mentre non erano ancora intervenuti i lavori di ripristino, conclusi l’anno successivo. Solo in sede di comparse conclusionali l’attore ha dato specificità al danno patito, evidenziando l’impossibilità di utilizzare l’immobile per un totale di 36 mesi.

Ciò posto, è pacifico l’accertamento del primo giudice in ordine allo stato dell’immobile quale risultante dall’intervento di demolizione posto in essere dai convenuti, tale da modificare gli assetti atti a garantire equilibrio e uniforme elasticità all’insieme della costruzione, con determinazione di un potenziale rischio di tenuta statica nelle parti originariamente in comunione con l’immobile limitrofo demolito, e causazione di evidenti tracce di infiltrazioni d’acqua all’interno dell’immobile dell’attore medesimo, provenienti anche dal tetto rappezzato malamente.

Occorre a questo punto richiamare l’insegnamento della Suprema Corte secondo cui:

“La liquidazione equitativa del danno patrimoniale, ai sensi degli artt. 2056 e 1226 cod. civ., richiede comunque la prova, anche presuntiva, circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale.

Occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece – anche semplicemente in considerazione dell’ “id quod plerumque accidit” – connesso all’illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità.

(Nella fattispecie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che, nel liquidare equitativamente il danno subito dal proprietario di un appartamento per effetto dei lavori di ammodernamento della strada statale ad esso prospiciente, parametrandolo al valore locativo di un diverso appartamento avente caratteristiche simili, aveva negato ogni rilievo alla circostanza che l’attore avesse realmente utilizzato un altro immobile di sua proprietà ovvero messo a sua disposizione da parenti, sussistendo la prova che egli aveva subito l’allontanamento dall’originaria abitazione resa inagibile e il trasferimento in altro alloggio).”. (Cass. n. 17677/2009).

Da ultimo la Suprema Corte, con orientamento, peraltro, non sempre uniforme, ha avuto modo di chiarire, con riferimento al caso di occupazione illegittima di immobile, che:

“… il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente “in re ipsa”, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l’evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost.;

ne consegue che il danno da occupazione “sine titulo”, in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell’onere probatorio di tale natura non può includere anche l’esonero dalla allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l’intenzione concreta del proprietario di mettere l’immobile a frutto.”(Cass. 13071/2018).

Condividendo il medesimo principio la Suprema Corte, con la recentissima ordinanza n. 31233/2018, ha ulteriormente precisato che:

“… è onere del proprietario provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare l’immobile ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo avvalersi di presunzioni, sulla base però di elementi indiziari allegati dallo stesso danneggiato, diversi dalla mera mancata disponibilità o godimento del bene.”.

Nel caso in esame non solo è mancata qualsivoglia allegazione in tal senso, ma l’attore ha addirittura affermato che all’interno dell’immobile stava vivendo un comodatario a titolo gratuito.

La sentenza pertanto deve essere revocata nella parte in cui ha condannato i convenuti al risarcimento dei danni patiti da (…) per mancata disponibilità dell’immobile.

Deve altresì ritenersi fondato l’appello incidentale non avendo il primo Giudice provveduto a liquidare le spese del procedimento cautelare e del reclamo ante causam, definito con accoglimento della domanda cautelare e previsione di spese al definitivo, limitandosi a porre a carico dei convenuti le spese della ctu espletata, liquidate in Euro 946,00.

L’importo dovuto a tale titolo, in ragione dell’attività espletata deve essere quantificato in complessivi Euro 5850 per compensi professionali e Euro 320,00 per spese vive (Euro 3660,00 per il cautelare ex art.700, scaglione entro i 26.000 euro, parametro medio, tutte le fasi; Euro 2190 per il reclamo, stessi scaglione e parametro, esclusa la fase istruttoria) oltre rimborso forfetario e accessori, importo da corrispondere in favore dell’Avv. Gi.Pi., antistatario.

La pronuncia di revoca della condanna dei convenuti al risarcimento dei danni impone la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio nella misura della metà (escluse le spese della procedura cautelare oggetto di gravame incidentale e le spese di CTU già liquidate, afferenti in toto alla domanda di ripristino dei luoghi) ponendosi la restante parte a carico dei convenuti in primo grado, odierne appellanti e appellati contumaci, in ragione della prevalente, globale soccombenza (anche per l’accoglimento dell’appello incidentale e per il rigetto della eccezione processuale) e del principio di causalità.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente decidendo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cagliari n. 1398/2016, confermata nel resto:

revoca la pronuncia di condanna di (…) ed altri al risarcimento dei danni in favore di (…);

in accoglimento dell’appello incidentale condanna (…) ed altri alla rifusione, in solido, in favore di (…) delle spese processuali della fase cautelare e di reclamo, liquidandole nella misura complessiva di Euro 5850 a titolo di compensi professionali, oltre Euro 320,00 per spese vive, rimborso forfettario e accessori, importo da corrispondere in favore dell’Avv. Giuseppe Pisano, antistatario;

dichiara compensate nella misura della metà le spese di entrambi i gradi del giudizio e condanna (…) ed altri alla rifusione, in solido fra loro, della restante parte in favore di (…) liquidandola, quanto al primo grado del giudizio in Euro 2417,5 a titolo di compensi professionali ed Euro 200,00 per spese e quanto al presente grado in Euro 1888,5 a titolo di compensi professionali, oltre rimborso forfetario e accessori, con distrazione in favore dell’Avv. Gi.Pi., antistatario.

Conferma la liquidazione delle spese di consulenza tecnica in favore di (…), ad integrale carico solidale di (…) ed altri.

Così deciso in Cagliari il 31 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.