nell’ipotesi di contratto di mutuo, in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, sussiste il collegamento negoziale tra tali contratti (di compravendita e di mutuo), per cui il mutuatario è obbligato all’utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione. Da ciò deriva che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene – che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo – legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata, non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore. In altre parole, la destinazione della somma mutuata all’acquisto dell’autovettura, fa si che il contratto di compravendita entri nella stessa causa del contratto di mutuo, con la conseguenza che il venir meno della compravendita per effetto della risoluzione della stessa comporta altresì la risoluzione del contratto di mutuo ai sensi dell’art. 1463 c.c. per venir meno della sua causa concreta.
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Tribunale|Civitavecchia|Civile|Sentenza|7 febbraio 2020| n. 185
Data udienza 7 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI CIVITAVECCHIA
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giulia SORRENTINO, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1091/2011 promossa da:
CL.LU. (…), elettivamente domiciliato in CORSO (…) 00053 CIVITAVECCHIA con l’avv. RE.CI. (…), dal quale rappresentato e difeso giusta procura a margine dell’atto di citazione
ATTORE
contro
BA.PA. (…)
CONVENUTO CONTUMACE
FI. S.p.A. (…), in persona del procuratore speciale avv. Lo.Pr., anche nell’interesse di Re. S.R.L., con il patrocinio dell’avv. FA.CO. (…), presso il quale elettivamente domiciliato in Milano, Corso (…), giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore
CONVENUTI
AL.BA.
TERZO CHIAMATO CONTUMACE
OGGETTO: Vendita di cose mobili
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Cl.Lu. ha agito in giudizio esponendo di aver acquistato l’autovettura (…) in data 21.9.2009 presso i locali della concessionaria B.Mo. di Ba.Pa. al prezzo di Euro 29.000,000 Iva compresa, ridotto ad Euro 25.133,33, per i benefici di cui alla L. 104/1992 e decurtato ad Euro 17.633,33 a fronte della cessione in permuta dell’autovettura Lancia Musa targata (…) di proprietà dell’attore, valutata Euro 7.500,00; ha esposto di aver corrisposto, contestualmente all’acquisto, la somma di Euro 7.633,00 a mezzo assegno bancario e di aver contratto un finanziamento presso Fi. S.p.A. per il residuo importo di Euro 10.000,00, da rimborsarsi mediante il pagamento di n. 48 rate mensili di Euro 255,00, con decorrenza della prima rata al 20.10.2009, ma di aver successivamente scoperto che tale contratto di finanziamento riportava quale soggetto convenzionato tale Ba.Al., sconosciuto all’odierno attore, anziché Mo.; ha poi dedotto che, nei mesi successivi, l’autovettura acquistata non gli è stata consegnata e che nel dicembre 2009 la Mo. ha offerto in sostituzione l’acquisto di altra autovettura in pronta consegna (…), proponendosi di provvedere al montaggio dei sensori di parcheggio; tuttavia, neppure tale autovettura è mai stata consegnata all’odierno attore che, pertanto, ha sporto denuncia-querela (prendente procedimento penale RGNR 7638/09 Tribunale di Civitavecchia); ha quindi chiesto al Tribunale di accertare la nullità del contratto di finanziamento Fi. in ragione dell’inserzione del nominativo di Ab. quale convenzionato successivamente alla sottoscrizione del contratto stesso, nonché della vessatorietà delle clausole limitative della opponibilità al finanziatore delle eccezioni afferenti il rapporto con il fornitore con riguardo alla inadempienza di quest’ultimo, nonché in ragione del collegamento funzionale tra il contratto di finanziamento e quello di vendita; ha altresì domandato di accertare e dichiarare la nullità del contratto di compravendita o di annullarlo ai sensi dell’art. 1427 c.c. o, in subordine, di risolvere entrambi i contratti, con condanna della venditrice alla restituzione della somma di Euro 7.633,00 e con condanna di Fi. in solido con Re. s.r.l. alla restituzione della somma di Euro 1.061,26 versata in ammortamento del prestito.
Si è costituita Fi. S.p.A. anche nell’interesse di Re. s.r.l. quale cessionaria del credito, sostenendo di aver ricevuto da Ab. il contratto di compravendita e i documenti necessari per il relativo finanziamento e di non aver mai intrattenuto rapporti con Ba.Pa.; ha esposto che il credito nei confronti dell’odierno attore in relazione al contratto di finanziamento ammonta ad Euro 10.823,27 alla data del 15.6.2011, di cui ha chiesto in via riconvenzionale il pagamento, e ha altresì chiesto la chiamata in causa di Al.Ba. al fine di essere manlevata in caso di accoglimento della domanda attorea.
La causa è stata istruita con l’escussione di due testi e con ordinanza del 2.4.2014, il Giudice ha dichiarato la contumacia di Ba.Pa., ingiungendole il pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 7.633,00, oltre interessi legali e alle spese di lite, ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c.. La causa è stata quindi trattenuta in decisione all’udienza di precisazione delle conclusioni del 7.11.2019.
2. Va preliminarmente dichiarata la contumacia del terzo Al.Ba., il quale non si è costituito nonostante la rituale notifica dell’atto di citazione per chiamata in causa.
3. La domanda attorea svolta nei confronti di Ba.Pa. è fondata.
Risultano per tabulas il contratto di compravendita del 21.9.2009 stipulato con Mo. di Ba.Pa., relativo all’acquisto della (…), e la ricevuta di pagamento di Euro 7.633,00 a titolo di acconto, sottoscritta in pari data dalla Mo. di Ba.Pa..
Risulta altresì che in data 22.12.2009 le parti hanno concordato l’acquisto di altra autovettura, alle medesime condizioni già pattuite con la precedente scrittura privata del 21.9.2009.
Premesso che il contratto in questione non risulta affetto da cause di nullità e che l’allegazione circa l’annullabilità del contratto ex art. 1427 c.c. è rimasta del tutto sfornita di prova, deve invece accertarsi il grave inadempimento della parte venditrice costituito dalla omessa consegna del veicolo compravenduto.
Invero, va ricordato che alla stregua dei canoni della responsabilità contrattuale da inadempimento ai sensi dell’art. 1218 c.c. (“Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”), spetta al creditore-danneggiato l’onere di allegare l’inadempimento, incombendo sulla controparte la prova liberatoria dell’esatto adempimento.
Nel caso di specie, Ba.Pa., essendo rimasta contumace, non ha assolto l’onere probatorio su di sé gravante circa la consegna del veicolo e quindi l’adempimento della principale prestazione cui si era obbligata quale parte venditrice, né si è presentata per rendere l’interrogatorio formale deferitole.
Sussiste quindi il diritto dell’odierno attore ad ottenere la risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1453 e 1455 c.c., con conseguente diritto alla restituzione dell’acconto sul prezzo corrisposto nella misura di Euro 7.633,00.
Deve quindi essere confermata l’ordinanza del 2.4.2014 emessa in corso di causa ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c..
4. Passando all’esame della domanda svolta dall’odierno attore nei confronti di Fi., va anzitutto rilevato che la domanda di restituzione della somma di Euro 1.061,26 a suo dire versata in ammortamento del prestito, è comunque infondata indipendentemente da ogni valutazione sulla validità ed efficacia del contratto di mutuo, non essendo stata fornita la prova del pagamento, il cui onere incombe appunto sull’odierno attore ai sensi del combinato disposto degli artt. 2033 e 2697 c.c., atteso che il pagamento è uno dei fatti costitutivi dell’azione di ripetizione di indebito.
5. Ciò posto, circa il contratto di mutuo per cui è causa, va rilevato che risultano agli atti due diverse copie della richiesta di finanziamento stipulato dall’odierno attore: la copia prodotta da Cl.Lu. è un modulo Fi. sottoscritto dallo stesso attore, recante l’indicazione delle sue generalità, del nominativo e della sede del suo datore di lavoro, le modalità di pagamento dei ratei mediante RID con indicazione dell’IBAN, l’indicazione del prezzo di acquisto (E 29.000,00), del versamento in contanti ( Euro 19.000,00) e della somma di Euro 10.000,00 quale importo “residuo da pagare”, nonché tra le condizioni economiche l’indicazione dell’importo della rata in Euro 255,00 e del numero di ratei in n. 46, mentre risulta lasciata in bianco la parte relativa alle spese, all’importo finanziato e ai tassi TAN e TAEG nonché la parte relativa alla “descrizione del bene” e al “timbro e firma del convenzionato”; la copia prodotta da Fi., invece, è un modulo di identica forma e contenuto, fatta eccezione per i seguenti elementi:
– tra i dati relativi al soggetto obbligato vengono indicati anche lo stipendio mensile netto di Euro 1.060,00 e l’anno di costituzione del rapporto di lavoro (86);
– è compilata la parte relativa alla “descrizione del bene” con indicazione del veicolo (…) cilindrata 2000 con relativo numero di telaio;
– tra le condizioni economiche, è compilata la parte relativa alle “spese istruttoria” indicate in Euro 150,00 e la parte relativa all’importo finanziato, indicato in Euro 10.150,00;
– l’importo della rata risulta modificato mediante sovrascrittura a penna in Euro 258,66 e allo stesso modo è aumentato il numero di ratei in n. 48;
– sono riportati il TAN (10,25%) e il TAEG (11,61%);
– nella parte relativa al “timbro e firma del convenzionato” è riportato il timbro Ab. con relativa sottoscrizione illeggibile.
Fi. ha altresì prodotto copia del documento di identità e di una busta paga di Cl.Lu., sostenendo di aver ricevuto tali documenti da parte di Al.Ba..
Orbene, stante la perfetta identità tra i due moduli sopra descritti, ad eccezione per gli elementi sopra elencati, deve ritenersi che il modulo sottoscritto da Cl.Lu., allo stesso consegnato in copia, sia stato successivamente riempito da Fi. mediante l’inserimento di dati in parte non veritieri, per quanto concerne il presunto contratto di compravendita con Ab., in realtà mai stipulato. Sotto tale profilo, può quindi parlarsi di abusivo riempimento del contratto, senza che tuttavia vi sia prova della mala fede di Fi., la quale risulta aver ricevuto informazioni attendibili relativamente alla posizione di Cl.Lu. da parte di Ab. (mediante copia del documento di identità e della busta paga), e la cui buona fede risulta dal fatto che il nominativo di Ba.Al. quale soggetto convenzionato risulta comunicato a Cl.Lu. mediante lettera di accettazione della proposta di finanziamento del 28.9.2009.
Peraltro, deve essere altresì osservato come mediante la medesima missiva, che costituisce parte integrante del contratto di finanziamento, sono state comunicate a Cl.Lu. le condizioni economiche applicate al rapporto e indicate nel modulo in possesso di Fi..
Ciò premesso in punto di fatto, deve ritenersi che, in ragione del collegamento negoziale tra il contratto di mutuo e il contratto di compravendita, unico soggetto obbligato alla restituzione della somma mutuata sia il soggetto qualificatosi come venditore, nei cui confronti è stata erogata la somma medesima.
Il collegamento negoziale – espressione dell’autonomia contrattuale prevista dall’art. 1322 c.c., – è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico complesso, che viene realizzato, non attraverso un autonomo e nuovo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è concepito, funzionalmente e teleologicamente, come collegato con gli altri, cosicché le vicende che investono un contratto possono ripercuotersi sull’altro.
Ciò che vuoi dire che, pur conservando una loro causa autonoma, i diversi contratti legati dal loro collegamento funzionale sono finalizzati ad un unico regolamento dei reciproci interessi (v. anche Cass. 10.7.2008 n. 18884). Perché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico – che impone la considerazione unitaria della fattispecie – sono quindi necessari due requisiti.
Il primo è quello oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, finalizzati alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario.
Il secondo è quello soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere, non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale (v. per tutte Cass. 17.5.2010 n. 11974; Cass. 16.3.2006 n. 5851).
Nel caso che ci occupa, devono essere evidenziati i seguenti elementi fattuali:
a) lo stretto legame funzionale esistente fra il contratto di compravendita e quello di mutuo destinato a finanziare l’acquisto del veicolo oggetto della compravendita, come esplicitato nel contratto di mutuo;
b) la prossimità temporale della sottoscrizione dei due contratti, a distanza di pochi giorni;
c) la destinazione immediata della somma mutuata alla società venditrice dell’autovettura, come dedotto dalle parti.
Pertanto, il finanziamento in esame va qualificato quale mutuo di scopo.
In merito, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale (v. da ultimo Cass. n. 12454 del 19/07/2012), per il quale, nell’ipotesi di contratto di mutuo, in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, sussiste il collegamento negoziale tra tali contratti (di compravendita e di mutuo), per cui il mutuatario è obbligato all’utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione.
Da ciò deriva che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene – che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo – legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata, non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass. 19.5.2003 n. 7773; Cass.23.4.2001 n. 5966; Cass. 21.7.1998 n. 7116; Cass. 20.1.1994 n. 474).
In altre parole, la destinazione della somma mutuata all’acquisto dell’autovettura, fa si che il contratto di compravendita entri nella stessa causa del contratto di mutuo, con la conseguenza che il venir meno della compravendita per effetto della risoluzione della stessa comporta altresì la risoluzione del contratto di mutuo ai sensi dell’art. 1463 c.c. per venir meno della sua causa concreta.
D’altra parte, Fi. non ha prodotto le condizioni generali di contratto in base alle quali avrebbe potuto valutarsi la questione della validità della clausola di inopponibilità al mutuante dei rapporti con il soggetto convenzionato e, quindi, una tale clausola non può essere applicata, indipendentemente dalla valutazione circa la eccepita vessatorietà della stessa, non potendosene accertare il contenuto.
La domanda riconvenzionale avanzata da Fi. va quindi accolta nei confronti di Al.Ba. quale soggetto qualificatosi come venditore e destinatario della somma mutuata, dovendosi condannare quest’ultimo alla restituzione della stessa nella misura di Euro 10.000,00.
6. In ragione della soccombenza reciproca tra l’odierno attore e Fi., le spese di lite tra le stesse parti devono essere compensate.
Le spese di lite seguono per il resto il criterio della soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo in applicazione dei parametri di cui al d.m. 55/2014, tenuto conto della durata del processo e della quantità e qualità dell’attività difensiva svolta, nonché degli altri criteri stabiliti dall’art. 4, comma 1 del citato decreto, in rapporto ai parametri di liquidazione propri dello scaglione di valore proprio della controversia (da Euro 5.201 ad Euro 26.000,00).
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così decide:
– in via preliminare, dichiara la contumacia di Al.Ba.;
– accoglie parzialmente la domanda di Cl.Lu. e, per l’effetto,
– dichiara la risoluzione del contratto di compravendita stipulato con Ba.Pa. quale titolare della Mo. per grave inadempimento di quest’ultima;
– conferma l’ordinanza emessa in corso di causa il 2.4.2014 ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c.;
– dichiara la risoluzione del contratto di mutuo stipulato il 28.9.2009 con Fi.;
– rigetta per il resto la domanda attorea;
– in accoglimento della domanda riconvenzionale avanzata da Fi. nei confronti di Al.Ba., condanna quest’ultimo al pagamento in favore di Fi. della somma di Euro 10.000,00, oltre interessi legali dalla domanda fino al saldo effettivo;
– rigetta per il resto la domanda riconvenzionale;
– condanna Ba.Pa. al pagamento in favore dell’odierno attore delle spese di lite, come liquidate nell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. richiamata;
– condanna Al.Ba. al pagamento in favore di Fi. delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 2.738,00 per compensi, oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge;
– compensa le spese di lite tra Cl.Lu. e Fi..
Così deciso in Civitavecchia il 7 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2020.