Il conduttore non può dirsi esente dalla responsabilità contrattuale, solo per avere sostenuto (senza peraltro offrire alcuna prova dei suoi assunti) di essere stato nell’impossibilità ad adempiere a seguito delle misure di contenimento imposte nel periodo di emergenza epidemiologica. Va, infatti, sempre provato e dimostrato il nesso causale fra rispetto delle misure e inadempimento: l’obbligato per slegarsi dalla responsabilità, non può limitarsi ad allegare assiomaticamente che l’inadempimento è ascrivibile alle misure anti-contagio, dovendo, per converso, in linea con la previsione dell’art. 1218 c.c., offrire la prova circostanziata del collegamento eziologico fra inadempimento e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell’epidemia. Nel caso che si tratta, non è stato allegato, né provato, il rapporto eziologico tra le restrizioni adottate a livello governativo con la tipologia di attività svolta nell’immobile.
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Tribunale|Roma|Sezione 6|Civile|Sentenza|15 settembre 2021| n. 14593
Data udienza 15 settembre 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE SESTA CIVILE
Il Tribunale di Roma, in persona del giudice dott.ssa Manuela Caiffa all’udienza del 15.09.2021, all’esito della discussione orale ha pronunciato la seguente
SENTENZA
(ex art. 429 comma 1 c.p.c.)
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 45629 del Registro Generale Affari Contenziosi dell’anno 2020, avente ad oggetto “intimazione di sfratto per morosità – uso diverso”, pendente
tra
(…) S.r.l. (P.I. (…) – C.F. (…)) domiciliata elettivamente in Roma, Via (…) presso lo studio dell’Avv. (…) dal quale è rappresentata e difesa in virtù di delega posta in calce all’atto di intimazione di sfratto
– attrice –
e
(…) S.r.l. (C.F. – P. Iva (…)) rappresentata e difesa dall’Avv. (…) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Piazza (…) giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta
– convenuta –
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida, notificata in data 24.07.2020, la parte attrice in epigrafe conveniva in l'(…) S.r.l., deducendo che:
era proprietaria di un locale terreno sito in Roma, Via (…) n. 65, concesso in locazione alla (…) S.r.l. in virtù di contratto stipulato il 27/04/2010 e registrato in data 12/05/2010;
che la (…) S.r.l. comunicava di aver ceduto l’azienda ed il relativo contratto di locazione, ai sensi dell’art. 36 della L. 392/78, alla (…) S.r.l.;
che la parte conduttrice non aveva provveduto al pagamento dei canoni di locazione relativi ai mesi di aprile, maggio, giugno e luglio 2020 pari a Euro 10.545,22 (IVA compresa) mensili, al rimborso delle spese condominiali e imposta di registro, per complessi Euro 42.919,48;
che all’art. 8 del suddetto contratto di locazione veniva pattuita la clausola risolutiva espressa in caso di mancato pagamento del canone decorso il termine di venti giorni dalla convenuta scadenza.
Per tali motivi, chiedeva la convalida dello sfratto per morosità ed il rilascio dell’immobile; in caso di opposizione, l’emissione di ordinanza di rilascio; nel merito, la risoluzione per inadempimento della conduttrice, anche ai sensi della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 8 del contratto; il tutto col favore delle spese di giudizio.
La Società intimata si costituiva deducendo il rilascio dell’immobile e contestando di aver richiesto la riduzione del canone a seguito dell’emergenza epidemiologica Covid 19 per poi comunicare il recesso dal contratto di locazione; eccepiva l’impossibilità temporanea di adempiere, per effetto delle misure di contenimento ed anche per eccessiva onerosità sopravvenuta, con incolpevolezza per i mancati pagamenti.
Con ordinanza del 09.09.2020, veniva disposto il mutamento del rito e concesso termine per il deposito di memorie integrative. Veniva espletata la procedura di mediazione con esito negativo, come da verbali in atti.
Le parti provvedevano a depositare memorie integrative; parte attrice dichiarava che per gli importi dovuti era stato notificato alla Società convenuta decreto ingiuntivo (RG 36872/2020), insistendo sulla domanda risolutoria per inadempimento e di diritto del contratto di locazione.
L'(…) S.r.l. reiterava le conclusioni di cui alla comparsa di costituzione.
All’udienza del 30.06.2021 e 15.09.2021, parte attrice dichiarava esplicitamente di rinunciare alla domanda di condanna al pagamento dei canoni di locazione e la causa veniva decisa dando lettura del dispositivo e della contestuale motivazione.
Parte attrice ha proposto un’azione di risoluzione (costitutiva) ai sensi degli artt. 1455 e 1453 c.c. ed anche un’azione dichiarativa ex art. 1456 c.c., invocando la clausola risolutiva espressa di cui agli artt. 4) e 13) del contratto di locazione.
Nel procedimento per convalida di sfratto, in effetti, sono ammissibili non soltanto le pronunce costitutive di risoluzione, ma altresì le azioni di mero accertamento, quali quelle relative all’avvenuta risoluzione della locazione per effetto della clausola risolutiva espressa, di cui il locatore dichiari di avvalersi.
E’ da stabilire, quindi, se la clausola risolutiva espressa richiamata sia valida ed idonea a far dichiarare la risoluzione del contratto per l’inadempimento convenzionalmente sanzionato, ovvero, se, in difetto, si dovrà accertare la gravità dell’inadempimento stesso.
Come è noto, “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (v. Cass. S.U. n. 13533.2001; Cass. n. 15659.2011; Cass. n. 3373.2010; Cass. n. 13674.2006; Cass. n. 8615.2006; Cass. n. 2387.2004; Cass. n. 9351.2007).
La Società attrice ha evaso l’onere probatorio che le incombeva, producendo in atti il contratto intercorso con la parte convenuta, debitamente registrato.
Tale documento dimostra, infatti, da un lato, l’insorgenza e scadenza dell’obbligazione di pagamento del canone mensile da versare entro il giorno cinque di ogni mese – obbligazione che si è dedotta inadempiuta da parte della Società convenuta – dall’altro la stipulazione di una valida clausola risolutiva, agli effetti dell’art. 1456 c.c. (v. la clausola n. 4), per il caso di omessa ottemperanza agli obblighi di pagamento gravanti sulla conduttrice.
A tenore del punto 4) degli articolati contrattuali in parola, infatti, le parti convenivano: “Il mancato totale pagamento, totale o parziale, anche solo di una rata del canone di locazione (…) determinerà ipso jure la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1456 c.c. (…)”.
La clausola in questione è, dunque, connotata da contenuto sufficientemente specifico e determinato, per quanto riferita non genericamente all’inadempimento di tutte le obbligazioni indistintamente assunte dalla Società conduttrice, ma a specifiche obbligazioni, distintamente individuate ed alternativamente assunte a ragione sufficiente di risoluzione “di diritto” del titolo contrattuale.
In conseguenza, acclarata la validità della clausola risolutiva espressa, per sua stessa struttura e funzione, risulta precluso al Giudice di valutare la gravità dell’inadempimento contestato alla parte convenuta.
Infatti, “.. ove il locatore si sia avvalso, ai sensi dell’art. 1456 cod. civ., della clausola risolutiva espressa, il giudice – chiamato ad accertare l’avvenuta risoluzione del contratto per l’inadempimento convenzionalmente sanzionato – non è tenuto ad effettuare alcuna indagine sulla gravità dell’inadempimento stesso, giacché, avendo le parti preventivamente valutato che l’innovazione o la modifica dell’immobile locato comporta alterazione dell’equilibrio giuridico – economico del contratto, non vi è più spazio per il giudice per un diverso apprezzamento” (v. Cass. n. 3343.2001; Cass. n. 16993.2007: “la clausola risolutiva espressa attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l’inadempimento di controparte senza doverne provare l’importanza”; Cass. n. 167.2005; Cass. n°10935.2003; ancora si afferma che: “la clausola risolutiva espressa .. non fa che .. accelerare la risoluzione, avendo le parti anticipatamente valutato l’importanza di un determinato inadempimento, e quindi eliminato la necessità di un’indagine “ad hoc” avuto riguardo all’interesse dell’altra parte” – v. Cass. n. 10818.2006).
In ogni caso, la convenuta ha sollevato eccezioni non meritevoli di accoglimento e, comunque, non preclusive della pronuncia dichiarativa invocata dalla (…) S.r.l..
Difatti, considerando che la legge (art. 1218 c.c.) pone a carico del debitore inadempiente una presunzione di colpa, e ciò vale anche nel caso si controverta di clausola risolutiva espressa (v. Cass. n. 394.1986: “anche nel caso di contratto con clausola risolutiva espressa .. la colpa del contraente inadempiente si presume ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., se non sia provata la impossibilità di adempimento della prestazione per causa non imputabile al debitore”), spettava alla Società convenuta di eccepire e dimostrare di essersi trovata nella “impossibilità di adempiere”, per “causa a lei non imputabile”.
Ebbene, l'(…) S.r.l. non può dirsi esente dalla responsabilità contrattuale imputatale dalla parte attrice, solo per avere sostenuto (senza peraltro offrire alcuna prova dei suoi assunti) di essere stata nell’impossibilità ad adempiere a seguito delle misure di contenimento imposte nel periodo di emergenza epidemiologica.
Va, infatti, sempre provato e dimostrato il nesso causale fra rispetto delle misure e inadempimento: l’obbligato per slegarsi dalla responsabilità, non può limitarsi ad allegare assiomaticamente che l’inadempimento è ascrivibile alle misure anti-contagio, dovendo, per converso, in linea con la previsione dell’art. 1218 c.c., offrire la prova circostanziata del collegamento eziologico fra inadempimento e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell’epidemia.
Nel caso che si tratta, non è stato allegato, né provato, il rapporto eziologico tra le restrizioni adottate a livello governativo con la tipologia di attività svolta nell’immobile.
In considerazione dell’eccezionale situazione verificatasi con la pandemia Covid 19, un rilievo alle difficoltà economiche del debitore è stato riconosciuto dall’art. 91 D.L.18/2020 convertito nella Legge 27/2020 che, tuttavia, non consente la totale e definitiva sospensione dei pagamenti del canone anche al termine del lockdown ed in epoca successiva alla ripresa della vita quotidiana e delle attività commerciali.
L’art. 3, comma 6 bis, D.L. 6/2020, convertito in legge dalla Legge 27/2020, prevedendo che il Giudice, nell’accertamento della responsabilità del debitore per inadempimento o ritardo, debba valutare in che misura l’inadempimento o il ritardo siano stati causati dalla necessità di rispettare le misure di contenimento anti Covid 19, non avendo disposto alcuna esclusione o riduzione dei canoni, consente unicamente di ritenere temporaneamente giustificati i mancati o ritardati pagamenti relativi ai canoni maturati durante la vigenza di dette misure di contenimento, fermo restando l’obbligo di pagamento di detti canoni alla cessazione delle misure restrittive.
In ogni modo, il principio generale posto dall’art. 1218 c.c. (espressamente richiamato dall’art.91 D.L. n. 18/2020), secondo cui “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”, potrebbe condurre all’esonero da responsabilità del conduttore per inadempimento: l’obbligazione principale del conduttore (pagamento del canone), però, traducendosi nella prestazione di una somma di denaro, per definizione non è mai impossibile (v. Tribunale di Roma sez. VI ord. del 13.11.2020, n. 27757).
In proposito, “L’impossibilità che, ai sensi dell’art. 1256 cod. civ., estingue la obbligazione o giustifica il ritardo nell’adempimento è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e consiste nella sopravvenienza di una causa non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente o temporaneamente l’adempimento dell’obbligazione. Il che può evidentemente verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto la consegna di una cosa determinata o di un genere limitato e non già quando si tratta di una somma di danaro” (v. Cass. n. 2555/1968).
L’impedimento obiettivo e assoluto, inoltre, deve essere tale da non poter essere rimosso e non può consistere nella mera impotenza economica dipendente dall’inadempimento di un terzo nell’ambito di un diverso rapporto (v. Cass. Sez. 2, n. 25777/2013; Cass. Sez. 2, n. 6594/2012).
In definitiva, l’art. 91, comma 1, del Decreto “Cura Italia”, nel prevedere una “esclusione della responsabilità del debitore” incide sull’obbligo del debitore inadempiente di risarcire il danno causato dal proprio tardivo o mancato adempimento, ma senza liberare il debitore dai propri obblighi contrattuali, né tantomeno rendere possibile l’estinzione dell’obbligazione.
Il richiamo, poi, all’eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c. non può trovare accoglimento trattandosi di rimedio incompatibile con la conservazione del contratto, ma idoneo solo a provocarne lo scioglimento.
Va precisato, ancora, che la causa del contratto di locazione, anche per le locazioni commerciali, non si estende mai alla garanzia della produttività dell’attività imprenditoriale che il conduttore si accinge a svolgere nei locali concessi.
Il locatore è tenuto a garantire solamente che l’immobile sia strutturalmente idoneo all’uso pattuito, ma non che tale uso sarà sempre possibile e proficuo per il conduttore.
In conclusione, deve pronunciarsi la declaratoria di risoluzione de iure del contratto in essere tra le parti, in forza della clausola risolutiva espressa e va dichiarata la cessazione della materia del contendere sul rilascio intervenuto nelle more del giudizio.
Ad avviso del Tribunale, infatti, deve essere esclusa la risoluzione per mutuo consenso tra le parti dal momento che la riconsegna dell’immobile in data 27.07/03.08.2021 (v. all. 9 alla comparsa di costituzione), ovvero l’offerta, ancorché non formale, del 18.06.2020 (v. all. 5 alla comparsa di costituzione), non è prova del negozio risolutivo tra le parti; peraltro, l’accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto ha effetti saranno retroattivi, di talché la relativa pronuncia assorbe quanto eccepito dalla parte convenuta.
L’accoglimento dell’istanza risolutoria della Società attrice, poi, esclude la responsabilità ex art. 96 c.p.c. invocata dalla (…) S.r.l..
Da ultimo, va dichiarata la cessazione della materia del contendere sulla domanda di condanna al pagamento di canoni per rinuncia della parte attrice, non contrastata dalla Società convenuta, che va, in conseguenza, ad escludere duplicazione di titoli esecutivi relativi allo stesso credito, a seguito di emissione di decreto ingiuntivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del Dm Giustizia n. 55/2014.
PER QUESTI MOTIVI
il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando nella causa civile di primo grado, indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
– accoglie per quanto di ragione la domanda svolta, nell’atto introduttivo della lite, da (…) S.r.l. nei confronti dell'(…) S.r.l. e, per l’effetto, accerta e dichiara che il contratto di locazione inerente all’immobile in Roma, Via (…) n. 65, si è risolto di diritto, ex art. 1456 c.c.;
– dichiara la cessazione della materia del contendere sul rilascio, intervenuto nelle more del giudizio, nonché sulla domanda di condanna al pagamento di somme nei confronti della Società convenuta;
– condanna l'(…) S.r.l. a rifondere, in favore della parte attrice, le spese di lite che liquida in Euro 366,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi legali, oltre spese generali al 15%, iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma il 15 settembre 2021.
Depositata in Cancelleria il 15 settembre 2021.