Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 21 maggio 2018, n. 12494

in tema di responsabilita’ disciplinare dei notai, il divieto, imposto dalla L.Not., articolo 28, comma 1, n. 1, di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge” attiene ad ogni vizio che dia luogo a una nullita’ assoluta dell’atto, con esclusione, quindi, dei vizi che comportano l’annullabilita’ o l’inefficacia dell’atto (ovvero la stessa nullita’ relativa); ed e’ sufficiente che la nullita’ risulti in modo inequivoco.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 21 maggio 2018, n. 12494

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18108-2016 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI CATANIA E CALTAGIRONE;

– intimato –

Avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO DI PALERMO, depositata il 28/04/2016 (R.G. 230/2015);

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/07/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il. rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha depositato l avviso di ricevimento ed ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello di Palermo, con ordinanza depositata il 28/04/2016, ha respinto l’impugnazione proposta dal notaio (OMISSIS) contro la decisione del 14/03/2014 (depositata il successivo 07/08) della commissione regionale di disciplina sui notai per la Sicilia, che aveva ritenuto questi responsabile delle violazioni di cui alla L. Notarile, articolo 28, comma 1, n. 1 e articolo 50, comma 2 (L. Not., 1, 16 febbraio 1913, n. 89), applicandogli, riconosciute le circostanze attenuanti, la sanzione pecuniaria di Euro 7.000,00; ha rigettato l’impugnazione incidentale del consiglio notarile, tesa all’aggravamento della sanzione.

Al notaio era stato contestato di avere rogato in data (OMISSIS) un atto pubblico di donazione di un fabbricato e di un terreno da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS), con l’assistenza di testi uno dei quali inidoneo, tale (OMISSIS) ava materna della donataria, oltre che convivente del donante; la nullita’ dell’atto era stata contestata alla signora (OMISSIS) da un erede del donante deceduto, per cui la donataria aveva esposto i fatti al consiglio dell’ordine. Il presidente di tale consiglio, nella richiesta di procedimento disciplinare, aveva considerato che, poiche’ l’articolo 50, comma 2 L. Not. dispone che i parenti e affini delle parti, nei gradi indicati nell’articolo 28, non sono testimoni idonei, il notaio aveva consapevolmente violato dette norme o, in caso di violazione inconsapevole, aveva – ricevendo un atto nullo, a fronte di prescrizione di assistenza di testi ad substantiam ex articolo 782 c.c. e articolo 48 L. Not., insuscettibile di conversione ex articolo 2701 c.c. violato l’articolo 58, n. 4 stessa legge.

La corte territoriale ha motivato il rigetto dell’impugnazione ritenendo che i fatti addebitati integrassero pienamente la previsione di illecito delle norme citate, osservando in particolare che:

– il notaio – la cui alta funzione di depositario della pubblica fede non consente di minimizzarne il ruolo a mero recettore delle dichiarazioni degli interessati circa l’idoneita’ dei testi – non aveva vigilato in ordine alla sussistenza del rapporto di parentela, dovendo l’utilizzo durante la stipula dell’espressione “nonna” indurlo a sospendere la stipula stessa; negligenza tanto piu’ rilevante in quanto nell’atto aveva attestato avere i testi i requisiti di legge; la stessa deposizione dell’altro teste che aveva assistito all’atto, avv. (OMISSIS), invocata a suo favore dal notaio in relazione alla dichiarazione per cui non era stato “detto espressamente” che la signora (OMISSIS) fosse nonna della donataria, rilevava invece quanto alla successiva risposta dell’avvocato a quesito di chiarimento, nella parte in cui attestava che la donna “era stata chiamata nonna dalla donataria, e mamma dalla madre della donataria”;

– non erano rilevanti, per escludere la responsabilita’, il mancato accertamento giudiziale della nullita’ o la possibilita’ della sua sanatoria, non essendo subordinato l’avvio del procedimento disciplinare al primo, ne’ essendo – quanto alla seconda – sanabile altro che quel che e’ nullo e, quindi, sanzionato.

(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, anche nei confronti del procuratore generale della repubblica presso la corte d’appello di Palermo. Non ha espletato difese il consiglio notarile dei distretti riuniti di Catania e Caltagirone.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione della L.Not., articolo 28, comma 1, n. 1, articolo 50, comma 2, articolo 58, comma 1, n. 4 e articolo 138 (L. 16 febbraio 1913, n. 89) in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il ricorrente, richiamando scritti di autori giuridici, sollecita una rimeditazione dell’approdo di Cass. n. 11128 dell’11/11/1997, auspicando che, portando a ulteriori conseguenze i principi ivi espressi, si possa ritenere che tra le fattispecie di nullita’ di cui all’articolo 28, n. 1 L. Not. non rientrino quelle formali.

1.1. La censura e’ priva di fondamento.

1.2. Come richiamato dallo stesso ricorrente, questa corte ha esaminato funditus i temi qui in rilievo (Cass. n. 11128 del 11/11/1997 oltre altre, tra cui in particolare Cass. n. 7665 del 04/08/1998, n. 11071 del 04/11/1998, n. 1394 del 01/02/2001, n. 21493 del 07/11/2005 e n. 14766 del 19/07/2016); in particolare ha affermato che, in tema di responsabilita’ disciplinare dei notai, il divieto, imposto dalla L.Not., articolo 28, comma 1, n. 1, di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge” attiene ad ogni vizio che dia luogo a una nullita’ assoluta dell’atto, con esclusione, quindi, dei vizi che comportano l’annullabilita’ o l’inefficacia dell’atto (ovvero la stessa nullita’ relativa); ed e’ sufficiente che la nullita’ risulti in modo inequivoco.

1.3. Nella presente sede, il ricorrente – rispetto all’affermazione di cui alla sentenza del 1997 che ha ritenuto non rientrare tra gli atti “espressamente proibiti” solo quelli viziati da annullabilita’ o inefficacia – sollecita un’ulteriore lettura selettiva, proponendo – sulla scia di dottrina che distingue tra vizi dell’atto e vizi del documento – che si debba ritenere riferibile l’articolo 28 L. not. ai negozi viziati da illiceita’ ex articolo 1343 c.c. (causa illecita) e probabilmente non alle nullita’ diverse dall’illiceita’, in particolare le nullita’ formali, tra le quali specificamente quelle previste dall’articolo 58 L. not., per le quali sarebbero peraltro previste apposite sanzioni (in particolare, ad es., all’interno di tale visione deporrebbe per una distinzione tra atti vietati e atti affetti da nullita’ formali la circostanza che la violazione dell’articolo 51, n. 10 L. not., concretando un vizio di forma ex articolo 58, n. 4, e’ punita non con la sospensione ex articolo 138 L. not. ma con l’ammenda ex articolo 137 L. not.; si sostiene dunque che, se l’atto nullo fosse sempre proibito ex articolo 28, invece, si dovrebbe in ogni caso applicare la sospensione; analoghi esempi si fanno con riferimento a violazioni degli articoli 47 e 48 L. not.). In tale ottica, il ricorrente propone che, poiche’ la violazione rilevante nel caso di specie, relativa all’articolo 50 L. not., non risulterebbe espressamente sanzionata (in quanto, all’interno di tale orientamento, non si considera l’espresso richiamo alle violazioni dell’articolo 28 operato dall’articolo 138, n. 2), si dovrebbe applicare la sanzione dell’articolo 136 L. not. (avvertimento) e non quella dell’articolo 138 (sospensione che, all’interno di tale visione, sarebbe prevista per le violazioni dell’articolo 28, selettivamente letto come non riferito a tutte le nullita’ anche formali, ma alle sole nullita’ per illiceita’).

1.4. La tesi, indubbiamente suggestiva, non trova riscontro nelle disposizioni della L. not. Per le ragioni chiarite dalla giurisprudenza di questa corte sopra richiamata, gli “atti proibiti dalla legge” cui l’articolo 28 fa riferimento sono, in sostanza, gli atti nulli, individuando la locuzione predetta, dato il suo carattere generale, tutte le ipotesi di nullita’. In tale quadro, questa corte ha anche fornito una nozione di atto contrario a norme imperative di cui all’odierno articolo 1418 c.c., comma 1 (espressione parallela, in ottica storico-giuridica, a quella di atto proibito dalla legge di cui all’articolo 28 L. not.) comprensiva non solo degli atti di cui al comma 1 predetto, ma anche di quelli affetti dai vizi indicati nei commi successivi, “poiche’ anche gli atti affetti da queste ultime nullita’, a ben vedere, sono atti contrari a norme imperative” (cosi’ sentenza del 1997 cit., ove anche il chiarimento per cui, quand’anche la norma imperativa non contenesse una espressa comminatoria di nullita’ dell’atto, la stessa dovrebbe pur sempre ritenersi “espressa” ai fini dell’articolo 28 L. not. per effetto del combinato disposto costituito da detta norma imperativa e il primo comma dell’articolo 1418 c.c., che sanziona con la nullita’ ogni atto contrario a norma imperativa).

1.5. In tale contesto interpretativo, finora non scalfito dalle visioni critiche emerse, deve ritenersi quindi che tra gli atti nulli, rilevanti ai fini dell’integrazione della fattispecie disciplinare di cui all’articolo 28, comma 1, n. 1 L. not., siano compresi anche quelli in violazione dell’articolo 50, comma 2 L. not., trattandosi di illeciti “espressamente”, nel senso anzidetto – sanzionati dal testo dell’articolo 138, comma 2 L. not., in quanto richiamante l’articolo 28.

1.6. E’ appena il caso di rilevare che, quanto alle tesi dottrinali introduttive di distinzioni utili a fini sistematici ma che non trovano chiaro recepimento nel testo normativo, gli argomenti sopra riepilogati fondati su comparazioni tra le sanzioni conseguenziali a illeciti diversi, ritenuti affini in base alle categorie di volta in volta proposte, non inficiano gli approdi ermeneutici fondati su una giurisprudenza costante, neppure essendo predicata o comunque sussistente – nel caso di specie – un’irragionevolezza rilevante ex articolo 3 Cost., comma 1 e, quindi, rientrando i dati differenziali in tema di scelte sanzionatorie nella discrezionalita’ del legislatore. A cio’ si aggiunga, in particolare, che questa corte – con il cit. precedente del 1997 e altri – ha chiaramente indicato i criteri applicativi degli articoli 136, 137, 138, 139 e 142 L. not., governati dal principio di specialita’, tenuto conto che la prima norma contiene una fattispecie aperta, riferibile a qualsiasi violazione della L. not. posta in essere dal notaio, mentre gli articoli 137, 138, 139 e 142 contengono la previsione di fattispecie tipiche, essendo tassativamente applicabili quindi a determinate violazioni della legge notarile (tra le quali quella dell’articolo 28 di cui si e’ detto). Il motivo e’ dunque nel suo complesso da disattendere.

Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato l’omesso esame e/o il travisamento della prova di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, laddove si sarebbe attribuita decisivita’ alla deduzione che alcune intervenute si chiamassero tra loro “nonna” e “mamma” e non si sarebbe attribuita rilevanza alla testimonianza dell’avv. (OMISSIS), che secondo il ricorrente avrebbe escluso – e non affermato – che il notaio avesse udito detti appellativi.

2.1. Deve rilevarsi come, facendo riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e deducendo un “omesso esame circa un fatto decisivo”, il ricorrente abbia pero’, in sostanza, lamentato l’erroneita’ della statuizione della corte d’appello che aveva ritenuto che l’avv. (OMISSIS) avesse, a domanda di chiarimenti, risposto che il notaio (OMISSIS) sapeva “che la testimone era nonna della donataria” in quanto la donna “era stata chiamata nonna dalla donataria e mamma dalla madre della donataria”; a fronte di cio’, il ricorrente ha dato una diversa interpretazione della deposizione, sostenendo doversi desumere da essa l’esclusione della consapevolezza del notaio. In tale quadro, il motivo e’ inammissibile.

2.2. Esso soggiace ratione temporis alla formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ai procedimenti in cui le decisioni impugnate sono state depositate dopo settembre 2012, per cui il vizio motivazionale denunciabile e’ quello di “omesso esame circa un fatto decisivo”, testo normativo questo che presuppone la totale pretermissione nell’ambito della motivazione di uno specifico fatto storico, principale o secondario, oppure la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” o la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza della semplice “insufficienza” o di “contraddittorieta’” della motivazione; in tale quadro il motivo avrebbe dovuto indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, oltre al “fatto storico”, il cui esame sarebbe stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando – ed e’ cio’ che piu’ importa nella fattispecie – che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

2.3. Cio’ posto, non e’ chi non veda come il motivo faccia riferimento solo parzialmente a fatti storici (trattandosi, in parte, dell’essere stati o meno proferiti gli appellativi predetti), il cui esame sarebbe stato omesso, facendo il mezzo per il resto riferimento a profili valutativi di fatti (in particolare, in ordine all’avere o meno potuto il notaio percepire le cennate espressioni); i fatti storici effettivi (e le valutazioni) alla base della vicenda processuale, poi, risultano comunque considerati nella sentenza impugnata, onde non potrebbe per definizione versarsi in una fattispecie di “omesso esame”.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonche’ contraddittoria motivazione ex n. 5 stessa norma, per non avere la corte d’appello, pur a fronte del rigetto dell’impugnazione incidentale del consiglio notarile, tenuto conto della soccombenza reciproca che avrebbe imposto la compensazione delle spese.

3.1. Ferma restando l’inammissibilita’ della censura in quanto formulata articolo 360 c.p.c.,. comma 1, ex n. 5 stante l’irrilevanza, dopo la riforma, come detto, della motivazione meramente contraddittoria, e’ infondata la censura nella parte in cui e’ dedotta violazione di legge. Invero, la pronuncia della corte d’appello – che ha ritenuto la soccombenza del solo notaio – e’ conforme al diritto e alla giurisprudenza applicativa degli articoli 91 e 92 c.p.c. di questa corte, secondo la quale (v. Cass. n. 18173 del 02/07/2008) il rigetto tanto dell’appello principale quanto di quello incidentale non obbliga il giudice a disporre la compensazione totale o parziale delle spese processuali, il cui regolamento, fuori della ipotesi di violazione del principio di soccombenza per essere stata condannata la parte totalmente vittoriosa, e’ rimesso, anche per quanto riguarda la loro compensazione, al potere discrezionale del giudice di merito.

In conclusione, il ricorso va respinto. Non vi e’ luogo per provvedimenti sulle spese, stante il mancato espletamento di difese da parte dell’intimato.

Considerato inoltre che il ricorso per cassazione e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato-legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso e, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.