la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”).
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Tribunale|Roma|Sezione L|Civile|Sentenza|10 gennaio 2023| n. 125
Data udienza 10 gennaio 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE III LAVORO
Il Giudice del Lavoro, dott.ssa Valentina Cacace, ha pronunciato, mediante lettura contestuale delle ragioni di fatto e di diritto ai sensi dell’art. 429 c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero 27345 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell’anno 2022, decisa il giorno 10.1.2023 e vertente
TRA
(…) elettivamente domiciliato in Roma, via (…), presso lo studio dell’avv. (…) che lo rappresenta e difende per procura in atti
RICORRENTE
E
CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE in persona del legale rappr. pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, (…), presso l’Ufficio Legale, rappresentata e difesa dall’avv. (…) per procura in atti
RESISTENTE, ricorrente in riconvenzionale
E
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE in persona del legale rappr. pro tempore, elettivamente domiciliato in Napoli, Via Edoardo Nicolardi n. 159, presso lo studio dell’avv. (…), che lo rappresenta e difende per procura in atti
RESISTENTE
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 1.9.2022 il sig. (…) adiva il Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro esponendo di avere ricevuto in data 5.7.2022, la notifica a pezzo pec da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione della cartella di pagamento n. (…), con la quale gli era stato intimato il pagamento del complessivo importo di Euro 28.359,09; lamentava l’illegittimità della notifica e dell’atto notificato e rassegnava le seguenti conclusioni: “accertare che l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha notificato l’impugnato provvedimento dall’indirizzo di posta elettronica certificata notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it il quale, per le ragioni innanzi dette, non è oggettivamente e con certezza riferibile al soggetto notificante in quanto non risultante dai pubblici registri e, per l’effetto, dichiarare l’inesistenza e/o nullità della notifica della cartella in questione, con conseguente nullità, nei limiti della presente impugnazione, del provvedimento e degli atti ad esso connessi e presupposti. Sotto altro aspetto accertato che la cartella di pagamento n. (…) è stata notificata priva di sottoscrizione digitale e/o di attestazione di conformità, dichiarala nulla ovvero annullarla e, per l’effetto, dichiarare non più dovuta la pretesa impositiva qui impugnata, pari ad Euro 26.605,09 (euro ventiseimilaseicentocinque/09) asseritamente dovuta a titolo di supposto mancato pagamento del contributo soggettivo ed integrativo afferente all’anno 2009”.
Si costituivano in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione e la Cassa di Previdenza Forense, contestando l’ammissibilità del ricorso e la sua fondatezza nel merito.
La Cassa di Previdenza Forense, svolgeva, altresì – nell’ipotesi di accoglimento delle pretese attoree – domanda riconvenzionale per il pagamento delle somme iscritte nel ruolo 2020, per l’importo totale iscritto a ruolo di Euro 27.340,61, ovvero, in subordine, in caso di annullamento del provvedimento impugnato soltanto con riferimento alle partite relative all’anno 2009 della somma di Euro 26.605,09. Istruita solo documentalmente, la causa era decisa all’udienza del 10.1.2023 con la pubblica lettura della presente sentenza.
1. Preliminarmente deve essere rilevata l’inammissibilità del presente ricorso in parziale opposizione alla cartella esattoriale n. (…), limitatamente alla richiesta di pagamento dei contributi previdenziali omessi nell’anno contributivo 2009, in ragione del mancato rispetto del termine decadenziale di 20 gg decorrenti dalla notifica della cartella opposta ai sensi dell’art 617 c.p.c..
Invero le contestazioni concernenti la regolarità della notifica della cartella suindicata e gli asseriti vizi formali inficianti la sua validità – tra cui la mancata apposizione della firma digitale – sono inquadrabili nell’alveo dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. che doveva essere proposta nel termine perentorio di 20 giorni decorrenti dalla notificazione della cartella esattoriale e la cui inosservanza comporta l’inammissibilità dell’opposizione rilevabile anche d’ufficio. Nel caso di specie, il ricorrente ha ricevuto via pec la notifica della cartella esattoriale il 5.7.22 e ha depositato il presente ricorso in opposizione il 1.9.2022 e dunque ben oltre il termine perentorio.
2. In ogni caso, nel merito, con riferimento alla doglianza relativa all’inesistenza giuridica o nullità della notifica della cartella esattoriale in quanto effettuata dall’Agenzia delle Entrate -Riscossione utilizzando un indirizzo PEC diverso da quello contenuto nei pubblici registri, deve rilevarsi che la stessa è del tutto infondata.
La disciplina della notifica a mezzo pec delle cartelle di pagamento è dettata dall’art. 26, comma 2, d.p.r. 602/1973 che recita: “la notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del
destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta”.
La norma prevede che solo l’indirizzo pec del destinatario dell’atto debba figurare in appositi pubblici elenchi e questo al fine di assicurare la riconducibilità dell’indirizzo al soggetto nella cui sfera di conoscibilità deve giungere l’atto trasmesso con la notifica mentre nulla dispone riguardo al mittente e, in particolare, all’indirizzo di provenienza della pec per il quale non è prescritto che debba necessariamente essere inserito in pubblici registri o elenchi. Del tutto inconferente e infondata è l’eccezione di parte ricorrente in merito alla violazione dell’art. 3 bis della Legge 53/1994 che concerne la disciplina della modalità di notifica a mezzo pec di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte degli avvocati e procuratori legali e che, con riferimento all’attività di questi ultimi impone che : “può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”, sottolineando nel contempo che deve essere effettuata all’indirizzo pec del destinatario risultante da pubblici elenchi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la disciplina dei documenti informatici. Parimenti privo di fondamento è il riferimento al contenuto dell’art. 16-ter del D.L. n. 179/2012 che si riferisce alle notificazioni e comunicazioni a mezzo pec degli atti in materia giudiziaria.
Si richiama, da ultimo, quanto statuito dalle SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione 18.5.22 n. 15979: “In tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica del ricorso per cassazione effettuata dalla Procura Generale della Corte dei Conti, utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, rinvenibile sul proprio sito “internet”, ma non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all’art. 3-bis, comma 1, della l. n. 53 del 1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’Indice di cui all’art. 6-ter del D.Lgs. n. 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente.”
Pertanto anche con riferimento alla notifica a mezzo pec degli atti giudiziari, la Cassazione ha affermato la validità della notifica eseguita attraverso l’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica istituzionale non risultante nei pubblici elenchi indicati dall’art. 16-ter del D.L. n. 179/2012 allorché l’atto abbia raggiunto il suo scopo e il destinatario si sia costituito in giudizio e abbia dimostrato di essere in grado di svolgere compiutamente le proprie difese senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza e all’oggetto del ricorso.
Deve, quindi, conclusivamente ritenersi che la notifica effettuata dall’Ader utilizzando un indirizzo pec non incluso in alcun elenco o registro pubblico sia del tutto valida.
3. Fermo l’assorbente superiore rilievo di tardività dell’opposizione, per mero scrupolo di completezza, deve osservarsi che priva di pregio sarebbe stata anche la censura relativa alla nullità dell’atto notificato a mezzo p.e.c. in quanto contenente una copia per immagine della cartella non firmata digitalmente nè dichiarata conforme all’originale e, pertanto, contrastante con le prescrizioni dell’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 602/73.
Invero come chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 30948/2019 “in caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso” L’art. 26, coma del d.p.r., d.p.r. 602/1973 non pone alcun vincolo sul punto limitandosi a richiamare il rispetto delle modalità prescritte per l’invio di un messaggio di posta elettronica certificata dal Codice dell’Amministrazione digitale istituito dal d.p.r. n. 68 del 2005.
Sul punto si rileva che il messaggio di posta elettronica certificata è definito dall’art. 1, lett. f), del d.p.r. n. 68 del 2005 come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”.
Si rammenta altresì che la lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 definisce poi la “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico” mentre la lett. lett. i-quinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD definisce il “duplicato informatico” come di quel “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.
Dunque, alla luce della citata disciplina “la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)” (cfr. Cass. 30948/2019).
4. Con riferimento, infine, alla contestazione inerente la nullità della cartella impugnata in quanto non preceduta dall’invio di una contestazione bonaria prima dell’iscrizione a ruolo delle somme in contestazione, in violazione di quanto previsto dall’art. 12 del Regolamento per la disciplina delle sanzioni, si osserva che – ribadita ancora una volta l’inammissibilità della censura, in quanto attinente a vizi formali dell’atto e non alla sussistenza nell’an del credito contributivo – la Cassa ha comunque documentato di avere contestato all’avv. (…) le infrazioni contributive di cui è causa, ai sensi dell’art. 12 del Regolamento delle sanzioni applicabile ratione temporis (deliberato dal Comitato dei Delegati della Cassa il 24/10/2014 ed approvato con decreto ministeriale del 15/04/2015), con nota PEC prot. n. 2019/244971 del 6/12/2019, inoltrata all’indirizzo pec (…), comunicato dal professionista con i modelli inviati alla Cassa e ritualmente ricevuta nella casella del professionista stesso in data 17/12/2019 (cfr. doc. n. 9 del fasc. Cassa).
In ogni caso – si osserva – che la notifica al debitore di una formale diffida non costituisce un atto presupposto necessario del procedimento.
5. Accertata l’inammissibilità e comunque l’infondatezza nel merito delle doglianze sviluppate dall’opponente, deve osservarsi che la Cassa ha proposto la domanda riconvenzionale solo in via subordinata, nel caso di accoglimento del ricorso.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia (euro 26.000-52.000) e del d.m. 55/14 come modificato dal d.m. 147/2022, applicabile ratione temporis.
p.q.m.
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando così decide:
– dichiara l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso;
– condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore delle parti resistenti che liquida per ciascuna in euro 4.636,50 oltre rimb. forf al 15%, iva e cap come per legge.
Roma 10 gennaio 2023.
Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2023.
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