Il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore. Il regime della forma solenne, al fuori dai casi di donazione di modico valore di cosa mobile, dove, ai sensi dell’art. 783 cod. civ., la forma è stata sostituita dalla traditio, risponde a finalità preventive a tutela del donante per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni. Ne consegue, dunque, che la donazione nulla per difetto della forma, come imposta dall’art. 782 cod. civ., è insuscettibile di sanatoria da parte del donante, che può soltanto rinnovarla con efficacia ex nunc, mediante un altro atto dotato dei requisiti di forma e di sostanza prescritti dalla legge. L’effetto conseguente alla declaratoria di nullità è che il bene donato non è mai uscito dalla sfera giuridica del donante, che, quindi, ha il diritto (lui o i suoi eredi) a pretenderne la restituzione: la donazione, infatti, si considera come mai avvenuta e il bene rientra nel patrimonio del donante. La nullità della donazione, carente del requisito della forma, può essere fatta valere in ogni tempo e da chiunque, erede e/o creditore, abbia interesse a far rientrare il bene (immobile e/o denaro) nel patrimonio del donante.
Corte d’Appello|Bologna|Sezione 1|Civile|Sentenza|15 febbraio 2022| n. 356
Data udienza 14 dicembre 2021
CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
SEZIONE PRIMA CIVILE
La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Giovanni Benassi – Presidente
dott. Rosario Lionello Rossino – Consigliere
dott. Maria Elena Taruffi – Consigliere Ausiliario Relatore
Riunita in Camera di Consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. R.G. …/2018, assunta in decisione nella Camera di Consiglio del 16.03.2021
TRA
XX (c.f. omissis), rappresentata e difesa dall’Avv. … (c.f. omissis) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Ferrara, Via …
APPELLANTE
E
YY (c.f. omissis), rappresentato e difeso dall’Avv. …(c.f. omissis) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Ferrara, .
APPELLATO in punto a
“appello sentenza n…/2018, resa ex art. 281 sexies c.p.c.
dal Tribunale di Ferrara in data 20.06.2018, pubblicata in pari data, notificata in data 30.07.2018”
CONCLUSIONI
le parti hanno depositato ritualmente note di trattazione scritta riproponendo le conclusioni già formulate nei propri scritti introduttivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato in data 31.07.2017, la sig.ra XX conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Ferrara il sig. YY per sentire accogliere le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito condannare il sig. YY a rifondere all’attrice la somma di Euro 35.600,00 così determinata: Euro 30.000,00 proveniente dalla donazione dei genitori della sig.ra XX e in quanto donazione trattasi di patrimonio personale della sig.ra XX ed Euro 5.000,00, quale somma corrispondente al 50% dei residui risparmi effettuati dai coniugi in comunione dei beni. Oltre interessi e rivalutazione come da investimento o come per legge e la somma di Euro 600,00 a titolo di residuo delle spese straordinarie relative alla richiesta del mese di ottobre 2016.
In subordine Voglia l’Ill.mo Tribunale condannare il sig. YY a corrispondere alla sig.ra XX la diversa somma ritenuta di giustizia, per i titoli di cui in premessa, oltre interessi e rivalutazione come da investimento o come per legge.
Con vittoria di spese e compensi in ogni caso.”.
A sostegno della domanda, l’attrice riferiva di essersi separata consensualmente dal marito YY con ricorso sottoscritto in data 16.12.2014, le cui condizioni erano state omologate dal Tribunale di Ferrara in data 04.02.2015.
L’attrice riferiva, altresì, che in costanza di matrimonio i coniugi dal mese di gennaio 2006 al mese di aprile 2013 avevano investito in …. sia l’impor to di Euro 50.000,00, provvista di provenienza di entrambi i coniugi, sia l’importo di Euro 30.000,00, importo proveniente dalla donazione, che la sig.ra XX aveva ricevuto dai genitori, come tale patrimonio personale, sottratto alla comunione legale.
Nonostante le richieste inoltrate a YY, quest’ultimo aveva corrisposto il solo importo di Euro 20.000,00 nel mese di gennaio 2017.
Sosteneva, inoltre, l’attrice che in data 17/10/ 2016 il sig. YY aveva trattenuto sulla somma di Euro 1.442,60, dovuta alla ex moglie per spese straordinarie sostenute nell’interesse della figlia J, l’importo di Euro 600,00, motivando la decurtazione con il pagamento dell’assicurazione e del mezzo pubblico per raggiungere la scuola senza tuttavia documentare le spese.
Si costituiva in giudizio il sig. YY, formulando le seguenti conclusioni:
“- accertare e dichiarare la nullità della donazione di denaro per mancanza di forma effettuata dai genitori sigg.ri B. e B. mediante bonifico bancario di Euro. 30.000,00 su conto corrente cointestat o ai sigg.ri YY e XX e conseguentemente dichiarare la mancanza di legittimazione ad agire della sig.ra XX per i motivi suesposti;
– respingere in ogni caso ogni domanda formulata ex adverso siccome inammissibile e/o infondata in fatto ed in diritto per i motivi suesposti;
con vittoria delle spese di lite. “.
Riferiva il convenuto di aver già restituito le somme spettanti alla sig.ra XX, relative ai disinvestimenti effettuati presso Mediolanum Banca, rendendosi comunque disponibile – ove fosse ritenuto esistente ancora un saldo a credito in favore dell’attrice – a corrispondere a quest’ultima il residuo importo fino alla concorrenza di Euro 5.000,00.
Eccepiva tuttavia l’inammissibilità e/o infondatezza della domanda di restituzione dell’importo di Euro 600,00, riferendo di aver trattenuto la somma a compensazione sull’importo di assicurazione della casa coniugale, assegnata alla sig.ra XX, e sull’importo per l’acquisto dell’abbonamento del bus scolastico per la figlia minore.
Istruita documentalmente la causa, il Giudice di primo grado, ritenendo la causa matura per la decisione, rinviava ex art. 281 sexies c.p.c. per la precisazione delle conclusioni e discussione orale all’udienza del 20.06.2018.
Con sentenza n…/2018, pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. il 20/06/2018, in parziale accoglimento della domanda, condannava YY al pagamento in favore di XX della somma di Euro 5.000,00, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo; compensava integralmente le spese di lite.
Per la riforma parziale della sentenza impugnata, la sig.ra XX proponeva appello con atto di citazione, notificato in data 24/09/2018, chiedendo di “- in via istruttoria ammettere le prove di cui alle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. di parte attrice; accertato quanto esposto nella narrativa dell’atto di citazione che qui si intende integralmente richiamato: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito condannare il sig. YY a rifondere all’attrice la somma di Euro 35.600,00 così determinata: Euro 30.000,00 proveniente dalla donazione dei genitori della sig.ra XX e in quanto donazione trattasi di patrimonio personale della sig.ra XX ed Euro 5.000,00 quale somma corrispondente al 50% dei residui risparmi effettuati dai coniugi in comunione dei beni. Oltre interessi e rivalutazione come da investimento o come per legge e la somma di Euro 600,00 a titolo di residuo delle spese straordinarie relative alla richiesta del mese di ottobre 2016.
In subordine Voglia l’Ill.mo Tribunale condannare il sig. YY a corrispondere alla sig.ra XX la diversa somma ritenuta di giustizia, per i titoli di cui in premessa, e quindi, per meglio specificare: ove ritenuta anche la somma di euro 30.000,00 facente parte della comunione legale tra coniugi, disporre la restituzione di euro 15.0000,00 alla sig.ra XX, oltre ai 5.600,00 euro come da domanda principale, condannando il Sig. YY al pagamento della somma di euro 20.600,00, (eventualmente decurtando gli Euro. 5.600,00 di cui si chiede conferma), oltre interessi e rivalutazione come da investimento o come per legge.
Con vittoria di spese e compensi in ogni caso.””.
Confermando, in ogni caso, il capo della sentenza di primo grado che “condanna il Sig. YY in favore della sig.ra XX alla restituzione della somma di euro 5.600,00, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo. Con vittoria di spese e compensi di entrambe le fasi del giudizio.”; formulava nello specifico quattro motivi di appello.
Si costituiva in giudizio YY, chiedendo, in via preliminare la declaratoria di inammissibilità del gravame ai sensi dell’art. 342 c.p. c. e/o ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.; nel merito, il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata; in via istruttoria, chiedeva ammettersi prove per testi ove fossero state ammesse le prove orali articolate dall’appellante.
Stante l’emergenza epidemiologica, con provvedimento del 04.05.2020 veniva disposta la trattazione del procedimento con la modalità prevista dall’art. 83, comma 7, lettera h) dell’art. 83 del D.L. 18/2020, convertito nella Legge 27/2020, con l’invito ai difensori delle parti al deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni.
Le parti depositavano ritualmente le suddette note e la causa veniva trattenuta in decisione nella Camera di Consiglio del 19.05.2020 con assegnazione alle parti costituite dei termini ex art. 190 c. p.c., decorrenti dalla comunicazione del provvedimento.
Mutato il Collegio per il pensionamento di uno dei suoi componenti ed impedita la deliberazione ex artt. 352 e 276 c.p.c. non potendovi procedere gli stessi giudici dinanzi ai quali erano state precisate le conclusioni, la causa veniva rimessa sul ruolo e assunta, infine, in decisione all’udienza del 16.03.2021, svoltasi in modalità cartolare, come disposto dall’ordinanza del 08.02.2021.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Esaminato l’appello e le specifiche censure, il Collegio ritiene infondate le eccezioni di inammissibilità ex artt. 342 e 348 bis c.p.c., osservando, in particolare, che l’art. 342 c.p.c. “..non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata” (Cass. n. 21336 del 14.09.2017); alla luce dei chiarimenti offerti dal Giudice di legittimità, questo Collegio ravvisa la specificità dei motivi formulati dalla difesa dell’appellante, meritevoli dunque di esame.
Anche l’eccezione di inammissibilità sollevata ex art. 348 bis c.p.c., e ribadita nelle conclusioni finali articolate dalla difesa dell’appellato nelle note di trattazione scritta depositate il 15.02.2021, non può trovare accoglimento poiché attiene, evidentemente, ad una fase del processo ormai superata, chiamato qual è il giudice di appello a formulare un giudizio prognostico sulla probabilità o meno dell’accoglimento dell’appello, giudizio che ormai in questa fase decisionale non può più essere adottato, dovendo il Collegio valutare compiutamente nel merito i motivi di gravame.
Con il primo motivo l’appellante critica il Giudicante di primo grado per omessa valutazione dei fatti e per omessa decisione della domanda principale e della domanda formulata dall’ attrice in via subordinata; l’appellante, insistendo nella rappresentazione dei fatti come prospettati nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado, rileva la contraddittorietà delle argomentazioni svolte dal Giudice di primo grado, che non ha statuito né sulla nullità della donazione, né sulla invocata restituzione dei beni, neppure ai sensi dell’art. 192 cod. civ.
L’appellante si duole, poi, con la seconda censura, per avere il Giudicante trascurato di valutare i fatti non specificatamente contestati dalla parte convenuta, che non ha negato la donazione né l’importo versato sul conto corrente cointestato dai genitori della sig.ra XX.
Con il terzo motivo l’appellante reitera le stesse doglianze già espresse nelle censure precedenti, rappresentando che la nullità della donazione è stata eccepita dal convenuto al solo scopo di trattenere la somma senza nulla corrispondere alla ex moglie; insiste nella qualificazione della liberalità ricevuta quale donazione di modico valore.
Infine, con la quarta censura, l’appellante si duole per aver il Giudicante di primo grado omesso di riconoscere ai sensi dell’art. 194 cod. civ. il diritto della sig.ra XX a veder ripartiti in parti uguali i beni della comunione, nel caso in esame, gli investimenti fatti dopo il matrimonio in regime di comunione legale.
Preliminarmente si osserva che l’appellante ha chiesto la parziale modifica della sentenza impugnata, chiedendo la conferma, in ogni caso, del capo della sentenza di primo grado che ha condannato il Sig. YY alla restituzione in favore della sig.ra XX dell’importo di Euro 5.600,00, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo.
Le osservazioni svolte dall’appellante sub 5) “Sulle altre somme dovute” (pag. 12) non costituiscono, dunque, censure mirate ad ottenere alcuna riforma della sentenza, poiché consistono nella reiterazione delle stesse argomentazioni, che hanno portato il Tribunale all’accoglimento della domanda seppure limitatamente al minore importo di Euro 5.600,00.
L’appello, i cui motivi possono essere trattati congiuntamente poiché logicamente connessi, è fondato nei limiti di cui si dirà.
Il Tribunale, rilevata la presunzione di comunione di cui all’art. 195 cod. civ., osserva che la sig.ra XX non ha dato la prova di una donazione diretta unicamente a se stessa, posto che “..il bonifico risulta effettuato verso il conto cointestato tra XX e YY, con la conseguenza che da nessun dato si evince che la dazione fosse diretta alla sola attrice, non potendo rilevare che il conto corrente cointestato fosse “‘l’unico disponibile”, non essendo la circostanza decisiva e potendo essere utilizzati altri strumenti per una eventuale dazione alla sola attrice.”.
Il Tribunale, poi, rileva la mancanza della forma dell’atto pubblico prevista per la donazione diretta a pena di nullità, osservando che l’attrice non ha fornito la prova che la donazione possa dirsi soggettivamente di “modico valore” in relazione al patrimonio del donante.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18725 del 27 luglio 2017 hanno enunciato il principio di diritto secondo il quale: “Il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore.”.
Il regime della forma solenne, al fuori dai casi di donazione di modico valore di cosa mobile, dove, ai sensi dell’art. 783 cod. civ., la forma è stata sostituita dalla traditio, risponde a finalità preventive a tutela del donante per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni.
Non colgono nel segno le censure svolte dall’appellante secondo cui la donazione, avente ad oggetto l’importo di Euro 30.000, sia di modico valore e come tale valida anche se manca l’atto pubblico (art. 783 cod. civ.), gravando sul donatario la prova che la liberalità non abbia inciso in modo apprezzabile sul patrimonio del donante, prova che la difesa della sig.ra XX non ha fornito.
Ne consegue, dunque, che la donazione nulla per difetto della forma, come imposta dall’art. 782 cod. civ., è insuscettibile di sanatoria da parte del donante, che può soltanto rinnovarla con efficacia ex nunc, mediante un altro atto dotato dei requisiti di forma e di sostanza prescritti dalla legge (Cass. n. 2700 del 30.01.2019). L’effetto conseguente alla declaratoria di nullità è che il bene donato non è mai uscito dalla sfera giuridica del donante, che, quindi, ha il diritto (lui o i suoi eredi) a pretenderne la restituzione: la donazione, infatti, si considera come mai avvenuta e il bene rientra nel patrimonio del donante.
La nullità della donazione, carente del requisito della forma, può essere fatta valere in ogni tempo e da chiunque, erede e/o creditore, abbia interesse a far rientrare il bene (immobile e/o denaro) nel patrimonio del donante.
Ora, non è stato contestato dalla difesa di YY che la somma di Euro 30.000,00 sia entrata con bonifico diretto – eseguito dai genitori della sig.ra XX sul conto corrente cointestato ai coniugi YY/XX – nella disponibilità e nel patrimonio dei coniugi.
E’ evidente che l’eccezione sollevata dal convenuto è mirata a paralizzare l’azione dell’attrice al solo ed unico scopo di avvantaggiarsi della declaratoria di nullità della donazione, ma un tale interesse non è certamente meritevole di tutela e contrasta apertamente con la ratio legis della norma di cui all’art. 782 c.p. c., finalizzata a tutelare chi, invece, dalla donazione, eseguita in difetto di forma, possa essere stato effettivamente pregiudicato.
L’attrice XX, sul presupposto dell’avvenuto scioglimento della comunione legale a seguito di separazione consensuale omologata, ha proposto nei confronti dell’ex coniuge un’azione di restituzione del patrimonio mobiliare cointestato, costituito in parte da denaro investito in titoli con i risparmi della famiglia (Euro 50.000,00), ed in parte da donazione effettuata sul conto corrente cointestato fra i coniugi in costanza di matrimonio da parte dei di lei genitori mediante bonifico bancario di Euro 30.000,00, deducendo che quest’ultima somma rientrasse nel patrimonio suo personale (art. 179,1° comma lett. b, c.c.) e che le dovesse essere restituita per intero o, in via subordinata, nella “diversa somma ritenuta di giustizia, per i titoli di cui in premessa.”.
Nelle allegazioni prospettate nell’atto di citazione introduttivo del primo grado, la donazione era, dunque, il presupposto di fatto a supporto della domanda azionata dall’attrice, che rimane comunque di restituzione delle somme investite, di comune accordo, dai coniugi durante il matrimonio in regime di comunione legale.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, a prescindere dalla nullità o meno della donazione, appare dirimente osservare che non è contestato che la coppia abbia investito in strumenti finanziari sia l’importo di Euro 50.000,00 che l’importo di Euro 30.000,00, investimenti realizzati in regime di comunione legale in costanza di matrimonio sicché quale importo nella disponibilità dei coniugi, ora divorziati, la sig.ra XX ha diritto a vedersi restituito il 50% della somma totale.
La difesa della sig.ra XX ha dato atto nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado che il sig. YY abbia corrisposto in favore della ex moglie – prima dell’introduzione del giudizio – l’importo di Euro 20.000,00; il Tribunale di Ferrara ha condannato, in parziale accoglimento della domanda attorea, YY al pagamento di Euro 5.600,00, di cui Euro 5.000,00 “..quale differenza fra la somma di Euro 20.000,00, pacificamente versata, e la metà di 50.000,00 dei risparmi investiti..” (pag. 5 della sentenza impugnata) ed Euro 600,00 a titolo di spese straordinarie affrontate dalla madre in favore della minore.
In conseguenza dello scioglimento della comunione legale dei coniugi, la sig.ra XX ha dunque diritto, ad integrazione, a vedersi restituito dall’ex coniuge YY l’ulteriore importo di Euro 15.000,00, quale quota parte a sé spettante sull’importo di Euro 30.000,00, investito di comune accordo dai coniugi in prodotti finanziari durante il matrimonio.
Per le suddette motivazioni, questa Corte accoglie l’appello e riforma parzialmente la sentenza impugnata.
La riforma della sentenza impugnata, ancorché parziale, determina, altresì, l’obbligo del Giudice d’appello di procedere ad un nuovo regolamento delle spese processuali del primo grado di giudizio.
Valutato l’esito complessivo della lite, che ha visto prevalentemente soccombente il sig. YY, si ritiene equo compensare per 1/2 le spese di lite di entrambi i gradi tenuto conto del mancato integrale accoglimento – per le suesposte argomentazioni – delle domande dell’appellante.
In assenza di nota spese della difesa di parte attrice, non depositata nel giudizio di primo grado, ed esaminata la nota spese depositata dall’appellante nel presente grado in data 31.05.2021, elaborata tuttavia su parametri non corrispondenti al decisum, le spese di lite per entrambi i gradi vengono regolate ai sensi del D.M. n. 55/2014, ai valori medi per lo scaglione di riferimento (Euro 5.201 – Euro 26.000), precisando che si procederà alla liquidazione della fase istruttoria svolta in primo grado nella ridotta misura del 50% del parametro tabellare (sono state depositate le memorie istruttorie ex art. 183, 6° comma, c.p.c. ma non è stata svolta alcuna prova né orale né tecnica) mentre non viene liquidata la fase istruttoria del giudizio di gravame, che non è stata svolta.
PQM
La Corte d’Appello di Bologna, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita per le ragioni indicate in parte motiva, così dispone:
– in accoglimento dell’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della n. 480/2018, resa ex art. 281 sexies c.p.c. dal Tribunale di Ferrara in data 20.06.2018, pubblicata in pari data, condanna YY al pagamento in favore di XX dell’importo di Euro 15.000,00 oltre interessi legali dalla data della domanda;
– dichiara tenuto e condanna YY a rifondere a XX le spese di lite, che compensa per 1/2 e liquida a compensazione già operata, per il primo grado di giudizio, in Euro 2.017,00, oltre spese forfettarie, CPA ed IVA, e per il presente grado, in Euro 1.889,00, oltre spese forfettarie, CPA e IVA.
Cosi deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del I sezione Civile in data 14 dicembre 2021, svoltasi da remoto mediante l’utilizzo degli applicativi messi a disposizione dalla DGSIA (Microsoft TEAMS).