il direttore dei lavori e’ titolare di una obbligazione di mezzi e non di risultati fermo restando che, essendo chiamato a svolgere la propria attivita’ in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, il suo comportamento dev’essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligenza in concreto, posta la necessita’ d’impiegare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione e nel perimetro delle sue competenze, il risultato che il committente si aspetta di conseguire.
Corte di Cassazione|Sezione 6 3|Civile|Ordinanza|29 maggio 2019| n. 14751
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27683-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona dell’Amministratore Delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1535/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 07/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 31/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PQAOLO PORRECA.
FATTO E DIRITTO
Considerato che: (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio (OMISSIS), quale titolare dell’omonima impresa individuale, in uno agli architetti (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo il risarcimento dei danni derivanti da vizi costruttivi afferenti all’edificazione di una villa bifamiliare;
il tribunale, per quanto ancora qui rileva, rigettava la domanda nei confronti dell’impresa per estraneita’ rispetto ai vizi riscontrati all’impermeabilizzazione della guaina; rigettava la domanda spiegata a titolo extracontrattuale nei confronti dei professionisti per prescrizione, aggiungendo, quanto al titolo contrattuale dell’ipotizzata obbligazione passiva, che i richiamati vizi esulavano dalla responsabilita’ inerente alla direzione dei lavori; rigettava, inoltre, la domanda riconvenzionale svolta dai professionisti per il pagamento del residuo compenso, accogliendo la sollevata eccezione di prescrizione presuntiva; condannava gli originari attori alla rifusione anche delle spese processuali sostenute dalla (OMISSIS) s.p.a., che era stata chiamata in manleva da (OMISSIS);
la corte di appello accoglieva il gravame principale di (OMISSIS) disattendendo l’eccezione di prescrizione presuntiva in ragione della ritenuta ammissione del debito evincibile dalle allegazioni svolte con le difese di primo grado da parte degli attori; e rigettava il gravame incidentale di questi ultimi, osservando che la posa della guaina impermeabilizzante era attivita’ di semplice esecuzione sicche’ correttamente il giudice di prime cure aveva escluso una responsabilita’ della direzione dei lavori;
avverso questa decisione ricorrono per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) articolando due motivi e depositando memoria;
resistono con controricorso (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a.;
Rilevato che: con il primo motivo si prospetta la violazione degli articoli 1176, 1218, 2224, 2229, 2230 e 1662, c.c., poiche’ la corte di appello avrebbe errato nell’omettere di considerare che la responsabilita’ del direttore dei lavori, seppure non estesa alla vigilanza dell’esecuzione di opere che non siano complesse, include in ogni caso il successivo controllo e la successiva verifica dell’attivita’ posta in essere, nell’ipotesi sicuramente omessi;
con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’articolo 91 c.p.c., comma 1, poiche’ la corte di appello avrebbe errato nel condannare i deducenti alla rifusione delle spese processuali dalla compagnia di assicurazione, senza vagliare l’eccezione d’inoperativita’ della polizza che la societa’ (OMISSIS) aveva eccepito e che se fondata avrebbe imposto di regolare i costi legali in parola ponendoli a carico dell’effettiva parte soccombente, ossia del chiamante in manleva;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.;
Rilevato che: il primo motivo e’ infondato;
non e’ contestato, e anzi viene ammesso esplicitamente in ricorso, che i vizi afferivano alla inidonea impermeabilizzazione della guaina posata, e che tale attivita’ era di semplice esecuzione cosi’ da inerire certamente alle responsabilita’ dell’appaltatore, diverso dall’impresa (OMISSIS) convenuta;
cio’ che sostiene la censura, come visto, e’ che il (duplice) direttore dei lavori, pur non essendo tenuto a una vigilanza costante sull’esecuzione dell’appalto, non abbia proceduto successivamente, e prima della successiva prosecuzione delle opere, alla verifica della discussa e inidonea posa in opera della guaina impermeabilizzante;
la giurisprudenza di questa Corte, al riguardo, ha chiarito che il direttore dei lavori e’ titolare di una obbligazione di mezzi e non di risultati fermo restando che, essendo chiamato a svolgere la propria attivita’ in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, il suo comportamento dev’essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligenza in concreto, posta la necessita’ d’impiegare le proprie risorse intellettive e operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione e nel perimetro delle sue competenze, il risultato che il committente si aspetta di conseguire (Cass., 30 settembre 2014, n. 20557);
il direttore dei lavori, pertanto, assume la specifica funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell’appaltatore, vigilando che l’esecuzione dei lavori abbia luogo in conformita’ a quanto stabilito nel capitolato di appalto e quindi al progetto, fermo l’obbligo di intervento quando quest’ultimo presenti riconoscibili fattori di rischio (cfr. Cass., 15/06/2018, n. 15732);
da questo, e proprio per questo, non deriva a suo carico ne’ una responsabilita’ per cattiva esecuzione dei lavori riferibile all’appaltatore, ne’ un obbligo continuo di vigilanza anche in relazione a condotte marginali, sicche’, in assenza di un qualche indice che faccia supporre che l’appaltatore sia stato sottoposto dal committente a direttive cosi’ stringenti da sottrargli qualsiasi possibilita’ di autodeterminazione, l’appaltatore rimane esclusivo responsabile dell’esecuzione delle opere previste ovvero dei danni conseguenti a negligenza nell’attuazione medesima (Cass., n. 20557 del 2014, cit., pag. 16);
cio’ posto, come anticipato, non e’ discusso ed e’ oggetto d’incensurato accertamento in fatto – coincidente in primo e secondo grado – la circostanza per cui si tratto’ di negligenza in un’attivita’, quella di apposizione della guaina impermeabilizzante, senza alcuna difficolta’ particolare, non bisognevole di alcuna direttiva specifica (pag. 8 della sentenza gravata), ovvero rientrante nella fattispecie di opera esecutiva non complessa e oggetto di “competenze e capacita’ di modesti operai edili” (pag. 12 del ricorso);
proprio per cio’ i ricorrenti invocano – anche nella confermativa memoria – una diversa responsabilita’ da mancato controllo successivo;
tale censura e’ inammissibile non avendo parte ricorrente specificatamente dimostrato, in ricorso, quando e come avesse sollevato la specifica questione nei gradi di merito, sicche’ la stessa risulta nuova;
il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato;
la giurisprudenza di questa Corte e’ stabile nell’affermare che solo la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilita’ del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l’attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest’ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale (Cass., 21/04/2017, n. 10070, citata dagli stessi ricorrenti);
i ricorrenti sostengono che la corte territoriale avrebbe dovuto esaminare, a tal fine, l’eccezione d’inoperativita’ della polizza, sollevata dalla compagnia assicurativa, ma non colgono la “ratio” nomofilattica richiamata, per cui solo qualora tale manifesta infondatezza sia stata rilevata o avrebbe dovuto essere rilevata, puo’ derogarsi ovvero diversamente declinarsi il principio di causalita’ che regola la distribuzione dei costi di lite;
in mancanza di rilievo da parte della corte territoriale, i ricorrenti avrebbero dovuto compiutamente dimostrare in ricorso, ex articolo 366 c.p.c., n. 6, la suddetta palese infondatezza, come, invece, non e’ avvenuto;
le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali dei resistenti liquidate, per ciascuno, in Euro 2.000,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.