Nello specifico, costituisce principio generale quello per cui al creditore che deduce un inadempimento da parte del debitore spetta dimostrare, secondo i criteri di distribuzione dell’onere della prova contenuti nell’art. 2697 c.c., il fatto costitutivo del credito, laddove il debitore deve provare il fatto estintivo dello stesso o di una sua parte, per cui il primo è tenuto unicamente a fornire la prova dell’esistenza del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto, mentre, a fronte di tale prova, sarà onere del debitore dimostrare di avere adempiuto alle proprie obbligazioni. Questo principio non soffre deroga in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, che si configura come atto introduttivo di un giudizio ordinario di cognizione, nel quale va anzitutto accertata la sussistenza della pretesa fatta valere dall’ingiungente opposto (che ha posizione sostanziale di attore) e, una volta raggiunta tale prova, deve valutarsi la fondatezza delle eccezioni e delle difese fatte valere dall’opponente – che assume posizione sostanziale di convenuto.
Tribunale|Cassino|Civile|Sentenza|28 gennaio 2020| n. 110
Data udienza 28 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CASSINO
SEZIONE CIVILE
In persona del giudice unico dott.ssa Rossella Pezzella ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 3031 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2013, posta in deliberazione, ex art. 281 sexies c.p.c., all’udienza del 28.1.2020 e vertente tra
tra
QU.AN. (C.F. (…)),
rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, dall’avv. Ma.Co.
– opponente –
e
IA.AN. (C.F. (…)), rappresentato e difeso, in virtù di procura in atti, dall’avv. Ca.Fr.
– opposta –
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione ritualmente notificato, Qu.An. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 279/2013 emesso da questo Tribunale con il quale le è stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 25.500,00 oltre interessi e spese, in favore del geom. Ia.An., in forza di scrittura privata del 5.5.2008, avente ad oggetto il conferimento di un incarico professionale, deducendo che sebbene la stessa otteneva con determinazione n. C0226 dell’11.2.2010 e con provvedimento di concessione n. 30/FR/2010/121 del 23.2.2010 dalla Regione Lazio un finanziamento per la realizzazione e l’esecuzione di annessi, come da progetto già autorizzato, per Euro 190.714,75, a causa del comportamento negligente tenuto dal professionista, consistito nella ritardo con cui lo stesso presentava alle autorità componenti una variante all’originario progetto, era costretta a rinunciare a detto finanziamento, con conseguente decadenza dalla concessione; che, ad ogni modo, l’opposto ha diritto unicamente all’8% dei lavori effettivamente eseguiti e non può pretendere somme per lavori non terminati.
Sulla base di tali deduzioni, l’opponente ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo opposto e, in via subordinata, la condanna al pagamento di una somma inferiore a quella ingiunta.
Si è costituito in giudizio Ia.An. contestando tutto quanto ex adverso dedotto e chiedendo il rigetto della opposizione.
La causa, istruita con prova documentale, è stata posta in deliberazione, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., all’udienza del 28.1.2020.
2. Si ritiene che l’opposizione vada respinta per i seguenti motivi in fatto e in diritto.
Nello specifico, costituisce principio generale quello per cui al creditore che deduce un inadempimento da parte del debitore spetta dimostrare, secondo i criteri di distribuzione dell’onere della prova contenuti nell’art. 2697 c.c., il fatto costitutivo del credito, laddove il debitore deve provare il fatto estintivo dello stesso o di una sua parte, per cui il primo è tenuto unicamente a fornire la prova dell’esistenza del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto, mentre, a fronte di tale prova, sarà onere del debitore dimostrare di avere adempiuto alle proprie obbligazioni (ex multis Cass. n. 13533/2001; Cass. 9351/2007; Cass. 20073/2004; Cass. 1473/2007).
Questo principio non soffre deroga in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, che si configura come atto introduttivo di un giudizio ordinario di cognizione, nel quale va anzitutto accertata la sussistenza della pretesa fatta valere dall’ingiungente opposto (che ha posizione sostanziale di attore) e, una volta raggiunta tale prova, deve valutarsi la fondatezza delle eccezioni e delle difese fatte valere dall’opponente – che assume posizione sostanziale di convenuto – (cfr. Trib. Milano n. 3081/2018; Trib. Palermo n. 4886/2018).
Orbene, si ritiene che l’opposto abbia dimostrato con tranquillizzante certezza di vantare nei confronti della opponente il credito di Euro 25.500,00, in forza di scrittura privata del 5.5.2008 avente ad oggetto il conferimento di un incarico professionale che prevedeva la consulenza tecnica del Geometra An.Ia. per l’attività di progettazione – direzione-finanziamento della struttura agricola da realizzare in Arpino (Fr) per conto di Qu.An., con la previsione di un compenso pari all’8% dell’importo lavori, oltre iva e contributo Cassa Geometri da corrispondere a stati di avanzamento dei lavori.
Sotto il profilo dell’an del credito va, invero, rilevata l’infondatezza della eccezione di inadempimento sollevata dalla opponente.
Nello specifico, a fronte della domanda di pagamento avanzata dal geom. Ia., la Qu. ha contestato che, sebbene la stessa otteneva dalla Regione Lazio con determinazione n. C0226 dell’11.2.2010 e con provvedimento di concessione n. 30/FR/2010/121 del 23.2.2010 un finanziamento per la realizzazione e l’esecuzione di annessi, come da progetto già autorizzato, per Euro 190.714,75, a causa del comportamento negligente tenuto dal professionista, era costretta a rinunciare a detto finanziamento, con conseguente decadenza dalla concessione.
Secondo l’assunto della opponente, il geom. Ia., il quale le aveva rappresento la necessità di presentare presso gli enti preposti una richiesta di variante al progetto già approvato, proponeva detta richiesta solo il 22.5.2012, anziché subito dopo la sottoscrizione il 26.1.2012 dei contratti di appalto e subappalto necessari per la esecuzione dei lavori in oggetto, cosicché, a causa di detto ritardo, non fu possibile ultimare i lavori nel termine del 22.8.2012 stabilito dalla Regione Lazio il 1.12.2011 a seguito delle proroghe accordate.
Rispetto a tali deduzioni, l’opposto ha controdetto, per un verso, che i lavori non venivano iniziati successivamente al rilascio del provvedimento concessorio per mera inerzia della committente e, per altro verso, che non vi era stata alcuna variante al progetto, ma solo la presentazione di una nuova richiesta di autorizzazione per la costruzione del deposito di attrezzature agricole in altro luogo, che, diversamente da quanto ex adverso dichiarato, veniva formalizzata dalla Qu. solo il 30.4.2012, e non in data 26.1.2012.
Ebbene, si ritiene che le deduzioni dell’opposto trovino preciso riscontro nelle evidenze processuali.
Per un verso, a fronte delle affermazioni del professionista secondo cui i lavori in oggetto non venivano iniziati nel 2010 per mera inerzia della Qu., la quale, formalizzava la richiesta di autorizzazione solo in data 30.4.2012, quest’ultima, oltre a non aver specificamente contestato alcunché alla prima udienza di comparizione delle parti e nella prima memoria dell’art. 183 comma 6 c.p.c. – nella quale, tra l’altro, sono state reiterate le affermazioni contenute nell’atto di citazione, senza prendere posizione in modo chiaro e preciso sui fatti allegati da controparte-, non ha spiegato i motivi per i quali, sebbene la stessa avesse richiesto due proroghe per posticipare i tempi di esecuzione delle opere – l’ultima delle quali ottenuta in data 1.12.2011 – provvedeva ad affidare l’esecuzione di detti lavori solo in data 26.1.2012, vale a dire quasi un anno dopo il rilascio del provvedimento concessorio, presentandosi le affermazioni della opponente su tale aspetto vaghe e imprecise.
A conferma di ciò, è sufficiente evidenziare che la Qu. su tale aspetto si è limitata a dedurre che “la stessa si è trovata costretta a chiedere ben due proroghe per posticipare i tempi di realizzazione delle opere de quo” e che “il 26.1.2012 sottoscriveva un (contratto di appalto per la esecuzione dei lavori in oggetto” (cfr. atto di citazione in opposizione e prima memoria dell’art. 183 comma 6 c.p.c.).
Per altro verso, dall’esame della documentazione prodotta dal professionista emerge che solo in data 30.4.2012 la Qu. formalizzava la richiesta di una nuova autorizzazione per la costruzione del deposito di attrezzature in altro luogo rispetto a quello previsto nel progetto originario (cfr. all. nn. 7 e 18 alla comparsa di costituzione e risposta).
Posto, quindi, che l’istanza formalizzata dalla committente il 30.4.2012 – e non il 26.1.2012 come della stessa sostenuto – non riguardava l’esecuzione di una variante necessaria per l’esecuzione dell’originario progetto, è ragionevole ritenere che la mancata esecuzione dei lavori finanziati immediatamente dopo il rilascio del provvedimento concessorio de quo (23.2.2010) o, ad ogni modo, successivamente alla sottoscrizione del contratto di appalto menzionato (26.1.2012), non possano essere imputati ad un comportamento negligente del professionista.
Stante, invero, l’autonomia del progetto per la realizzazione del deposito delle attrezzature rispetto a quello relativo alla esecuzione degli altri annessi, si ritiene che i lavori previsti nel progetto iniziale potevano essere iniziati o proseguiti in modo tempestivo dalla opponente.
Al contrario, la Qu. provvedeva all’affidamento di detti lavori solo il 26.1.2012, vale a dire quasi un anno dopo la concessione del finanziamento, senza tuttavia spiegare i motivi di tale ritardo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si ritiene che la circostanza dedotta dalla opponente secondo cui i lavori finanziati non venivano ultimati nei tempi previsti e venivano eseguite solo le fondazioni della stalla a causa del ritardo con cui il professionista redigeva la variante al progetto originario è smentita dal fatto che, per un verso, la richiesta formalizzata dalla committente solo in data 30.4.2012 non riguardava una variante al progetto iniziale, bensì l’autorizzazione per la costruzione del deposito agricolo in altro luogo, e, per altro, verso, al momento della presentazione di detta istanza, si era ormai consolidata una situazione di ritardo nella esecuzione dei lavori finanziati certamente non imputabile al professionista, considerato che la opponente inspiegabilmente provvedeva all’affidamento dei lavori de quo solo in data 26.1.2012, formalizzando la richiesta di autorizzazione in oggetto ben tre mesi dopo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, quindi, si ritiene che l’eccezione di inadempimento sollevata dalla opponente sia infondata.
3. Ciò posto, si rileva che, sotto il profilo del quantum debeatur, la opponente ha contestato che il geom. Ia. avrebbe diritto unicamente all’8% dell’importo dei lavori effettivamente eseguiti, con la conseguenza che la somma dovuta è inferiore all’importo ingiunto, avendo il predetto parametrato il compenso della opera prestata anche sul valore dei lavori non eseguiti.
Orbene, si ritiene che tale censura sia priva di pregio.
Nello specifico, si rileva che il contratto stipulato dalle parti commisurava il compenso spettante al professionista:
– all’8% dell’importo dei lavori, da corrispondere a stati di avanzamento dei lavori,
– al 4% in caso di mancato finanziamento e realizzazione dell’opera,
– al 2% nel caso di mancato finanziamento e omessa realizzazione dell’opera.
Ebbene, si ritiene che correttamente l’opposto abbia calcolato il compenso dovuto dalla Qu. applicando la prima delle ipotesi sopra illustrate.
Tuttavia, l’interpretazione del contratto secondo i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss c.c. non consente di condividere l’assunto della opponente secondo cui l’8% indicato nella scrittura privata deve essere parametrato al valore dei lavori eseguiti.
Innanzitutto, dal tenore letterale della clausola contrattuale in esame si evince che le parti non hanno espressamente subordinato il compenso dovuto al professionista al completamento dei lavori in oggetto.
Poi, va evidenziato che, diversamente da quanto sostenuto dalla opponente, il richiamo agli “stati avanzamento lavori” contenuto in detta clausola è stato utilizzato dalle parti, non per individuare un criterio di determinazione del compenso dovuto, bensì per regolamentare il tempo di esecuzione della prestazione di pagamento.
A conferma di ciò, è sufficiente evidenziare che le parti concordavano che il compenso pari all’8% dell’importo dei lavori “sarebbe stato corrisposto a stati di avanzamento lavo, vale a dire una volta che i lavori avessero avuto un concreto sviluppo.
A ulteriore riprova del fatto che la reale intenzione delle parti non fosse quella di parametrare il corrispettivo spettante al professionista al valore delle opere effettivamente svolte si rileva che, sebbene i lavori de quo fossero stati eseguiti solo in parte, il professionista aveva comunque svolto l’attività di consulenza commissionata, così maturando il proprio diritto al compenso, essendo, invero, incontestato oltre che documentalmente provato che questi, al momento della rinuncia al finanziamento formalizzata dalla opponente, aveva terminato l’attività progettuale, amministrativa e burocratica affidatagli.
Stante, invero, l’autonomia tra l’attività di consulenza commissionata al geometra e l’attività edile affidata Lo. s.r.l., l’esecuzione e il completamento della prima non dipendeva dalla quantità di lavori medio tempore eseguiti.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, si ritiene che l’opposto abbia dimostrato con tranquillizzante certezza di essere titolare nei confronti della opponente del credito ingiunto.
Va, pertanto, rigettata l’opposizione proposta da Qu.An..
4. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo in conformità al d.m. n. 55/14, come modificato dal d.m. n. 37/2018, in ragione della fase temporale in cui si è esaurita l’attività processuale, in virtù dello scaglione di riferimento (5.2000,01 – 26.000,00) e dell’effettiva attività processuale espletata (fase di studio, fase introduttiva, fase istruttoria, fase decisoria), con l’applicazione del valore medio, sono poste a carico dell’opponente, in omaggio al principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:
1) respinge l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 279/2013 emesso da questo Tribunale, che acquista definitivamente efficacia esecutiva ex art. 653 c.p.c.;
2) condanna l’opponente alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio in favore dell’opposta che liquida in Euro 4.835,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, iva se dovuta per legge e c.p.a..
Così deciso in Cassino il 28 gennaio 2020.
Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2020.