In tema di occupazione abusiva di immobile, il danno patrimoniale subito dal titolare del bene – della cui prova egli è sempre onerato – dipende dall’atteggiarsi del suo godimento su di esso nel momento in cui si verifica l’occupazione, giacché solo se esista un godimento diretto o indiretto si concretizza un danno emergente da rapportare alle utilità che egli avrebbe potuto acquisire dal bene se non occupato, mentre, in caso contrario, sarà al più ipotizzabile un lucro cessante, da identificare nell’impossibilità di realizzare la modalità di godimento diretto che era stata programmata prima dell’occupazione, ovvero una modalità di godimento indiretto che si sia presentata “medio tempore” e resa, del pari, impossibile dall’occupazione.
Tribunale|Reggio Calabria|Sezione 2|Civile|Sentenza|16 marzo 2020| n. 349
TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
SECONDA SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Reggio Calabria, Seconda Sezione Civile, nella persona del Giudice, dott.ssa Rosaria Leonello, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 3359/2004 R.G.A.C., riservata in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, all’udienza del 17 Aprile 2019, vertente:
TRA
– Ma.Sa., (C.F. (…)), Fr.Sa. (C.F. (…)), elettivamente domiciliati in Reggio Calabria, via (…), presso lo studio dell’avv.to Da.Gr., dalla quale sono rappresentati e difesi in forza di procura stesa a margine dell’atto di citazione;
– Attori –
CONTRO
– Consorzio di Bonifica Ba.Jo., già Co.Bo., cod. fisc. (…) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, via (…), presso lo studio dell’avv.to Gi.Ma., dal quale è rappresentato e difeso in forza di procura stesa a margine della comparsa di costituzione dell’ente subentrato e del nuovo difensore, in sostituzione di quello precedentemente designato, versata nell’incarto processuale;
– Convenuto –
E
– Sg.An., Be.Ma., Ve.Ca., elettivamente domiciliate in Melito Porto Salvo, via (…), presso lo studio dell’avv.to Fo.Ro., dal quale sono rappresentati e difesi in forza di procura stesa a margine della comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale;
– Convenute chiamate –
E
– Ma.Sa., nella qualità di erede di Ma.Ca., Ma.Le., Ca.Ca., Ca.Ir., Ca.Gi., nella qualità di eredi di Ve.El., elettivamente domiciliate in Melito Porto Salvo, via (…), presso lo studio dell’avv.to Fo.Ro., dal quale sono rappresentati e difesi in forza di procura stesa a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente in data 23 marzo 2017;
– Convenuti chiamati –
E
– Sp.An., Sa., Al.;
– Convenuti chiamati contumaci –
E
– Ma.Le., Ma.Sa., Ma.Ca., Ma.Co., Ma.Do. e Ma.Da., quali eredi di Ma.Ca.;
– Convenuti chiamati contumaci –
Udienza del 17 Aprile 2019:
Le parti precisavano le proprie conclusioni come da processo verbale di udienza riportandosi ai propri scritti difensivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con atto di citazione regolarmente notificato i germani Marcello e Fr.Sa. citavano al giudizio di questo Tribunale il Co.Bo., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, per sentire “condannare alla restituzione in favore degli istanti della intera part. 2 del fg. di mappa (…) nonché di parte della part. (…), stesso foglio, (…) ed in caso di impossibilità della restituzione per ivi sentire condannare il Consorzio al risarcimento dei danni che sin da adesso vengono quantificati in Euro 30.000,00 ovvero in quella minore o maggior somma che dovesse risultare in corso di causa anche ricorrendo al criterio equitativo, oltre interessi e rivalutazione”. Esponevano che: erano proprietari del terreno sito in Condofuri località Bandiera, riportato in Catasto Terreni al foglio (…), per averlo ricevuto in donazione dalla di loro madre, signora Tr.Fe., con separati contratti del 29.12.1997 rep. n. 525(…) e del 31.12.1996 rep. n. 49862, entrambi rogati dal notaio Au.; detti terreni, in forza del decreto prefettizio n. 52453 del 22.12.1953 erano stati occupati per pubblica utilità dal Co.Bo. per una superficie complessiva di h. 23.54.00 per l’esecuzione di lavori di rimboschimento; detta occupazione si protraeva per oltre 40 anni; perdurando l’occupazione, con lettera raccomandata del 15.09.1995, la signora Tr.Fe., dante causa di essi istanti, segnalava al predetto Consorzio, che i proprietari limitrofi al terreno, ed oggetto del richiamato decreto, avevano alterato i confini occupando la particella n. 2 e parte della n. (…); con la stessa raccomandata l’ente veniva invitato a porre in essere gli atti necessari a far cessare l’illegittimo comportamento; poiché la lettera rimaneva senza riscontro, la predetta Tr. ne indirizzava una nuova in data 17.12.1996; con raccomandata a-r del 15.04.1999, il Consorzio rispondeva comunicando che stava predisponendo gli atti necessari per verificare i limiti; considerato che il rimboschimento era stato ultimato, con istanza del 27.12.2000 chiedevano al Consorzio la restituzione dei terreni occupati; collaudate le relative opere, con verbale del 2.10.2003 n. 6292, il Consorzio di Bonifica procedeva alla restituzione in favore degli istanti dei terreni; all’atto della consegna, esso istante Fr.Sa. formulava riserva atteso che il terreno aveva ad oggetto una superficie minore rispetto a quella originariamente occupata, risultando occupati dai terzi mq. 2400 della particella 2 e 7500 mq. della particella (…); il Consorzio non adottava alcun provvedimento e i proprietari limitrofi continuavano nell’abusiva occupazione della citata parte del terreno; agivano contro il Consorzio che aveva l’obbligo della custodia nel periodo di detenzione del fondo ed aveva omesso qualsiasi vigilanza così favorendo l’occupazione illegittima da parte dei proprietari confinanti.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva tempestivamente il Co.Bo., in persona del legale rappresentante pro tempore, il quale, in via preliminare, eccepiva il difetto di legittimazione passiva, atteso che dalla stessa prospettazione degli attori si arguiva che unici responsabili dell’asserita occupazione abusiva erano i terzi proprietari dei terreni limitrofi e, quindi, legittimati sostanziali e processuali a contraddire alle richieste di parte attrice. Osservava, nel merito, che la denunciata occupazione abusiva non era in alcun modo imputabile all’ente, il quale, reso edotto della stessa, si attivava opportunamente disponendo i preliminari rilievi, conferendo espresso mandato professionale ad un tecnico al fine di procedere alla esatta determinazione dei confini, onde riscontrare la verosimiglianza di quanto denunciato dalla dante causa degli attori; il tecnico incaricato, con nota del 5 luglio 2000, comunicava l’impossibilità di procedere alla materializzazione del confine catastale stante le dichiarazioni dei proprietari confinanti ed invitava l’amministrazione a promuovere azione di regolamento di confine; la suddetta azione giudiziaria non poteva essere coltivata per difetto di legittimazione attiva; nessuna condotta omissiva e/o responsabilità poteva ravvisarsi in capo ad esso convenuto che, tempestivamente, aveva attivato ogni conducente iniziativa; la domanda di restituzione non poteva che essere rivolta nei confronti dei soggetti occupanti e non già verso esso Consorzio, viepiù ad avvenuta restituzione dei beni occupati e dopo l’espletamento del relativo collaudo; la domanda risarcitoria, poi, era priva di prova, sproporzionata ed iperbolica oltreché non calibrata ad una puntuale valutazione dell’area oggetto della presunta, mancata restituzione; avuto riguardo alle risultanze del verbale di collaudo, era del tutto opinabile ed incerta l’effettiva estensione dell’area non restituita in ragione della pregressa alterazione dei confini nonché la quantificazione della pretesa risarcitoria. Chiedeva, quindi, il rigetto della domanda principale, accertando e dichiarando il difetto di legittimazione passiva; il rigetto della domanda risarcitoria avanzata ovvero, in via subordinata, la sua sensibile riduzione.
Alla prima udienza di comparizione parte attrice chiedeva “termine per estendere il contraddittorio nei confronti dei terzi occupanti il terreno”. Il Giudice istruttore “visto l’art. 107 c.p.c., osservato che appare opportuno estendere il contraddittorio nei confronti dei proprietari confinanti presunti autori materiali dell’occupazione asserita concedeva termine per estendere il contraddittorio.
Il contraddittorio veniva integrato nei confronti di Sg.An., Be.Ma., Ve.Ca., Ve.El. e Ma.Ca., che si costituivano tempestivamente in data 4 maggio 2005. Esponevano che: la domanda attorea era del tutto infondata perché possedevano animo domini i terreni in causa da oltre venti anni, come facilmente evincibile dallo stesso tenore letterale dell’atto di citazione, dal quale risultava che gli attori erano a conoscenza della circostanza che i terreni erano occupati in maniera pacifica, pubblica ed ininterrotta nonché in via esclusiva, da oltre venti anni, da essi convenuti; nell’arco degli anni avevano coltivato e trasformato i terreni, effettuando opere di miglioria, come vasche per l’irrigazione, recinzioni, messa a coltura di alberi da frutto ed ulivi, opere in muratura come piccoli depositi per gli attrezzi agricoli. Chiedevano, quindi, il rigetto della domanda avversaria e spiegavano, in riconvenzione, domanda di acquisto della proprietà dei terreni posseduti a titolo originario per intervenuta prescrizione acquisitiva ex art. 1158 c.c. In particolare, chiedevano la declaratoria di acquisto in favore della signora Sg.An. delle particelle (…); in favore della signora Ve.Ca. della particella (…); in favore della signora Be.Ma., delle particelle (…); della signora Ve.El., delle particelle (…) ed infine in favore della signora Ma.Ca. della particella (…) del medesimo foglio catastale. In subordine, chiedevano nel caso di accoglimento della domanda attorea, il ristoro delle migliorie apportate ai terreni dello stesso foglio catastale, ai sensi dell’art. 1150 c.c.
Non si costituivano, invece, i signori Sp.An., Sp.Sa. e Sp.Al..
Con memoria ex art. 183 c.p.c. ratione temporis applicabile depositata in data 2 marzo 2006, parte attrice ribadiva quanto già formulato nell’atto di citazione per chiamata dei terzi iussu iudicis, ovverosia, per il caso di accoglimento della eccezione di difetto di legittimazione passiva del Consorzio convenuto, di accertare “il confine del terreno di proprietà dei germani Sa. ricadente sulle particelle 2 e (…) del foglio (…) e per l’effetto condannare i terzi chiamati Sigg.ri Sp.An., Sp.Sa., Sp.Al., Sp.Al., Ve.Ca., Be.Ma., Ve.El. e Ma.Ca., alla restituzione in favore degli attori del terreno per come dagli stessi separatamente ed abusivamente occupato lungo il confine, porzioni di terreno meglio identificate nell’atto di chiamata in causa agli stessi notificato il 25.2.2005; il tutto oltre il risarcimento dei danni anche conseguenti all’impossibilità della restituzione in proporzione del valore del terreno occupato, e comunque per un valore complessivo di Euro 30.000,00 anche in solido con il Consorzio convenuto”.
Depositate le memorie ex art. 184 c.p.c. ratione temporis applicabile, con ordinanza depositata il 24 settembre 2009, il G.O.T. istruttore ammetteva l’interrogatorio formale capitolato da parte attrice e deferito al legale rappresentante del convenuto Consorzio di Bonifica Versate Jonico Meridionale.
Con ordinanza pronunciata fuori udienza e depositata il 30 marzo 2011, il G.O.T. istruttore disponeva consulenza tecnica d’ufficio con i seguenti quesiti: il C.T.U. “A) individui catastalmente e descriva i beni oggetto della occupazione da parte del Consorzio di Bonifica del Versante Calabro Jonico meridionale, oggetto del decreto prefettizio n. 52453 del 22.12.1948, indicandone le dimensioni e specificando, per ognuno di essi, la superficie oggetto di occupazione; B) accerti i reali confini dei terreni catastali al fol. (…), all’epoca della occupazione, e verifichi se vi siano state alterazioni e/o occupazioni di porzioni di essi, indicandone le dimensioni; C) accerti la superficie di terreno restituita agli attori dal Consorzio di Bonifica con il verbale del 12.08.2003, e, in caso di mancata coincidenza con quanto oggetto di occupazione, indichi i motivi di tale difformità nonché gli eventuali soggetti che detengono tali porzioni di terreno; D) qualora sia accertata la mancata restituzione di tutta la superficie dei terreni occupati dal Consorzio di Bonifica, si determini il valore di ogni singola porzione di terreno non restituita; E) si accerti il tipo di coltura in atto sulle parti 2 e (…), specificando se vi è stata variazione rispetto a quella indicata nel decreto di occupazione; F) accerti l’origine delle part. (…); G) accerti se la part. (…), di cui al decreto di occupazione del 19.02.62 in danno di Ve.An. e Be.Ir., sia stato oggetto di frazionamento e quali siano le eventuali nuove indicazioni catastali”.
Con ordinanza pronunciata all’udienza del 7 ottobre 2011, il G.O.T. istruttore integrava i quesiti chiedendo al C.T.U. nominato di accertare “il tipo di coltura e le opere in atto sulle parti 2 e (…), specificando se vi siano state variazioni rispetto a quanto indicato nel decreto di occupazione; in ipotesi affermativa, ove si accertino i miglioramenti, si specifichino gli stessi in reazione alle singole particelle (…), e si determini, con riferimento a ciascuna di tali particelle, l’importo della spesa per detti miglioramenti e l’aumento di valore per l’effetto dei migliora,menti medesimi”.
La relazione di C.T.U. veniva depositata in Cancelleria in data 21 Settembre 2012, giusta la dichiarazione del c.t.u. enunciata all’udienza di pari data.
All’udienza del 1 Marzo 2013 venivano sollevate delle osservazioni critiche all’elaborato tecnico definitivo ed il G.O.T. istruttore disponeva la convocazione a chiarimenti del C.T.U.
All’udienza del 10 maggio 2013 si costituiva, depositando “comparsa di costituzione in prosecuzione, il Consorzio di Bonifica Ba.Jo., subentrato al soppresso Co.Bo..
Depositati i chiarimenti e formulate varie osservazioni e criticità, questo Giudice, subentrata nel ruolo istruttorio, con ordinanza depositata il 27 Gennaio 2015 disponeva quanto segue:
“rilevato che con l’atto introduttivo, i signori Sa.Ma. e Fr., adducendo di avere “diritto, oltre che interesse, a vedersi restituiti i terreni dal Consorzio che non ha più titolo”, essendo gli stessi detenuti da,i “proprietari limitrofi” che “continuano nell’abusiva occupazione” (cfr. pag. 3 atto citazione); puntualizzando che “non è stata restituita ai legittimi proprietari l’intera part. 2 e 7.000 mq. della part. (…), abusivamente occupata da terzi”, che “l’occupazione abusiva perpetrata dai terzi estranei, limitrofi al fondo di proprietà degli istanti, è avvenuta durante il periodo in cui il Consorzio era nella detenzione del bene” (cfr. pag. 4 citazione); rimarcando ancora di avere “diritto a vedersi restituire l’intera superficie a suo tempo oggetto del decreto di occupazione ovvero, nell’ipotesi di impossibilità alla restituzione, hanno diritto al risarcimento dei relativi danni” (cfr. pag. 5 citazione), hanno agito nei confronti del Consorzio di Bonifica del Ba.Jo., già del Versante Calabro Jonico Meridionale, in persona del suo Presidente pro tempore, per sentirlo “condannare alla restituzione in favore degli istanti della intera part. 2 del fg. (…) nonché di parte della part. (…), stesso foglio”;
considerato che, alla stregua della causa petendi formulata da parte attrice, dazione intrapresa va qualificata come azione di restituzione di un bene immobile, atteso che, da un lato, è stato addotto che terzi occupano abusivamente i beni che già, secondo la prospettazione attorea, non erano occupati di fatto dal Consorzio a far data dal 1995, dall’altro, non si chiede l’accertamento della proprietà ma il recupero della materiale disponibilità degli stessi; che dazione di restituzione è azione personale e non reale;
rilevato che dal tenore dell’atto di citazione si evince la consapevolezza degli attori, proprietari del fondo sito in Condofuri, località Bandiera, riportato in Catasto Terreni al foglio (…), almeno a far data dalla lettera raccomandata della madre del settembre 1995 (si veda allegato 4 fascicolo attori), circa gli atti di abusiva occupazione dei terreni posti in essere da terzi soggetti diversi rispetto a personale del Consorzio di Bonifica;
che, quindi, dazione finalizzata al recupero del bene andava spinta, siccome personale, avverso i singoli soggetti detentori abusivi, e non già avverso il Consorzio di Bonifica, evidentemente impossibilitato, siccome di fatto non detentore, secondo le stesse allegazioni di parte attrice, delle aree sopra indicate, ad effettuare la restituzione;
osservato che i detentori abusivi sono stati chiamati in giudizio iussu iudicis ex art. 107 c.p.c.;
che, costituendosi in ca.usa, le signore Sg.An., Be.Ma., Ve.Ca., Ve.El. e Ma.Ca., hanno proposto domanda riconvenzionale di accertamento dell’acquisto della proprietà delle particelle (…) del foglio catastale (…), cioè di particelle formalmente differenti da quelle oggetto della domanda principale attorea, senza precisare se trattasi di particelle derivanti da frazionamento o rinnovate nella denominazione catastale;
che tuttavia le stesse hanno allegato visura catastale dalla quale si evince che trattasi di particelle nate a seguito di funzionamento e l’anzidetta circostanza non è stata contrastata dalle altre parti del giudizio;
rilevato che, rispetto alla domanda risarcitoria spiegata da parte attrice, per l’impossibilità della restituzione dei fondi da parte del Consorzio di Bonifica, impossibilità per vero, si ribadisce, nota agli attori al momento dell’instaurazione della controversia, la pretesa si appalesa generica, atteso che né nell’atto introduttivo né nelle memoria depositate a precisazione delle domande si specificano i danni patiti;
che, anche a volere ritenere danno la mancata restituzione delle aree ricevute dal convenuto Consorzio in forza di legittimo titolo venuto legittimamente meno, non sembra integrato l’elemento soggettivo, colposo o doloso, della condotta del Consorzio di Bonifica, avuto riguardo alla sollecitazione dell’originaria proprietaria ed ai conseguenti provvedimenti del Consorzio;
che, per altro, l’occupazione del fondo in questione è stata legittimamente disposta per eseguire lavori di sistemazione idraulico – forestale agraria del bacino Am., sottobacini torrenti Ma., Ro. e Ar. e affluenti in sinistra del torrente Am., interessanti il Comune di Co., giusta decreto di occupazione temporanea;
che l’occupazione temporanea al predetto fine non ha escluso o limitato ex sé la disponibilità giuridica della proprietaria né è stata tra,sferita al Consorzio alcuna facoltà tipica del proprietario, ivi inclusa quella di controllare i propri immobili;
considerato che i terzi chiamati su ordine del Giudice hanno dedotto di possedere da oltre venti anni le particelle (…);
che però dalla comparsa di costituzione, come sopra esposto, non viene allegata la derivazione delle particelle da frazionamento, circostanza emersa solo a seguito di accertamento tecnico;
che gli stessi hanno dedotto prova orale a sostegno della domanda riconvenzionale, la quale, rispetto al capitolo
1) della memoria difensiva depositata in data 28 febbraio 2006 va ammessa, tenuto conto del contenuto della missiva del maggio 1995 dell’originaria proprietaria-donante dei fondi (cfr. allegato 4 fascicolo attori) dalla quale si evince la conoscenza da parte della stessa dell’esecuzione in tempi precedenti di specifiche attività tipiche del proprietario da parte di terzi possessori, mentre non va ammessa rispetto al capitolo 2) siccome generica nell’individuazione delle opere di miglioria e limitando i testimoni da escutere a quattro tra quelli indica,ti nello scritto citato;
ritenuto in ragione di quanto detto irrilevante ogni ulteriore approfondimento o chiarimento della Consulenza tecnica d’ufficio”;
rinviava la causa all’udienza del 18 Giugno 2015 per escutere i testimoni.
All’udienza del 22 giugno 2016, veniva dichiarata dal relativo procuratore la morte di Ma.Ca. e Ve.El. ed il giudizio veniva interrotto.
Riassunto il processo da parte degli attori, si costituivano Ma.Sa., quale erede di Ma.Ca., Ma.Le., Ca., Ir., Gi. quali eredi di Ve.El., nonché i già costituiti Consorzio convenuto ed i signori Sg.An., Be.Ma. e Ve.Ca..
Venivano dichiarati contumaci i signori Ma.Le., Ma.Sa., Ma.Ca., Ma.Co., Ma.Do. e Ma.Da., quali eredi di Ma.Ca.. Veniva altresì dichiarata la contumacia nel prosieguo del giudizio dei signori Sp.An., Sa. ed Al. già inerti processualmente.
Il giudizio proseguiva con l’escussione dei testimoni.
All’udienza del 24 gennaio 2019 veniva chiusa la fase istruttoria e la lite veniva rimessa all’udienza del 11 aprile 2019 per la precisazione delle conclusioni.
Le parti precisavano le conclusioni all’udienza del 17 aprile 2019 e la causa veniva riservata in decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparsa conclusionali e memorie di replica.
2. – In premessa, in ragione dell’eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Co.Bo., cui è subentrato l’Ente Consorzio di Bonifica Ba.Jo. ex D.G.R. 526/2008 e D.P.G.R. 284/2010, e per una migliore intelligenza della vicenda processuale, occorre precisarne i termini, giusta la prospettazione di parte attrice.
2.1 – Orbene, come già rilevato con l’ordinanza pronunciata da questo Giudice fuori dell’udienza del 16 Ottobre 2014, depositata il 27 Gennaio 2015, con l’atto introduttivo, i signori Sa.Ma. e Fr., adducendo (a) di avere “diritto, oltre che interesse, a vedersi restituiti i terreni dal Consorzio che non ha più titolo”, essendo gli stessi detenuti dai “proprietari limitrofi” che “continuano nell’abusiva occupazione” (cfr. pag. 3 atto citazione); (b) che “non è stata restituita ai legittimi proprietari l’intera part. 2 e 7.000 mq. della part. (…), abusivamente occupata da terzi” (cfr. pag. 4 citazione); (c) che “l’occupazione abusiva perpetrata dai terzi estranei, limitrofi al fondo di proprietà degli istanti, è avvenuta durante il periodo in cui il Consorzio era nella detenzione del bene” (cfr. pag. 4 citazione), in forza de decreto prefettizio n. 52453 del 22.12.1958 per ragioni di pubblica utilità, segnatamente “per l’esecuzione di lavori di rimboschimento, occupazione che si è protratta per oltre 40 anni” (così pag. 1 atto di citazione), – (d) che hanno “diritto a vedersi restituire finterà superficie a suo tempo oggetto del decreto di occupazione ovvero, nell’ipotesi di impossibilità alla restituzione, hanno diritto al risarcimento dei relativi danni” (cfr. pag. 5 citazione), hanno agito nei confronti del Consorzio di Bonifica del Ba.Jo. (già Co.Bo.), in persona del suo Presidente pro tempore, per sentirlo “condannare alla restituzione in favore degli istanti della intera part. (…) nonché di parte della part. (…), stesso foglio, …, ed in caso di impossibilitò della restituzione per ivi sentire condannare il Consorzio al risarcimento dei danni che sin da adesso vengono quantificati in Euro 30.000,00 ovvero in quella minore o maggior somma che dovesse risultare in corso di causa anche ricorrendo al criterio equitativo, oltre interessi e rivalutazione”.
2.2 – La domanda che parte attrice ha rivolto al Consorzio di Bonifica del Ba.Jo., già Co.Bo., alla stregua dell’articolata causa petendi, segnatamente della circostanza che alla base della detenzione dei beni da parte del predetto soggetto giuridico vi fosse un titolo legittimo di occupazione, il decreto prefettizio n. 52453 del 22.12.1958 in virtù del quale, i terreni “sono stati occupati per pubblica utilità (Legge 25.6.1865 n. 2359 e 18.12.1879 n. 5188) dal Consorzio di Bonifica del versante Calabria Jonico meridionale per una superficie complessiva di H. 23.54.00 per l’esecuzione di lavori di rimboschimento, occupazione che si è protratta per oltre 40 anni’ (così pag. 1 atto di citazione), va qualificata come azione di restituzione del bene, atteso che gli attori hanno ricollegato la loro pretesa al venir meno di un titolo, che aveva giustificato in precedenza la consegna, da parte della propria dante causa, signora Tr.Fe., del fondo (il decreto nomina, per quanto interessa in questa sede, la sola particella 2) al Consorzio convenuto e la relazione di fatto sussistente tra questo ed il medesimo convenuto.
2.3 – Sennonchè nello stesso atto di citazione, come sopra in parte evidenziato, gli attori hanno chiaramente dedotto che: 1) “con lettera raccomandata ar. del 15.9.1995 (doc. n. 4) la Sig.ra Tr.Fe., dante causa degli odierni istanti, segnalava al predetto Consorzio che i proprietari limitrofi al terreno di sua proprietà, ed oggetto del richiamato decreto, si erano fatti leciti di alterare i confini occupa,ndo la pari. n. 2 e parte della part. n. (…)”; 2) “con istanza del 27.12.2000 (doc. n. 7) gli istanti, divenuti proprietari dei terreni occupati (…), considerato che il rimboschimento era stato orma,i ultimato, chiedeva.no al Consorzio di Bonifica la restituzione dei terreni occupati”. Quindi, colla.ud.ate le relative opere, con verbale del 2.10.2003 n. 6292 (doc. n. 8) il Consorzio di bonifica procedeva alla relativa restituzione in favore degli istanti”; 3) “i proprietari limitrofi continuano nell’abusiva occupazione, opponendosi ad ogni richiesta formulata dagli istanti i quali hanno diritto, oltre che interesse, a vedersi restituire i terreni del Consorzio che non ha più titolo alcuno” (pag. 3 atto di citazione); 4) ” l’occupazione abusiva da parte dei terzi è stata resa possibile da un comportamento negligente del Consorzio che, pur essendo obbligato alla custodia del bene nella sua disponibilità, ha omesso qualsiasi vigilanza così permettendo la situazione creatasi” (pag. 4 atto di citazione).
Gli attori, quindi, hanno agito contro il Consorzio, pur sapendo, giusta la superiore prospettazione, almeno dalla missiva a.r. del 15.09.1995 con la quale la loro dante causa comunicava ed avvisava l’ente consortile che i proprietari dei terreni limitrofi avevano, a suo dire, alterato i confini, che, di fatto, il Consorzio evocato in lite non avrebbe mai potuto restituire, non detenendolo o possedendolo più, il terreno censito con la particella 2, del foglio di mappa (…) del Catasto Terreni del Comune di Condofuri, e con una porzione della particella (…) (così nella premessa dell’atto di citazione; nelle conclusioni si fa riferimento alla particella (…)) del medesimo foglio catastale.
2.4 – Per la domanda di condanna del Consorzio alla restituzione del fondo, va, quindi, accolta l’eccezione preliminare sollevata dal Consorzio convenuto e dichiarato il difetto di legittimazione passiva dello stesso. Sulla scorta delle allegazioni attoree, non è, infatti, il Consorzio l’autore dell’illecito, cioè dell’occupazione abusiva del fondo, e non è, pertanto, lo stesso in grado di restituire il terreno non avendolo più (non ce lo aveva già prima dell’instaurazione della causa) nella propria disponibilità. Il fondo di cui alle superiori particelle può essere oggettivamente restituito dai soggetti, individuati nel libello introduttivo, quali “terzi estranei, limitrofi al fondo di proprietà degli istanti”, ma non dal Consorzio.
Del resto, dai documenti offerti in comunicazione al momento della costituzione di parte attrice, risulta che: 1) il terreno è stato oggetto di occupazione temporanea per finalità pubbliche; 2) lo stesso, effettuato il rimboschimento, è stato riconsegnato, sia pure, secondo la tesi attorea, in misura inferiore, ai legittimi proprietari; 3) la parte non consegnata sarebbe stata occupata da terzi soggetti diversi dal Consorzio. In particolare risulta che:
a) con decreto n. 52453 del 21 novembre 195, il Prefetto di Reggio Calabria autorizzava a favore del Co.Bo. l’occupazione temporanea di alcuni terreni siti nel Comune di Condofuri, e per quanto qui interessa in relazione alla domanda, il fondo di cui al foglio catastale (…), particella 2, quantità seminativo, classe 3, di are 24 e centiare 90, denominato “(…)” nella superficie di 2.490 metri, per causa di pubblica utilità, segnatamente per consentire “i lavori di sistemazione idraulico – forestale – agraria del bacino Am., sottobacini torrenti (…), (…) e (…) e affluenti in sinistra del T. Am., interessanti il Comune di Condofuri (si veda decreto allegato al n. 3 del fascicolo di parte attrice);
b) con raccomandata a.r. del 15 settembre 1995, ricevuta dal Consorzio il 18 settembre 1995, la signora Tr.Fe., in relazione al “fondo denominato “Bandiera” di Ha 27.67.70, riportato nel catasto del Comune di Condofuri alla partita n. (…), fgl. (…), in testa alla ditta Tr.Fe. Elena (…) da Voi occupato temporaneamente in forza del decreto del Ministero della Agricoltura e delle Foreste n. 90/62 Div. VIII in data 1/8/1962″ (così oggetto della missiva), comunicava “per opportuna conoscenza e per i provvedimenti di Vs competenza che i proprietari limitrofi hanno alterato i confini della mia proprietà, in atto occupata da codesto Consorzio, impossessandosi di parte della stessa. Precisava che aveva rilevato “che hanno tagliato alberi da Voi a suo tempo piantati, hanno proceduto al dissodamento del terreno, nel quale sono state immesse altre coltivazioni, alterando così la destinazione colturale (si veda documento allegato 4 fascicolo attoreo);
c) con nuova missiva del 17 dicembre 1996, ricevuta dal Consorzio il 19 Dicembre 1996, la signora Tr.Fe. informava quest’ultimo che aveva “rilevato che la Sig.ra Ma.Ca. ved. Ma. (o persona da Lei incaricata) nata (…) residente a Co. in via (…), proprietaria limitrofa della particella n. (…), con un mezzo meccanico ha sconfinato nella mia proprietà nel tracciare una strada, spianando una fascia di terreno sul confine Est” (si veda documento allegato 5 fascicolo attoreo);
d) con Verbale di consegna del 12 agosto 2003, il Co.Bo. consegnava i terreni occupati “a scopi di rimboschimento da consorzio di Bonifica del Versante (…) con perizia CAL/3293 fina.nzia.ta con fondi CASMEZ nel Comune di Condofuri loc. Bandiera foglio (…) part. 2-(…)-(…) della superficie complessiva di Ha. 23.54.00 alla ditta Sa.Fr. e Ma..”. Gli odierni attori ricevevano in consegna i terreni descritti e il germano Sa.Fr. faceva “presente che la riconsegna del terreno oggetto del presente verbale interessa una superficie minore rispetto a quella originaria,mente occupata dal Consorzio e ciò in quanto risultano allo stato occupati da terzi mq. 2.400 della particella n. 2 e 7.500 della particella (…)” (così documento 8 allegato al fascicolo attoreo);
e) con verbale dell’undici febbraio 2002, il Corpo Forestale dello Stato-Coordinamento Provinciale di Reggio Calabria effettuava il collaudo “nei riguardi tecnico-forestali, ai sensi dell’art. 67 del R.D. 16 maggio 1926, tendenti ad accertare la redditività dei rimboschimenti eseguiti su Ha 22.03.65 Foglio (…) part..
2 – (…) – (…) ricadenti nel Bacino Montano Am. in località Bandiera in agro di Condofuri e di proprietà dei Sigg.ri Sa.Fr. e Ma.” (si veda verbale allegato alla documentazione n. 8 del fascicolo attoreo).
2.5 – In definitiva, per il recupero materiale del fondo composto dalla particella 2 e da una porzione della particella (…) del foglio catastale (…) del Catasto Terreni del Comune di Condofuri, gli attori dovevano, ab origine, agire nei confronti dei terzi autori dell’illecita occupazione, per altro a loro già noti.
3. – Passando alla seconda domanda spiegata nei confronti del Consorzio convenuto, ed esplicitamente legata e condizionata al “caso di impossibilità della restituzione”, segnatamente all’invocata responsabilità risarcitoria, la stessa va respinta per quanto dappresso si espone.
3.1 – In prima battuta, va rilevata la estrema genericità ed indeterminatezza, sul piano delle allegazioni, in merito ai danni.
Posto che la gran parte dell’atto di citazione è dedicata alla domanda di recupero materiale del bene immobile, gli attori, in punto di azione risarcitoria, si sono limitati ad asserire che “l’occupazione abusiva da parte di terzi è stata resa possibile da un comportamento negligente del Consorzio che, pur essendo obbligato alla custodia del bene nella sua assoluta disponibilità, ha omesso qualsiasi vigilanza così permettendo la situazione creatasi” (così pag. 4 atto di citazione); che “l’occupazione abusiva perpetrarla dai terzi estranei, limitrofi al fondo di proprietà degli istanti, è avvenuta durante il periodo in cui il Consorzio era nella detenzione del bene in virtù del richiamato decreto” (così pag. 4); che “gli istanti hanno diritto a vedersi restituire l’intera superficie a suo tempo oggetto del decreto di occupazione ovvero, nell’ipotesi di impossibilità alla restituzione, hanno diritto al risarcimento dei relativi danni” (così pag. 5). Dette conseguenze pregiudizievoli non sono però state dedotte: non si comprende cioè quale è il danno oggetto del risarcimento.
Né viene allegato, e men che meno provato, alcunché in relazione al nesso causale tra la condotta rappresentata e i nocumenti asseritamente patiti. Questi ultimi vengono precisati, sul piano meramente quantitativo, in modo apodittico, soltanto nelle conclusioni rassegnate nel libello introduttivo ove si chiede al Tribunale di condannare “in caso di impossibilità della restituzione (…) il Consorzio al risarcimento dei danni che sin da adesso vengono quantificati in Euro 30.000,00 ovvero in quella minore o maggior somma che dovesse risultare in corso di causa anche ricorrendo al criterio equitativo”.
Ora, in materia giova rammentare che la Corte di Cassazione insegna che “Il danno da occupazione abusiva di immobile (nella specie, terreno privato) non può ritenersi sussistente “in re ipsa” e coincidente con l’evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un da. uno-conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestiva,mente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti” (così Corte Cass. sent. 11 gennaio 2005 n. 378).
Ed ancor più recentemente la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che “In tema di occupazione abusiva di immobile, il danno patrimoniale subito dal titolare del bene – della cui prova egli è sempre onerato – dipende dall’atteggiarsi del suo godimento su di esso nel momento in cui si verifica l’occupazione, giacché solo se esista un godimento diretto o indiretto si concretizza un danno emergente da rapportare alle utilità che egli avrebbe potuto acquisire dal bene se non occupato, mentre, in caso contrario, sarà al più ipotizzabile un lucro cessante, da identificare nell’impossibilità di realizzare la modalità di godimento diretto che era stata programmata prima dell’occupazione, ovvero una modalità di godimento indiretto che si sia presentata “medio tempore” e resa, del pari, impossibile dall’occupazione. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva escluso desistenza di un danno da occupazione di una mansarda, già oggetto di un contratto di comodato precario, ritenendo che il giudice di merito avrebbe potuto provvedere alla “aestimatio” del pregiudizio facendo applicazione di criteri equitativi di liquidazione, come l’individuazione del corrispettivo della locazione dell’immobile a terzi, posto che, oltretutto, la stessa occupante aveva ammesso nel corso del giudizio che un simile bene, sul mercato immobiliare, era reperibile ad un canone mensile di locazione compreso tra gli 800 e i 1.200 Euro)” (così Cass. Civ. sent. 27 Luglio 2015 n. 1 (…)(…)).
3.2 – Non sfugge per altro a questo Giudice che l’unico decreto (che riporta delle misure) depositato da parte attrice, gravata del relativo onere, è quello, sopra elencato, n. 52453 del 21 Novembre 1958, con il quale il Prefetto di Reggio Calabria disponeva l’occupazione temporanea per causa di pubblica utilità della particella 2, del foglio di mappa (…), di are 24 e centiare 90, ovverosia della superficie di 2.490 mt. del fondo denominato “Bandiera”. Parte attrice non ha depositato alcun decreto di occupazione in merito alla particella (…).
Di essa non si trova alcun riferimento nella missiva del 15.09.1995 che afferisce, per come si legge nell’oggetto, al “fondo denominato “Bandiera” di Ha 27.67.70, riportato nel catasto del Comune di Condofuri alla partita n. (…), fgl. (…) part. (…), in testa alla ditta Tr.Fe.. Né se ne parla nella successiva lettera del 17.12.1996; mentre con la missiva del 27.12.2000, nella quale vi è un riferimento alla particella de qua, i germani Sa., premesso che “con Decreto del Prefetto di Reggio Calabria n. 52453 Div. 4 del 21/11/1958, nonché con Decreto del ministro per l’Agricoltura e per le Foreste n. 90/62 Div. VIII dell’1/8/1962, sono stati temporaneamente occupati per causa di pubblica utilità (…) i terreni di proprietà di Tr.Fe. oggi, a seguito di donazione, di proprietà dei sottoscritti, terreni tutti ricadenti in Condofuri (RC), località “Bandiera”, riportati in catasto terreni alla partita n. (…), fg. (…), Particelle 2-(…)-(…)”, chiedevano al Consorzio convenuto “che i terreni sopra indicati, oggetto dei richiamati decreti, vengano liberati dal vincolo e restituiti nella piena disponibilità degli istanti, legittimi proprietari” (si veda documento allegato 7 fascicolo attoreo).
Inoltre, nel verbale di consegna del 12 agosto 2003, di cui sopra, l’attore Sa.Fr., che riceveva assieme al germano i terreni riportati catastalmente al foglio (…) particelle 2-(…)-(…), faceva presente “che la riconsegna del terreno oggetto del presente verbale interessa una superficie minore rispetto a quella originariamente occupata dal Consorzio e ciò in quanto risultano allo stato occupati dai terzi mq. 2.400 della particella n. 2 e 7.500 della particella (…)” (si veda verbale allegato alla documentazione n. 8 fascicolo attoreo). Misure dell’asserita occupazione diverse (a) da quelle contenute nel verbale di collaudo del Corpo Forestale dello Stato-Coordinamento Provinciale di Reggio Calabria, del 11 febbraio 2002, prodotta dalla stessa parte attrice, nel quale si dà conto che “allatto del sopralluogo il Sig. Sa.Fr. comproprietario, dichiarava che parte delle particelle (…) e (…) per una superficie di mq. 7000 circa è stata usurpata da altri proprietari confinanti e coltivata ad uliveto” (si veda verbale allegato alla medesima documentazione); (b) da quelle di cui all’atto di citazione ove si asserisce, a pag. 4, che “non è stata restituita ai legittimi proprietari liniera part 2 e 7.000 mq della part (…), abusivamente occupata da terzi”.
Appare, dunque, incerta per la stessa parte attrice l’esatta ed effettiva estensione dell’asserita occupazione.
Ancora. Dal documento 8 allegato alla memoria attorea ex art. 184 c.p.c., depositata il 18 ottobre 2006, si evince che il Co.Bo. ha certificato, in data 25 maggio 1998, che la superficie del fondo denominato “Bandiera” occupata era: per la particella (…) del foglio (…), l’intera sua superficie di are (…); per la particella (…), la superficie di are (…); per la particella (…), la superficie di area 11 centiare 58, cent. 75. Nel su menzionato verbale di collaudo si dà atto che, in data 8 Febbraio 2002, veniva fatto un sopralluogo alla presenza, assieme ad altri, del signor Sa.Fr., nel corso del quale veniva evidenziato che la particella 2 era stata occupata per l’intera sua superficie catastale, mentre la particella (…) per are 11, centiare 20, rispetto alla superficie catastale di are 11, centiare 70, cent. 35, e che l’intera superficie occupata, per le particelle di interesse, è stata rimboschita, in maniera compiuta e redditizia, e poi consegnata il 12 agosto 2003.
3.2.1 – Si vuole significare che, non è stata allegata e provata, in relazione alle particelle (…) e (…) occupate dal Consorzio, una superficie maggiore rispetto a quella consegnata ai proprietari nel 2003, come efficacemente dedotto nella propria comparsa di costituzione e risposta dal medesimo Consorzio. Questi ha espressamente contestato la tesi attorea affermando che, in punto di superficie è “del tutto opinabile la ricostruzione (…) operata da parte avversa ed altrettanto incerta la effettiva estensione dell’area non oggetto di restituzione in ragione della pregressa alterazione dei confini”.
3.2.2 – Del resto, parte attrice ha azionato la domanda senza neppure supportarla, sotto il profilo tecnico, da una perizia di parte.
Né, sotto questo profilo, può valere quanto affermato dallo stesso Consorzio di Bonifica del Versante Calabro Ionico Meridionale nella missiva del 15 aprile 1999 (n. prot. 1837) indirizzata alla ditta Tr.Fe. El., con la quale l’ente, riscontrando “le note 15-9-1995 e 17-12-1996”, comunicava che “constata, in apposito sopralluogo, l’alterazione dei confini del terreo di cui all’oggetto”, atteso che, in oggetto, si parla del fondo Bandiera del Comune di Condofuri di cui al foglio (…), particelle 1 e 2 (si veda documento 6 allegato al fascicolo di parte attrice).
3.2.3 – Totalmente indimostrata è, pertanto, l’asserita alterazione dei confini in relazione alla particella (…), del foglio (…), oggetto della missiva indirizzata dall’attore Sa.Fr. al Consorzio e datata 7 luglio 2000 ovvero di quella successiva del 5 settembre 2000 (documenti allegati al n. 9 e 10 della memoria ex art. 184 c.p.c.).
3.3 – In seconda battuta, sul piano della condotta colposa o dolosa foriera del danno ascrivibile al Consorzio per l’asserito illecito compiuto dai terzi, gli attori hanno addotto che il Consorzio avrebbe “omesso qualsiasi vigilanza così permettendo la situazione creatasi”. Invero, premesso che, con la missiva del 15 settembre 1995, la signora Tr., in relazione alla particella 1 e 2 del foglio catastale (…), comunicava che i proprietari limitrofi avevano alterato i confini, per come si evince dalla lettera del Consorzio del 15 aprile 1999 (solo in relazione alle particelle (…) non già (…)) e dalla mancata contestazione della circostanza dedotta dal convenuto, quest’ultimo disponeva i rilievi preliminari conferendo mandato professionale al geometra Ve.Pu. al fine di procedere alla esatta determinazione dei confini, onde riscontrare la veridicità di quanto denunciato dalla proprietaria. Ed in relazione alle predette particelle (1 e 2), il geometra de quo nella nota inviata al Consorzio in data 5 settembre 2000, evidenziava che “non si è proceduto alla materializzazione del confine catastale tra le p.lle (…) di proprietà Tr. e le p.lle (…), perché i proprietari confinanti hanno dichiarato come da,i verbali, che il terreno da loro acquistato, posseduto e coltivato, corrisponde con la scarpata naturale del terreno”. Lo stesso tecnico suggeriva “essendoci notevole discordanza tra il confine catastale, e quanto posseduto dai proprietari” delle richiamate particelle, la promozione di una azione di regolamento di confini ex art. 950 c.p.c. (si veda documento 3 allegato al fascicolo di costituzione del Consorzio).
Azione reale che non spetta(va) al Consorzio, privo in tema di legittimazione attiva, ma ai proprietari dei terreni confinanti.
3.4 – Sulla scorta delle allegazioni di parte attrice, in mancanza di prova circa l’effettiva estensione dell’area non oggetto di restituzione – prova che gli attori avrebbero dovuto fornire -, ed alla luce di quanto fatto dal Consorzio a seguito della denunciata alterazione di confine, si ripete afferente alle particelle 1 e 2, e non (…), non si ravvisa condotta colposa o dolosa produttiva, secondo eziologia diretta, del danno genericamente ed apoditticamente contemplato da parte attrice.
3.5 – Va dunque respinta la domanda risarcitoria e gli attori, che conoscevano in maniera puntuale i terzi proprietari come dimostrato dall’atto di citazione per intervento in causa dei terzi iussu iudicis e ne conoscevano altrettanto dettagliatamente le condotte di occupazione come tra breve si dirà, vanno condannati a rimborsare le spese di lite al Consorzio convenuto.
4. – A fronte dell’eccezione di difetto di legittimazione sollevata da parte convenuta, alla prima udienza di comparizione, parte attrice chiedeva “termine per estendere il contraddittorio nei confronti dei terzi occupanti il terreno”. Il Giudice istruttore, ritenendo opportuno l’estensione del contraddittorio ex art. 107 c.p.c. nei confronti dei “proprietari confinanti presunti autori materiali dell’usurpazione asserita”, disponeva in conformità e concedeva termine per l’estensione de qua (cfr. processo verbale dell’udienza del 19 gennaio 2005).
Gli attori notificavano, quindi, l’atto di citazione per intervento in causa iussu iudicis ai signori Sp.An., Sp.Sa., Sp.Al., Sp.Al. in (…), Ve.Ca., vedova (…), Be.Ma. in Teofano, Ve.El. in (…), Ma.Ca. vedova (…) (si veda originale atto di citazione versato in atti).
Nel predetto atto, gli istanti, richiamando in toto l’originario contenuto del libello introduttivo, aggiungevano quanto segue “allo stato di fatto, il terreno, di proprietà degli istanti risulta così abusivamente occupato sul confine delle part. (…) e (…) del fg. (…): a) I sigg.ri Sp.An., Sp.Sa. e Sp.Al. hanno sconfinato occupando mq. 245 circa, ricadenti sulle partt. (…) e (…) del fg (…); b) la Sig.ra Sp.Al. in (…) ha sconfinato occupando mq. 1300 circa, ricadenti sulle part. (…) e (…) del fg. (…) c) la Sig.ra Ve.Ca., vedova (…) ha sconfinato occupando mq 400 circa, ricadenti sulla part. (…) del fg. (…); d) la Sig.ra Be.Ma. in Te. ha sconfinato occupando mq. 530 circa, ricadenti sulle partt. (…) e (…) del fg. (…); e) la Sig.ra Ve.El. in (…) ha sconfinato occupando mq. 2.660 circa, ricadenti sulle parti. 2 e (…) del fg. (…) la Sig.ra Ma.Ca. vedova (…) ha sconfinato occupando mq 1.420 circa, ricadenti sulla part. (…) del fg. (…)”, citavano i soggetti de quibus per “sentire giudizialmente stabilito il confine del terreno di proprietà dei germani Sa., sulle partt. (…) e (…) del fg. (…) con il terreno di proprietà di essi convenuti e per l’effetto sentirli condannare alla restituzione in favore degli istanti del terreno per come dagli stessi separatamente ed abusivamente occupato lungo il confine (…) il tutto oltre il risarcimento dei danni anche conseguenti all’impossibilità della restituzione per ciascuno in proporzione del valore del terreno occupato per un valore complessivo di Euro 30.000,00 anche in solido con il Consorzio convenuto, ovvero in quella minore o maggior somma che dovesse risultare in corso di causa dovuta anche ricorrendo al criterio equitativo, oltre interessi e rivalutazione”.
4.1 – Si impone, a questo punto, la necessità di qualificare la domanda rivolta ai predetti terzi. Sul punto, vale la pena ricordare il principio consolidato secondo il quale, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla formulazione letterale adottata dalla parte (Cass. Civ., sent. n. 26159 del 2014; Cass. Civ. sent. n. 21087 del 2015), dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonché del provvedimento in concreto richiesto, non essendo condizionato dalla mera formula adottata dalla parte (Cass. Civ., sent. n. 5442 del 2006; n. 27428 del 2005).
Ora, tenuto conto che nell’atto di citazione per l’intervento dei terzi ex art. 107 c.p.c., gli attori hanno riprodotto quanto già allegato nel primigenio atto di citazione, con l’aggiunta dell’indicazione, per ciascuno terzo evocato, della specifica porzione di terreno asseritamente occupata, e che nulla è stato addotto in relazione alla singola e distinta proprietà dei terzi confinanti, che non viene individuata o identificata, né viene determinata quantitativamente la proprietà dei fondi limitrofi, né viene in alcun modo allegata l’incertezza oggettiva o soggettiva del confine, non è revocabile in dubbio, anche per quanto tra breve si dirà, che l’azione esperita nei confronti dei terzi, per i quali non si fa riferimento ad alcun titolo, malgrado la richiesta letterale di accertamento giudiziale del confine, va interpretata quale azione di rivendicazione e non già quale azione di regolamento di confini, finalizzata, come è noto, ad imprimere certezza ad un confine incerto tra due fondi.
4.1.1 – Del resto, la Suprema Corte insegna che “l’azione di rivendica e quella di regolamento di confini si distinguono fra loro, in quanto mentre con la prima l’attore sull’assunto di essere proprietario della cosa e di non averne il possesso agisce contro il possessore o il detentore per ottenere il riconoscimento giudiziale del suo diritto dominicale e per conseguire la restituzione della cosa stessa (conflitto fra titoli), con la seconda tende soltanto a far accertare l’esatta linea di confine di demarcazione fra il proprio fondo e quello del convenuto, allegandone l’oggettiva incertezza oppure contestando che il confine di fatto corrisponda a quello indicato nei rispettivi titoli di acquisto, cosicché l’eventuale richiesta di restituzione di una porzione di terreno a confine si pone come mero corollario dell’invocato accertamento (confitto fra fondi)” (così cass. Civ. sent. 24 Febbraio 1996 n. 1446).
4.2 – Non vi è dubbio, quindi, che l’azione esperita nei confronti dei terzi occupanti sine titulo da parte degli attori, i quali, sull’assunto di essere proprietari del terreno composto dalla particella 2 e da una porzione della particella (…) del foglio (…) del catasto terreni del Comune di Condofuri e di non averne il possesso, ne hanno chiesto la restituzione, vada qualificata come domanda di rivendica, senza che possa assumere rilievo a tal fine la deduzione, nella specie per altro mancante, della eventuale prossimità della porzione occupata al confine ovvero senza che possa assumere rilievo la circostanza che nel corso del giudizio, sia stata espletata un’indagine tecnica diretta all’accertamento dei “reali confini dei terreni catastali al fol. (…), parti. 2 e (…) (…)” (così quesito B della C.T.U. disposta dal G.O.T.).
4.3 – Per altro, premesso che “condizione legittimante l’adozione dell’ordine di chiamata in ca,usa di un terzo è la negazione da parte dell’originario convenuto della titolarità passiva della obbligazione azionata e della indicazione in capo al terzo di detta titolarità” (così Cass. Civ. sent. 5 giugno 2007 n. 13165) e che “l’atto di chiamata in causa di un terzo che non si limiti ad eseguire un ordine d’intervento impartito dal giudice a norma dell’art. 107 c.p.c., ma anche introduca nel processo una domanda diversa da quella principale, fondata su un distinto rapporto fra chiamante e chiamato deve rispondere ai requisiti di contenuto prescritti per la citazione dall’art. 1(…) c.p.c.” (così Cass. Civ. sent. 30 marzo 1988 n. 2672), deve ritenersi che l’intenzione del Giudice, stante lo strumento usato (l’intervento coatto dei terzi ex art. 107 c.p.c.), alla luce delle difese articolate dal Consorzio, non poteva che essere quella di indurre gli attori ad estendere nei confronti dei terzi la domanda già avviata verso quest’ultimo, al fine di realizzare l’economia dei giudizi e prevenire eventuali giudicati contraddittori sempre possibili nel caso di decisioni separate caratterizzate da elementi comuni.
5. – Tanto acclarato, come è noto l’azione di rivendicazione ha natura reale, in quanto è finalizzata, da un lato, a rimuovere lo stato di incertezza circa la proprietà del bene per cui è causa (e il giudice di merito dovrà verificare l’esistenza e la validità del titolo di proprietà) e, dall’altro, a far ottenere a chi agisce il bene di cui lamenta la mancanza di disponibilità.
Legittimato all’azione è colui che, non avendone il possesso, si affermi proprietario del bene, ed è tenuto, qualora abbia acquistato la proprietà a titolo derivativo, a dimostrare l’esistenza e validità del diritto di proprietà proprio, del suo dante causa ed, eventualmente, del precedente proprietario, fino a risalire all’acquisto del diritto a titolo originario (c.d. probatio diabolica). Per sopperire a questo gravoso onere probatorio, potrà dimostrare, in alternativa, l’avvenuto acquisto della proprietà (a titolo originario) per intervenuta usucapione. Legittimato passivo è, invece, colui che, possedendo il bene de quo al momento della proposizione della domanda, abbia la c.d. facultas restituendi, cioè la possibilità di restituire il bene stesso.
Il rigore dell’onere di provare la proprietà è temperato dal riconoscimento, da parte del convenuto, che il bene è appartenuto ad un comune dante causa, incentrandosi così il tema probatorio nei soli trapassi successivi (cfr. Cass. Civ. sent. 15.11.1976 n. 4229); il rigore non è, di regola, attenuato dalla proposizione, da parte del convenuto, di una domanda riconvenzionale (o di un’eccezione) di usucapione (atteso che il convenuto in un giudizio di rivendica non ha l’onere di fornire alcuna prova, pur nell’opporre un proprio diritto di dominio sulla cosa rivendicata), anche se, si ribadisce, la mancata contestazione, da parte del convenuto stesso, dell’originaria appartenenza del bene rivendicato al comune autore ovvero ad uno dei danti causa dell’attore comporta che il rivendicante possa, in tal caso, limitarsi alla dimostrazione di come il bene in contestazione abbia formato oggetto di un proprio, valido titolo di acquisto. Sul punto, va rammentato che secondo la Suprema Corte “In tema di rivendicazione, il giudice di merito è tenuto innanzitutto a verificare l’esistenza, la validità e la rilevanza del titolo dedotto dall’attore a fonda,mento della pretesa, e ciò a prescindere da qualsiasi eccezione del convenuto, giacché, investendo tale indagine uno degli elementi costitutivi della domanda, la relativa prova deve essere fornita dall’attore e l’eventuale insussistenza deve essere rilevata dal giudice anche (l’ufficio” (cfr. Cass. Civ., sent. 3 marzo 2009 n. 5131).
5.1 – Ciò posto, la domanda di rivendica va respinta nei confronti di tutti i convenuti (costituiti e dei contumaci Sp.An., Sa. ed Al.), atteso che parte attrice non ha fornito la rigorosa prova che l’ordinamento richiede. Gli attori hanno, infatti, prodotto:
1) il contratto di donazione del 29 Dicembre 1997, rogato dal notaio dott.ssa Ma.Au., rep. n. 525(…), racc. n. 11986, con il quale la signora Tr.Fe. donava al figlio, Fr.Gi.Sa., “i diritti della metà 1/2 indivisa del fondo rustico in (…), località Tr., della superficie complessiva di Ha 23.54.00 (ettari ventitre, are cinquantaquattro), confinante con il torrente (…), con il torrente (…), proprietà eredi(…), proprietà eredi (…) e proprietà eredi (…), salvo altri; il bene è censito nel n. C.T. del Comune di Condofuri alle partite (…), (are ventiquattro e centiare novanta), seminativo di 3 classe, RDL. 16.185 RAL 4.980; (…) di Ha 11.70.35 (ettari undici, are settanta e centiare trenta,cinque), pascolo di 1 classe, RDL 140.442 RAL 58.517; (…) di Ha 11.58.75 (ettari undici, are cinquantotto e centiare settantacinque), pascolo di 1 classe, RDL 139.050 RAL. (…)”;
2) il contratto di donazione del 31 dicembre 1996 rogato dal notaio dott.ssa Ma.Au., rep. n. 49862, racc. n. 11275, con il quale la signora Tr.Fe. donava al figlio, Ma.Sa., “i diritti della metà 1/2 indivisa del fondo rustico in Condofuri, località (…), della superficie complessiva di Ha 23.54.00 (ettari ventitre, are cinquantaquattro), confinante con il torrente (…), con il torrente (…), proprietà eredi (…), proprietà eredi (…) e proprietà eredi (…); il bene è censito nel n. C.T. del Comune di Condofuri alle partite (…), foglio (…), particelle (…), di a. 24.90 (are ventiquattro e centiare novanta), seminativo di 3 classe, RDL. 16.185 RAL 4.980; (…) di Ha 11.70.35 (ettari undici, are settanta e centiare trentacinque), pascolo di 1 classe, RDL 140.442 RAL 58.517; (…) di Ha 11.58.75 (ettari undici, are cinquantotto e centiare settantacinque), pascolo di 1 classe, RDL 139.050 RAL. (…).”. (Si vedano documenti allegati 1 e 2 fascicolo attoreo).
Entrambi i negozi non sono stati prodotti integralmente. Addirittura, rispetto al contratto sub 2), la produzione si interrompe proprio nella parte afferente alla provenienza del bene (si veda ultimo rigo dell’ultima pagina prodotta “Qua.nto alla provenienza dichiara la signora Tropea.no Ferdi…”).
5.1.1 – Non può dirsi quindi soddisfatto l’onere probatorio richiesto dalla rei vindicatio non solo per la produzione parziale dei contratti di donazione – produzione incompatibile con i principi generali dell’ordinamento civilistico, atteso che la mancanza del testo integrale del documento non consente di escludere che in altre parti del titolo derivativo vi siano dichiarazioni, pattuizioni, clausole, disposizioni direttamente e/o indirettamente rilevanti ai fini della causa – ma anche perché la documentazione prodotta, risalente agli anni 1996-1997 non copre il ventennio necessario secondo i principi giurisprudenziali richiamati.
5.2 – Costituendosi un lite, le convenute Sp.Al., Be.Ma., Ve.El. e Ma.Ca., hanno proposto domanda riconvenzionale di usucapione. Orbene, la domanda è fondata e va, accolta.
5.2.1 – L’esame delle allegazioni attoree e delle deposizioni testimoniali, nonché le altre emergenze processuali, in uno al comportamento di mancata contestazione di parte attrice, convincono che è configurabile e provato, nel caso di specie, un comportamento rivelatore anche all’esterno di una indiscussa e piena signoria di fatto da parte dei predetti convenuti sulle particelle menzionate nella comparsa di costituzione e risposta, contrapposta all’inerzia dei titolari, estrinsecatasi in un possesso esclusivo, pubblico, ininterrotto, continuato degli stessi.
5.2.2 – In prima battuta, sul piano del corpus, va richiamato il contenuto della documentazione allegata dalla stessa parte attrice e richiamata nel libello introduttivo. In particolare, con la missiva del 15 Settembre 1995, la madre degli attori, signora Tr., in relazione al fondo di cui alle particelle 1 e 2 del foglio di mappa (…), rilevava che i proprietari limitrofi avevano “tagliato alberi”, “proceduto al dissodamento del terreno, nel quale sono state immesse altre coltivazioni”, alterato “la destinazione colturale. Nella missiva del 17 dicembre 1996, la stessa signora, con preciso riferimento alla signora Ma.Ca., rilevava che la stessa con un mezzo meccanico aveva sconfinato nella sua proprietà nell’attività di “tracciare una strada, spianando una fascia di terreno sul confine est”. Anche, nel verbale di collaudo redatto dal Corpo Forestale dello Stato-Coordinamento Provinciale di Reggio Calabria in data 11 Febbraio 2002, più volte citato, si dà atto che “all’atto del sopralluogo il Sig. SA.Fr. comproprietario, dichiarava che parte delle particelle 2 e (…) per una superficie di mq. 7000 circa è stata usurpata da altri proprietari confinanti e coltivata ad uliveto”.
5.2.3 – Va richiamato altresì il contenuto della comparsa di costituzione e risposta delle signore Sg., Be., Ve.Ca. ed Elisabetta, Ma.Ca., le quali hanno dedotto di possedere “animo domini i terreni per cui è causa da oltre venti anni” e che “nell’arco degli anni hanno coltivato e trasformato i terreni effettuando opere (…), come vasche per l’irrigazione, recinzioni, messa a coltura di alberi da frutta, ed alberi d’ulivo, opere in muratura come piccoli magazzini per il ricovero degli attrezzi”. Sia il termine ultraventennale che i predetti fatti non sono stati contestati dalla parte attrice nelle difese e memorie successive alla costituzione dei chiamati per ordine del Giudice. Né la medesima parte ha controeccepito, nei termini che governano il rito, fatti estintivi, impeditivi o modificativi alla pretesa articolata in riconvenzione.
5.2.4 – Nel corso del processo sono stati escussi dei testimoni.
Il teste Ro.Pa., classe 1948, indifferente, a conoscenza delle signore convenute, ha ricordato, avendo fatto “qualche giornata di lavoro”, che “all’inizio degli anni 70 circa il cognato “che aveva un mezzo meccanico, un ruspa, venne chiamato (…) per livellare un terreno o una sua parte in collina. Ha dichiarato: che il terreno, “leggermente in pendenza ai piedi della collina, “venne livellato e creati due gradoni” che “la particella spia,nata (…) è stata coltivata a giardinetti”; che “le sig.re (…) coltivano da diversi anni degli appezzamenti di terreno nel Comune di Condofuri che corrispondono spazialmente all’area parzialmente spianata” dal cognato; che le predette signore “coltivano ad ortaggi, alberi da frutto, i terreni’; di avere visto personalmente coltivati i terreni in questione; che “la sistemazione delle colture è visibile dalla stradina interpoderale, asfaltata, “almeno per quanto concerne la parte di fondo più a valle, perché per la restante bisogna alzare lo sguardo e risulta difficile vederla per via dei gradoni’; che “i terreni a valle sono recintati, anche se non tutti, con rete’ almeno sul lato mare.
Il teste Ma.Fr., classe 1938, ex operaio del Consorzio di Bonifica Ba.Jo. che svolgeva l’attività lavorativa nella zona di Condofuri, dove ha sempre vissuto, conoscendo la località Bandiera, ha dichiarato che “per andare a lavorare passavamo per un viottolo che insisteva su un fondo che ricordo lo coltivava Ma.Ca., il marito (…) ed ifigli. Questo fondo si trova in località Bandiera di Condofuri (…) ricordo che il terreno dove vedevo Ma.Ca., i figli ed il marito, era coltivato a piante di ulivi e di fichi. Ho visto(…), qualche volta, raccogliere le olive con le reti ed a mano (…) Vicino al terreno della Ma. c’era altro terreno coltivato da altre famiglie (…) Anche prima degli anni di lavoro al Consorzio di Bonifica mi capitava di attraversare il viottolo e mi è capitato di vedere Ma.Ca. ed i congiunti occuparsi dell’uliveto. Ricordo che la signora Ma.Ca. diceva che aveva piantato lei gli ulivi. Per vero vedevo lei ed i famigliari occuparsi dell’uliveto e raccogliere le olive. (…) I terreni coltivato anche dalla (…) erano avanti le case lato mare e dietro le case vicino al viottolo. Il terreno del Consorzio era posto più a monte e recintato con filo spinato”.
Il teste Ca.Br., classe 1954, ha dichiarato: che negli anni passati è stato chiamato dalle convenute “a potare gli alberi e le viti”; che le signore coltivavano i terreni, sui quali insistono alberi di ulivi e viti; che quando il “consorzio di Bonifica, almeno 25 (venticinque) anni addietro” fece una strada “sulla quale si affacciano variamente degradandosi i terreni in causa furono recintati dalle signore Sg., Be., Ve. e Ma.; che i terreni non si affacciano direttamente sulla strada, ma si sviluppano sulla parte laterale alla strada in forma di terrazzamenti contenuti dai muretti in pietra; che “i terreni si sviluppano in altezza fino a circa 150 metri, salendo su un contesto montuoso”; di avere visto sui terreni sempre le signore ed i componenti della famiglia occuparsene; che coltivavano “la parte più bassa, umida,, ad ortaggi”; che “per due anni consecutivi, nel 1989/1990′, la cognata Sp.Al. lo aveva incaricato “di raccogliere le olive e dividere con lei dolio prodotto”.
Ancora il teste (…), classe 1946, ex lavoratore del Consorzio di Bonifica “dal 1979 al 1995”, indifferente alle parti, ha dichiarato: “nell’interesse del Consorzio è stata costruita una strada se non sbaglio nel 1985/86. Questa strada costeggia il torrente. Io ero il caposquadra e dirigevo gli operai incaricati di costruire la strada. Andavamo tutti i giorni. La strada è stata ultimata in un anno e mezzo circa anche se sono rimasti piccoli lavori che poi abbiamo fatto dopo. Dalla strada partono i terreni che si sviluppano in salita, uno dietro l’altro. L’ultimo se non sbaglio rimane quello di Ma.Ca.. Già negli anni 80 questi terreni erano coltivati da Sg.An., Be.Ma., Ve.Ca., Ve.El. e Ma.Ca. a viti alberi da frutto ed ulivi. Erano visibili sia gli alberi che l’ordine nelle coltivazioni (…) La strada è transitata perché ci sono fondi agricoli sopra (…). Sono cacciatore e ho sempre fatto quella zona per l’attività venatoria, ogni anno nel periodo di apertura della caccia,. Sia per il lavoro nell’ambito del Consorzio, sia perché cacciatore, ho da decenni frequentato quella zona e posso dire di avere sempre visto negli appezza,menti e nelle poche case che lì ci sono le signore nominate sopra ovvero i loro familiari. (…) Ricordo che alcuni appezza,menti sono recintati, di sicuro quello di Sp.Al.. Degli altri non so dire esattamente il cognome perché conosco il soprannome dialettale delle famiglie. Se non sbaglio tutti hanno edificato sui terreni, tranne se non sbaglio Sg.An. nel cui terreno vengono raccolte le olive. In quella zona le persone vivono dei beni della campagna, (…) come opera,i del Consorzio non siamo mai andati a fare lavori sui terreni coltiva,ti o occupati dalle persone di cui ho detto. Preciso che quella zona veniva identificata come “(…)” e che è un po’ più pianeggiante rispetto alla zona tutta montuosa costituita da muri ed alberi di eucalipto di competenza del Consorzio di Bonifica. I terreni erano sostenuti da muretti e ricordo che erano chiusi proprio per evitare l’ingresso di animali. C’era,no anche dei manufatti artigianali per il ricovero di animali. I terreni limitano tutti con la strada del Consorzio tranne quello di Ma.Ca.”.
5.2.5 – Nel corso del processo è stata espletata una consulenza tecnica d’ufficio anche al fine di individuare i terreni occupati, il tipo di colture praticate, l’origine delle particelle oggetto della domanda riconvenzionale.
Orbene, il C.T.U., ing. Gi.Po., ha rilevato che:
a) le particelle (…) del foglio (…) nascono dal frazionamento della particella 2 del 13/11/1996 n. 27967.1/1996 in atti dal 07/02/1997;
b) la soppressione della particella 2 ha generato oltre alle particelle (…);
c) le particelle (…) del foglio (…) nascono dal frazionamento della particella (…) del 13/11/1996 n. 27967.1/1996 in atti dal 07/02/1997;
d) la soppressione della particella (…) ha generato oltre alle particelle (…) la particella (…).
Ha altresì accertato che:
1) sulla particella n. (…), per una superficie di circa mq. 660, n. 354, per una superficie di circa 242 mq., e sulla particella n. 3(…), per una superficie di circa 191 mq., in capo a (…) insistono 25 alberi di ulivo e una vasca per la raccolta delle acque;
2) su parte della particella n. (…) per una superficie di circa mq. 240, sulla particella n. (…) per una superficie di mq. 210 e sulla particella n. (…), per una superficie di circa 85 mq., in capo a Ve.Ca., insistono un manufatto in muratura, una vasca per la raccolta delle acque, 6 alberi di ulivo, 1 albero di nespolo, 1 albero di susino, 2 alberi di fichi ed una presenza diffusa di vegetazione di fico d’india (circa 20 piante);
3) sulla particella n (…), per una superficie di circa mq. 305, sulla particella n. (…) per una superficie di circa mq. 150 e sulla particella n. 3(…) per una superficie di circa 34 mq., in capo a Be.Ma., insistono un vigneto a sesto regolare di tipo intensivo (totale circa 80 piante) e piante da frutto (circa 6);
4) sulla particella n. (…), per una superficie di circa mq. 480, sulla particella n. (…) per una superficie di mq. 2255 e sulla particella n. (…) per una superficie di mq. 5 in capo a Ve.El. insistono un manufatto, 12 alberi di ulivo posti nella parte alta, un frutteto con varie piante di diverso genere con prevalenza di agrumi, 10 piante di fico d’india;
5) sulla particella (…) per una superficie di mq. 1646 e sulla particella (…) per una superficie di circa 125 mq., in capo a Ma.Ca., insistono 15 alberi da frutto di vario genere, 8 alberi di ulivo, un orto nella parte più elevata per una estensione di 160 mq, 4 alberi da frutto nella parte più elevata e un serbatoio per la raccolta delle acque per l’irrigazione.
Quanto accertato dal C.T.U. – e precisando che non si tiene conto delle valutazioni effettuate dal perito d’ufficio (ingegnere) in merito all’età delle piante, in assenza di specificazione dei rilievi e dei criteri usati per la determinazione sia pure approssimativa del dato di esistenza vegetativa delle piante – trova corrispondenza nei rilievi fotografici allegati all’elaborato tecnico.
5.2.6 – In definitiva, le emergenze processuali scritte ed orali, forniscono elementi sufficienti a ritenere provato il possesso esclusivo dei chiamati, in relazione alle particelle frazionate, per i venti anni utili all’usucapione.
5.2.7 – La coltivazione degli appezzamenti di terreno, il cambio di colture, la modifica della destinazione economico-produttiva dei fondi, la raccolta dei frutti, la creazione di manufatti, l’impianto di nuovi alberi, la chiusura, sia pure in parte, dei fondi, la realizzazione di sistemi di irrigazione con vasche o serbatoi, sono tutte attività ed opere effettuate senza chiedere autorizzazioni o consensi ad alcuno e costituiscono contegno atto a dimostrare inequivocabilmente il possesso esclusivo, con palese manifestazione del volere diretto tanto ad escludere qualsiasi altrui possesso, quanto ad esercitare il diritto in via esclusiva.
5.2.8 – Ne consegue, sussistendo il corpus e l’animus, che, a favore dei chiamati, attori in riconvenzionale, si è perfezionata la fattispecie di acquisto a titolo originario per usucapione ex art. 1158 c.c., per possesso protratto per oltre venti anni, continuo, non interrotto e non viziato, degli appezzamenti di terreno meglio precisati nella comparsa di costituzione e risposta.
6. – Le spese di lite del Consorzio convenuto vanno poste a carico degli attori soccombenti in solido tra loro. Esse vanno liquidate, con distrazione in favore del procuratore antistatario ex art. 93 c.p.c., ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, entrato in vigore il 3 aprile 2014, adottato ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, e successive modifiche, come segue: Euro 810,00 per la fase di studio, Euro 802,90 per la fase introduttiva, Euro 1.204,00 per la fase istruttoria, Euro 1.383,50 per la fase decisionale, per un totale di Euro 4.200,40, avuto riguardo al valore dichiarato della causa.
Non sono state documentate spese.
Anche quelle dei convenuti per chiamata costituiti vanno poste a carico degli attori soccombenti in solido tra loro. Esse vanno liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, entrato in vigore il 3 aprile 2014, adottato ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, e successive modifiche, come segue: Euro 810,00 per la fase di studio, Euro (…)3,50 per la fase introduttiva, Euro 1.204,00 per la fase istruttoria, Euro 830,10 per la fase decisionale, per un totale di Euro 3.417,60, avuto riguardo al valore dichiarato della causa ed all’attività difensiva svolta dalla parte. Parte attrice deve ai chiamati costituiti Euro 77,20 per spese documentate.
6.1 – Le spese della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel corso del processo e già liquidate per anticipazione con decreto depositato il 9 Ottobre 2012 sono poste definitivamente a carico di parte attrice.
P.Q.M.
Il Tribunale di Reggio Calabria, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Rosaria Leonello, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 3359/2004 R.G.A.C., disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, così provvede:
– rigetta la domanda spiegata dagli attori nei confronti del Consorzio di Bonifica Ba.Jo. (già Co.Bo.) per i motivi esposti in motivazione;
– rigetta la domanda spiegata dagli attori nei confronti dei chiamati iussu iudicis per quanto indicato in parte motiva;
– accoglie la domanda riconvenzionale spiegata dai chiamati iussu udicis;
– e, per l’effetto, dichiara che Sg.An. ha acquistato per usucapione ex art. 1158 c.c. la proprietà del fondo sito nel Comune di Condofuri, censito nel Catasto Terreni del predetto Comune, al foglio (…), particelle (…);
– e, per l’effetto, dichiara che Ve.Ca. ha acquistato per usucapione ex art. 1158 c.c. la proprietà del fondo sito nel Comune di Condofuri, censito nel Catasto Terreni del predetto Comune, al foglio (…), particella (…);
– e, per l’effetto, dichiara che Be.Ma. ha acquistato per usucapione ex art. 1158 c.c. la proprietà del fondo sito nel Comune di Condofuri, censito nel Catasto Terreni del predetto Comune, al foglio (…), particelle (…);
– e, per l’effetto, dichiara che gli eredi di Ve.El. hanno acquistato per usucapione ex art. 1158 c.c. la proprietà del fondo sito nel Comune di Condofuri, censito nel Catasto Terreni del predetto Comune, al foglio (…), particelle (…);
– e, per l’effetto, dichiara che gli eredi di Ma.Ca. hanno acquistato per usucapione ex art. 1158 c.c. la proprietà del fondo sito nel Comune di Condofuri, censito nel Catasto Terreni del predetto Comune, al foglio (…), particella (…);
– condanna Sa.Ma. e Sa.Fr., in solido tra loro, a rimborsare al Consorzio di Bonifica Ba.Jo. (già Co.Bo.) le spese di lite che vengono liquidate, con distrazione in favore del procuratore antistatario ex art. 93 c.p.c., nella somma di Euro 4.200,40 per compensi, oltre il 15% a titolo di spese forfettarie;
– condanna Sa.Ma. e Sa.Fr., in solido tra loro, a rimborsare ai convenuti chiamati costituiti le spese di lite che vengono liquidate nella complessiva somma di Euro 3.494,80, di cui Euro 77,20 per spese documentate ed Euro 3.417,60 per compensi, oltre il 15% di quanto liquidato per compensi a titolo di spese forfettarie;
– pone definitivamente a carico di parte attrice le spese della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel corso del processo e già liquidate per anticipazione con decreto depositato il 9 Ottobre 2012.
Così deciso in Reggio Calabria il 15 marzo 2020.
Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2020.