In punto di rito va premesso come l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione in cui il giudice non deve limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, ma accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione; per cui ove il credito risulti in tutto o in parte fondato, la domanda dovrà essere accolta indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l’ingiunzione fu emessa, rimanendo irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l’insussistenza del diritto fatto valere con tale procedura.
Tribunale|Ascoli Piceno|Civile|Sentenza|6 febbraio 2020| n. 107
Data udienza 6 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ASCOLI PICENO
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Annalisa Giusti ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 947/2019 promossa da:
Un. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Do.Fo.,
Attore-Opponente
Contro
Ca.Ma., rappresentata e difesa all’Avv. Va.Ia.
Convenuta-Opposto
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente e tempestivamente notificato, la Un. S.p.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo per consegna di documenti n. 272/2019 (n. 597/2019 R.G., n. 428/2019 Rep.), emesso in forma provvisoriamente esecutiva con il quale le veniva ingiunto di consegnare alla signora Ca.Ma. “copia della documentazione inerente l’assegno bancario di Euro 41.002,50 non trasferibile, n. (…), emesso in data 04/10/2018 dalla Sig.ra Pe.Ma. in favore del Sig. Ca.Fr. presso la Un. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., filiale di Ascoli Piceno, viale (…) ivi compresa quella riguardante l’incasso del medesimo”, e di pagare le spese di procedura – in solido con l’ulteriore ingiunto “Ge. S.p.a.” – liquidate in Euro 1.305,00 per competenze, in Euro 286,00 per spese, oltre il 15% per spese generali, i.v.a e c.p.a..
A sostegno della proposta opposizione deduceva, in sintesi e per quanto di interesse, l’inammissibilità e/o nullità del decreto ingiuntivo opposto per l’incertezza dell’esistenza e l’indeterminatezza della cosa richiesta in consegna, nonché per il difetto di legittimazione attiva dell’ingiungente.
Al riguardo sosteneva che:
– La convenuta opposta sig.ra Ca.Ma. è figlia ed erede del sig. Ca.Fr., deceduto ad Ascoli Piceno il 25/10/2018, intestatario del conto corrente di corrispondenza n. (…), acceso presso la filiale di Ascoli Piceno – Viale (…) di Un., e cointestato con la moglie sig.ra Pe.Ma.;
– Con atto pubblico del 04/10/2018, a rogito del notaio Al.Al. di Sant’Elpidio a Mare FM, il sig. Ca.Fr. ha ceduto alla moglie, sig.ra Pe.Ma., l’usufrutto vitalizio di beni siti in Ascoli Piceno (AP), Frazione (…), dichiarando che il prezzo del predetto usufrutto era stato liquidato a mezzo assegno bancario non trasferibile n. (…), tratto su conto corrente di corrispondenza intestato unicamente alla sig.ra Pe., e distinto dall’ulteriore c/c n. (…) cointestato invece ad entrambi i coniugi;
– Che, a fronte di richieste stragiudiziali inviatele nell’interesse dell’opposta ed atte a conoscere dove detto assegno era stato incassato dal de cuius, essa opponente aveva informato l’istante del fatto che la richiesta avanzata non era evadibile poiché “la Banca può fornire informazioni solamente sugli assegni emessi dai propri clienti” e “tali informazioni possono essere rese ai clienti stessi o ai loro aventi causa”
– Che l’ingiunzione emessa era inammissibile, dal momento che con la stessa era stata richiesta la consegna di documentazione di cui non era stata provata l’esistenza e meno che meno il possesso in capo alla parte ingiunta e che, inoltre, l’inammissibilità derivava anche dall’inosservanza del disposto di cui all’art. 633 C.p.c., in quanto la “cosa mobile” richiesta (la documentazione) non era determinata.
– Che, inoltre, sussisteva l’inammissibilità o comunque l’illegittimità del decreto ingiuntivo per carenza di legittimazione attiva, atteso che la sig.ra Ca.Ma., nella sua qualità di erede, ha esclusivamente diritto all’accesso alle informazioni riguardanti i rapporti (e relativa operatività) intrattenuti presso Un. dal de cuius Ca.Fr., ai sensi e nei limiti di quanto previsto dall’art. 119, D.Lgs. 01/091993, n. 385, con la conseguenza che il diritto dell’erede ad avere informazioni sull’assegno bancario potrebbe configurarsi solo se il de cuius fosse stato il titolare del conto corrente di traenza (e della correlata convenzione di assegno), ovvero se lo stesso lo avesse emesso, e non nel caso in cui il dante causa sia – come nel caso di specie – il mero beneficiario del titolo.
Si costituiva l’opposta, la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione.
Alla prima udienza le parti congiuntamente chiedevano di precisare le conclusioni e, autorizzati in tal senso, vi procedevano alla stessa udienza del 4.10.2019 e la causa veniva pertanto trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. nella loro massima estensione.
In punto di rito va premesso come l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione in cui il giudice non deve limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, ma accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione; per cui ove il credito risulti in tutto o in parte fondato, la domanda dovrà essere accolta indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l’ingiunzione fu emessa, rimanendo irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l’insussistenza del diritto fatto valere con tale procedura (cfr. Cass. 17.02.2004 n. 2997; Cass. 24.06.2004 n. 11762, 3649/2012).
Ciò posto e ad abundantiam, deve osservarsi che sussisteva la prova scritta, atteso che proprio nell’atto pubblico in cui il de cuius procedeva alla cessione dell’usufrutto, viene attestata l’esistenza dell’assegno, così come sussisteva la determinatezza della res oggetto dell’ingiunzione di consegna, essendo chiaramente indicata, nel ricorso monitorio, in tutta la documentazione afferente l’incasso dell’assegno bancario n. (…) emesso in data 4.10.2018 dalla signora Pe.Ma. in favore del de cuius Ca.Fr..
Parimenti non può dirsi inammissibile il ricorso alla procedura monitoria da parte della signora Ca. quale chiamata all’eredità del de cuius Ca.Fr., atteso che è pacifico che gli eredi hanno diritto di accesso alla documentazione relativa ai rapporti bancari inerenti il loro familiare defunto nell’ottica della tutela dei loro diritti successori, con la conseguenza che la banca non può opporsi ed è tenuta a fornire i dati richiesti, eventualmente previo oscuramento di dati di terzi e ciò in ossequio anche a quanto stabilito dagli artt. 7 e 9 comma 3 del TU sulla privacy. Il figlio del defunto, quindi, in relazione ai connessi profili successori, ha titolo a proporre ad un istituto di credito, con cui il genitore ha intrattenuto vari rapporti, un’istanza di accesso ai dati personali (operazioni bancarie, movimenti di denaro, ecc.) del de cuius, a prescindere dalle prerogative riconosciute in altra sede da norme ulteriori, quali quelle contenute nel T. U. in materia bancaria (art. 119, comma 4, del d. lg. n. 385/1993, come sostituito dall’art. 24 del d. lg. n. 342/1999).
A ciò deve aggiungersi che l’articolo 119 del T.U.B. (Testo Unico Bancario – D.Lgs. n. 385 del 1 settembre 1993) afferma che “il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione”.
Sul punto, la Cassazione che il Tribunale ritiene di dover condividere, si è più volte pronunciata (Cass. Sez. I n. 12093 del 27/9/2001, Cass. Sez. I n. 11004 del 12/5/2006 e da ultimo Cass. civ. ord. 13277/18), sottolineando che la normativa de qua va interpretata in base al principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.) e che, quindi, il cliente o chi per lui ha il diritto di ottenere tutta la documentazione a cui è interessato nel rispetto del solo limite temporale decennale, precisando che ci si trova al cospetto di un vero e proprio diritto soggettivo autonomo dell’erede che trova fondamento nei doveri di solidarietà e negli obblighi di comportamento secondo buona fede.
Ne discende che sussiste la piena legittimazione dell’odierna opponente a veder tutelato il proprio diritto di avere informazioni in merito all’operazione di incasso dell’assegno bancario di cui si discute operata dal padre, essendo irrilevante che il defunto genitore era il beneficiario e non anche il traente dell’assegno de quo
Invero, laddove il TUB, all’art. 119, contempla il diritto ad ottenere “documentazione inerente a singole operazioni poste in essere”, fa chiaramente riferimento a tutte le operazioni bancarie poste in essere, tra cui pacificamente rientra quella del versamento dell’assegno di cui si tratta ovvero della riscossione per cassa del controvalore dello stesso.
Ne discende che il rifiuto opposto stragiudizialmente dalla banca era del tutto illegittimo, sussistendo, quindi, il pieno diritto dell’opposta a vedersi fornire la documentazione richiesta con il monitorio.
Sul punto va solo precisato che, sempre sulla base del principio di buona fede, era onere dell’opponente indicare, qualora non avesse avuto a disposizione la documentazione richiesta, la mancata disponibilità della stessa, per essere stato, ad esempio, l’assegno bancato presso altro istituto, non potendosi pretendere, come invece l’opponente sostiene, che la ricorrente con il ricorso monitorio avrebbe dovuto fornire la prova diabolica della disponibilità in capo alla banca ingiunta della res di cui si chiedeva la consegna.
Ne discende che l’opposizione deve essere rigettata perché del tutto infondata con ogni conseguenza in tema di spese di lite che, liquidate come da dispositivo sulla base dei valori medi per le fasi di studio, introduttiva e decisoria (essendo la fase di trattazione coincisa con quella decisionale) seguono la soccombenza dell’opponente.
P.Q.M.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, definitivamente pronunciando nel giudizio n. 947/19, ogni altra domanda ed eccezione assorbita e/o disattesa così provvede
RIGETTA
L’opposizione per le ragioni di cui in parte motiva
CONDANNA
L’opponente alla refusione delle spese di lite che determina in Euro 4000.00 per compensi oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Ascoli Piceno il 6 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2020.