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Tribunale Roma, Sezione 16 civile Sentenza 23 febbraio 2018, n. 4358
la asserita contraffazione dell’assegno sulla quale si fonda non appare immediatamente apprezzabile neppure facendo ricorso al criterio della diligenza “dell’esperto banchiere” che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, deve essere usata dalla banca nell’esecuzione del rapporto intrattenuto con il correntista al fine, di adempiere correttamente al mandato ricevuto.
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Tribunale Roma, Sezione 16 civile Sentenza 23 febbraio 2018, n. 4358
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE XVI CIVILE
in persona del giudice unico, dott. Stefano Cardinali, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado, iscritta al n. (…) del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno vertente
TRA
(…)
elettivamente domiciliato (…), via (…) presso studio dell'(…), che lo rappresenta e difende giusta, procura apposta a margine dell’atto di citazione
ATTORE
E
(…) S.p.A.
in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (…) presso lo studio dell'(…) che rappresenta e difende giusta procura generale alle liti per atto notaio (…) del 10/6/14
CONVENUTA
OGGETTO: contratti bancari.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
(…) ha convenuto in giudizio (…) S.p.A. affinché venisse accertata la sua responsabilità contrattuale, ai sensi dell’art. 1176 c.c., in ordine alla negoziazione di. un assegno contraffatto, tratto sul conto corrente intrattenuto presso la banca convenuta, con – conseguente condanna della medesima al pagamento in suo favore della somma addebitata di Euro 9.700,00 oltre interessi. Ha sostenuto, premesso di aver ottenuto, in data 9/5/06, un decreto del Prefetto della. Provincia di Roma con il quale era autorizzato il cambiamento del proprio cognome da “(…)” a “(…)”, che, dall’esame dell’estratto conto, si era avveduto che risultava essere stato negoziato e addebitato sul suo conto corrente l’assegno n. (…) per l’importo di Euro 9.700,00, con data valuta 9/2/07; che, l’assegno in questione era evidentemente contraffatto, essendo esso attore in possesso dell’originale del modulo dell’assegno che non era mai stato compilato e recando, nonostante, l’intervenuto cambiamento del cognome, la firma (…) che esso attore aveva disconosciuto, come specificato in sede di denuncia querela tempestivamente presentata; che la banca convenuta doveva considerarsi responsabile per aver negoziato il titolo nonostante la contraffazione.
La (…) S.p.A. si è costituita, sostenendo la necessità di sospendere il presente giudizio in attesa della definizione del procedimento penale in corso avanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e la sua carenza di legittimazione passiva, in quanto banca traente, dovendo semmai essere considerata responsabile esclusiva della negoziazione, la banca (…) presso l’assegno era stato versato. In ogni caso, ha contestato qualsiasi sua responsabilità, non essendo evidentemente percepibile la contraffazione dell’assegno in questione, e ha chiesto il rigetto delle domande spiegate dall’attore.
Quindi, precisate le conclusioni come in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione sulle produzioni documentali delle parti.
Al riguardo, premesso che non ricorre, nel caso di specie, alcuna delle ipotesi di sospensione del giudizio previste dall’art. 295 c.p.c. o dall’art. 75 c.p.p., si deve rilevare che le domande dell’attore non possono trovare accoglimento per la assorbente ragione che la asserita contraffazione dell’assegno sulla quale si fonda non appare immediatamente apprezzabile neppure facendo ricorso al criterio della diligenza “dell’esperto banchiere” che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, deve essere usata dalla banca nell’esecuzione del rapporto intrattenuto con il correntista al fine, di adempiere correttamente al mandato ricevuto.
Da un lato, infatti, la copia dell’assegno negoziato prodotta dalla convenuta, recante la firma “(…)”, non presenta segni di alterazione immediatamente percepibili e la testimonianza resa nel procedimento penale dal direttore della filiale ove era aperto il conto corrente – secondo il quale l’ufficio ispettorato della banca, all’esito di un’analisi approfondita delle caratteristiche tecniche proprie degli assegni emessi dall’istituto, era giunto alla conclusione che era parso evidente che l’assegno negoziato fosse falso -, in mancanza, di qualsiasi allegazione specifica circa, le difformità riscontrate e riscontrabili, non può ritenersi sufficiente a fornire la dimostrazione della negligenza del personale della banca che di tale contraffazione non si era avveduto nel corso dei controlli che sarebbero dovuti essere effettuati all’esito della presentazione del titolo in stanza di compensazione.
Dall’altro, come emerge dagli atti sottoscritti dall’attore con la firma “(…)” dopo l’avvenuto cambiamento del cognome e come non è in contestazione, la banca non era a conoscenza di tale circostanza, che non le era mai stata comunicata, e nessun addebito può esserle rivolto per non aver riscontrato la difformità della firma apposta sull’assegno utilizzando il cognome non più in uso del correntista, firma che, come si evince dagli stessi documenti e dallo specimen in possesso dell’istituto, appariva pienamente conforme alle firme del cliente che la stessa banca avrebbe dovuto confrontare con quella apposta sul titolo. Il perdurante utilizzo del cognome non più in uso da parte del cliente nei rapporti con la banca successivi al cambiamento del cognome, del resto, costituisce un comportamento illegittimo dell’attore che avrebbe certamente contribuito in modo determinante alla mancata rilevazione della asserita contraffazione dell’assegno in questione.
Le domande spiegate da (…), pertanto, devono essere respinte, con condanna del medesimo al pagamento delle spese del presente giudizio in base al principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinge le domande proposte da (…) nei confronti della (…) S.p.A. e condanna l’attore a rimborsare alla convenuta le spese sostenute per il presente giudizio, che liquida in Euro 3.500,00, per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali come per legge.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2018.
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2018.