a norma dell’art. 1988 c.c., la promessa di pagamento e la ricognizione di debito dispensano colui a favore del quale sono fatte dall’onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza si presume fino a prova contraria. Esse hanno l’effetto di invertire l’onere probatorio (c.d. astrazione processuale circa l’esistenza del rapporto fondamentale sottostante), per cui il promissario, agendo per l’adempimento dell’obbligazione, ha soltanto l’onere di provare la ricorrenza di tale promessa e non anche l’esistenza del rapporto giuridico da cui essa trae origine, mentre incombe al promittente l’onere di provare l’inesistenza o l’invalidità o l’estinzione del rapporto fondamentale, sia questo menzionato oppure non nella promessa unilaterale di pagamento.

Tribunale|Frosinone|Civile|Sentenza|24 gennaio 2020| n. 52
Data udienza 16 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI FROSINONE

– SEZIONE CIVILE –

In composizione monocratica, nella persona del giudice designato, dr. Luigi Petraccone, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile promossa in I grado, iscritta al RG nr. 2509/17,

vertente

TRA

CENTRO ODONTOIATRICO “LE.” S.r.l. (C.F. e P. IVA: (…)), con sede in Frosinone, alla via (…), in persona del legale rappresentane pro tempore, Dott.ssa Ch.VI., rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Lu.Ve. e An.Ve.

Parte attrice-opponente

E

TR.DO. (C.F.: (…) rappresentato e difeso dall’Avv.to Sa.Sa.

Parte convenuta-opposta

Avente ad OGGETTO: opposizione al decreto ingiuntivo n. 707/17 (RG 1726/16) del 16 maggio 2017, ritualmente emesso dall’intestato Tribunale, su istanza del dott. Do.Tr., con il quale è stato ingiunto all’odierna Opponente di pagare, nel termine di giorni 40 dalla notifica, l’importo di Euro 10.688,00, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al saldo, ex art. 1284 co. 4 c.c., nonché le spese di procedura, liquidate in complessivi Euro 685,50, oltre rimborso forfettario ex art. 2 DM 55/14, IVA e CPA, per le prestazioni di cui alle allegate notule proforma come sottoscritte per accettazione dalla Dott.ssa Ch.Vi., quale Amministratore Unico, nonché legale rappresentante pro-tempore della odierna parte opponente.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione in opposizione, ritualmente notificato, il CENTRO ODONTOIATRICO LE. S.r.l. conveniva in giudizio il Dott. DO.TR., onde sentire accogliere le seguenti, testuali, conclusioni: “in via preliminare e pregiudiziale sospendere il presente procedimento e invitare le parti ad instaurare la procedura di negoziazione assistita rientrando la materia nella normativa di cui alla Legge n. 162/2014;

nel merito in via principale accertare e dichiarare, previa reiezione della evenienda richiesta di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c., la nullità, inefficacia improduttività di effetti giuridici del prefato decreto ingiuntivo Tribunale di Frosinone n. 707/2017 del 16/05/2917 e, per l’effetto, per tutti i titoli causali e ragioni di cui in premessa, revocare la detta ingiunzione con ogni e più opportuna declaratoria di legge;

in via meramente subordinata, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda promossa in via principale e previo effettivo accertamento del corretto e minore importo dovuto per le prestazioni rese dal dott. Tr. in rigoroso ossequio delle tariffe professionali vigenti in relazione alle somme effettivamente dal medesimo percepite, riformare il prefato D.I. n. 707/2017 del 16/05/2017 riducendolo secondo quanto effettivamente e legittimamente dovuto. In ogni caso con vittoria di spese e compensi di giudizio con distrazione delle spese in favore dei sottoscritti procuratori nominatisi antistatari”.

Indi – oltre a chiedere che il Tribunale sospendesse il procedimento, al fine di consentire, lo svolgimento della procedura di negoziazione assistita – deduceva ed eccepiva:

1) l’inefficacia del decreto in oggetto per avere l’istante prodotto mere notule pro forma, peraltro neppure asseverate e/o vidimate da soggetto terzo, all’uopo invocando l’art. 636 c.p.c. (cfr. pag. 2 citazione);

2) il totale adempimento di tutte le obbligazioni di pagamento da parte dell’opponente, in relazione alla collaborazione professionale tra il Dott. TR. ed il CENTRO LE., a mezzo di pagamenti in contanti (cfr. pag. 3 citazione);

3) la totale inefficacia dell’allegata “presunta ricognizione di debito'”, atteso che la stessa era intervenuta prima che i responsabili amministrativi del CENTRO provvedessero a quantificare le reali ed effettive spettanze dell’opposto (cfr. pag. 4 citazione).

Infine, si eccepiva la compensazione con pretesi danni che l’opposto avrebbe arrecato al CENTRO, a causa delle numerose e vibranti lamentele di alcuni pazienti trattati presso il CENTRO dal Dott. TR., ed, in particolare, della Sig.ra Pa.Bo., la quale si era più volte lamentata per la non corretta realizzazione di n. 4 impianti dentari da parte dell’opposto (cfr. pagina 5 e pagina 6 dell’atto di citazione).

Pertanto, si insisteva per la revoca del decreto ingiuntivo in oggetto.

Si costituiva ritualmente il convenuto, il quale concludeva per il rigetto dell’opposizione, nonché di ogni avversa domanda, e quindi per la conferma del decreto in esame, evidenziando la totale ed assoluta pretestuosità dei motivi di cui sopra, da ritenersi del tutto infondati e non corrispondenti al vero (cfr. pagina 2 e pagina 3 della comparsa di riposta).

Il (precedente) G.I. assegnava termine per procedere alla negoziazione assistita (che però dava esito negativo, come da verbale in data 21 maggio 2018, all’uopo esibito dal Procuratore della parte opponente all’udienza del 21.02.2019), nonché i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c..

Depositate le memorie istruttorie, il sottoscritto magistrato, quale nuovo assegnatario del ruolo, con ordinanza in data 26 febbraio

2019, depositata in pari data, concedeva la provvisoria esecuzione, rinviando la causa per la precisazione delle conclusioni (si legge, tra gli altri, in detta ordinanza: considerato che parte opponente, a fronte della puntuale documentazione prodotta da controparte, invero non specificatamente contestata, si è limitata ad eccepire:

1) l’inidoneità delle predette notule a costituire (unica) fonte di prova;

2) il pagamento di tutto quanto dovuto, senza però documentarlo in alcun modo (se non a mezzo di capitoli di prova del tutto generici e quindi in violazione del disposto di cui all’art. 244 c.p.c., nonché degli artt. 2721 e 2722 c.c.);

3) l’inadempimento di contro-parte alle proprie obbligazioni ex art. 1460 c.c., indi lamentando asseriti danni subiti dai pazienti trattati dal Dott. TR., anche in tale caso, però, senza fornire idonei ed adeguati elementi di riscontro;

CONSIDERATO che la parte opposta ha – di contro – documentato la propria pretesa creditoria con le risultanze di cui a dette notule, ritualmente sottoscritte dal debitore, recte dal suo l.r.p.t., tra l’altro mai contestate, altresì producendo ulteriore documentazione a firma del debitore, ossia del suddetto l.r.p.t., del 24 marzo 2017, in cui sostanzialmente si riconosce l’esistenza del debito;

ATTESO che di contro le contestazioni della parte opponente di cui sopra, allo stato, sia pure sulla base di detta valutazione sommaria, propria di tale fase, non appaiono suffragate da idonei elementi di riscontro, risolvendosi dunque, a parere del giudicante, in un mero, generico, rifiuto del credito rivendicato da controparte (apparendo indi infondata, sulla base di detta valutazione sommaria, l’opposizione per cui è causa);

RITENUTO, indi, che allo stato appaiano maggiormente meritevoli di apprezzamento le ragioni della parte opposta, per la quale la durata del presente procedimento, anche in considerazione del carico di ruolo, non può che rappresentare un pregiudizio, donde la ritenuta sussistenza dei presupposti di cui all’art. 648 cpc;

ATTESO che inoltre l’opposizione in oggetto non possa dirsi fondata su prova scritta, non essendovi come detto idonea prova scritta, né in ordine al pagamento di quanto dovuto, né in ordine all’eccezione ex art. 1460 c.c.;

RITENUTO, che, del resto, l’art. 648 c.p.c. citato, laddove dice che il giudice, in casi del genere, “può” concedere l’esecuzione provvisoria, attribuisca al giudicante ampia discrezionalità nella relativa valutazione e quindi nella decisione circa la concessione della provvisoria esecuzione;

RITENUTO che, sulla base di detta sommaria valutazione, indi sussistano i presupposti per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto;

CONCEDE ex art. 648 c.p.c., la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo in oggetto. RINVIA per la precisazione delle conclusioni, all’udienza del giorno 11 ottobre 2019, ore 10.00).

All’udienza del giorno 11.10.2019, dunque, detto giudicante tratteneva la causa in decisione, con l’assegnazione dei termini di legge, ex articolo 190 comma 1 c.p.c.. Le parti concludevano come sopra (nelle memorie conclusionali, parte opponente insisteva altresì per la revoca dell’ordinanza di cui sopra, del 26.02.2019, nella parte in cui il Tribunale aveva di fatto disatteso tutte le istanze istruttorie).

MOTIVI DELLA DECISIONE

PREMESSA

Preliminarmente occorre osservare che, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il giudice, nel motivare “concisamente” la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questiones sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla trattazione delle sole questioni – di fatto e di diritto – rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata e che in effetti quelle restanti, non trattate, non andranno necessariamente ritenute come “omesse” – per effetto di error in procedendo – ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante.

Pertanto, non saranno prese in esame le questioni non rilevanti ai fini della decisione, né quelle proposte tardivamente, ossia oltre i termini perentori previsti dalla legge. Difatti, le preclusioni derivanti dal mancato rispetto dei termini perentori, in quanto volte a tutelare anche l’interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo, devono essere rilevate d’ufficio dal giudice, indipendentemente dall’atteggiamento processuale della controparte al riguardo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3806 del 26/02/2016; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11282 del 10/05/2018, etc.; e cfr., nella parte motiva, anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 31886 del 06/12/2019).

Ciò premesso e passando alla disamina della “res controversa”, la domanda giudiziale, come ritualmente proposta in via monitoria, è fondata e merita, pertanto, di trovare pieno accoglimento, nei termini che vengono di seguito precisati.

Com’è noto, il giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo è un giudizio a cognizione piena nel corso del quale grava sull’opposto, attore in senso sostanziale e convenuto solo in senso formale, fornire la prova piena del credito azionato in via monitoria.

Detto giudizio, difatti, si configura come giudizio ordinario di cognizione e si svolge seconde le norme del procedimento ordinario nel quale incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa: l’opposizione a decreto ingiuntivo infatti introduce un procedimento ordinario a cognizione piena nel quale è da ritenersi irrilevante, ai fini dell’eventuale accoglimento dell’opposizione, la (eventuale, originaria) mancanza delle condizioni richieste dagli artt. 633 e ss. c.p.c. (cfr. ad esempio Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7020 del 12/03/2019, nonché Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16767 del 23/07/2014, etc.), dovendo il giudice (dell’opposizione) pronunciarsi solo sulla fondatezza della pretesa creditoria oggetto del ricorso monitorio. Per tale ragione, può già ivi agevolmente disattendersi il primo motivo di lagnanza relativo alla pretesa inefficacia del decreto in oggetto per avere l’istante prodotto mere notule pro forma.

ESAME del merito

Come sopra anticipato, parte opposta, a parere di questo giudicante, ha ampiamente adempiuto al proprio onere probatorio. Detta parte, a sostegno della propria pretesa creditoria, ha ritualmente prodotto, sin dalla fase monitoria:

1) n. sei (6) notule/fatture pro-forma, tutte ritualmente sottoscritte dal debitore, recte dal suo legale rappresentane pro tempore, Dott.ssa VI. (la n. 5 del 31 maggio 2016, la n. 6 del 30 giugno 2016, la n. 7 del 31 luglio 2016, la n. 8 del 31 agosto 2016, la n. 9 del 30 settembre 2016, la n. 10 del 31 ottobre 2016) tra l’altro mai contestate, prima del presente giudizio;

2) ulteriore documentazione a firma del debitore, ossia del suddetto legale rappresentane pro-tempore, Dott.ssa VI., del 24 marzo 2017, in cui si riconosce l’esistenza del debito.

Atteso che la odierna parte opponente è stata inadempiente al predetto “impegno”, avendo pagato solo in parte quanto dovuto all’opposto per la collaborazione professionale da questi prestata nell’arco di vari anni (circa sette: cfr. pagina 3 della comparsa conclusionale della Parte opponente), l’odierno opposto si è indi visto costretto ad instaurare il suddetto procedimento monitorio. Nella predetta scrittura del 24.03.2017, non disconosciuta dalle parti, la odierna opponente, difatti, riconosce, ex art. 1988 c.c., di essere debitore nei confronti dell’odierno opposto (e cfr. Cass. 2389/66; Cass. 2614/99; Cass. 7820/17).

Come si evince quindi dal tenore dell’atto, è evidente che esso contenga un riconoscimento del debito, ai sensi dell’art. 1988 c.c.. Né è possibile ritenere che il giudice possa ivi valutare diversamente detto accordo (e v. Cass. 14284/18).

Tanto precisato, va indi rilevato come, a norma dell’art. 1988 c.c., la promessa di pagamento e la ricognizione di debito dispensano colui a favore del quale sono fatte dall’onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza si presume fino a prova contraria. Esse hanno l’effetto di invertire l’onere probatorio (c.d. astrazione processuale circa l’esistenza del rapporto fondamentale sottostante), per cui il promissario, agendo per l’adempimento dell’obbligazione, ha soltanto l’onere di provare la ricorrenza di tale promessa e non anche l’esistenza del rapporto giuridico da cui essa trae origine, mentre incombe al promittente l’onere di provare l’inesistenza o l’invalidità o l’estinzione del rapporto fondamentale, sia questo menzionato oppure non nella promessa unilaterale di pagamento (cfr. Cass. n. 1447/1965; Cass. n. 1146/1972; Cass. Sez. II, sent. n. 9480/1991; Cass. Sez. II 4.1.1997 n. 280; Cass. Sez. II, Sentenza n. 2614 del 1999; nonché Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18311 del 01/12/2003; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22898 del 11/11/2005; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10574 del 09/05/2007, etc.).

Orbene, pertanto, tale documentazione, secondo questo giudicante, sarebbe già idonea – di per se sola – all’accoglimento della domanda proposta in via monitoria.

Indi, facendo applicazione alla fattispecie concreta dei suddetti principi, oltre che dei noti principi sull’onere della prova (cfr., circa l’onere della prova come gravante sulle parti, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, ex multis, Cass. Sez. Un., n. 13533 del 30/10/2001; Cass. 13674 del 13/06/2006; Cass. 3373 del 12/02/2010; Cass. 826 del 20/01/2015; Cass. 25584 del 12/10/2018; Cass. 22777 del 25/09/2018; Cass. 98 del 04/01/2019; Cass.13685 del 21/05/2019, etc.), se ne deduce che è stata raggiunta la prova della fonte del diritto di credito: nessun elemento è stato acquisito al processo in ordine ad un’eventuale estinzione del predetto credito, tenuto conto peraltro che l’opponente non ha contestato né detti documenti, né il rapporto di collaborazione per cui è causa (e cfr., da ultimo, pagina 3 della comparsa conclusionale della Parte opponente).

In sostanza, i fatti così come allegati dall’opposto, nel ricorso monitorio, sono da considerarsi pacifici, si dà poter dispensare detta parte da ulteriori oneri probatori ed essere posti a base della decisione (sul punto, ex multis:. Cass. n. 4022/1981; non a caso, coerentemente con quanto ritenuto dalla Cassazione, sin dal 1981, l’art. 115 c.p.c., come modificato dalla Legge n. 69/09, ha indi dato facoltà al giudice di porre a fondamento della decisione anche solamente i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite).

Ed, invero, l’opponente contesta ed eccepisce, in definitiva, solo:

a) il totale adempimento di tutte le obbligazioni di pagamento da parte dell’opponente, in relazione alla collaborazione professionale tra il Dott. TR. ed il CENTRO, a mezzo di pagamenti in contanti (cfr. pag. 3 citazione);

b) la totale inefficacia dell’allegata “presunta ricognizione di debito”, atteso che la stessa era intervenuta prima che i responsabili amministrativi del CENTRO provvedessero a quantificare le reali ed effettive spettanze dell’opposto (cfr. pag. 4 citazione).

c) la compensazione con pretesi danni che l’opposto avrebbe arrecato al CENTRO, a causa delle numerose e vibranti lamentele di alcuni pazienti trattati presso il CENTRO dal Dott. TR., ed, in particolare, della Sig.ra Pa.Bo., la quale si era più volte lamentata per la non corretta realizzazione di n. 4 impianti dentari (cfr. pagina 5 e pagina 6 dell’atto di citazione).

L’opponente, però, in relazione a tali fatti, non fornisce idonei elementi di prova.

Indi, prima di passare all’esame dei capitoli di prova all’uopo dedotti ed articolati (e da questo giudicante non ammessi), va subito ribadito come l’opponente, mai, prima dell’odierno giudizio, e cioè prima di ricevere l’ingiunzione di pagamento in questione, abbia sollevato obiezioni di sorta.

Le suddette lamentele infatti vengono proposte solo oggi, e solo dopo avere ricevuto la richiesta di pagamento del saldo (e cfr. quanto scrive a tale proposito il predetto l. r.p.t., Dott.ssa CH.VI., nella predetta qualità, nel citato atto del 24 marzo 2017, da questo giudicante qualificato quale “ricognizione di debito”, come invero allegato dall’opposto, sin dalla fase monitoria).

Ed, invero, questo giudicante, nel rigettare le prove orali come articolate e richieste dall’opponente – oltre a tenere conto, ex artt. 2721 e 2722 c.c., della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12111 del 19/08/2003) – ha altresì ritenuto che non sussistessero i presupposti di cui all’art. 244 c.p.c..

Ed, invero, i capitoli di prova, così come formulati, appaiono altresì del tutto generici.

Infatti, il capitolo da cui dovrebbe inferirsi l’integrale pagamento di tuto quanto dovuto è stato così articolato: “Vero è che durante la collaborazione professionale tra il Dottor Tr.Do. e il Centro Odontoiatrico Le. S.r.l. il primo riceveva tutte le somme relative alle prestazioni svolte presso il Centro tramite pagamenti in contanti”.

Alcun capitolo di prova è stato poi articolato in relazione all’eccezione (sub b) riguardante la (pretesa) totale inefficacia dell’allegata “presunta ricognizione di debito”.

Mentre i pretesi danni avrebbero dovuto desumersi – per quanto ivi rileva – dai seguenti capitoli di prova: “Vero è che i lavori effettuati dal Dottor Tr.Do. causavano alla su richiamata cliente (Bo.Pa.) pregiudizi vari in termini di dolori, fastidi e sofferenze”; “Vero è che la Sig.ra Bo.Pa., a seguito dei lavori realizzati dal Dottor Tr.Do., muoveva lamentele alla Responsabile del Centro Odontoiatrico Le., la Dott.ssa Ch.Vi., anche alla presenza di altri medici e tecnici della struttura”; “Vero è che a causa delle conseguenze negative susseguitesi all’intervento effettuato dal Dottor Tr.Do. la Sig.ra Bo.Pa. manifestava la più ferma ritrosia a sottoporsi ad ulteriori interventi sotto l’egida del Dottor Tr.”;”Vero è che a seguito delle problematiche determinate dall’operato del Dottor Tr.Do., la Sig.ra Bo.Pa. minacciava di ricorrere ad azioni giudiziarie sia nei confronti del Centro Odontoiatrico Le. S.r.l. che nei confronti del Dottor Tr. per i danni conseguenza dell’operato di quest’ultimo”.

Ebbene, a parere del giudicante, trattasi di capitoli non ammissibili, in quanto in violazione dell’art. 244 c.p.c. sopra citato.

Giova difatti ricordare che la richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un’adeguata difesa (cfr. ex multis Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9547 del 22/04/2009; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20997 del 12/10/2011; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1808 del 02/02/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18453 del 21/09/2015).

La giurisprudenza di legittimità ha, poi, chiarito che non è consentita la supplenza del giudice nelle attività processuali delle parti, cosicché le istanze istruttorie devono avere ad oggetto circostanze il più possibile specifiche, nel senso che devono garantire il massimo grado di specificità consentita in relazione alla fattispecie concreta” (Cass. Civ., sez. III, sentenza 12 giugno 2012 n. 9522; Cass. civ., sez. I, sentenza 18 gennaio 2013 n. 1239, secondo cui sono generiche e pertanto inammissibili le prove formulate nel senso di attribuire alla parte comportamenti vaghi senza dedurre specifiche circostanze al riguardo: la genericità è superata solo se la circostanza – il comportamento addebitato – è collocata in determinato momento storico ed un determinato contesto topico, rivelandosi altrimenti inidonea a superare il vaglio di cui all’art. 244 cpc).

Per tale motivo sono da ritenersi generici e quindi inammissibili tutti i citati capitoli di prova come dedotti dall’opponente.

Mentre sono da ritenersi irrilevanti i restanti capitoli di prova, così come articolati, in relazione, rispettivamente: al lavoro di implantologia dei nn.ri 4 impianti dentari alla Sig.ra Bo.Pa., ed allo scioglimento del rapporto di collaborazione professionale tra le odierne parti in causa.

Infatti, non essendovi alcun (elemento di) prova circa i (solo asseriti) danni e/o circa eventuali azioni giudiziarie intraprese da parte della Sig.ra Bo. (o di altri clienti del CENTRO), a parere del giudicante, è irrilevante l’accertamento circa la ritrosia (della Sig.ra Bo.Pa.) a sottoporsi ad ulteriori interventi sotto l’egida del Dottor Tr., così come è irrilevante sapere se la predetta collaborazione professionale si sia sciolta (solo) per le lamentele della Sig.ra Bo., o non, piuttosto, come in verità appare assai più verosimile, semplicemente perché era venuta meno la reciproca fiducia.

Né, come detto, parte opponente ha allegato – all’infuori dell’articolazione della suddetta prova per testi – elementi di segno contrario, tali da consentire una diversa ricostruzione dei fatti di causa (e/o l’ammissione dei capitoli di prova).

Si deve pertanto concludere per il rigetto dell’opposizione.

Ai sensi dell’art. 653 c.p.c., la presente sentenza di condanna, provvisoriamente esecutiva, indi sostituirà in toto il precedente titolo esecutivo e di conseguenza anche l’ordinanza del 26.02.2019.

CONCLUSIONI

In conclusione, pertanto, l’opposizione va rigettata ed il decreto ingiuntivo va integralmente confermato, restando indi “assorbite” le restanti istanze e questioni, in virtù del principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in base al quale la figura dell’assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, in senso proprio, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, ed, in senso improprio quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande (si veda, per esempio: Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 28663 del 27/12/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14190 del 12/07/2016; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 8571 del 06/04/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13534 del 30/05/2018).

SPESE di lite

Le spese giudiziali seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo sulla base dei criteri di cui al DM 55/2014, s. m. (e relativa Tabella), in applicazione quindi dei parametri di cui a detto D.M. (pubblicato sulla G.U. il 02.04.2014 ed entrato in vigore il giorno seguente, giusta art. 29 di detto DM), atteso che l’attività svolta dal difensore non era terminata (ed invero neppure iniziata) al momento dell’entrata in vigore del suddetto DM (cfr. Cass. Sez. Un. n. 17405 del 2012) e sulla base dei criteri ivi previsti, ex art. 4 comma 1, avendo riguardo al III scaglione, ossia quello sino ad Euro 26.000,00 (cfr., ex multis, Cass. Sez. Un. n. 19014 del 2007, secondo cui il valore della controversia va fissato – in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata – sulla base del criterio del “disputatum'”, “ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio”; e cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27871 del 23/11/2017; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 536 del 12/01/2011; ed anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28417 del 07/11/2018) e sulla base dei valori medi e tenuto conto dell’assoluta mancanza di attività istruttoria.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE DI FROSINONE – SEZIONE CIVILE -, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla controversia civile, promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:

1. RIGETTA l’opposizione proposta dal CENTRO ODONTOIATRICO LE. S.R.L., con sede in Frosinone, alla via (…), in persona del legale rappresentane pro tempore, Dott.ssa Ch.Vi., e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 707/17 (RG 1726/16) del 16 maggio 2017, ritualmente emesso dall’intestato Tribunale, su istanza del dott. DO.TR., con il quale è stato ingiunto all’odierna opponente di pagare l’importo di Euro 10.688,00, oltre interessi al tasso legale dalla, ex art. 1284 co. 4 c.c., dalla domanda al saldo, nonché le spese di procedura, come all’uopo liquidate;

2. CONDANNA la predetta parte opponente alla rifusione delle spese di lite, in favore della parte opposta, TR.DO., liquidandole in complessivi Euro 3.235,00, oltre accessori di legge (spese generali al 15%, c.p.a. ed IVA come per legge).

Sentenza esecutiva come per legge.

Così deciso in Frosinone 16 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.