ritenere l’inammissibilità della querela di falso in caso di smarrimento dell’originale comporterebbe la conseguenza paradossale di attribuire alle copie una efficacia ancora più pregnante dell’originale stesso; inoltre, nel caso in cui fosse lo stesso soggetto che abbia formato il falso a non rendere disponibile l’originale, la tesi della convenuta gli consentirebbe di evitare il giudizio di falso, realizzando così un vantaggio palesemente ingiusto.
Tribunale|Milano|Sezione 6|Civile|Sentenza|13 febbraio 2020| n. 1367
Data udienza 12 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SESTA CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Adriana Cassano Cicuto – presidente
dott. Antonio S. Stefani – giudice relatore
dott. Francesco Matteo Ferrari – giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 48423/2016 promossa da:
(…) (c.f. (…)), con il patrocinio dell’avv. RO.AN., domiciliato presso il difensore con indirizzo telematico
– parte attrice –
nei confronti di:
COMPAGNIE (…) S.A. – RAPPRESENTANZA GENERALE PER L’ITALIA (c. f.), con il patrocinio dell’avv. BA.RU., domiciliata presso il difensore con indirizzo telematico
– parte convenuta –
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Per quanto riguarda il completo svolgimento del processo, ai sensi del vigente art. 132 c.p.c., si fa rinvio agli atti delle parti e al verbale di causa.
1. Oggetto di causa
Oggetto di causa è la querela di falso proposta in via principale dall’attore avverso due sottoscrizioni a lui attribuite e apposte sull’appendice di coobbligazione della polizza fideiussoria n. (…), emessa dalla convenuta in data 28/5/2005 nell’interesse dell'(…) s.c.a.r.l. e in favore della Regione Piemonte, a garanzia dell’obbligo di restituzione di contributi (cfr. doc. 1 att.).
2. Sull’ammissibilità della querela di falso
Su richiesta della compagnia, il Giudice di pace di Milano nel 2007 ha emesso il decreto ingiuntivo n. 17368/2007 nei confronti del debitore principale e degli altri coobbligati per il mancato pagamento dei supplementi di premio maturati fino al 28/7/2007 in forza della polizza sopra specificata. (cfr. doc. 3 att.). Il decreto non è stato opposto e uno dei coobbligati, (…), padre dell’odierno attore, ha adempiuto il pagamento della somma ingiunta.
In seguito, la compagnia ha richiesto l’emissione di altri decreti ingiuntivi, anche a seguito dell’escussione della garanzia da parte della Regione Piemonte.
(…) ha proposto opposizione, sostenendo di non aver firmato l’appendice di coobbligazione in favore di (…) (odierna convenuta). Tali decreti, tuttavia, sono stati confermati anche in sede di impugnazione, sul presupposto che l’acquiescenza al primo decreto ingiuntivo costituisse giudicato esterno circa la sussistenza del titolo contrattuale posto alla base della pretesa e che non fosse più possibile metterlo in discussione in giudizi successivi fondati sul medesimo rapporto obbligatorio (cfr. doc. 6 e 7 att.).
Anche in questa sede parte convenuta ha eccepito l’inammissibilità della querela di falso, dal momento che la falsità della sottoscrizione doveva essere eccepita nel primo giudizio avente ad oggetto il titolo qui contestato. la parte ha richiamato il principio di diritto in base al quale l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico, anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di un credito. Ne consegue che il giudicato formatosi a seguito di mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre anche il titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame sulla sua esistenza in altro giudizio (cfr. Cass. 28318/2017).
Tale ricostruzione, sebbene condivisibile, non può però trovare accoglimento nel presente giudizio, a motivo della peculiare disciplina che connota la querela di falso. Tale azione, infatti, è espressione dell’interesse pubblicistico all’eliminazione di documenti falsi dal mondo giuridico e, quindi, può essere proposta a prescindere che sia stata prestata acquiescenza su un titolo ritenuto falso in altro procedimento, che nulla ha statuito sulla sua veridicità. Il fondamento normativo è posto dall’art. 221, primo comma, c.p.c., secondo il quale l’azione di falsità può essere proposta “in qualunque stato e grado di giudizio, finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato”.
Nella fattispecie non sussiste alcun accertamento positivo della genuinità delle sottoscrizioni in esame ed è pertanto ammissibile la domanda dell’attore volta ad accertare la falsità della firma a lui imputata, avendo egli interesse alla relativa pronuncia e agli effetti che ne conseguono con efficacia erga omnes.
3. C.T.U. grafologica
Per la decisione è stata disposta c.t.u. grafologica, affidata al rag. (…), che ha depositato relazione scritta in data 15/2/2019. La c.t.u. ha avuto a disposizione 6 firme comparative certamente genuine, oltre al saggio grafico appositamente raccolto. Deve rilevarsi che la perizia è stata eseguita su copia fotostatica del documento, giacché l’originale della polizza e della relativa appendice di coobbligazione è stata smarrita dalla cancelleria della sezione VIII civile di questo Tribunale (cfr. doc. 6 conv.), che la custodiva nell’ambito di altro giudizio.
Il confronto tra le sottoscrizioni oggetto di causa e le firme di comparazione hanno portato il consulente tecnico ad affermare la “presenza di una sostanziale incompatibilità di fondo, associata ad una lunga serie di disomografie, tutte aventi rilevante incidenza probatoria ed identificatoria, sia qualitativa che quantitativa.
Le stesse possono essere così sintetizzate: totale incompatibilità dei principali parametri analitici relativi al ductus grafico nel suo complesso, quali: calibro dimensionale, rapporti propo-dimensionali, allineamento, indice di coesione, spazi interletterali, decifrabilità; totale incompatibilità nella costruzione grafo-dinamica dei singoli grafemi (modus scribendi); totale incompatibilità della fluidità e della velocità vergativa. Tali risultanze permettono di escludere l’intervento materiale di (…) nell’apposizione delle sottoscrizioni in verifica. Pertanto le stesse devono ritenersi apocrife”.
La completezza dell’esame e l’assenza di lacune o aporie logiche impongono di fare propria la conclusione cui è giunto il c.t.u., senza riserve, nel senso che la firma sull’appendice di coobbligazione della polizza fideiussoria oggetto della querela non è di (…), ma è stata vergata da mano aliena.
Parte convenuta ha eccepito l’inammissibilità della c.t.u. grafologica sulla base di copia fotostatica, ritenendo che la querela di falso deve necessariamente esperirsi sull’esemplare originale del documento impugnato di falso. Il c.t.p. ha infatti evidenziato che “l’assenza dell’originale non ha permesso di individuare eventuali esitazioni, stentatezze, titubanze”: l’impossibilità di rilevare i parametri pressori delle firme e di cogliere le variazioni modulari della forza pressoria renderebbe pertanto incompleta e inattendibile la relazione del c.t.u.
L’eccezione è infondata, perché ritenere l’inammissibilità della querela in caso di smarrimento dell’originale comporterebbe la conseguenza paradossale di attribuire alle copie una efficacia ancora più pregnante dell’originale stesso; inoltre, nel caso in cui fosse lo stesso soggetto che abbia formato il falso a non rendere disponibile l’originale, la tesi della convenuta gli consentirebbe di evitare il giudizio di falso, realizzando così un vantaggio palesemente ingiusto (cfr. in questo senso Cass. 5350/1996).
Naturalmente la disponibilità della sola fotocopia limita per alcuni aspetti l’indagine tecnica peritale. Sotto questo profilo appaiono, tuttavia, convincenti le repliche formulate dal c.t.u. (cfr. pp. 52 ss. della relazione) L’esame comparativo delle firme in esame con i saggi acquisiti in sede di perizia ha rilevato delle incongruenze rilevanti, tali da non permettere di ricondurre le firme in esame alla gestualità grafica dell’attore.
Tali incongruenze consentono di superare il limite teorico della comparazione con reperti non originali. Infatti, i parametri pressori hanno un’incidenza probatoria trascurabile nell’indagine grafico-comparativa, giacché richiedono la riproduzione delle stesse condizioni presenti al momento della produzione della firma esaminanda (identità di mezzo e supporto scrittorio, medesimo inchiostro e stesso piano di appoggio) per l’acquisizione del saggio comparativo. Tale impossibilità di simulare i fattori che hanno condizionato lo scrivente al momento della sottoscrizione condiziona persino l’opportunità di sviluppare ulteriormente l’acquisizione del saggio grafico come suggerito dal c.t.p.
L’analisi globale degli autografi di comparazione ha peraltro individuato la presenza di una sostanziale coerenza ed omogeneità, sia dal punto di vista formale che dinamico-sostanziale, non inficiato da intenti dissimulativi e/o diversificativi, risultando quindi fedele alla gestualità grafica del soggetto scrivente.
Pertanto in base alle condivisibili conclusioni cui è giunta la c.t.u., la querela di falso deve essere accolta e le firme denunciate devono essere cancellate mediante annotazione sull’originale del dispositivo della sentenza.
4. Spese
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano secondo i parametri minimi del D.M. n. 55 del 2014 previsti per le cause di valore indeterminabile e di media complessità. Le spese e gli onorari relativi alla c.t.u. sono posti a carico di parte convenuta in quanto soccombente.
PER QUESTI MOTIVI
Il Tribunale di Milano
in composizione collegiale
definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
1. accerta e dichiara la falsità delle due firme attribuite a (…) apposte nell’appendice di coobbligazione della polizza fideiussoria oggetto di causa;
2. ordina la cancellazione delle predette firme, mediante annotazione sull’originale del presente dispositivo;
3. condanna parte convenuta a rimborsare in favore di parte attrice le spese di giudizio, che liquida in Euro 5.885,00 per compensi ed Euro 545,00 per spese esenti, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA sugli importi imponibili;
4. pone le spese di c.t.u. in via definitiva a carico di parte convenuta;
Così deciso in Milano il 12 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2020.