in tema di rappresentanza possono essere invocati i principi dell’apparenza del diritto e dell’affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente.
Tribunale Pordenone, civile Sentenza 5 giugno 2018, n. 450
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PORDENONE
in persona del Giudice dr. Piero Leanza ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 999/2014 di Ruolo Generale vertente
tra
(…), rappresentato e difeso, per mandato in calce all’atto di citazione in opposizione dall’avv. MA.PE. e dalla dott.ssa CA.PI. e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. DI.GI. in Pordenone;
– parte attrice opponente –
e
(…) – in persona del socio accomandatario (…), rappresentata e difesa per mandato in calce al ricorso per ingiunzione dall’avv. ST.BI. e presso lo studio di questa in Pordenone elettivamente domiciliata;
– parte convenuta opposta –
Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nella motivazione della presente sentenza viene omessa la descrizione analitica dello svolgimento del processo e si procede all’esposizione concisa dei motivi della decisione, in aderenza al disposto del novellato art. 132, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
Con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 2063/2013 il Tribunale di Pordenone ingiungeva al sig. (…) di pagare in favore della società (…) la somma di Euro 8.003,39, oltre interessi, sulla base delle fatture specificamente indicate in atti, emesse dalla società stessa per fornitura di beni mobili.
L’ingiunto proponeva opposizione al decreto ingiuntivo contestando – per i motivi specificamente indicati in atto di citazione, qui da intendersi richiamati – le richieste avanzate dalla ricorrente e chiedendo, in via preliminare, sospendersi la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e, nel merito, revocarsi il decreto opposto.
Si costituiva in giudizio la (…) S.a.s. di (…), contestando tutto quanto ex adverso dedotto e chiedendo – per i motivi esposti in comparsa di costituzione e qui da intendersi richiamati – l’integrale rigetto dell’opposizione, la conferma del decreto ingiuntivo opposto e la condanna di parte opponente al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. Chiedeva altresì, in via pregiudiziale, accertarsi e dichiararsi la nullità dell’atto di citazione in opposizione per carenza dell’avvertimento ex art. 38 c.p.c. e, comunque, fissarsi altra udienza ai sensi dell’art. 269 c.p.c. per consentire la chiamata in causa del terzo, sig. (…).
Nonostante la rituale notifica dell’atto di citazione di terzo, lo stesso non si costituiva in giudizio, sicché ne veniva dichiarata la contumacia all’udienza del 9.10.2015.
Il precedente giudice assegnatario rigettava l’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo, non ritenendo sussistenti gravi motivi e istruiva la causa con l’acquisizione della documentazione offerta dalle parti e l’assunzione di prova per testi.
Precisate le conclusioni dinanzi al nuovo giudice assegnatario, la causa veniva trattenuta in decisione, previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica.
Preliminarmente, va rilevato che i vizi della vocatio in ius e, quindi, anche l’omesso avviso ex art. 163, n. 7, c.p.c., sono sanati con la costituzione del convenuto, che sana retroattivamente (ex tunc) i vizi dell’atto (cfr. Cass. 12129/2004) e che comunque nella specie lo stesso è stata sanato dal giudice all’udienza dell’11.7.2014 mediante fissazione di nuova udienza per il 5.22.2014.
L’opposizione è fondata e va pertanto accolta, per quanto appresso indicato.
Per giurisprudenza costante, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore convenuto opposto che riveste la posizione di attore sostanziale e che deve quindi provare l’esistenza e l’ammontare del proprio credito (Cass. 20613/2011).
Il decreto ingiuntivo è un accertamento anticipatorio e, radicatosi il contraddittorio a seguito della proposizione dell’opposizione, si instaura un giudizio a cognizione piena caratterizzato dalle ordinarie regole processuali (art. 645, 2 comma, c.p.c.) anche in relazione al regime dell’onere della prova (cfr., ex multis, Cass. 17371/2003), con la conseguenza che oggetto del giudizio di opposizione non è la valutazione di legittimità o di validità del decreto ingiuntivo opposto, ma piuttosto la fondatezza nel merito della pretesa creditoria azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della sentenza (cfr. Cass. 15026/2005; Cass. 6663/2002).
Nella specie, parte opposta non ha fornito prova che gli ordini commissionati al (…) siano stati effettuati dall’opponente.
Invero, il sig. (…) ha disconosciuto già in atto di citazione le firme apposte agli ordini e ai documenti di trasporto in base ai quali sono state emesse le fatture ed ha successivamente reiterato il disconoscimento in prima udienza.
Parte opposta ha proposto istanza di verificazione di suddette firme in seconda memoria ex 183 c.p.c. senza, tuttavia, produrre successivamente gli originali dei documenti disconosciuti.
Condivisibile giurisprudenza di legittimità ritiene che “in caso di disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione di scrittura privata prodotta in copia fotostatica, la parte che l’abbia esibita in giudizio e intenda avvalersi della prova documentale rappresentata dall’anzidetta scrittura deve produrre l’originale al fine di ottenerne la verificazione, altrimenti, del contenuto del documento potrà fornire la prova con i mezzi ordinari, nei limiti della loro ammissibilità” (cfr. Cass. 7267/2014; Cass. 9971/2014).
Nella specie, parte opposta non ha prodotto detti originali e pertanto correttamente non si è proceduto con l’istanza di verificazione.
Dalla prova per testi è emerso che i predetti ordini non sono riconducibili a parte opponente. Invero, il teste (…), agente di commercio e collaboratore del (…), responsabile degli ordini per cui è causa, ha riferito di aver intrattenuto rapporti commerciali con il sig. (…) ed ha negato di aver incontrato personalmente il titolare della ditta individuale sig. (…).
Priva di pregio, nella specie, risulta l’eccezione di parte convenuta relativa al fatto che il sig. (…) abbia agito nella qualità di procuratore o di falsus procurator del sig. (…).
Condivisibile giurisprudenza ritiene invero sul punto che “in tema di rappresentanza … possono essere invocati i principi dell’apparenza del diritto e dell’affidamento incolpevole allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente” (Cass. 3787/2012).
Pertanto, affinché sussista la responsabilità di chi ha agito come rappresentante apparente per il danno subito dal terzo che abbia fatto affidamento sull’esistenza del potere e la validità del negozio la giurisprudenza richiede la compresenza di due requisiti specifici: da un lato la colpa o il dolo del rappresentante e dall’altro la mancanza di colpa nel terzo contraente.
Nella specie, non risulta da un lato provata la sussistenza di colpa in capo all’odierno opponente, non emergendo la stessa da alcuno degli atti di causa. D’altro, il teste (…) ha dichiarato che il sig. (…) gli aveva riferito di agire in qualità di socio del sig. (…) (“(…) mi diceva di aver costituito una società con (…)”). Ciò non può ritenersi sufficiente a provare la qualità di rappresentante, neanche apparente, del sig. (…), in quanto l’odierno opposto, (…) (nonché per lui, il sig. (…), suo collaboratore) avrebbe facilmente potuto verificare la veridicità di quanto riferito dal (…) mediante una semplice visura camerale della società.
Risulta peraltro acclarata la mala fede in capo al (…), avendo questi allegato di aver eseguito delle indagini sul conto di controparte, mediante visura camerale della società di (…) (doc. 5 parte opposta), in cui non risulta che (…) e (…) fossero soci.
Per quanto sopra, non risulta provato nella specie che (…) abbia agito né nella qualità di procurator né in quella di falsus procurator.
Per tali motivi, assorbenti rispetto ad ogni altra questione, l’opposizione va accolta e il decreto ingiuntivo revocato e va altresì respinta la domanda di manleva proposta da parte opposta nei confronti del sig. (…).
Le spese di lite tra parte attrice opponente e parte convenuta opposta seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, secondo le tariffe di cui al D.M. n. 55 del 2014, valore determinato sulla base del quantum riconosciuto ed applicate le tariffe medie.
Nulla sulle spese tra parte convenuta opposta e parte terza chiamata, la quale è rimasta contumace.
P.Q.M.
Definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte, così provvede:
– Accoglie l’opposizione e per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo opposto;
– Condanna (…) S.a.s. di (…) alla rifusione in favore di parte attrice opponente delle spese del presente procedimento, liquidate in Euro 4.835,00 oltre rimborso spese forfetarie, Iva e Cpa come per legge.
Così deciso in Pordenone il 24 maggio 2018.
Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2018.