Se poi i regolamenti edilizi, pur stabilendo espressamente la necessita’ di rispettare determinate distanze dal confine, consentano la facolta’ di costruire sul confine (proprio come le sopravvenute norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Pescate), si versa in ipotesi del tutto analoga, sul piano normativo, a quella prevista e disciplinata dagli articoli 873 c.c. e ss., con la conseguente operativita’ del medesimo principio della prevenzione, in base al quale chi edifica per primo sul fondo contiguo ad altro ha una triplice facolta’ alternativa: a) costruire sul confine; b) costruire con distacco dal confine, osservando la distanza minima imposta dal codice civile ovvero quella maggiore distanza stabilita dai regolamenti edilizi locali; c) costruire con distacco dal confine a distanza inferiore alla meta’ di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi, rimanendo in tal caso, come visto, la facolta’ per il vicino, che costruisca in un secondo momento, di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, pagando la meta’ del valore del muro del vicino, che diventera’ comune, e il valore del suolo occupato per effetto dell’avanzamento della fabbrica.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 24 luglio 2018, n. 19552
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9904-2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) SNC, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS);
– intimati –
e sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SNC, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 154/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La societa’ (OMISSIS). s.n.c., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 154/2014 della Corte d’Appello di Milano, depositata il 16 gennaio 2014.
Rimangono intimati senza svolgere attivita’ difensive la (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS), mentre la (OMISSIS) s.r.l. si e’ difesa con controricorso ed ha altresi’ proposto un motivo di ricorso incidentale. Da tale ricorso incidentale (OMISSIS). s.n.c., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) si difendono con controricorso.
Sono state presentate memorie ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c. dai ricorrenti principali e dalla ricorrente incidentale.
Con citazione del 20 gennaio 2003 (OMISSIS). s.n.c., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio davanti al Tribunale di Lecco la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.r.l., per ottenere la condanna alla riduzione in pristino ed al risarcimento dei danni conseguenti alla costruzione in (OMISSIS), di un edificio, adibito a capannone industriale (di proprieta’ della prima e condotto in locazione finanziaria dalla seconda), giusta concessione edilizia rilasciata il (OMISSIS), in violazione delle distanze previste dal Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968 e dalle n.t.a. del PRG comunale, in quanto posto a soli 37 cm. dal preesistente fabbricato degli attori. Le convenute opposero che il nuovo capannone industriale era stato realizzato in sopraelevazione al piano interrato gia’ esistente ed in aderenza al corpo di fabbrica di proprieta’ (OMISSIS); in riconvenzionale domandarono l’arretramento della costruzione degli attori. Venne altresi’ chiamato in causa l’architetto (OMISSIS). Con sentenza dell’8 gennaio 2008 il Tribunale di Lecco dichiaro’ che l’immobile di proprieta’ (OMISSIS) s.p.a. e condotto in locazione finanziaria dalla (OMISSIS) s.r.l., era stato costruito sul confine con il fondo di proprieta’ (OMISSIS); dichiaro’ che l’immobile di proprieta’ (OMISSIS) era stato, viceversa, costruito in arretramento di 40 cm. dalla medesima linea di confine; dichiaro’ che gli attori avessero usucapito il diritto di mantenere il proprio fabbricato costruito nel 1962 nell’attuale posizione; condanno’ gli (OMISSIS) ad arretrare, invece, i corpi di fabbrica costruiti tra il 1984 ed il 1987 e tra il 1996 ed il 2000 fino alla distanza di cinque metri dal confine; rigetto’ la domanda di risarcimento. La Corte d’Appello di Milano, poi, respinse l’appello proposto in via principale dalla (OMISSIS). s.n.c., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e, in accoglimento dell’appello incidentale di (OMISSIS) s.p.a., dichiaro’ la comunione forzosa del muro perimetrale del lato sud del capannone edificato sul mappale (OMISSIS) di proprieta’ (OMISSIS), per tutta la sua lunghezza di circa m. 30, e condanno’ la (OMISSIS) s.p.a. a corrispondere le somme di Euro 7.414,77 e di Euro 805,00 per il valore della meta’ del muro e del suolo da occupare con la nuova fabbrica, confermando per il resto la sentenza di primo grado.
1. il primo motivo del ricorso della societa’ (OMISSIS). s.n.c., e di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nel passaggio in giudicato del capo autonomo della sentenza di primo grado inerente all’avvenuta usucapione del diritto di mantenere i cespiti immobiliari edificati dai ricorrenti nel 1962 nell’attuale posizione rispetto al confine, incluse tubature, pluviali e accessori presenti sulla parete esterna del muro perimetrale del capannone (OMISSIS); e’ inoltre dedotta la falsa applicazione dell’articolo 875 c.c. Sulla base di tali premesse, i ricorrenti principali sostengono di aver usucapito la servitu’ di mantenere nel corrispondente stato di fatto le loro costruzioni rispetto al mappale n. (OMISSIS) del proprietario frontista; evidenziano come all’epoca della costruzione dell’edificio (OMISSIS) (1962) non vigevano le norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Pescate, che hanno poi imposto la distanza di metri cinque dal confine; espongono che conseguenza logica sarebbe stata l’arretramento della costruzione di (OMISSIS) s.p.a. sino alla distanza regolamentare; allegano che l’avanzamento della fabbrica di (OMISSIS) s.p.a. sino ad innestarsi sul muro di (OMISSIS) comporterebbe la soppressione del diritto dei ricorrenti principali a mantenere gli accessori presenti sulla parete esterna del muro stesso, vanificando la servitu’ acquisita.
Il secondo motivo del ricorso principale della societa’ (OMISSIS). s.n.c., e di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 875, 874, 873 e 872 c.c. in relazione alle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Pescate, evidenziandosi come le controparti non avessero dimostrato la “serieta’” della loro volonta’ di costruire in appoggio o in aderenza, ex articolo 875 c.c., ne’ avessero provato la concreta realizzabilita’ dell’avanzamento del fabbricato oggetto della domanda avanzata in via subordinata di appello incidentale, sicche’ doveva essere demolita la costruzione di (OMISSIS) s.p.a. sino alla distanza di cinque metri, come previsto dalle n.t.a. del P.R.G. del Comune di Pescate.
1.1. I primi due motivi del ricorso della societa’ (OMISSIS). s.n.c., e di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno esaminati congiuntamente, e si rivelano in parte inammissibili e comunque infondati.
L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, nella specie applicabile ratione temporis, permette di denunciare per cassazione il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ovvero ad un dato materiale, ad un episodio fenomenico rilevante ed alle sue ricadute in termini di diritto, oggetto di discussione processuale tra le parti e connotato da “decisivita’” (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Il primo motivo di ricorso per cassazione censura, invece, come omesso esame di fatto il passaggio in giudicato del capo della sentenza del Tribunale di Lecco relativo alla compiuta usucapione del diritto di mantenere i capannoni di proprieta’ (OMISSIS), il che doveva farsi invocandosi il mancato rilievo officioso, ex articolo 345 c.p.c., comma 2, del giudicato interno formatosi ai sensi dell’articolo 324 c.p.c. e articolo 329 c.p.c., comma 2.
Viene altresi’ ipotizzata dai ricorrenti principali la violazione e falsa applicazione degli articoli 875, 874, 873 e 872 c.c., ma il contenuto delle due censure non allega un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da determinate prescrizioni legislative, quanto un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, imputabile alla valutazione delle risultanze di causa che la Corte d’Appello di Milano ha operato nell’esercizio dell’apprezzamento di fatto tipicamente inerente al giudice di merito, e la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, solo attraverso il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’Appello di Milano ha dapprima accertato che entrambi i capannoni di proprieta’ (OMISSIS) furono costruiti prima dell’entrata in vigore (avvenuta nell’anno 1989) delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Pescate; ha quindi condiviso l’accertamento in fatto gia’ operato dal Tribunale, secondo cui il capannone della (OMISSIS) fosse stato edificato a 40 cm. dal confine, mentre invece le fondamenta ed il locale cantina interrati coincidevano col confine stesso; ha escluso che la convenzione inter partes per la “costruzione di fabbricati sul confine comune”, sottoscritta il 10 dicembre 1984, escludesse pattiziamente il principio di prevenzione ex articolo 875 c.c., concedendosi con essa piuttosto i contraenti “il reciproco diritto di costruzione sul confine comune”; ha considerato come gli strumenti urbanistici del Comune di Pescate consentono convenzionalmente di costruire a confine; ha desunto che, essendosi la preveniente (OMISSIS) legittimamente avvalsa della facolta’ di costruire a distanza inferiore alla meta’ da quella prevista per i fondi finitimi, non potesse negarsi alla prevenuta (OMISSIS) s.p.a. di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, pagando la meta’ del valore del muro del vicino ed il valore del suolo occupato, essendo comunque ancora tempestivo l’interpello ex articolo 875 c.c. svolto dalla (OMISSIS) s.p.a. in via “subordinata di appello incidentale” e diretto ad ottenere la comunione del muro dei capannoni di proprieta’ (OMISSIS).
La sentenza impugnata ha cosi’ deciso la questione di diritto in modo conforme all’interpretazione di questa Corte e i ricorrenti principali non offrono elementi per mutare tale interpretazione. Il principio della prevenzione comporta che il confinante, che costruisce per primo, puo’ edificare sia alla distanza minima imposta dalla legge, sia sul confine, sia a distanza inferiore alla meta’ di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi (come fatto nel 1962 dagli (OMISSIS)), salva, in tale ultimo caso, la possibilita’ per il vicino, che elevi un fabbricato successivamente, di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, chiedendo la comunione forzosa del muro ex articolo 875 c.c., oppure costruendo in aderenza, ex articolo 877 c.c. (Cass. Sez. 2, 08/07/2014, n. 15547).
Se poi i regolamenti edilizi, pur stabilendo espressamente la necessita’ di rispettare determinate distanze dal confine, consentano la facolta’ di costruire sul confine (proprio come le sopravvenute norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Pescate), si versa in ipotesi del tutto analoga, sul piano normativo, a quella prevista e disciplinata dagli articoli 873 c.c. e ss., con la conseguente operativita’ del medesimo principio della prevenzione, in base al quale chi edifica per primo sul fondo contiguo ad altro ha una triplice facolta’ alternativa: a) costruire sul confine; b) costruire con distacco dal confine, osservando la distanza minima imposta dal codice civile ovvero quella maggiore distanza stabilita dai regolamenti edilizi locali; c) costruire con distacco dal confine a distanza inferiore alla meta’ di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi, rimanendo in tal caso, come visto, la facolta’ per il vicino, che costruisca in un secondo momento, di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, pagando la meta’ del valore del muro del vicino, che diventera’ comune, e il valore del suolo occupato per effetto dell’avanzamento della fabbrica (Cass. Sez. 2, 28/11/1998, n. 12103; Cass. Sez. 2, 05/10/2000, n. 13286; Cass. Sez. 2, 07/08/2002, n. 11899; Cass. Sez. 2, 30/10/2007, n. 22896; Cass. Sez. 2, 09/04/2010, n. 8465).
Altrettanto correttamente la Corte di Milano ha ritenuto tempestivo l’interpello ex articolo 875 c.c., comma 2, svolto dalla (OMISSIS) s.p.a. “in via subordinata di appello incidentale”, in quanto e’ chiaro in giurisprudenza che tale preventivo interpello, richiesto, appunto, dall’articolo 875 c.c., comma 2, al fine di consentire al vicino l’esercizio della facolta’ di estendere il muro al confine o di procedere alla sua demolizione o di arretrarlo alla distanza legale, onde sottrarlo alla comunione forzosa – pur concretandosi in un atto distinto dalla domanda di comunione forzosa del muro, nella quale non puo’ considerarsi logicamente implicito – ben puo’ essere contenuto sia nello stesso atto di citazione con cui si richiede la comunione forzosa che in un atto processuale successivo (non esigendo l’osservanza di formule sacramentali, ma soltanto l’univoca intenzione di provocare una manifestazione di volonta’ negoziale riguardante la definitiva sistemazione del rapporto di vicinanza fondiaria), purche’, prima della decisione del giudice, venga data alla controparte la possibilita’ di scelta tra la demolizione del muro o l’estensione dello stesso al confine e venga, con l’interpello, bloccata la situazione che e’ presupposto dell’acquisto della medianza (Cass. Sez. 2, 20/04/2006, n. 9293; Cass. Sez. 2, 06/12/2001, n. 15492 del Cass. Sez. 2, 09/02/1987, n. 1343).
E’ evidente come, avendo la preveniente (OMISSIS) costruito i propri capannoni nel 1962 nel rispetto delle norme sulle distanze legali, non e’ configurabile alcun acquisto per usucapione di una servitu’ attiva che possa pregiudicare le facolta’ spettanti al secondo costruttore (OMISSIS). D’altro canto, la sentenza impugnata ha riconosciuto il diritto della prevenuta (OMISSIS) di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, chiedendo la comunione forzosa del muro, in forza dell’appello incidentale della stessa, il quale certamente escludeva il formarsi del giudicato sul punto contrario della pronuncia di primo grado.
Ne’ dall’accoglimento di tale appello incidentale discende in alcun modo l’effetto, paventato nel primo motivo di ricorso, di non poter “mantenere i cespiti immobiliari edificati dai ricorrenti nel 1962 nell’attuale posizione rispetto al confine, incluse le tubature, i pluviali e gli accessori presenti sulla parete esterna del muro perimetrale del capannone (OMISSIS)”. Quanto, piuttosto, alle concrete modalita’ di innesto della fabbrica del prevenuto nel muro di cui venga chiesta la comunione, ed ai correlati accorgimenti tecnici da osservare nonche’ alle opere da svolgere, in maniera che si determini una congiunzione tra l’una e l’altro idonea ad eliminare le intercapedini, si tratta di circostanze fattuali che spetta al giudice del merito di accertare e che possono essere verificate in sede di legittimita’ soltanto nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Circa, infine, la mancata verifica della serieta’ d’intento ex articolo 875 c.c., comma 1, occorre ribadire come, ai fini dell’attribuzione della comunione forzosa del muro ai sensi dell’articolo 875 c.c., non e’ ostativo il fatto che l’interpello previsto da detto articolo venga notificato al preveniente dopo che costui abbia agito in giudizio per ottenere l’osservanza delle distanze legali da parte del vicino prevenuto, ne’ che quest’ultimo abbia gia’ costruito in violazione di tali distanze, ma e’ invece necessario accertare se, in relazione alla particolare situazione dei luoghi o all’esistenza di particolari vincoli di carattere negoziale o normativo, e’ in concreto possibile per il prevenuto estendere la propria fabbrica entro il fondo del vicino ponendola in aderenza con la preesistente costruzione del preveniente. L’indagine sulla serieta’ della volonta’ del prevenuto di costruire in aderenza, lungi da essere una ricerca sulle sue determinazioni volitive, si concreta, pertanto, nell’attuazione e quindi, in definitiva, nella sola verifica della fondatezza della domanda volta ad ottenere la comunione forzosa (Cass. Sez. 2, 08/09/2000, n. 11858).
1.2. L’unico motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) s.r.l. (che ha acquistato l’immobile gia’ di proprieta’ (OMISSIS)) deduce la violazione o falsa applicazione egli articoli 872 e 875 c.c. per l’errata applicazione del principio di prevenzione in relazione alla convenzione 10 dicembre 1984. Con tale censura (OMISSIS) invoca una diversa interpretazione di tale convenzione, in maniera da ottenere il rigetto del ricorso principale per motivi diversi da quelli fatti valere dalla (OMISSIS) ed attinenti a questioni risolte nel precedente grado di giudizio in senso sfavorevole alla stessa resistente (ovvero alla sua dante causa). Il motivo del ricorso incidentale viene percio’ anche dichiaratamente subordinato all’eventualita’ che fosse stata da questa Corte ritenuta erronea l’applicazione del principio di prevenzione fatto nella sentenza impugnata. Tale censura rimane quindi assorbita per effetto del rigetto dei primi due motivi del ricorso principale.
2. Il terzo motivo del ricorso principale della societa’ (OMISSIS). s.n.c., e di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa interpretazione degli articoli 116, 167 e 184 c.c. Viene lamentata la mancata ammissione del capitolo 5 di prova testimoniale, dedotto in primo grado e richiamato in appello, con il quale si chiedeva di descrivere il fabbricato costruito negli anni 1996 – 2000 dalla (OMISSIS) Presse s.n.c. “con pareti finestrate prospicienti il mappale n. (OMISSIS) della convenuta”. La censura e’ relativa alla domanda di arretramento del corpo di fabbrica edificato dalla (OMISSIS) sul mappale (OMISSIS) prospiciente il fronte finestrato della palazzina uffici della societa’ (OMISSIS). La Corte d’Appello ha rigettato tale domanda per mancanza di prova, ritenendo non ricavabile nemmeno dalla foto n. 7, ne’ dall’allegato 4 e dallo schema planimetrico n. 1 allegato 5 del documento 17 prodotti dalla (OMISSIS), l’esistenza di pareti finestrate e la corrispondenza in posizione frontale rispetto ad esse dell’ultimo tratto della costruzione (OMISSIS). Tutti i capitoli di prova richiesti dagli appellanti sono stati ritenuti dai giudici di appello “generici e comunque non risolutivi”. La sussistenza di tale parete finestrata, oltre che oggetto della dedotta prova testimoniale, costituiva, a dire dei ricorrenti principali, altresi’ circostanza non contestata da (OMISSIS) ed (OMISSIS) nelle loro difese.
2.1. Il Collegio reputa che pure il terzo motivo del ricorso principale vada respinto. In tema di rapporti di vicinato, ai fini dell’applicabilita’ della distanza minima tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, l’accertamento in ordine alla presenza di “pareti finestrate”, ovvero di pareti munite di finestre qualificabili come “vedute”, ponendo altresi’ la necessita’ di verifiche tecniche connesse alla valutazione degli elementi di fatto rilevanti ai fini della decisione, e’ rimesso al giudice di merito, a norma dell’articolo 116 c.p.c., ed e’ sindacabile in sede di legittimita’ soltanto nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’Appello ha escluso che la prova della presenza di “pareti finestrate” potesse ricavarsi dalle riproduzioni fotografiche dei luoghi e dalle risultanze planimetriche esibite, negando in proposito la decisivita’, e percio’ la rilevanza, dei capitoli di prova richiesti dagli appellanti, ne’ a questa Corte e’ dato di affermare che la pronuncia dei giudici di merito, ove fosse stata ammessa la prova testimoniale dedotta, sarebbe stata certamente diversa.
3. Conseguono il rigetto del ricorso principale della societa’ (OMISSIS). s.n.c., e di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ la dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale.
Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza in favore della controricorrente (OMISSIS) s.r.l., nell’ammontare liquidato in dispositivo, mentre non occorre provvedere al riguardo per gli altri intimati (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS), che non hanno svolto attivita’ difensive. Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna in solido i ricorrenti principali a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.