la previsione, contenuta in un regolamento condominiale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem, difettando il presupposto dell’agere necesse nel soddisfacimento di un corrispondente interesse creditorio; ne consegue che l’opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l’indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale.
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Tribunale Milano, Sezione 13 civile Sentenza 20 febbraio 2019, n. 1667
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE TREDICESIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Elisa Fazzini, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al r.g. n. 17693/2016, decisa nella camera di consiglio del 24.01.2019, vertente
tra
CONDOMINIO DI (…) (C.F. (…)),
elettivamente domiciliato in MILANO, VIA (…), presso lo studio degli avvocati AN.GI. e SI.MA., che lo rappresentano e difendono giusta procura allegata all’atto di citazione,
ATTORE
contro
(…) (C.F. (…)),
elettivamente domiciliata in MILANO, VIA (…), presso lo studio dell’avvocato AL.BR., che, unitamente all’avvocato GI.CA., la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta,
CONVENUTA
e
(…) (C.F. (…)),
elettivamente domiciliato in MILANO, VIA (…), presso lo studio dall’avvocato LA.GR., che lo rappresenta e difende giusta procura in calce all’atto di intervento volontario,
INTERVENUTO
OGGETTO: condominio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato il 23.03.2016, il Condominio di (…), di (…) ha agito in giudizio davanti al tribunale di (…) nei confronti di (…), quale proprietaria di un’unità immobiliare ubicata all’ultimo piano del Condominio medesimo, per fare accertare e dichiarare la illegittimità delle opere da lei realizzate in sopraelevazione e, per l’effetto, condannarla alla loro demolizione con ripristino dello status quo ante e, comunque, condannarla al risarcimento del danno per tutti gli interventi effettuati sulla copertura del lastrico solare non eseguiti a regola d’arte.
Con comparsa di intervento volontario, ex art. 105, comma 1, c.p.c., (…), quale proprietario posto al penultimo piano del Condominio de quo, è intervenuto nel giudizio, aderendo alle domande di parte attrice e facendole, comunque, proprie, chiedendo, quindi, che fosse dichiarata la illegittimità della sopraelevazione realizzata e che la convenuta fosse condannata al ripristino dello status quo ante.
(…) si è costituita in giudizio, eccependo la improcedibilità delle domande per carenza di legittimazione dell’amministratore e per il mancato espletamento del procedimento di mediazione da parte del condomino (…) e, comunque, la carenza di legittimazione di quest’ultimo, e chiedendo, nel merito, il rigetto delle domande svolte.
Il tribunale, istruita la causa attraverso l’espletamento di una CTU, ritenuta matura per la decisione, ha fissato per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 16.10.2018, a seguito della quale ha trattenuto la causa in decisione, previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. La causa è stata decisa nella camera di consiglio del 24.01.2019.
In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio de quo svolta da parte convenuta, fondata sul presupposto che l’assemblea condominiale non gli avrebbe mai conferito alcun mandato per procedere nei suoi confronti.
Il tribunale ritiene, conformemente a quanto statuito dalla Suprema Corte, innanzitutto, che l’amministratore è legittimato senza necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini a instaurare il giudizio per la demolizione della sopraelevazione dell’ultimo piano dell’edificio, costruita dal condomino alterandone l’estetica della facciata, perché tale atto, diretto a conservare l’esistenza delle parti comuni condominiali, rientra fra quelli conservativi dei diritti di cui all’art. 1130, n. 4, c.c. (cfr. Cass. 18207/2017).
Si osserva, peraltro, che, nel caso di specie, sussiste anche una specifica delibera in cui l’assemblea ha autorizzato l’amministratore, così come emerge dal verbale dell’assemblea straordinaria del 15.01.2015, nella quale, in relazione al primo punto, avente a oggetto “Opere realizzate dai Signori (…) sul lastrico solare.
Eventuali delibere di autorizzazione all’Amministratore a conferire mandato ad un avvocato per l’assistenza, la consulenza e la rappresentanza anche in sede giudiziaria e nel procedimento di mediazione a tutela degli interessi del Condominio”, è stata assunta la seguente decisione:
“L’Assemblea, ad eccezione della proprietà (…) che è contraria e della proprietà (…) Spa che si astiene, delibera di conferire mandato allo studio legale Riva e Associati nella persona della Dott.ssa An.Gi., per l’assistenza, la consulenza e la rappresentanza anche in sede giudiziaria e nel procedimento di mediazione a tutela degli interessi del Condominio.
Il preventivo di massima dello studio legale viene allegato al presente verbale e prevede un compenso di circa Euro 13.430,00 = oltre accessori di legge (IVA, spese generali e cpa).
La proprietà (…) chiede che venga verbalizzata la propria disponibilità a valutare soluzioni transattive al fine di salvaguardare il rapporto di buon vicinato” (doc. 1 del fascicolo di parte attrice).
Alla luce di tale delibera, dalla quale emerge con chiarezza la volontà dell’assemblea di conferire ampio mandato allo studio legale in relazione alla controversia oggetto di causa, autorizzandolo, fin da subito, ad agire anche in via giudiziaria, è irrilevante la eccezione di parte convenuta secondo cui dai verbali delle assemblee successive si evincerebbe che i condomini ancora non avevano deciso in ordine a un’eventuale azione giudiziaria, atteso che quanto affermato non trova alcun specifico riscontro. Infatti, dai verbali delle assemblee condominiali del 4 giugno 2015 e del 22 luglio 2015 (doc. 4 e 5 del fascicolo di parte convenuta) si evince esclusivamente la sussistenza di discussioni in ordine alla decisione se proseguire o meno il procedimento di mediazione, il quale, peraltro, era propedeutico esclusivamente all’azione giudiziale, senza che, però, fosse stata espressamente messa in discussione l’autorizzazione ad agire in giudizio.
Si evidenzia, peraltro, che i verbali riguardano assemblee che si sono svolte in un periodo in cui era ancora pendente il procedimento di mediazione, conclusosi con un verbale negativo del 24 luglio 2015, a seguito del rifiuto da parte dell’assemblea di accogliere la proposta formulata (doc. 4 del fascicolo di parte attrice).
Sempre in via preliminare deve essere rigettata l’eccezione di improcedibilità delle domande formulate dal terzo interventore, (…), per non avere quest’ultimo proposto il procedimento di mediazione, atteso che si ritiene che anche per esso valga il procedimento di mediazione già instaurato fra il Condominio e la odierna convenuta, essendo quest’ultimo comunque riferibile a ciascun singolo condomino, in quanto il Condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (cfr. Cass. 4436/2017; Cass. 12343/2002; Cass. 12911/2012).
È, inoltre, evidente la superfluità dell’instaurarsi di un ulteriore procedimento di mediazione, atteso che le medesime questioni giuridiche sono state avanzate in un giudizio di merito, i cui effetti si ripercuotono anche nei confronti del terzo condomino, a prescindere da un suo intervento volontario o meno.
In via ulteriormente subordinata deve essere rigettata anche la eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo a (…) svolta da parte convenuta, atteso che si ritiene, conformemente a quanto statuito dalla Suprema Corte, che l’amministratore, non essendo il Condominio un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella di coloro che ne fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti limitatamente all’amministrazione e al buon uso della cosa comune senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino, per effetto della nomina ex art. 1129 c.c. ha soltanto una rappresentanza ex mandato dei vari condomini e la sua presenza non priva questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei propri diritti sia esclusivi che comuni (cfr. Cass. 12304/1993).
Passando ad analizzare il merito, il tribunale ritiene, innanzitutto, fondata la domanda volta a far dichiarare la illegittimità delle opere poste in essere, con conseguente accoglimento della domanda di ripristino.
Il tribunale ritiene, in primo luogo, anche alla luce della CTU, svolta con rigore e procedimento immune da vizi logici e, pertanto, pienamente condivisibile, che ha accertato la realizzazione sul lastrico solare di un’ampia serra bioclimatica e residua porzione destinata a terrazzo, che, nel caso di specie, sono state poste in essere delle opere di sopraelevazione.
Si ritiene, infatti, che è circostanza pacifica che l’opera realizzata sul lastrico solare da parte della convenuta, comportando un aumento della volumetria e delle superfici di ingombro, debba essere considerata a tutti gli effetti come nuova costruzione.
Per quanto concerne la illegittimità di tale opera, il tribunale ritiene che non sia rilevante, nel caso di specie, il richiamo all’art. 4 del Regolamento condominiale contrattuale, il quale dispone che:
“In deroga al disposto dell’art. 1127 c.c. la sopraelevazione dell’edificio in condominio è vietata” (doc. 7 del fascicolo di parte attrice).
Tale disposizione, infatti, non è opponibile a parte convenuta, atteso che in sede contrattuale di compravendita quest’ultima, quale acquirente, si è impegnata “ad osservare e far osservare ai suoi aventi causa il regolamento di condominio in vigore per lo stabile di cui fanno parte le porzioni immobiliari in contratto” (doc. 5 del fascicolo di parte attrice), senza, però, essere stata specificamente edotta sulle clausole regolamentari limitative della proprietà esclusiva.
Il tribunale ritiene, dunque, in difetto di tale prova, che quanto riportato nell’atto di compravendita non sia idoneo a vincolare l’acquirente a quanto previsto nel regolamento condominiale, soprattutto in relazione a quei limiti che esso pone alle proprietà private, fra le quali rientra pacificamente, nel caso di specie, anche il lastrico solare, essendo esso di proprietà della convenuta e non condominiale.
Si osserva, peraltro, che, nel caso di specie, non è stata provata nemmeno la trascrizione di tale clausola limitativa, la cui prova è necessaria al fine di renderla, comunque, opponibile al terzo acquirente. Sul punto si ritiene, conformemente a quanto statuito dalla Suprema Corte, che la previsione, contenuta in un regolamento condominiale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem, difettando il presupposto dell’agere necesse nel soddisfacimento di un corrispondente interesse creditorio; ne consegue che l’opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l’indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale (cfr. Cass. 21024/2016).
Ai fini, dunque, della illegittimità di tale sopraelevazione, il tribunale ritiene che sia necessaria valutarla alla luce della previsione generale di cui all’art. 1127 c.c., la quale dispone che:
“Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare. La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono. I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti”.
Alla luce di tale previsione, si osserva che nel caso di specie risulta fondata l’opposizione del Condominio, atteso che tale costruzione pregiudica l’aspetto estetico dell’edificio, così come accertato in sede di CTU, che ha evidenziato che, nel caso di specie, la realizzazione della serra è idonea a determinare un’alterazione del prospetto interno del Condominio de quo, considerata “la sua altezza di circa ml 2,80 lorde e la sua lunghezza di circa ml. … 12 …, oltre ml. 9,5 di patii coperti e fissi (lato est e ovest”.
In considerazione di ciò, il tribunale ritiene, dunque, provata la violazione delle disposizioni di cui all’art. 1127 c.c. con conseguente obbligo in capo alla convenuta di rimuovere la serra realizzata sul lastrico solare, atteso che essa altera l’aspetto architettonico del fabbricato, che rappresenta, alla luce dei principi indicati dalla Suprema Corte, lo stile che connota un immobile (cfr. Cass. 17350/2016), tenuto conto dell’originaria fisionomia e delle linee impresse dal progettista.
Deve essere, poi, accolta anche la domanda, ex art. 614 bis c.p.c., svolta da parte attrice e volta a fissare una somma a carico di (…) nel caso di ritardato ripristino dello status quo ante, la quale viene determinata, tenuto conto della natura della controversia e del danno prevedibile, in Euro 50,00 giornaliere.
Tenuto conto dei lavori necessari e della necessità di una loro organizzazione per procedere alla rimozione dei manufatti, fissa come data ultima per il ripristino quella del 15.05.2019, a seguito della quale dovrà essere versata in favore del Condominio la somma giornaliera di cui sopra.
Il tribunale ritiene fondata anche la domanda di risarcimento del danno in ordine a asseriti vizi causati sia alle parti comuni del Condominio sia ai singoli condomini a seguito della realizzazione di lavori non eseguiti a regola d’arte, che hanno determinato consistenti infiltrazioni nella proprietà dei condomini sottostanti e nel vano scale di proprietà condominiale.
Il CTU, infatti, ha accertato, in sede di sopralluogo, la sussistenza dei danni lamentati e, in particolare, in relazione alle loro cause, che: “- a differenza della porzione di terrazzo – lastrico solare su cui è stata realizzata la serra bioclimatica, con antistante terrazzo arredato da fioriere, sulla zona adibita a centrale termica non è stato realizzato un massetto di finitura a protezione dello strato di guaina impermeabilizzante.
La mancanza di un massetto – cappa a protezione sia dall’irraggiamento solare, sia dall’eventuale passaggio dei tecnici manutentori della caldaia, determina nel tempo un veloce deterioramento della guaina; – il raccordo verticale in corrispondenza della soglia di accesso al vano scala non è stato realizzato a regola d’arte e già evidenzia distacchi e ammaloramenti localizzati; – i risvolti verticali della guaina, lungo i muri perimetrali non sono stati protetti da guscia – scossalina sommitale protettiva, atta a impedire eventuali infiltrazioni e ammaloramenti localizzati; è presente a vista, il tubo di raccolta e smaltimento della condensa dell’impianto di riscaldamento, che attraverso una n.d.r. un foro del massetto riversa nel pluvium; intervento di esecuzione dei raccordi verticali del nuovo strato di impermeabilizzazione del basamento metallico della (…) e delle relative tubazioni di raccordo non è stato eseguito – completato a regola d’arte.
L’armadiatura metallica è soggetta a notevoli dilatazioni termiche, che non possono essere adeguatamente seguite dalla guaina impermeabilizzante che è invece incollata alla struttura rigida del massetto.
L’azione delle dilatazioni termiche potrebbe determinare nel tempo strappi e distacchi all’impermeabilizzazione. Analogamente la posa di strato di guaina impermeabilizzante sulla soglia in marmo non garantisce la durabilità nel tempo, né che possano avvenire percolazioni all’interno del vano scala. L’intervento corretto a regola d’arte proverebbe difatti la rimozione della soglia in marmo, la posa di guaina”.
La CTU ha, inoltre accertato la mancata realizzazione di alcuni lavori che la convenuta si era impegnata a eseguire, con conseguente necessità di procedere al completamento del nuovo vano scala condominiale mediante il rivestimento della scala, alla realizzazione di scalini di collegamento alla porta di accesso al vano tecnico e di un parapetto, della risistemazione del muro in corrispondenza del preesistente solaio di copertura e, infine, del ripristino dell’intonaco e della tinteggiatura del plafone e delle scale.
Per quanto concerne la somma necessaria per la eliminazione di tali vizi, imputabili a parte convenuta per non avere correttamente eseguito i lavori a lei riferibili, deve essere quantificata, alla luce della CTU svolta, in Euro 6.000,00 oltre IVA, tenuto conto solo dei danni arrecati alle parti condominiali, e di Euro 10.000,00 oltre IVA, per la ultimazione dei lavori.
La complessiva somma dovuta a titolo di risarcimento del danno è di Euro 16.000,00, oltre IVA, la quale, trattandosi di debito di valore, deve essere rivalutata dall’8.10.2017 (data di deposito della CTU) all’attualità. Su tale somma, inoltre, deve essere riconosciuta un ulteriore importo a titolo di lucro cessante derivante dal mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento da determinarsi equitativamente ex art. 2056 comma 1 c.c. secondo il noto orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. SS.UU. 17 febbraio 1995, n. 1712). Sulla somma complessivamente dovuta spettano gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
Le spese di lite e di CTU seguono la soccombenza e sono poste a carico di parte convenuta come da dispositivo, tenuto conto della somma liquidata.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando così provvede:
1. accoglie la domanda svolta dal Condominio di (…) di (…) e da (…) e, per l’effetto, condanna (…) alla immediata rimozione del manufatto eretto sul lastrico solare dello stabile e alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi;
2. fissa come data di ultimazione dei lavori quella del 15.05.2019, a seguito della quale (…) sarà tenuta al pagamento in favore del Condominio della somma di Euro 50,00 giornalieri, ex art. 614 bis c.p.c., per ogni giorno di ritardo;
3. condanna (…) al pagamento in favore del Condominio di (…) di (…) della somma di Euro 16.000,00, oltre IVA, oltre rivalutazione dall’8.10.2017 all’attualità, lucro cessante e interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo effettivo;
4. condanna (…) al pagamento in favore di Condominio di (…) di (…) e di (…) delle spese di lite, che liquida, in favore del Condominio, in Euro 1.326,00 per le spese del presente giudizio e di quello di mediazione, in Euro 3.172,00 per le spese del CTP e in Euro 7.715,00 per compensi, tenuto conto anche del procedimento di mediazione e, in favore di (…), in Euro 518,00 per spese del presente giudizio, in Euro 1.522,56 per spese del CTP e in Euro 4.835,00 per compensi, il tutto oltre spese generali liquidate nella misura del 15%, ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014, IVA e CPA come per legge;
5. pone definitivamente a carico di (…) le spese di CTU.
Così deciso in Milano il 24 gennaio 2019.
Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2019.