Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 15 febbraio 2018, n. 3738
Deve, al riguardo, rilevarsi, come – in fattispecie invero non usuali come quella oggi in esame – sia elemento fortemente rivelatore di abuso del diritto e, quindi, di improponibilita’ il “mancato accorpamento delle richieste di compensi per un loro esame globale e complessivo” (Cass. n. 14374, cit.) e l’utilizzazione di plurimi atti per ottenere distinti titoli giudiziali con indebita frazionabilita’ delle azioni (Cass. civ., SS.UU., 17 gennaio 2007, n. 961), condotte – tali ultime due – che le Sezioni Unite di questa Corte hanno, con le citate decisioni, sanzionato sotto il profilo deontologico forense indirettamente confermando l’improponibilita’ di un siffatto modo di agire in giudizio.
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere
Dott. FEDERICO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4581/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8327/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 04/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha chiesto il rigetto.
RILEVATO
che:
e’ stata impugnata la sentenza n. 8327/2016 del Tribunale di Napoli con ricorso fondato su un articolato motivo e resistito con controricorso della parte intimata, che ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso ex articolo 360 bis c.p.c.. Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
Il Giudice di Pace di Napoli, con sentenza n. 21366/2012 condannava l’odierna parte contro ricorrente al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di Euro 240,62 asseritamente dovuta a saldo dell’attivita’ svolta quale perito assicurativo (nonche’ alle spese legali liquidate, con attribuzione per complessivi Euro 1.456,54, oltre accessori). Tanto disponeva l’adito Giudice di prime cure a fronte delle eccezioni sollevate dall’odierna Compagnia assicuratrice (OMISSIS) controricorrente relative, fra l’altro, alla litispendenza e/o connessione con altri analoghi giudizi, nonche’ – in particolare – alla improponibilita’ della domanda per frazionamento del credito.
A seguito di appello interposto dalla suddetta Compagnia, il Tribunale di Napoli, con la succitata sentenza, riformava la decisione del primo giudice e dichiarava l’improponibilita’ della domanda avanzata in primo grado dal (OMISSIS), con condanna dell’appellato alla refusione delle spese del doppio grado del giudizio.
Per quanto in questa sede ancora interessa, il Tribunale, disattesa la doglianza sulla mancata riunione dei numerosi giudizi instaurati dall’attore, ravvisava, sulla scorta della giurisprudenza di legittimita’ anche a Sezioni Unite, un abusivo frazionamento del credito, posto che gli incarichi professionali, seppur diversi (in quanto riguardanti ciascuno un distinto sinistro), erano tutti riconducibili ad un unico rapporto contrattuale d’opera esistente tra la compagnia di assicurazioni e il (OMISSIS).
Secondo il Tribunale, proprio la circostanza che il (OMISSIS) si adeguava alle modalita’ previste per il pagamento delle spettanze attraverso un particolare sistema informatico, che accettava le parcelle solo se conformi ai criteri amministrativi elaborati, portava ad escludere che tra le parti venisse concluso di volta in volta un contratto autonomo. Il Tribunale rilevava, inoltre, che non risultava dimostrata l’esistenza di alcun interesse meritevole di tutela alla base della operata parceilizzazione.
ricorso viene deciso ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
CONSIDERATO
che:
1.- In via preliminare va affrontata la questione di nullita’ del controricorso dedotta dalla parte ricorrente.
In sostanza, secondo la stessa parte, la notifica del controricorso sarebbe nulla perche’ in sede di attestazione della conformita’ della copia telematica non sarebbe stato citato “il relativo nome del file”.
La dedotta nullita’ si basa su argomentazione del tutto priva di pregio.
Nessuna nullita’ dell’atto e’ espressamente sancita al riguardo (ne’ la parte che ha sollevato l’eccezione ha allegato quale sia il proprio interesse a conoscere, oltre al contenuto dell’atto, anche il nome del file).
L’effettuata notifica del controricorso ha comunque raggiunto il proprio scopo consentendo alla parte avversa di dedurre in proposito, attese le stesse deduzioni ora in esame.
L’eccezione va, pertanto, disattesa.
2.- Col motivo del ricorso si’ deduce il vizio di violazione e falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 c.c. e dell’articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Parte ricorrente lamenta l’erroneita’ della gravata decisione evidenziando la natura giuridica dell’attivita’ svolta dai periti assicurativi (assimilabile a quella dell’impresa con conseguente assunzione di rischio).
Con lo stesso motivo si deduce, altresi’, l’errata interpretazione dei principi nomofilattici espressi dalle S.U. n. 23726/2007 e 5491/2015 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorrente, in particolare, ritiene che – alla stregua degli invocati principi – il frazionamento abusivo (e la conseguente violazione del principio di buona fede, correttezza e giusto processo) ricorre solo in presenza di un unico rapporto obbligatorio, di un’unica causa petendi, ipotesi non ravvisabile nel caso in esame in cui si discute di una attivita’ di perito assicurativo svolta in favore della (OMISSIS) spa attraverso singoli incarichi ricevuti. Ritiene irrilevante l’invio delle parcelle in conformita’ dello schema predisposto dalla societa’ assicuratrice, rispondendo tale modalita’ solo ad una necessita’ organizzativa interna della convenuta. Ribadisce la sussistenza di distinti contratti d’opera professionale e quindi la possibilita’ di instaurare tanti giudizi quanti sono i sinistri nei quali egli aveva eseguito le perizie.
Parte ricorrente – in via gradata e nell’ipotesi in cui fosse, nella fattispecie, affermato l’intervenuto frazionamento del credito – richiama il diverso orientamento che utilizza il rimedio della riunione e della liquidazione delle spese come se si trattasse di un unico processo.
3.- Entrambi i plurimi profili dell’esposto articolato motivo possono essere, per la loro connessione, trattati congiuntamente con complessivo esame delle formulate censure.
In riferimento alle stesse il ricorso e’ infondato, pur rendendosi necessaria, ex articolo 384 c.p.c., u.c., la correzione della motivazione della sentenza impugnata, essendo il dispositivo conforme a diritto.
Partendo dalla ricostruzione del rapporto operata dal Tribunale deve ritenersi che, benche’ alla base delle varie obbligazioni vi sia un unico rapporto di durata pluriennale (per usare la stessa espressione del ricorrente), non puo’ da cio’ farsi discendere un’unica prestazione professionale e, correlativamente, un’unica obbligazione di pagamento, essendosi invece in presenza di una pluralita’ di prestazioni, aventi peraltro il medesimo contenuto ed i medesimi caratteri. Risulta accertato infatti che il singolo incarico indicava gli elementi identificativi della stima da effettuare e la remunerazione del perito era collegata unicamente al numero dei sinistri periziati, con accettazione delle parcelle mediante il sistema informatico della Compagnia.
Su tali basi, deve ritenersi che i distinti crediti maturati dal (OMISSIS) siano inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo e fondati su un medesimo rapporto di durata.
Ebbene, le Sezioni Unite di questa Corte, intervenute di recente sul tema della possibilita’ di frazionamento giudiziale del credito, hanno affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benche’ relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma solo a determinate condizioni.
E, quindi, solo ove le suddette pretese creditorie (pur facendo capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti ed essendo, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo) non possano essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale.
Nell’esposto contesto le domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.
E, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovra’ indicare la relativa questione ex articolo 183 c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex articolo 101 c.p.c., comma 2 (Sez. civ., SS. UU, Sent. 16 febbraio 2017, n. 4090).
Sulla scorta di quanto innanzi esposto e dell’orientamento delle S.U., occorre pertanto verificare – venendo al caso di specie – se la mancanza di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (riscontrata con la gravata decisione e posta a base della pronuncia di improponibilita’) abbia formato oggetto di precedente deduzione nel giudizio di merito.
Al riguardo deve, innanzitutto, evidenziarsi che – con mancata sufficiente allegazione – parte ricorrente non specifica dove e quando, nel corso dei giudizi di merito, ha svolto adeguatamente questione sulla natura della attivita’ di impresa svolta e sulla sua diretta incidenza al fine dei frazionamento delle azioni e dei giudizi in dipendenza di un suo effettivo apposito interesse.
Tale aspetto e’ di certo rilevante, in relazione alla ritenuta infondatezza del ricorso, specie in considerazione della linea difensiva adottata dalla societa’ convenuta, da subito e principalmente, improntata sulla improponibilita’ della avversa domanda per abusivo frazionamento dei credito, concetto che, come e’ evidente, presuppone logicamente proprio la contestazione dell’esistenza di un interesse meritevole di tutela a tale modalita’ di esercizio del diritto di azione,anche in relazione al principio di proporzionalita’ nell’uso della giurisdizione (Cass. civ., Sent. 21 dicembre 2016 n. 26464).
E sul tema dell’interesse concreto alla proposizione di separati giudizi – fondamentale per la soluzione della questione di diritto che la Corte deve oggi risolvere – il ricorrente si e’ limitato ad un generico richiamo al rischio di prescrizione, non allegando alcun concreto elemento a sostegno della sua affermazione (decorrenza del termine e sua scadenza), ne’ deducendo l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una trattazione separata delle sue pretese creditorie.
Di conseguenza, il fugace accenno al rischio prescrizione si rivela privo di consistenza ai fini che qui interessano, anche perche’ sarebbe stato sufficiente l’invio di un mero atto di costituzione in mora per interrompere il decorso del termine (articolo 2943 c.c., u.c.).
Le considerazioni fin qui esposte si pongono in rapporto di coerenza, senza alcuna soluzione di continuita’, con la sentenza n. 18810 del 26/09/2016 Sez. 6-2, tra le stesse parti, peraltro emessa prima dell’anzidetto intervento chiarificatore delle sezioni unite, e resa in fattispecie in cui, anche alla luce della assenza di attivita’ difensiva della controparte, occorreva chiarire il necessario vincolo di unitarieta’ intrinseca del rapporto controverso, non emergendo ancora l’entita’ della complessiva vicenda giudiziaria viceversa da ultimo emersa.
Al riguardo non appare inutile sottolineare come parte controricorrente abbia avuto modo di chiarire espressamente “l’unitarieta’ della prestazione, la continuita’ del rapporto professionale (con attribuzione dal solo 2001 al (OMISSIS) di 7.500 incarichi con importo liquidato, a saldo, di circa 500miia euro), e l’abuso degli strumenti processuali (oltre 1400 giudizi ed oltre seicento procedure esecutive)”, tutte svolte dai medesimi legali indicati nominativamente in controricorso e memoria.
Anche alla luce di tali emergenze l’esaminato e ricorrente vincolo di unitarieta’ non poteva che impedire l’esposto rilevante fenomeno di frazionamento del credito posto in esser senza alcun pur dovuto “limite all’agire processuale” (Cass civ., SS.UU., Sent. 10 agosto 2014, n. 14374) ed in assenza di concreto interesse al frazionamento dei giudizi.
Per di piu’ ancora, nella fattispecie in esame – invero del tutto particolare – appare del tutto incongruo il richiamo effettuato, da ultimo, in ricorso al dictum di Cass. n.ri 10634/2010, 10488/2011 e 9488/2014 ovvero alla “rimediabilita’ degli effetti distorsivi della parcellizzazione giudiziale del credito” attraverso il semplice ricorso alla mera condanna alle spese in luogo della improponibilita’ della domanda.
Tale rimedio, prospettato dal ricorrente, non puo’ essere adottato per l’esposta e dirimente mancanza di un comprovato interesse specifico alla trattazione separata delle pretese creditorie, nonche’ per la sintomaticita’ della controversia.
Deve, al riguardo, rilevarsi, come – in fattispecie invero non usuali come quella oggi in esame – sia elemento fortemente rivelatore di abuso del diritto e, quindi, di improponibilita’ il “mancato accorpamento delle richieste di compensi per un loro esame globale e complessivo” (Cass. n. 14374, cit.) e l’utilizzazione di plurimi atti per ottenere distinti titoli giudiziali con indebita frazionabilita’ delle azioni (Cass. civ., SS.UU., 17 gennaio 2007, n. 961), condotte – tali ultime due – che le Sezioni Unite di questa Corte hanno, con le citate decisioni, sanzionato sotto il profilo deontologico forense indirettamente confermando l’improponibilita’ di un siffatto modo di agire in giudizio.
4.- Il ricorso, stante – per le esposte ragioni – la sua infondatezza, va pertanto rigettato.
5.- L e spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano cosi’ come da dispositivo.
6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese dei giudizio, determinate in Euro 845,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.