la responsabilità della banca negoziatrice per aver consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 legge assegni (….) , l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, hanno sofferto un danno – natura contrattuale avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito del pagamento bancario in conformità delle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.

Per approfondire la tematica degli interessi usurari e del superamento del tossa soglia si consiglia la lettura del seguente articolo: Interessi usurari pattuiti nei contatti di mutuo

Tribunale Vicenza, Sezione 1 civile Sentenza 22 febbraio 2019, n. 421

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VICENZA

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Vicenza, Sezione Prima Civile, in persona del Giudice Onorario del Tribunale, avv. Maria Antonietta Rosato, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 6896/2015 del (…)C.C. in data 3 settembre 2015, iniziata con atto di citazione datato 28 agosto 2015

da

(…) S.P.A. (C.F. (…)), in persona del legale rappresentante dott. (…), rappresentata e difesa, giusta mandato a margine dell’atto di citazione con il patrocinio dell’avv. Se.Pe., elettivamente domiciliato in Vicenza Contrà (…), presso lo studio dell’avv. Ma.Pe.

attrice

contro

(…) (C.F. (…)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. Fa.Se., giusta procura speciale depositata nel fascicolo telematico da intendersi unita in calce al presente atto ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Fa.Se., in Vicenza, Viale (…)

convenuta

Successivamente riassunta, a seguito di interruzione dichiarata all’udienza del 7 luglio 2017, da

(…) S.P.A. (C.F. (…)), in persona del legale rappresentante dott. (…), rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso in riassunzione, dall’avv. Se.Pe., elettivamente domiciliato in Vicenza Contrà (…), presso lo studio dell’avv. Ma.Pe.

attrice

contro

(…) S.P.A. (C.F. (…)), in persona del procuratore speciale dott. (…), con il patrocinio dell’avv. Fa.Se. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Fa.Se. in Vicenza, Viale (…),

convenuta in riassunzione

In punto: azione ex art. 43 legge assegni

RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE ex ART. 132 C.P.C. NELLA NUOVA FORMULAZIONE INTRODOTTA DALLA L. N. 69 DEL 2009.

Al fine di un opportuno inquadramento dell’oggetto del presente giudizio, va premesso che (…) SPA (d’ora in avanti, per brevità, anche (…)) con atto di citazione datato 28 agosto 2015, si esponeva che

– in data 16.11.2010 parte attrice emetteva assegno bancario, non trasferibile n. (…), tratto su (…), per l’importo di Euro 3.200,00 intestato a (…), residente in (…), a ristoro di un sinistro avvenuto in data 18.8.2010;

– tale assegno veniva negoziato in data 29.11.2010, presso la filiale di (…) di (…), da soggetto spacciatosi per (…) che, falsificando la sua firma, incassava l’assegno (docc. da 1 a 3, fascicolo attoreo), costringendo (…) ad effettuare un secondo pagamento al vero intestatario del titolo (doc. 4 fascicolo attoreo);

– sempre in data 16.11.2010, (…) emetteva altro assegno bancario, non trasferibile, n. (…), tratto su (…), per l’importo di Euro 1.400,00, in favore di (…), residente a C., presso cui l’assegno era inviato, a ristoro di un sinistro verificatosi in data 13.5.2018;

– l’assegno veniva negoziato in data 29.11.2010 presso la stessa filiale di (…) di (…) dal medesimo falso (…) che, contraffacendo grossolanamente il titolo, provvedeva al suo indebito incasso (doc. 6, fascicolo attoreo), costringendo (…) ad effettuare un secondo pagamento (con bonifico) in favore del vero intestatario (…) (doc.7, fascicolo attoreo);

– in data 25.11.2010 (…) emetteva assegno bancario n. (…), non trasferibile, tratto su (…) dell’importo di Euro 2.800,00 a favore di (…), residente nella provincia di (…), titolo trasmesso presso lo studio del legale di questa, a ristoro del sinistro verificatosi in data 30.10.2009;

– tale assegno veniva negoziato in data 7.12.2010, sempre presso la filiale di (…) di (…) dal falso (…) che, contraffacendo grossolanamente l’assegno, lo incassava (docc.8 e 9, fascicolo attoreo), costringendo (…) ad effettuare un secondo pagamento alla vera intestataria dell’assegno, (…), aggravato dalle spese legali del difensore (doc. 11, fascicolo attoreo);

– sempre in data 25.11.2010, (…) emetteva assegno bancario non trasferibile n. (…), tratto su (…) per l’importo di Euro 2.300,00 a favore di (…), residente a (…), a ristoro di un sinistro verificatosi il 6.4.2010 (docc. 12 e 13, fascicolo attoreo);

– l’assegno veniva negoziato sempre presso la medesima filiale di (…) di (…), dal falso (…) che, contraffacendo grossolanamente il titolo, provvedeva ad incassare l’assegno, costringendo (…) ad effettuare un secondo pagamento in favore del vero intestatario dell’assegno L.M., aggravato dalle spese relative alla procedura monitoria intrapresa dal danneggiato (doc. 14, fascicolo attoreo);

– in data 25.11.2010, (…) emetteva assegno bancario, non trasferibile, n. (…), tratto su (…) dell’importo di Euro 2.200,00 in favore di (…), a ristoro di un sinistro verificatosi in data 30.6.2010 8 (docc. 15 e 16, fascicolo attoreo);

– l’assegno veniva negoziato in data 7.12.2010, presso la stessa filiale di (…) di (…), dal falso (…), che contraffacendo grossolanamente l’assegno bancario, provvedeva ad incassarlo, costringendo (…) ad effettuare un secondo pagamento al vero intestatario dell’assegno, (…), aggravato dalle spese legali (doc. 17 fascicolo attoreo).

Alla luce di tali circostanze (…) conveniva in causa (…) Soc. Coop per azioni (d’ora in avanti, per brevità, (…)) affinché, accertata la violazione da parte di quest’ultima dell’art. 43 del R.D. del 21 dicembre 1943 n. 1736, la stessa fosse condannata al risarcimento dei danni patiti e quantificati nell’importo complessivo di Euro 10.937,23 oltre interessi e rivalutazione monetaria, da calcolarsi a decorrere dalla data del secondo pagamento effettuato e fino al saldo effettivo.

Si costituiva (…), con comparsa di costituzione e risposta del 26 luglio 2016, dando atto della pendenza di altro procedimento rubricato al n. 6897/2015 R.G. avanti allo stesso tribunale e assegnato allo stesso G.I., avente ad oggetto l’illegittima negoziazione, presso la filiale di (…) di (…), dello stesso assegno n. (…) di Euro 3.200,00, emesso da (…), in favore di (…), oggetto del presente procedimento, al quale, quindi, risultava connesso e chiedendo la riunione.

Nel merito, la convenuta deduceva che nessuna mancanza di diligenza poteva ascriversi alla stessa, in quanto:

– aveva correttamente proceduto all’identificazione di (…), presentatosi in filiale, in data 25.11.2010, per chiedere l’apertura del conto corrente n. (…) e a tal fine era stata richiesta la presentazione del documento di identità e della tessera sanitaria/codice fiscale, conformemente a quanto stabilito dalla circolare ABI del 7.5.2001 n. 3005 (doc. 3 fascicolo di parte convenuta);

– al momento della presentazione e del versamento degli assegni, aveva riconosciuto il soggetto perché proprio correntista e beneficiario dei titoli medesimi, i quali risultavano prima facie perfettamente integri e non alterati, muniti firme autografe per traenza e per girata, corrispondenti a quelle apposte sul contratto di apertura del conto corrente, sul documento di identità e sulla contabile del versamento;

– in ogni caso, nessun danno aveva subito (…), poiché allarmata da un possibile tentativo di truffa, aveva provveduto al blocco del conto corrente nel quale tali somme erano state conservate e rese disponibili per la restituzione subordinatamente ad un provvedimento dell’Autorità competente che ne accertasse la titolarità effettiva in capo ad (…) (in questi termini, pagg. 4 e 5, comparsa (…) del 26.7.2016).

Sulla base di tali assunti chiedeva, quindi, il rigetto della domanda attorea.

Alla prima udienza del 16.9.2016, parte attrice, sulla base delle difese prospettate dalla convenuta, si rimetteva alla richiesta riunione del presente procedimento a quello rubricato R.G. 6897/15 e chiedeva l’emissione in proprio favore dell’ordinanza ex art. 186bis c.p.c. (o, in subordine, dell’ordinanza ex art. 186ter c.p.c.) per l’importo non contestato (o, in subordine, riconosciuto) di Euro 8.700,00.

Rigettata sia l’istanza di riunione del procedimento spiegata da (…), sia la richiesta di ordinanza ex art. 186 bis c.p.c. (o in subordine, ex art. 186ter c.p.c.) di parte attrice, la causa veniva istruita solo attraverso i documenti prodotti dalle parti e rinviata, per la precisazione delle conclusioni, all’udienza del 7 luglio 2017.

In quella sede, la causa veniva interrotta a seguito del D.L. n. 99 del 2017 e la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di (…).

Con ricorso depositato in data 13 ottobre 2017, (…) riassumeva il processo nei confronti di (…) Spa (d’ora in vanti, per brevità, ISP), quale successore a titolo particolare di (…), giusta contratto di cessione del 26.6.2017 tra (…) e ISP.

Il G.I. fissava, quindi, l’udienza del 19 gennaio 2019 per il prosieguo, con termine per la notifica del ricorso in riassunzione e del decreto al 30.1.2017.

ISP si costituiva in causa eccependo, preliminarmente, l’estinzione del giudizio, essendo stato il ricorso notificato solo alla cessionaria ISP e non anche alla cedente (…) in l.c.a., quale successore a titolo universale; nel merito, si difendeva, facendo proprie le difese svolte dall’Istituto di credito convenuto in origine.

A seguito del subentro di questo GOP nella trattazione della causa (ordinanza 27.2.2018), l’udienza del 9.3.2018, fissata per la precisazioni delle conclusioni, veniva rinviata all’udienza 6 aprile 2018, all’esito della quale la causa era riservata in decisione, previa concessione alle parti dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi conclusivi ex art. 190 c.p.c.

Circoscritto l’ambito del dibattito processuale, deve rilevarsi che l’eccezione preliminare di estinzione del giudizio – in quanto non riassunto nei confronti di (…) in LCA, quale successore a titolo universale – non è fondata.

In tema di interruzione del processo, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria, con la richiesta di fissazione di una udienza, il rapporto processuale, fino a quel momento quiescente, è ripristinato con integrale perfezionamento della riassunzione, non rilevando l’eventuale errore sulla esatta identificazione della controparte contenuto nell’atto di riassunzione che opera, in relazione al processo, in termini oggettivi ed è valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., quando contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire.

Ne consegue che il termine previsto dall’art. 305 c.p.c. non svolge alcun ruolo nella successiva notifica del ricorso e del decreto, volta unicamente ad assicurare il corretto ripristino del contraddittorio ed il rispetto delle regole proprie della “vocatio in jus”, inclusa quella relativa alla regolarità della dichiarazione di contumacia” (in questi termini, cfr. Cass. 17679/2009).

Il giudice, pertanto, ove verifichi che la notifica sia viziata o inesistente o, comunque, non sia stata correttamente compiuta a causa di un’erronea o incerta individuazione del soggetto che deve costituirsi, deve ordinarne la rinnovazione, con fissazione di un nuovo termine e non può dichiarare l’estinzione del processo (in questi termini, cfr. Cass. 7611/2018).

Nel presente procedimento, il ricorso in riassunzione è stato notificato, a mezzo PEC, a (…) in LCA (il 9.11.2017), a cura di parte attrice, pur senza lo svolgimento di domande risarcitorie (o restitutorie) nei confronti di quest’ultima.

Né avrebbe potuto essere diversamente.

A mente dell’art. 83 III comma, D.Lgs. n. 385 del 1993, “Dal termine previsto nel comma 1 (ossia dalla data di insediamento degli organi liquidatori ai sensi dell’art. 85) contro la banca in liquidazione non può essere promossa né proseguita alcuna azione, salvo quanto disposto dagli articoli 87,88,89 e 92 II comma (opposizione allo stato passivo con le relative impugnazioni, insinuazione tardiva e contestazione sul riparto finale), né per qualsiasi titolo può essere parimenti promosso o proseguito alcun atto di esecuzione forzata o cautelare”.

Nella fattispecie, infatti, deve farsi applicazione dell’insegnamento del Supremo Collegio che ha statuito che

“a seguito della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di una società si determina, per un verso, la perdita della capacità processuale degli organi societari e, per altro verso, la temporanea improcedibilità – fino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo davanti agli organi della procedura ai sensi degli art. 201 e ss. l. fall. – della domanda azionata in sede di cognizione ordinaria, rilevabile anche d’ufficio e pure nella fase della cassazione, in difetto di una norma analoga all’art. 25 L. n. 990 del 1969. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualsiasi credito ne confronti di una impresa posta in liquidazione coatta amministrativa deve essere fatto valere in sede concorsuale, nell’ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede ordinaria solo in un momento successivo sulle opposizioni o impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità o , se proposta, di improseguibilità della domanda che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito, sicché la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria diventa improcedibile in virtù delle norme inderogabilmente poste a tutela del principio della “par condicio creditorum”(cfr. Cass. 7037/2017).

Disposta, quindi, per legge l’improseguibilità del giudizio nei confronti di (…) in l.c.a., l’eventuale riassunzione nei confronti di quest’ultima sarebbe stata destinata ad una pronuncia in mero rito.

Infatti, parte attrice, limitandosi a notificare il ricorso in riassunzione solo ai fini della denuntiatio litis e svolgendo le domande solo nei confronti di ISP, ha manifestato di ritenere quelle domande non più procedibili nei confronti di (…) in l.c.a..

Non solo. La riassunzione nei confronti della cessionaria ISP, ex art. 90 D.Lgs. n. 385 del 1993, è equiparabile alla sua chiamata in causa quale successore a titolo particolare ed è valida a ridare impulso al processo (cfr. Cass. 10456/2014).

Quanto alla titolarità del diritto dal lato passivo, questa non è contestata da ISP.

Trattandosi di vicenda risarcitoria riconducibile all’esercizio dell’attività bancaria (pagamento di assegni), svolta da (…) prima della sua sottoposizione a l.c.a., essa risulta rientrare nella previsione dell’art. 3.1.2 lett. b punto vii) tra le “Passività incluse” (nella cessione a ISP) del contratto di cessione 26.6.2017 ovvero “i contenziosi civili (e relativi effetti negativi, anche per oneri e spese legali) relativi a giudizi già pendenti alla data di esecuzione, diversi da controversie con azionisti delle Banche in LCA o con obbligazionisti convertibili e/o subordinati che abbiano aderito, non abbiano aderito, ovvero siano stati esclusi dalle offerte di transazione presentate dalle Banche in LCA e dai c.d. “Incentivi Welfare” (di seguito il “Contenzioso Pregresso”) nonché i relativi fondi”.

Venendo al merito della controversia, deve rilevarsi come la domanda di risarcimento del danno formulata in causa da (…) meriti accoglimento per i motivi di seguito esposti.

Parte attrice ha riassunto il giudizio nei confronti di ISP per ottenere il ristoro del danno patito in conseguenza dell’illegittima negoziazione da parte di (…) degli assegni bancari non trasferibili, tratti su (…) n. (…), per l’importo di Euro 1.400,00 intestato a favore di (…), n. (…), per l’importo di Euro 2.800,00, intestato a favore di (…), n. (…) per l’importo di Euro 2.300,00 intestato a favore di (…), n. (…), per l’importo di e 2.200,00, intestato a favore di (…), che ha costretto la Compagnia attrice ad un esborso complessivo pari ad Euro 10.937,23, comprensivo delle ulteriori spese legali sostenute dagli effettivi beneficiari degli assegni, che non avevano ricevuto il risarcimento loro liquidato per i sinistri denunciati.

La fattispecie oggetto del presente giudizio va ricondotta nell’ambito di applicazione dell’art. 43 del R.D. n. 1736 del 1933 (c.d. Legge Assegni), facendosi applicazione dell’insegnamento del Supremo Collegio per il quale “il banchiere giratario per l’incasso che paga un assegno di traenza non trasferibile a persona diversa da beneficiario indicato dal titolo incorre in una responsabilità che ha natura contrattuale, pur non intercorrendo rapporto negoziale di sorta, ma in virtù del “contatto sociale” che caratterizza l’operato della banca negoziatrice, tenuta all’osservanza della norma di cui all’art. 43 del R.D. 21 dicembre 1033, n. 1736″ (Cass. SS.UU. 14712/2007).

Tale pronuncia ha esteso al settore bancario (nello specifico, alla responsabilità della banca negoziatrice) il concetto di contatto sociale, già introdotto in relazione alla responsabilità dell’ente ospedaliero (anche indipendentemente da una specifica prestazione professionale a carattere contrattuale offerta al paziente: Cass. 10297/ 2004), in relazione alla responsabilità del parcheggiatore (Cass. 3863/2004), in relazione alle gare nei pubblici appalti (Cass. 9366/2003) e, in generale, all’affidamento che si ripone in colui che esercita una professione protetta, avente ad oggetto beni costituzionalmente garantiti.

Si tratta di responsabilità di natura contrattuale fondata, appunto, sul contatto sociale, dal quale derivano obblighi di protezione funzionali a garantire non solo il corretto espletamento di una funzione di interesse generale, quale quella dei servizi di pagamento, ma pure a tutelare il legittimo affidamento che l’utenza ripone sulla diligenza professionale del bancario e sul suo corretto operato.

Questi i termini nei quali si è espresso il Supremo Collegio a Sezioni Unite, intervenuto a dirimere definitivamente il contrasto tra l’orientamento che attribuiva natura oggettiva alla responsabilità della banca per l’erronea identificazione del prenditore dell’assegno e quello che ha riconosciuto natura colposa a tale errore:

“la responsabilità della banca negoziatrice per aver consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 legge assegni (….) , l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, hanno sofferto un danno – natura contrattuale avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito del pagamento bancario in conformità delle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso” (cfr. Cass. SS. UU. n. 12477/2018).

Pur non essendo corretta l’iniziale configurazione attorea di una responsabilità oggettiva di (…), tuttavia, nel caso di specie, non si può pervenire ad un giudizio di assenza di colpa in capo ad essa.

Ciò, in quanto la diligenza richiesta al funzionario di banca è di tipo qualificato e il grado di colpa deve parametrarsi al livello di professionalità richiesto (ossia quello dell’accorto banchiere).

Al di là del fatto che gli assegni posti all’incasso dal sedicente (…) – depositati da parte attrice in originale all’udienza dell’11.5.2017 – risultano, anche ad occhio inesperto, grossolanamente contraffatti – una banda nera copre il nominativo del vero intestatario – l’analisi delle operazioni contestate evidenzia significativi elementi di anomalia.

Innanzitutto, non risulta sia stata posta in essere da parte di (…) una puntuale attività di identificazione di colui che, presentatosi allo sportello, ha incassato gli assegni, come desumibile anche dalla stessa ammissione della convenuta per cui “il prenditore dei titoli non (era) chi diceva di essere” (pag. 7, conclusionale ISP).

In particolare, nel caso concreto, non è stata richiesta al beneficiario l’esibizione di due documenti muniti di fotografia e ciò, difformemente da quanto previsto dalle linee guida dell’ABI del 7.5.2011 – correttamente richiamate dall’attrice – limitandosi l’Istituto di credito convenuto in origine a chiedere la tessera sanitaria/codice fiscale – che non è documento munito di fotografia – oltre la carta di identità, “notoriamente soggetta a contraffazioni” (doc. 18 fascicolo di parte attrice: circolare ABI 7.5.2001 pag. 3).

Oltre a tale già di per sé decisiva circostanza, devono ravvisarsi ulteriori profili di negligenza nella condotta di (…):

1) è certamente anomalo – e avrebbe dovuto generare sospetto e quindi l’uso di particolare cautela – il fatto che il beneficiario di tutti e quattro gli assegni, tutti non trasferibili, tutti tratti su (…), sia identificato “(…)”;

2) l’apertura di conto corrente (25.11.2010) temporalmente prossima a quella d’incasso degli assegni di cui è causa (tra il 26.11.20010 e 7.12.2010), avvenuta, comunque, in luogo diverso da quello di residenza del sedicente beneficiario (Berlingo, BS);

3) le uniche operazioni effettuate sul predetto conto corrente sono limitate all’incasso di assegni fuori piazza (doc. 8, fascicolo di parte convenuta);

4) una adeguata verifica dell’identità del prenditore è stata fatta solo in epoca successiva alla negoziazione degli assegni (ossia il 21.1.2011:doc. 6 convenuto).

In sostanza, per le considerazioni esposte deve ritenersi che (…) e, quindi, ISP, sia venuta meno all’obbligo di diligenza che avrebbe dovuto osservare nello svolgimento delle proprie attività, diligenza che va rapportata ai rischi tipici della sfera professionale di riferimento e alla specificità del rapporto contrattuale in questione (cfr. Cass. 6513/2014).

Infine, sussiste prova la Compagnia di Assicurazione attorea sia stata costretta a procedere ad un secondo pagamento a favore dei legittimi beneficiari, in particolare, in favore di (…), corrispondendo a l’importo di Euro 3.000,00 (risarcimento e spese legali) a mezzo di nuovo assegno n. (…) (doc. 11, fascicolo attoreo); in favore di (…), versando a mezzo bonifico, l’importo di Euro 1.400,00 (doc. 7, fascicolo attoreo); in favore di (…) l’assegno n. (…), dell’importo di Euro 3.400,00 (comprensivo delle spese legali: doc. 17, fascicolo attoreo) e in favore di (…), l’assegno n. (…) di Euro 3.137,23 (comprensivo delle spese liquidate in D.I. n. 491 del 2011 Giudice di Pace di Benevento: doc. 14, fascicolo attoreo)

Tale circostanza conferma l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda attorea, essendo non contestato l’obbligo di rinnovazione dei pagamenti per il ristoro dei danni che gli assegni indebitamente negoziati avrebbero dovuto garantire agli effettivi beneficiari (ossia (…), (…), (…), (…)), ai quali, invece, i titoli non sono pervenuti.

ISP, nella persona del suo legale rappresentante va, pertanto, condannata a pagare in favore di (…) l’importo di Euro 10.937,23 (ristoro danni e spese conseguenti) da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT sui prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati e maggiorato degli interessi compensativi, da calcolarsi dal giorno dell’insorto credito nella sua originaria consistenza (coincidente con il giorno dell’effettuazione del secondo pagamento per ciascuno degli aventi diritto) e sulla somma che progressivamente si incrementa annualmente per effetto della rivalutazione fino al saldo, interessi da quantificarsi al tasso legale, non essendovi elementi di giudizio che permettano il riferimento a tassi diversi, maggiori o minori.

Le spese e le competenze seguono la soccombenza e vengono liquidate in favore della parte attrice come da D.M. n. 55 del 2014, avendo riguardo al valore della causa (Euro 10.937,23) con il compenso calcolato ai valori medi.

P.Q.M.

Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa promossa da (…) SPA e riassunta nei confronti di (…) SPA, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa o assorbita così provvede:

1) accoglie la domanda attorea svolta nei confronti di (…) SPA e per l’effetto dichiara tenuta e condanna la convenuta in riassunzione a corrispondere a parte attrice a titolo di risarcimento del danno l’importo di Euro 10.937,23,00, da rivalutarsi mediante l’applicazione degli indici ISTAT su prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati e da maggiorarsi degli interessi compensativi maturati e maturandi al tasso legale, sul capitale via via annualmente rivalutato, il tutto con decorrenza dal giorno in cui è stato effettuato il secondo pagamento di cui in parte narrativa indicato per ciascuno degli aventi diritto e fino al saldo effettivo;

2) condanna (…) SPA a rimborsare a parte attrice le spese di lite del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 264,00 per esborsi, in Euro 3.235,00, oltre al 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Vicenza il 18 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 21 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.