In tema di responsabilità contrattuale spetta al danneggiato fornire la prova dell’esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore; l’art. 1218 c.c., che pone una presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, infatti, non modifica l’onere della prova che incombe sulla parte che abbia agito per l’accertamento di tale inadempimento, allorché si tratti di accertare l’esistenza del danno” e 18.3.2005, n. 5960: “Sia nell’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sia in quella di responsabilità contrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell’esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore. A tal fine l’art. 1218 c.c., che pone una presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, non agevola la posizione del danneggiato in ordine alla prova dell’effettiva esistenza del danno derivante dall’inadempimento, onere che non è diverso da quello incombente su colui che faccia valere una responsabilità extracontrattuale.
Tribunale|Roma|Sezione 6|Civile|Sentenza|2 ottobre 2019| n. 16038
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
SESTA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Chiara Salvatori,
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 22185 del R.G.A.C.C. dell’anno 2017, trattenuta in decisione all’udienza del 9.5.2019 e vertente
TRA
(…), S.C., elettivamente domiciliati in Roma alla via (…), presso l’avv. Do.Sc., che li rappresenta e difende giusta procura in calce all’atto di citazione.
– ATTORI –
E
(…), in persona del legale rappresentante pro tempore, (…), elettivamente domiciliati in Roma al piazzale delle Gardenie n. 12, presso l’avv. An.Di., che li rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore.
– CONVENUTI –
E
(…) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla via (…), presso l’avv. Do.Sc., che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta.
– CONVENUTI –
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Il presente giudizio ha ad oggetto la richiesta risarcitoria spiegata dagli attori in relazione ai danni asseritamente cagionati all’immobile locato ai convenuti.
Gli istanti, premesso di essere proprietari dell’immobile sito in R. alla via C. n. 1038/O, condotto in locazione, a far data dal 16.8.2011 (per subentro, ex art. 36, L. n. 392 del 1978, nel contratto stipulato il 23.6.2006 da (…) con la (…)), dall’associazione sportiva dilettantistica (…), rappresentata da (…), e rilasciato il successivo 28.7.2016, lamentano che i locali sarebbero stati riconsegnati difformi rispetto alla planimetria originaria, nonché in stato di assoluta fatiscenza ed ingombri di materiale di ogni genere; essi allegano, inoltre, che le condizioni dell’immobile siano state aggravate dall’allagamento verificatosi per fatto e colpa della conduttrice nell’aprile 2016, sicché la società, ed il sig. (…) ai sensi dell’art. 38 c.p.c., sarebbero responsabili, in via sia contrattuale che aquiliana (rispettivamente ex art. 1590 c.c. ed ex art. 2043 c.c.), dei danni patiti dalla proprietà, quantificati in Euro 50.251,00, oltre accessori, secondo la stima giurata del perito incaricato.
I conduttori contestano la ricostruzione operata dalla controparte, cui attribuiscono la causa delle cattive condizioni dell’immobile locato, e chiedono, per l’ipotesi di riconoscimento di una loro responsabilità o corresponsabilità, di essere manlevati dalla società proprietaria del piazzale antistante, di cui è legale rappresentante lo stesso S.C..
La terza chiamata, a sua volta, contesta di essere responsabile della causazione di alcun danno.
L’azione è infondata.
I rapporti intercorsi tra le parti dell’odierna controversia hanno dato origine ad un nutrito contenzioso: in particolare, tra (…) e la (…) si è svolto il procedimento n. 58840/16 (ex n. 57445/14), definito con sentenza n. 24163/16, avente ad oggetto la domanda di risoluzione del contratto di locazione per morosità del conduttore e la domanda riconvenzionale di riduzione del canone per vizi della cosa locata, nonché (con la chiamata in causa anche dell'(…) s.r.l.) il giudizio n. 84141/15, definito con sentenza n. 19136/17, avente ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni spiegata dalla conduttrice in relazione ai vizi della cosa locata, danni per il cui accertamento la (…) aveva previamente incardinato ricorso per a.t.p., rubricato al n. 44719/14 (nell’ambito del quale veniva disposta consulenza tecnica, integrata nel giudizio n. 58840/16).
Proprio per il già avvenuto espletamento di approfondimenti tecnici sullo stato dei luoghi e sulle cause dei danni ivi riscontrati, nella causa ora in decisione l’allora Giudice istruttore, con scelta pienamente condivisibile, respingeva la sollecitazione degli attori a dare sfogo a nuova c.t.u. (sollecitazione reiterata negli scritti conclusivi), ammettendo, parzialmente, la sola prova orale articolata dai richiedenti.
Sul punto, giova anzitutto rilevare che la mancata presentazione di (…) all’udienza fissata perché rendesse interrogatorio formale deve essere valutata alla luce dell’art. 232 c.p.c., a norma del quale “Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio”: la circostanza rileva soprattutto ai fini dell’implicita ammissione del cap. 3 (“Vero che il signor (…) e il signor S.C. hanno omesso di allegare al contratto di locazione concluso dal primo con la società (…) srl il 23.06.2006 la planimetria catastale dell’immobile oggetto del detto contratto sito in R. alla via C. 1038/O?”), dato peraltro sostanzialmente confermato dal comproprietario S.C. all’udienza del 17.1.2019, avendo questi affermato di non ricordare che lui o il fratello avessero consegnato la planimetria in sede di stipula del contratto con la (…), cui subentrava nella locazione la (…).
Merita poi sottolineatura il fatto che, all’udienza del 9.5.2019, fissata per l’audizione dei testimoni, le parti attrice e chiamata non siano comparse, sicché ne è stata dichiarata la decadenza dalla prova a mente dell’art. 208 disp. att. c.p.c. (“Se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che l’altra parte presente non ne chieda l’assunzione”), senza che all’udienza successiva sia stata chiesta la revoca dell’ordinanza di decadenza.
La decadenza dalla prova non può che ritorcersi in danno dei comproprietari, tenuti a dimostrare, giusto il principio cardine consacrato nell’art. 2697 c.c., gli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria.
Giova osservare, infatti, che l’agevolazione probatoria concessa a colui che sia creditore sulla base di un titolo contrattuale – nella specie, il contratto di locazione – non incide sul profilo del danno, la cui dimostrazione incombe sempre su chi azioni la relativa pretesa (si vedano sul punto Cass. 10.10.2007, n. 21140: “In tema di responsabilità contrattuale spetta al danneggiato fornire la prova dell’esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore; l’art. 1218 c.c., che pone una presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, infatti, non modifica l’onere della prova che incombe sulla parte che abbia agito per l’accertamento di tale inadempimento, allorché si tratti di accertare l’esistenza del danno” e 18.3.2005, n. 5960: “Sia nell’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sia in quella di responsabilità contrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell’esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore. A tal fine l’art. 1218 c.c., che pone una presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, non agevola la posizione del danneggiato in ordine alla prova dell’effettiva esistenza del danno derivante dall’inadempimento, onere che non è diverso da quello incombente su colui che faccia valere una responsabilità extracontrattuale”).
In disparte le (mancate) risultanze della prova testimoniale, militano in senso contrario alle tesi attoree gli esiti degli accertamenti tecnici condotti nei procedimenti di cui si è dato conto ed acquisiti al presente giudizio.
L’elaborato depositato nel procedimento promosso ex art. 696 c.p.c. dalla (…) ha rivelato che i locali oggetto della vicenda che ci occupa non erano idonei ad essere utilizzati per le attività normalmente svolte in una palestra, a causa di una serie di criticità – in particolare infiltrazioni – pregiudizievoli per la salubrità ed addirittura per la stabilità dei luoghi (cfr. pagg. 16 ss.), “da imputare in parte ad un difetto di manutenzione ed in parte a dei difetti di tali locali sin dalla realizzazione del locale palestra” (cfr. pag. 20 e pag. 28).
A sua volta, la perizia commissionata nel giudizio originato dalla convalida di sfratto per morosità, al fine di integrare l’ambito dell’indagine tecnica in punto di responsabilità dei paciscenti, ha concluso che “la responsabilità di tutti i danni riscontrati all’interno dell’immobile va interamente imputata a carico del locatore Sig. (…)” (cfr. pag. 32).
Dalle conclusioni raggiunte dall’esperto in seno ai due elaborati il Tribunale non ritiene di doversi discostare, perché raggiunte all’esito di un’analisi approfondita ed esaurientemente motivate, oltre che conformi alle regole della migliore scienza ed esperienza.
In definitiva, alla luce di tutti gli elementi considerati, non può che ritenersi mancante la prova che la conduttrice abbia effettivamente violato il disposto dell’art. 1590 c.c. (che fa obbligo al conduttore di restituire la cosa locata così come ricevuta, salvo l’ordinario deterioramento), ed anzi vi è prova che sia stato il locatore a violare l’obbligazione di mantenere la cosa locata in stato tale da servire all’uso convenuto, posta a suo carico dall’art. 1575, II comma, c.c. (come riconosciuto, a pag. 3, anche dalla sentenza n. 24163/16 del Tribunale di Roma, che ha accertato l’omissione, da parte del locatore (…), delle opere di straordinaria manutenzione che era tenuto ad eseguire sull’immobile); per la stessa ragione, in relazione ai medesimi fatti non può predicarsi alcuna responsabilità della locataria a mente dell’art. 2043 c.c.
Dal rigetto della pretesa attorea discende l’assorbimento della domanda spiegata dai convenuti nei confronti della terza chiamata.
Dalla soccombenza degli attori deriva, altresì, la loro condanna alla refusione delle spese di lite nei confronti dei convenuti, nella misura liquidata in dispositivo sulla scorta dei parametri medi suggeriti dal D.M. n. 55 del 2014 per le controversie di valore ricompreso tra Euro 26.001,00 ed Euro 52.000,00; si ravvisano i presupposti, invece, per compensare le spese processuali tra i convenuti e la chiamata, non essendosi accolta la domanda risarcitoria spiegata dai primi nei confronti della seconda non per assenza della responsabilità di questa, ma per mancato accoglimento della domanda risarcitoria sulla cui base era avvenuta la chiamata in garanzia del terzo (ragion per cui non sussistono i presupposti nemmeno per far luogo alla condanna ex art. 96 c.p.c., invocata dalla società nei confronti dei chiamanti).
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, contrariis rejectis, così provvede:
1. rigetta la domanda attorea;
2. condanna gli attori, in solido tra loro, a rifondere ai convenuti le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 7.254,00 per compenso, oltre spese generali al 15%, I.V.A. se dovuta e C.P.A. come per legge;
3. compensa le spese di lite tra i convenuti e la terza chiamata;
4. rigetta la domanda formulata dalla terza chiamata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Così deciso in Roma il 2 agosto 2019.
Depositata in Cancelleria il 2 agosto 2019.