la responsabilità dell’avvocato – nella specie per omessa proposizione di impugnazione – non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone.
Tribunale Mantova, Sezione 2 civile Sentenza 19 marzo 2019, n. 212
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MANTOVA
Seconda CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Silvia Fraccalvieri, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1033/2017 promossa da:
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. AB.AN., con elezione di domicilio in VIA (…) 26100 CREMONA, presso il difensore avv. AB.AN.
PARTE ATTRICE
contro
(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. SE.DA., elettivamente domiciliato in P.zza (…) CASTEL GOFFREDO, presso il difensore avv. SE.DA.
PARTE CONVENUTA
SOCIETA’ (…) SOC. COOP. A (…) (P. IVA (…)) rappresentata e difesa dall’avv. CR.MI., elettivamente domiciliata in CORSO (…) VERONA, presso il difensore avv. CR.MI.
TERZA CHIAMATA IN CAUSA
Oggetto: responsabilità professionale
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, (…) ha esposto:
a) di essersi rivolto, nel gennaio 2011, all’avv. (…), per costituirsi nel procedimento ex art. 702 bis c.p.c., pendente dinnanzi al Tribunale di Brescia (N.R.G. 12383/2010), introdotto da (…) nei confronti di (…), nel quale l’esponente era stato chiamato in causa dal resistente;
b) che il difensore affermava che il giudizio avrebbe avuto un esito positivo per l’assistito; al contrario, il Tribunale di Brescia dapprima emetteva, in data 29.03.2011, un’ordinanza ex art. 702 ter, comma V, c.p.c., con la quale condannava il resistente (…) al pagamento, a favore della ricorrente (…), della somma di Euro 7.960,00, oltre interessi, e di Euro 10,00 al giorno, dal 24.03.2011 per tutta la durata del deposito, oltre interessi, e disponeva la prosecuzione del giudizio, nelle forme ordinarie, previo mutamento del rito, con riferimento al rapporto processuale intercorso tra il resistente ed il terzo chiamato, e, poi, all’esito del giudizio, con la sentenza n. 3983/2013 del 4.12.2013, condannava quest’ultimo al pagamento, a favore dell'(…), della somma di Euro 18.000,00, comprensiva di capitale, interessi e spese legali;
c) che l’avv. (…) non proponeva appello avverso l’ordinanza del 29.03.2011; appello che avrebbe “perlomeno limitato gli effetti dannosi derivanti dalla predetta ordinanza”;
d) che, nel gennaio/febbraio 2014, l’avv. (…) comunicava all’assistito l’esito negativo del giudizio, rassicurandolo che, laddove non fosse stata rinvenuta una soluzione transattiva con la controparte, avrebbe comunque proposto appello avverso la sentenza n. 3983/2013 (notificata alla parte personalmente il 21.03.2014);
e) che, nonostante i tentativi di contattarlo, l’avv. (…) si negava, con la conseguenza che, in data 7.04.2014, l’avv. (…), interessato dall’esponente, inviava un fax al collega, chiedendogli di comunicare per iscritto la proposta transattiva di controparte, specificando di non avere ricevuto un incarico professionale dall’esponente e di non intendere sostituirlo nell’ambito della controversia di cui si tratta;
f) che, in data 10.04.2014, l’avv. (…) rispondeva alla predetta comunicazione, sostenendo che avrebbe informato l’assistito non appena rinvenuta una soluzione conciliativa con la controparte;
g) che, con fax del 26.06.2014, l’avv. (…) chiedeva al collega spiegazioni sul perché non avesse proposto appello avverso la suindicata sentenza, pur essendogli stato conferito mandato a tal fine, e non avesse informato la parte circa l’esito delle trattative intavolate con l'(…) per addivenire ad una soluzione transattiva della controversia;
h) di avere domandato, in data 12.01.2015, all’avv. (…) il risarcimento dei danni subiti, a fronte degli errori da lui commessi nell’esercizio della sua attività professionale – danni quantificati in Euro 18.000,00 – e di avergli chiesto di comunicare il nominativo della sua compagnia assicuratrice (comunicazione inoltrata dal convenuto soltanto in data 1.12.2015);
i) di avere inviato plurime richieste risarcitorie alla Società (…), presso la quale il convenuto era assicurato, senza tuttavia ricevere alcun riscontro.
Tanto premesso, l’attore ha chiesto all’intestato Tribunale di accertare la responsabilità professionale dell’avv. (…), a fronte dei danni a lui cagionati a seguito del mancato appello della sentenza n. 3983/2013 del Tribunale di Brescia e dell’ordinanza del 29.03.2011, e, per l’effetto, di condannarlo al risarcimento dei predetti danni, quantificati in Euro 18.000,00, o nella somma maggiore o minore da determinarsi in corso di causa, oltre interessi; con vittoria di spese, da distrarsi a favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Si è costituito in giudizio l’avv. (…), contestando la domanda e chiedendone la reiezione, in quanto infondata.
In ogni caso, il convenuto ha tempestivamente chiesto di essere autorizzato alla chiamata in causa della propria assicurazione, Società (…) Soc. Coop. a (…), per essere dalla stessa tenuto indenne e manlevato in caso di condanna al risarcimento del danno lamentato dall’attore.
In via riconvenzionale, l’esponente ha chiesto all’intestato Tribunale di condannare l’attore al pagamento, a suo favore, della somma di Euro 5.190,72, dovuta a titolo di compenso per l’attività professionale prestata nell’ambito del procedimento civile di cui si tratta – somma già comprensiva degli accessori e già detratti gli acconti ricevuti – oltre interessi.
Previo spostamento della data della prima udienza, per consentire la rituale citazione dell’assicurazione terza chiamata, si è costituita in giudizio la Società (…) Soc. Coop. a (…), eccependo: a) l’insussistenza della responsabilità professionale addebitata all’avv. (…), stante la genericità delle allegazioni attoree ed il mancato assolvimento, da parte dell’attore, dell’onere della prova su di lui gravante in ordine all’esistenza del nesso di causalità tra la presunta condotta omissiva addebitata al difensore ed il presunto danno subito dal cliente; b) l’inoperatività della polizza in oggetto; c) l’esistenza di una franchigia/scoperto di Euro 5.000,00 per ciascun sinistro.
L’assicurazione terza chiamata ha, quindi, chiesto, in via principale, il rigetto della domanda attorea, in quanto infondata, e, in via subordinata, in caso di suo accoglimento, la declaratoria di inefficacia e non operatività della polizza de qua, ovvero, in caso, di accertamento della sua operatività, la detrazione dello scoperto/franchigia di Euro 5.000,00 per ciascun sinistro; con vittoria di spese.
La causa è stata istruita con la documentazione versata in atti dalle parti (atteso il rigetto, con ordinanza dell’8.06.2018 – che in questa sede integralmente si richiama – delle istanze di prova orale formulate dalle parti nei rispettivi atti) e trattenuta in decisione all’udienza del 27.11.2018, con concessione dei doppi termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi dell’art. 190 c.p.c.
Tanto premesso, osserva il Tribunale quanto segue.
Secondo un consolidato e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di azione di responsabilità nei confronti di un professionista, l’agente è tenuto a provare sia di aver sofferto un danno, sia che questo sia stato causato dalla insufficiente o inadeguata o negligente attività del professionista, e cioè dalla sua difettosa prestazione professionale.
In particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della sua responsabilità implica la valutazione positiva che alla proposizione di una diversa azione, o al diligente compimento di determinate attività, sarebbero conseguiti effetti più vantaggiosi per l’assistito, non potendo viceversa presumersi dalla negligenza del professionista che tale sua condotta abbia in ogni caso arrecato un danno, come pure, in caso di omesso svolgimento di un’attività professionale (nella specie, violazione del dovere di informazione) va provato non solo il danno subito, ma anche il nesso eziologico tra esso e la condotta del professionista, in quanto non è ravvisabile alcuna essenziale diversità tra l’ipotesi di inesatto adempimento del professionista e l’ipotesi di adempimento mancato (v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11901 del 07/08/2002 (Rv. 556778 – 01).
Ancora, la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10966 del 09/06/2004 (Rv. 573480 – 01).
In particolare, la responsabilità dell’avvocato – nella specie per omessa proposizione di impugnazione – non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2638 del 05/02/2013, Rv. 625017 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25112 del 24/10/2017, Rv. 646451 – 01, secondo la quale, in tema di responsabilità professionale dell’avvocato per omesso svolgimento di un’attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, si applica non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, ma anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell’omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull’esito che avrebbe potuto avere l’attività professionale omessa).
Ciò posto, nella fattispecie, parte attrice ha chiesto che sia accertata la responsabilità professionale del proprio difensore, avv. (…), per non avere proposto appello avverso l’ordinanza del 29.03.2011, emessa dal Tribunale di Brescia, nell’ambito del giudizio ex artt. 702 bis e ss. c.p.c., R.G.N. 12383/2010, nonché avverso la sentenza n. 3983/2013, emessa dal predetto Tribunale, all’esito del giudizio R.G.N. 15023/2011, con conseguente diritto ad ottenere la condanna del difensore al risarcimento dei danni da lei asseritamente subiti.
In particolare, con l’ordinanza depositata in data 29.03.2011, resa nel giudizio R.G.N. 12383/2010, pendente tra la ricorrente (…), il resistente (…) ed il terzo chiamato (…), il Tribunale di Brescia, previo accertamento dell’avvenuto deposito di due bovine, a seguito di ricorso ex artt. 1514 c.c. e 77 disp. att. c.c., da parte dell'(…), nei confronti della (…), e della pattuizione di un compenso per il deposito pari ad Euro 10,00 al giorno, ha condannato il depositante (…) al pagamento, a favore della depositaria (…), della somma di Euro 7.960,00, oltre interessi, nonché della somma di Euro 10,00 al giorno dal 24.03.2011, per tutta la durata del deposito, oltre interessi, atteso che: “delle obbligazioni inerenti al deposito, nei rapporti con il depositario, risponde unicamente il depositante ed il primo non ha titolo per agire nei confronti di colui per conto del quale è stato effettuato il deposito”.
Pertanto, il Tribunale di Brescia ha concluso che: “la presente ordinanza definisce la controversia tra la (…) e l'(…) (…) nei rapporti tra l'(…) e lo (…) la controversia necessita di istruttoria non sommaria in ordine all’accertamento della intervenuta stipulazione o meno del contratto di compravendita sulla base del quale l'(…) ha effettuato il deposito e la cui sussistenza lo (…) nega. Da tale accertamento dipende anche la fondatezza o meno della pretesa dell'(…) a che le spese del deposito facciano in via definitiva carico allo (…). Sicché ai sensi dell’art. 702 ter, quarto comma, cod. proc. civ. va disposta la separazione di detta causa da quella definita con la presente ordinanza tra la (…) e l'(…)” (v. doc. n. 1 del fascicolo di parte attrice).
A tal proposito, si ritiene che, con riferimento alla lamentata omessa impugnazione, da parte dell’avv. (…), dell’ordinanza del 29.03.2011, non possa rinvenirsi alcun profilo di responsabilità in capo a quest’ultimo, atteso che il suindicato provvedimento ha definito esclusivamente la controversia pendente tra la ricorrente Madeina ed il resistente (…), con condanna di quest’ultimo al pagamento, a favore della depositaria, delle spese di deposito, previo accertamento dell’effettuazione del deposito delle due bovine e della pattuizione della misura del compenso per il deposito.
Peraltro, parte attrice non ha specificamente allegato (né chiesto di provare) che dalla proposizione dell’appello avverso detto provvedimento – reso tra parti diverse e non contenente alcuna statuizione direttamente pregiudizievole nei suoi confronti – sarebbero conseguiti effetti per lei più favorevoli, essendosi inammissibilmente limitata ad affermare che “l’appello avrebbe perlomeno limitato gli effetti dannosi derivanti dalla predetta ordinanza” (v. pag. 2 dell’atto di citazione), senza nemmeno indicare quali capi della predetta ordinanza dovevano essere oggetto di impugnazione e per quali motivi.
Venendo ora alla lamentata omessa impugnazione della sentenza n. 3983/2013, emessa dal Tribunale di Brescia, nel giudizio R.G.N. 15023/2011, si rileva che il Tribunale, all’esito dell’espletata istruttoria orale e documentale, ha accertato la stipula tra il venditore (…) e l’acquirente (…) di un contratto di compravendita di due bovine e condannato lo (…), in quanto proprietario dei due animali, a sostenere le spese conseguenti al deposito effettuato ai sensi degli artt. 1514 c.c. e 77 disp. att. c.c., e, per l’effetto, a tenere indenne e manlevare l'(…) in relazione al pagamento di ogni somma corrisposta da quest’ultimo a favore della (…), in forza della statuizione di condanna contenuta nell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 29.03.2011.
A tal proposito, si rileva – come eccepito dal convenuto e dall’assicurazione terza chiamata e sulla scorta del condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata – che l’attore non ha assolto all’onere della prova, sullo stesso gravante, in ordine alla sussistenza del nesso di causalità tra la prospettata condotta omissiva del difensore e l’evento dannoso lamentato dall’assistito.
Infatti, nella fattispecie, parte attrice ha, in atto di citazione e nella prima memoria ex art. 183, comma VI, c.p.c., omesso di specificamente allegare (e chiedere di provare, anche nel termine concesso per il deposito della seconda memoria ex art. 183, comma VI, c.p.c.) che, in assenza della condotta asseritamente colpevole del difensore (consistita nella mancata proposizione dell’appello avverso la suindicata sentenza), vi sarebbe stato (in termini probabilistici, secondo la regula iuris del più probabile che non) un esito della controversia diverso e più favorevole per sé.
In particolare, l’attore ha omesso qualsivoglia specifica allegazione (né ha formulato ammissibili istanze di prova orale sul punto) in ordine alle censure ed ai motivi di impugnazione della sentenza di cui si tratta, che, se diligentemente posti dal difensore a fondamento di un atto di appello tempestivamente proposto, sarebbero risultati fondati e avrebbero comportato una riforma della sentenza di primo grado, in termini favorevoli per l’appellante.
Difatti, parte attrice si è limitata, nella prima memoria ex art. 183, comma VI, c.p.c., a reiterare la prospettazione dei fatti già avanzata dinnanzi al Tribunale di Brescia, negando l’avvenuta conclusione del contratto di compravendita delle due bovine e deducendo di essere un mediatore di professione, intervenuto nella compravendita di bovini conclusa tra l'(…) ed il (…) S.r.l., e di avere consegnato all'(…) l’assegno di cui si tratta in garanzia (di un debito altrui) e non già quale mezzo di pagamento del prezzo della compravendita.
Al contrario, il Tribunale di Brescia, all’esito della valutazione del materiale probatorio complessivamente acquisito al giudizio, con una articolata e congrua motivazione, ha ritenuto maggiormente attendibile e credibile il teste di parte convenuta (…) (che aveva riferito della compravendita delle due bovine, intervenuta tra lo (…) e l'(…)), le cui dichiarazioni risultavano confermate dalla consegna e dal successivo incasso dell’assegno di cui si tratta da parte dell'(…) (circostanze contestate dallo (…) solo dopo l’offerta reale per intimazione notificatagli dalla controparte).
Il Tribunale non ha, invece, reputato credibile la versione del terzo chiamato, anche tenuto conto della condotta delle parti tenuta anteriormente all’introduzione della causa e delle contraddizioni e delle anomalie insite nella prospettazione di parte (…), avendo quest’ultimo inizialmente dedotto di avere consegnato all'(…) l’assegno di cui si tratta a titolo di mutuo e, poi, a scopo di garanzia (v. pag. 7 e 8 della sentenza di cui al doc. n. 2 del fascicolo di parte attrice).
Peraltro, parte attrice ha tentato di introdurre (seppure genericamente) tali allegazioni nel presente giudizio, tardivamente ed inammissibilmente, soltanto con la memoria di replica (contestando la regolarità del deposito effettuato dall'(…), nonché la capacità e l’attendibilità del teste di parte (…), escusso nell’ambito del procedimento R.G.N. 15023/2011), quando ormai le preclusioni erano irrimediabilmente maturate ed il thema decidendum e probandum cristallizzato.
Per completezza, si osserva che l’attore era a conoscenza dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado (per essergli stato comunicato dal difensore ed, in ogni caso, per essergli stata la sentenza notificata in data 21.03.2014) e lo stesso aveva, in pendenza dei termini per proporre impugnazione (atteso che, essendo stata la sentenza notificata alla parte personalmente, il termine per l’impugnazione non era quello breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c., bensì quello lungo di sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza), contattato un altro avvocato, interessandolo della questione (si vedano, sul punto, le comunicazioni versate in atti, intercorse tra l’avv. (…) ed il convenuto).
Pertanto, la parte – se intenzionata a proporre l’impugnazione, a fronte della prospettata inerzia dell’avv. (…) – ben avrebbe potuto revocare il mandato a quest’ultimo e proporre tempestiva impugnazione avverso la predetta sentenza, con il patrocinio di un nuovo difensore.
Le considerazioni che precedono comportano l’integrale rigetto della domanda attorea, con assorbimento di ogni ulteriore profilo di rito, di merito o istruttorio.
È, invece, fondata la domanda riconvenzionale di pagamento del corrispettivo per l’attività professionale prestata dal difensore a favore dell’assistito nell’ambito del giudizio di cui si tratta, tempestivamente formulata da parte convenuta in comparsa di costituzione e risposta, avendo il convenuto allegato l’inadempimento del cliente dell’obbligazione di pagamento del predetto compenso professionale e non avendo l’attore sollevato, nei propri scritti difensivi, alcuna eccezione, ovvero contestazione sul punto, con particolare riferimento al quantum debeatur.
Pertanto, l’attore deve essere condannato al pagamento, a favore del convenuto, della somma complessiva di Euro 5.190,72 (somma non specificamente contestata nel quantum), dovuta a titolo di compenso per l’attività professionale prestata a suo favore dal convenuto nell’ambito del procedimento civile di cui si tratta, già comprensiva degli accessori e già detratti gli acconti ricevuti, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al saldo effettivo.
Nulla deve essere statuito sulle domande proposte dal convenuto e dall’assicurazione terza chiamata in via subordinata, in caso di accoglimento della domanda attorea (in questa sede integralmente respinta), in quanto assorbite.
Va, infine, rilevata la tempestività del deposito telematico delle comparse conclusionali del convenuto e dell’assicurazione terza chiamata, effettuato in data 28.01.2019.
Spese
Le spese processuali seguono la soccombenza di parte attrice, sia nel rapporto processuale con il convenuto, che nel rapporto processuale con l’assicurazione terza chiamata (essendo stata la chiamata in causa giustificata dalla proposizione della domanda di risarcimento del danno nei confronti del convenuto ed attesa l’operatività della polizza, avendo il convenuto ricevuto la prima richiesta risarcitoria in data 12.01.2015 ed essendo stato il contratto di assicurazione stipulato in data 13.11.2014) e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto del D.M. n. 37 del 2018 (valori compresi tra i minimi ed i medi dello scaglione di riferimento, considerati l’attività effettivamente posta in essere dalle parti ed il mancato espletamento della fase istruttoria).
P.Q.M.
Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni altra eccezione, deduzione, istanza rigettata o assorbita, così dispone:
– rigetta la domanda attorea;
– in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta, condanna l’attore al pagamento, a favore del convenuto, della somma complessiva di Euro 5.190,72, per le ragioni di cui in motivazione, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al saldo effettivo;
– condanna l’attore al pagamento, a favore del convenuto, delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.500,00 per compenso, oltre al 15% sul compenso per spese generali, oltre IVA e CPA, se dovute, come per legge, oltre al contributo unificato versato per la chiamata in causa dell’assicurazione terza chiamata;
– condanna l’attore al pagamento, a favore dell’assicurazione terza chiamata, delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.500,00 per compenso, oltre al 15% sul compenso per spese generali, oltre IVA e CPA, se dovute, come per legge.
Così deciso in Mantova il 19 marzo 2019.
Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2019.