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per l’affermazione della responsabilita’ da omessa custodia della res ai sensi dell’articolo 2051 c.c., che, anche nel caso di comproprieta’, coinvolge ogni singolo comproprietario in virtu’ del principio di solidarieta’ ex articolo 2055 c.c., che non determina una situazione di litisconsorzio necessario. Difatti, la sussistenza di un vincolo di solidarieta’ passiva ai sensi dell’articolo 2055 c.c., tra piu’ convenuti in un giudizio di risarcimento dei danni non genera mai un litisconsorzio necessario, avendo il creditore titolo per valersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, con conseguente possibilita’ di scissione del rapporto processuale che puo’ utilmente svolgersi anche nei riguardi di uno solo dei coobbligati: per cui non e’ configurabile, sul piano processuale, una inscindibilita’ delle cause in appello neppure nell’ipotesi in cui i convenuti si siano difesi in primo grado addossandosi reciprocamente la responsabilita’ esclusiva del sinistro.
Con la sentenza in oggetto viene affermata la responsabilita’ ex art. 2051 c.c. del condominio e del condomino proprietario verso terzi in quanto custodi delle cose che hanno cagionato un danno.
Per approfondire il tema della responsabilita’ ex art. 2051 c.c si consiglia la lettura del seguente articolo:
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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 30 marzo 2018, n. 7926
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20906/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 203/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 04/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/01/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO IN FATTO
1. Con atto di citazione del 10.10.2002 notificato in data 11.10.2002, (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) e il condominio di (OMISSIS), innanzi al Tribunale di Siracusa – sezione distaccata d Lentini – per sentire affermata la loro responsabilita’ solidale ex articolo 2051 c.c. e articolo 2043 c.c., nell’incidente occorso il (OMISSIS) (caduta da un cavedio), ed ottenere la loro condanna al risarcimento dei danni alla persona. Si costituivano i convenuti e il tribunale, con sentenza depositata il 22 aprile 2010 rigettava la domanda essendo stato provato un uso improprio del bene da parte della vittima, atteso che la lastra di copertura non era sullo stesso livello del piano di calpestio, escludendo pertanto il nesso causale fra fatto addebitato ai convenuti (difetto di manutenzione del lastrico solare condominiale e del lucernario sovrastante il garage del sig. (OMISSIS)) ed evento lesivo, imputabile alla condotta imprudente della vittima, condannando l’attore alle spese di lite.
2. Avverso la predetta sentenza l’attore proponeva appello con atto di citazione notificato in data 1 e 2 dicembre 2010. Nel giudizio d’appello si costituiva il Condominio e (OMISSIS), erede in proprio del sig. (OMISSIS), nel frattempo deceduto, e quale esercente la potesta’ genitoriale sulle figlie minori (OMISSIS) e (OMISSIS). Con il primo motivo di appello deduceva che l’uso improprio del lucernario non emerge da alcun elemento acquisito e che vi sia stata un’erronea applicazione della norma di cui all’articolo 2051 c.c.. La Corte d’appello di Catania, con sentenza non definitiva n. 203 del 3 febbraio 2015, in riforma della sentenza di rigetto dichiarava la responsabilita’ solidale dei convenuti appellati, condannandoli al risarcimento in via tra loro solidale. Con ricorso per cassazione notificato il 29 luglio 2015 a mezzo di ufficiale Giudiziario e depositato in data 31 luglio 2015 le convenute eredi di (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione per vedere annullata la sentenza numero n. 203 del 3 febbraio 2015 della Corte d’appello di Catania con n. 4 motivi di ricorso. Agostino Vacirca e’ comparso con controricorso notificato il 24 settembre 2016 a mezzo di U.G.. In data 9/11 gennaio 2018 le parti presentavano memoria ex articolo 378 c.p.c., per l’udienza camerale del 26 gennaio 2018.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Nella sentenza oggetto di impugnazione e’ stata affermata la responsabilita’ solidale dei convenuti, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., sul rilievo che: 1) l’imprudenza della vittima non e’ sufficiente a escludere la responsabilita’ del custode del bene; 2) incombe sul custode provare che la caduta derivasse da caso fortuito, che puo’ essere rappresentato anche dal fatto colpevole del danneggiato e 3) la pericolosita’ intrinseca del bene in custodia era rappresentata dalla fragilita’ della lastra di vetro, 4) il lucernaio era facilmente accessibile ancorche’ leggermente sopraelevato rispetto al piano di calpestio; 5) non vi era segnalazione di pericolo o sbarramento del luogo; 6) entrambi i convenuti dovevano ritenersi custodi del bene e pertanto solidalmente responsabili ex articolo 2055 c.c..
4. Con il primo motivo le convenute, eredi di (OMISSIS), proprietario del box deceduto in corso di causa, denunciano la falsa applicazione della norma di cui all’articolo 102 c.p.c., in relazione all’articolo 2055 c.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con tale motivo le ricorrenti deducono che la Corte d’appello ha errato nel non considerare la sussistenza di un litisconsorzio necessario con gli altri comproprietari dei posti auto sottostanti il lucernaio, in comproprieta’ indivisa, trattandosi di un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile per cui la sentenza doveva essere pronunciata nei confronti di tutti i partecipanti alla comproprieta’. Tale deduzione, e’ inammissibile, prima che infondata, perche’ non tiene conto del fatto che la sentenza impugnata, innanzitutto, non ha dato per provata la comproprieta’ perche’ la prova documentale non e’ stata ritualmente prodotta ed e’ stata esclusa. Non essendo stato sottoposto a censura tale rilievo utilizzato dalla Corte ai fini della decisione, unitamente ad altri, le argomentazioni della ricorrente che censurano solo una parte della motivazione (alternativa) resa sul punto risultano del tutto carenti in quanto incomplete e insufficienti ad intaccare la complessita’ della decisione assunta. Il motivo e’ pertanto inammissibile.
5. Con il secondo motivo si deduce la violazione ed errata applicazione dell’articolo 74 disp. att., in relazione al principio di non contestazione ex articolo 360 c.p.c., n. 3, posto che la controparte non ha contestato la produzione del documento attestante la comproprieta’ del garage sottostante il lucernaio. Tale argomento e’ ugualmente inammissibile, poiche’ il giudice non ha considerato come in se’ rilevante, ai fini dell’affermazione della legittimazione passiva o dell’affermazione di responsabilita’, la circostanza che il garage sottostante fosse di proprieta’ esclusiva del congiunto delle ricorrenti, ma ha rilevato che tutt’al piu’ il condomino citato in giudizio risponde per l’intero, essendo prevista una solidarieta’ ex articolo 2055 c.c., deducendo l’irrilevanza della prova della comproprieta’ del bene ai fini dell’affermazione della sua responsabilita’. L’argomento e’ quindi inammissibile perche’ inconferente con la decisione assunta che non tiene in alcuna considerazione la sussistenza o meno di una situazione di proprieta’ singola come fattore decisivo per l’affermazione della responsabilita’ da omessa custodia della res ai sensi dell’articolo 2051 c.c., che, anche nel caso di comproprieta’, coinvolge ogni singolo comproprietario in virtu’ del principio di solidarieta’ ex articolo 2055 c.c., che non determina una situazione di litisconsorzio necessario. Difatti, la sussistenza di un vincolo di solidarieta’ passiva ai sensi dell’articolo 2055 c.c., tra piu’ convenuti in un giudizio di risarcimento dei danni non genera mai un litisconsorzio necessario, avendo il creditore titolo per valersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, con conseguente possibilita’ di scissione del rapporto processuale che puo’ utilmente svolgersi anche nei riguardi di uno solo dei coobbligati: per cui non e’ configurabile, sul piano processuale, una inscindibilita’ delle cause in appello neppure nell’ipotesi in cui i convenuti si siano difesi in primo grado addossandosi reciprocamente la responsabilita’ esclusiva del sinistro (e, percio’, del danno, cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10042 del 29/04/2006).
6. Con il terzo motivo si deduce la violazione ed errata applicazione dell’articolo 2051 c.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 3. In proposito si deduce che la decisione adottata non ha considerato che ai fini dell’esonero della responsabilita’ da mancata custodia, il caso fortuito puo’ essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, poiche’ la pericolosita’ della cosa, specie se nota o comunque facilmente rilevabile dal soggetto che entra in contatto con la stessa, impone un obbligo massimo di cautela, proprio poiche’ il pericolo e’ altamente prevedibile. E tale prevedibilita’ con l’ordinaria diligenza e’ sufficiente ad escludere la responsabilita’ del custode anche ai sensi dell’articolo 2051 c.c.. Tale deduzione, tuttavia, intende spingere questa Corte a riconsiderare i fatti gia’ compiutamente valutati dalla Corte di merito, la quale ha soprattutto rilevato che l’onere della “prova liberatoria”, gravante sui custodi e non sulla parte danneggiata, non e’ stato sufficientemente assolto, secondo canoni d’interpretazione della norma del tutto corretti (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 11802 del 09/06/2016). La valutazione in fatto, peraltro, risulta del tutto insindacabile in sede di legittimita’, atteso che la Corte di merito ha esaminato e valutato lo stato dei luoghi, che si presentava in se’ come fonte di intrinseco pericolo (di sfondamento in caso di calpestio) non adeguatamente neutralizzato con cartelli o transenne, e l’incidenza dell’eventuale comportamento colposo della vittima, presumibilmente consapevole della rischiosita’ del luogo, a fronte della scarsa illuminazione del cortile condominiale che impediva una corretta visuale del pericolo in ogni circostanza, alla luce di corretti principi di diritto espressi da questa Corte in plurime occasioni (Cassazione n. 12027/2017 secondo cui l’articolo 2051 c.c., non prevede una responsabilita’ aquiliana, ovvero non richiede alcuna negligenza nella condotta che si pone in nesso eziologico con l’evento dannoso, bensi’ stabilisce una responsabilita’ oggettiva, che e’ circoscritta esclusivamente dal caso fortuito, e non, quindi, dall’ordinaria diligenza del custode). Il motivo e’ pertanto inammissibile in quanto tende a indurre la Corte di legittimita’ a sindacare valutazioni in fatto su circostanze compiutamente considerate nel loro insieme dalla Corte di merito.
7. Con il quarto motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c., in relazione all’articolo 1125 c.c., poiche’ il criterio di ripartizione delle spese condominiali porrebbe a carico dei proprietari del cortile meta’ delle spese di risarcimento dei danni a terzi e l’altra meta’ a carico dei proprietari dei posti auto. L’assunto e’ palesemente infondato, poiche’ la responsabilita’ del condominio e dei condomini verso terzi in quanto custodi delle cose che hanno cagionato un danno vale nei rapporti interni tra loro per le spese di manutenzione dei beni condominiali, ma non per ripartire la responsabilita’ verso i terzi, regolata dal gia’ richiamato articolo 2055 c.c., in tema di solidarieta’ passiva tra i vari concorrenti nel fatto illecito. Tale motivo, peraltro, non e’ stato neanche dedotto come argomento di impugnazione della pronuncia di prime cure e, per giunta, si pone in aperto contrasto con i motivi di cui sopra volti ad affermare la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra condomini comproprietari dei box sottostanti il lucernaio.
8. Con il quinto motivo si deduce l’omesso esame di un fatto storico ex articolo 360 c.p.c., n. 5, dato dal fatto che la vittima conosceva da oltre quaranta anni i luoghi e pertanto il lucernaio non poteva costituire insidia, atteso che la vittima avrebbe deliberatamente deciso di salirci sopra, facendone un uso improprio “come chi decide di camminare su un davanzale della finestra”. Osserva la Corte che anche questo elemento fattuale e’ stato vagliato dalla Corte di merito, unitamente ad altri, quali la situazione di pioggia e di scarsa illuminazione del cortile comune, per giungere alla conclusione che tale fattore soggettivo di familiarita’ dei luoghi da parte della vittima non ha inciso sulla situazione di rischio dei luoghi in concreto rilevabile al momento dell’occorso, apparendo come un elemento di conoscenza soggettiva non idoneo a interrompere il nesso causale tra fatto ed evento, sino ad assurgere a caso fortuito, posto che il cavedio era facilmente accessibile ed era prevedibile che l’evento potesse ricondursi all’imprudenza umana, in se’ non sufficiente a escludere la responsabilita’ del custode del bene ai sensi dell’articolo 2051 c.c.. Pertanto la censura e’ inammissibile.
9. Alla luce di quanto sopra, le spese di lite vengono poste a carico delle ricorrenti soccombenti, in via tra loro solidale, nella misura di seguito liquidata sulla base del valore della controversia e delle tariffe vigenti, unitamente al contributo unificato e agli ulteriori oneri di legge.
P.Q.M.
1. Rigetta il ricorso;
2. Condanna le ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 7.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge a favore di ciascuna parte controricorrente;
3. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1- bis.