la responsabilità del genitore per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore trova fondamento, a seconda che il minore stesso manchi o meno della capacità di intendere e di volere al momento del fatto, nel disposto dell’art. 2047 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza, ovvero nel disposto dell’art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione e di vigilanza, per cui le indicate ipotesi di responsabilità presunta si pongono su un piano non concorrente, ma alternativo, alla stregua dell’accertamento, nel caso concreto, della sussistenza o meno di quella capacità.
Tribunale Cassino, civile Sentenza 18 settembre 2018, n. 1003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CASSINO
SEZIONE CIVILE
In persona del giudice unico dott.ssa Rossella Pezzella ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 2980 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2007, trattenuta in decisione all’udienza del 23.5.2018 e vertente
tra
(…), nato a S. ((…)) il (…), rappresentato e difeso, in virtù di procura in calce all’atto di citazione, dagli avv.ti Br.Fo. e Pa.Ot., ed elettivamente domiciliato in Sora (FR) via (…)
– attore –
e
(…), nata a V. ((…)) il (…), rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall’avv. En.Gi. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Cassino (FR) via (…)
– convenuta –
e
(…), nato a R. il (…), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’avv. Ma.Gi. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Cassino (FR) Piazza (…)
– convenuto –
e
(…), (…), (…), (…), (…), (…)
– convenuti contumaci –
OGGETTO: azione di risarcimento danni
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione ritualmente notificato (…) conveniva in giudizio i soggetti indicati in epigrafe deducendo che (…), (…) e (…) il 31.3.2006, s’impossessavano della propria vettura (…) tg. (…) e che, il giorno seguente, mentre erano alla guida di tale veicolo, cagionavano un sinistro stradale a seguito del quale il mezzo riportava ingenti danni; che all’epoca dei fatti i predetti erano minorenni; che il Tribunale per i Minorenni di Roma, pur accertando la responsabilità del (…) e dell’A. in ordine al reato di furto in oggetto, pronunciava nei confronti degli stessi sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto; che i fatti esposti gli causavano pregiudizi di natura patrimoniale e non patrimoniale quantificabili in Euro 16.000,00.
Sulla base di tali deduzioni, l’attore ha chiesto di accertare e dichiarare che i fatti esposti siano avvenuti per responsabilità esclusiva dei convenuti (…), (…) e (…), con conseguente condanna di tutti i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti.
Si sono costituiti in giudizio (…) e (…), contestando tutto quanto ex adverso dedotto.
In particolare, gli stessi hanno dedotto che costituisce motivo di esclusione o di attenuazione della responsabilità invocata dall’attore la circostanza che le chiavi della vettura in oggetto venivano prelevate dal convenuto (…) e che, al momento del sinistro, il veicolo era condotto da (…). Inoltre, (…) ha allegato di aver sempre ottemperato agli obblighi di cui all’art. 147 c.c.
Pertanto, i convenuti hanno chiesto il rigetto della domanda risarcitoria e (…) ha spiegato domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa del reato di calunnia perpetrato dall’attore con l’atto di denuncia di furto della propria vettura, per aver lo stesso denunciato un fatto più grave di quello verificatosi, avendo dedotto che tale vettura era stata chiusa a chiave, mentre, dall’informativa di reato emerge che la chiave di accensione si trovava inserita nel quadro comandi.
All’udienza del 23.4.2008 veniva dichiarata la contumacia di (…), (…), (…), (…), (…), (…), inoltre, parte attrice deduceva la responsabilità aggravata dei convenuti costituiti ex art. 96 c.p.c. chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti.
La causa, istruita con prova orale e documentale, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 23.5.2018, con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
1.1. Preliminarmente, va dichiarata la contumacia di (…), (…), (…), (…), (…) e (…), attesa la mancata costituzione dei predetti nonostante la regolare evocazione in giudizio da parte dell’attore.
Ciò posto, in relazione alla istanza avanzata dal convenuto (…) per la revoca delle ordinanze del 7.12.2010 e del 15.3.2012 con le quali venivano acquisiti, previa autorizzazione dell’attore alla relativa produzione, gli atti del procedimento penale instaurato nei confronti di (…) presso il Tribunale per i minorenni, per essere intervenuta tale autorizzazione quando erano ormai decorsi i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c., si rileva la inutilizzabilità della predetta documentazione.
Difatti, trattandosi di documentazione preesistente all’introduzione del presente giudizio, era onere dell’attore provvedere al relativo deposito entro il termine di cui all’art. 183 comma 6, n. 2, c.p.c.
2. Ciò posto, oggetto del presente giudizio è la domanda di risarcimento degli asseriti danni subiti dall’attore a causa del furto della propria vettura (…) perpetrato da (…), (…) e (…), e del relativo danneggiamento causato da un sinistro verificatosi allorquando gli stessi si trovavano a bordo della predetta vettura.
Tale domanda è stata spiegata dall’attore nei confronti di (…), (…) e (…), quali autori dei fatti ora descritti nonché dei rispettivi genitori, in considerazione del fatto che i predetti, all’epoca del sinistro per cui è causa, erano minorenni.
Tuttavia, ai fini della corretta definizione della controversia, appare opportuno precisare che l’accertamento della responsabilità degli autori materiali dei fatti denunciati dall’attore si basa su regole probatorie distinte e diverse da quelle che regolano la responsabilità dei genitori per i fatti illeciti dei figli minori.
Difatti, si evidenzia che in caso di fatto illecito commesso da un minore, la responsabilità dell’autore materiale dell’evento dannoso trova il proprio titolo nell’art. 2043 c.c., mentre quella dei genitori del minore deve essere ricondotta nell’alveo applicativo dell’art. 2048 c.c., che, in deroga alla regola generale di cui all’art. 2043 c.c., prevede, secondo la giurisprudenza più recente, una forma di responsabilità presunta.
2.1. Tanto precisato, soffermando l’attenzione sulla posizione dei presunti autori dei fatti contestati dall’attore, si rileva che dagli atti di causa è emersa con tranquillizzante certezza la prova che (…), (…) e (…) l’1.4.2007 si impossessavano della vettura (…) di proprietà di (…) e che, il giorno seguente, causavano il danneggiamento di tale veicolo, il quale rimaneva distrutto a seguito del sinistro stradale verificatosi in Isola Del Liri (FR) allorquando a bordo della vettura vi erano i tre minorenni.
In particolare, dagli atti di causa risulta che i minori, l’1.4.2007, all’uscita da una discoteca sita in I. Del L., si impossessavano di una (…) di colore bianco utilizzando le chiavi nella stessa inserite, e che, successivamente, tale veicolo veniva parcheggiato nei pressi del cimitero, per poi essere nuovamente utilizzato dai convenuti, i quali, la notte del 2.4.2007, rimanevano coinvolti in un sinistro stradale in Isola Del Liri (cfr. allegati nn. 2 e 3 alla citazione).
Da tale atti è, altresì, emerso che la distruzione del veicolo veniva causato dal ribaltamento sulla sede stradale del mezzo e dal successivo impatto dello stesso con una colonna del gas ed il palo della illuminazione pubblica e che, subito dopo il sinistro, (…) e (…) si allontanavano facendo perdere le proprie tracce.
Tali circostanze trovano, invero, un preciso riscontro, nelle dichiarazioni rese da (…), (…) e (…) agli Agenti della Polizia Stradale di Sora all’epoca dei fatti (cfr. allegati 2 e 3 alla citazione), avendo i predetti descritto gli eventi per cui è causa riferendo circostanze precise, circostanziate e tra loro convergenti.
A tal proposito, si evidenzia che nessun dubbio sussiste in ordine all’utilizzabilità nel processo civile dei verbali di sommarie informazioni assunte dalle Autorità Pubbliche nell’immediatezza dei fatti, in quanto, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, tali atti rientrano nella nozione di prova atipica e sono soggette al prudente apprezzamento del giudice (ex multis Cass. Sez. Un. n. 12545/1992; Cass. n. 7537/2009; Cass. n. 22662/2008; Cass. n. 22020/2007; Cass. n. 3525/2005; Cass. n. 20335/2004; Cass. n. 1124/2005; Cass. n. 19833/2003; Cass. n. 9620/2003; Cass. n. 9963/2002; Cass. n. 3257/2001; Cass. n. 1786/2000; Cass. n. 1133/2000; Cass. n. 8659/1999; Cass. n. 3973/1998; Cass. n. 12782/1997; Cass. Sez. Un. n. 916/1996).
La ricostruzione dei fatti ora esposta, è supportata, altresì, dalla informativa di reato e dalla annotazione di servizio della Polizia stradale di Sora, da cui emerge in modo chiaro la responsabilità dei convenuti in ordine al furto e alla distruzione della vettura (sul valore probatorio di tali atti cfr. Cass. n. 17949/2002).
A ciò si aggiunge la circostanza che dalla sentenza del Tribunale per i Minorenni di Roma del 13.2.2007 risulta che (…) e (…) confessavano di aver commesso la notte del 1.4.2007, in concorso con (…), il furto della vettura di (…).
Senza trascurare il fatto che la partecipazione dei convenuti ai fatti illeciti per cui è causa trova conferma nelle dichiarazioni rese da (…) nel corso dell’interrogatorio formale ove ha affermato che “ricordo che tutti e tre ci trovavamo a bordo di una fiat croma…che con la macchina andavamo a sbattere contro un palo ed una cabina del gas…non conosco il proprietario dell’auto a cui sicuramente non abbiamo chiesto il permesso di utilizzarla….le chiavi le abbiamo trovate appese alla portiera lato destro del veicolo” (cfr. verbale di udienza del 5.6.2001).
Inoltre, la mancata presentazione all’interrogatorio formale degli altri convenuti (…) e (…), assume particolare rilievo sotto il profilo dell’accertamento dei fatti per cui è causa, alla luce del quadro probatorio ora descritto.
La giurisprudenza, infatti, ritiene che il giudice possa, ex art. 232 c.p.c., ritenere come ammessi i fatti oggetto dell’interrogatorio, alla luce della complessiva valutazione degli elementi di prova emersi nel giudizio (cfr. Cass. n. 1264/1995, secondo cui l’art. 232 c.p.c. non ricollega alla mancata risposta all’interrogatorio, per quanto ingiustificata, l’effetto automatico della “fictio confessio”, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova, ossia di considerare la circostanza alla luce del complessivo quadro probatorio emergente dagli atti, e ciò ad evitare che l’esercizio di quel potere discrezionale si trasformi in un arbitrio e consenta di ritenere provati dei fatti non suffragati in alcun modo dagli altri elementi acquisiti al processo o addirittura smentiti dai medesimi).
Ebbene, alla luce del complessivo quadro probatorio innanzi descritto, deve concludersi che parte attrice ha dimostrato con tranquillizzante certezza la responsabilità di (…), (…) e (…) in ordine al furto e al danneggiamento della propria vettura (…).
Né tale conclusione può essere inficiata dalle allegazioni di (…) per cui dal fatto che il veicolo veniva prelevato da (…) e condotto, al momento del sinistro, da (…), dovrebbe essere escluso ogni profilo di responsabilità in capo allo stesso per non aver posto in essere le condotte materiali contestate dall’attore.
Tali deduzioni si ritengono prive di pregio in considerazione del fatto che dalla istruzione sono emersi elementi fattuali idonei a rappresentare con tranquillizzante certezza che il (…), in concorso con (…) e (…), impossessandosi della vettura dell’attore, ne cagionava la distruzione, non assumendo alcun rilievo, ai fini dell’accertamento della responsabilità, lo specifico ruolo assunto dai convenuti nella perpetrazione dei fatti illeciti commessi.
In altri termini, anche a voler ritenere che la partecipazione del (…) ai fatti di causa sia stata solo morale, e non anche materiale, ciò non esclude che il comportamento assunto, certamente contrario alle regole di diligenza, abbia avuto una efficienza causale nella produzione degli eventi dannosi contestati dall’attore.
Pertanto, nessun dubbio sussiste in ordine al fatto che i danni subiti dalla vettura di parte attrice sono riconducibili alla condotta negligente posta in essere dai convenuti.
Difatti, la colpa di (…), (…) e (…) è desumibile tanto dalla rilevanza penale delle condotte realizzate quanto dalle modalità con cui sono stati posti in essere i fatti per cui è causa; sotto tale ultimo profilo, si osserva che i convenuti, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età all’epoca dei fatti, si ponevano in più occasioni alla giuda di un veicolo, di cui si erano impossessati senza il consenso del proprietario, e determinavano una situazione di rischio per la sicurezza pubblica.
Alla luce di quanto esposto, quindi, deve essere dichiarata la responsabilità dei convenuti ex art. 2043 c.c. per i fatti contestati dall’attore.
2.2. Per quanto concerne, invece, la responsabilità dei genitori per il fatto illecito commesso dai minori, va evidenziato che l’art. 2048 c.c. contempla un’ipotesi di responsabilità diretta dei genitori per fatto illecito dei figli minori imputabili, benché presunta, sia pure iuris tantum (in deroga alla generale previsione di cui all’art. 2043 c.c.) fino a quando non sia stata offerta la positiva dimostrazione, da parte dei medesimi, dei precetti posti dall’art. 147 c.c.
In particolare, tale prova si concreta, per i genitori, nella dimostrazione di aver impartito al minore un’educazione conforme alle condizioni familiari e sociali, nonché di aver esercitato una vigilanza adeguata all’età, al carattere ed all’indole del medesimo (Cass., n. 4481/2001; Cass., 10.5.2000, n. 5957; Cass. 9.10.1997, n. 9815; Cass., n. 13.9.1996, n. 8263).
Come pacificamente sostenuto in dottrina e nella giurisprudenza di legittimità, la responsabilità del genitore per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore trova fondamento, a seconda che il minore stesso manchi o meno della capacità di intendere e di volere al momento del fatto, nel disposto dell’art. 2047 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza, ovvero nel disposto dell’art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione e di vigilanza, per cui le indicate ipotesi di responsabilità presunta si pongono su un piano non concorrente, ma alternativo, alla stregua dell’accertamento, nel caso concreto, della sussistenza o meno di quella capacità (Cass. 25.3.1997, n. 2606; Cass. 4 ottobre 1979 n. 5122).
Ne consegue che il dovere di sorveglianza dell’incapace ha un contenuto molto più ampio di quello di sola vigilanza del minore capace.
Quest’ultima consiste, infatti, nella verifica del corretto apprendimento dell’educazione impartita, poiché l’educazione deve ricevere i necessari adeguamenti ed aggiustamenti tenendo conto della personalità del minore e della sua capacità di calare nella pratica, quanto gli viene impartito.
Da ciò consegue che la prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore, capace di intendere e volere, coincide, normalmente, nella dimostrazione, oltre che di aver impartito al minore un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di aver esercitato sul minore una vigilanza adeguata all’età e finalizzata a correggere comportamenti non corretti, e quindi meritevoli di un’ulteriore o diversa opera educativa.
A tal fine non occorre che il genitore provi la sua costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio (altrimenti dall’obbligo della vigilanza si ricadrebbe in quello della sorveglianza di cui all’art. 2047 c.c.), quando per l’educazione impartita, per l’età del figlio e per l’ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l’ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi (cfr. Cass. 9.4.1997, n. 3088).
In altri termini, l’obbligo di vigilanza per i genitori del minore capace non si pone come autonomo rispetto all’obbligo di educazione, ma va correlato a quest’ultimo, nel senso che i genitori devono vigilare che l’educazione impartita sia consona ed idonea al carattere ed alle attitudini del minore e che quest’ultimo ne abbia “tratto profitto”, ponendola in atto, in modo da avviarsi a vivere autonomamente, ma correttamente.
Tanto premesso, con riferimento alla posizione di (…), madre di (…), si rileva che, a fronte della convincente dimostrazione del fatto dedotto dall’attore a fondamento della domanda, essa nulla ha dimostrato ai fini della liberazione della presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2048 c.c., non essendo emerso dalla prova orale alcun elemento fattuale idoneo a provare che la convenuta ha impartito al minore un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari e che ha esercitato sullo stesso una vigilanza adeguata all’età.
A conferma di ciò, si rileva il teste (…), per un verso, non ha descritto alcuna circostanza dalla quale desumere il tipo di educazione impartita dalla convenuta al minore e il grado di vigilanza esercitato e, per altro verso, si è limitata ad esporre fatti “riferiti” dalla (…) (cfr. verbale del 1.6.2011).
Tuttavia, sul punto deve evidenziarsi che la giurisprudenza tende ad escludere la valenza probatoria delle dichiarazioni rese dai testi che depongono su circostanze di cui sono stati informati dalla parte del giudizio (cfr. Cass. n. 3709/2008; 2815/2006).
Pertanto, alla luce di ciò, deve ritenersi che la convenuta non abbia introdotto nel giudizio nessun elemento fattuale dal quale poter desumere che la stessa abbia adeguatamente educato e vigilato il figlio minore.
Alla stessa conclusione deve giungersi con riferimento alla posizione dei convenuti (…), (…), (…), (…), i quali, non essendosi costituiti in giudizio, nulla hanno allegato e provato ai fini della liberazione dalla presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2048 c.c.
A ciò si aggiunga la circostanza che l’inadeguatezza della educazione impartita e della vigilanza esercitata dai convenuti sui figli minori può essere desunta, nel caso che qui ci occupa, dalle modalità dello stesso fatto illecito (cfr. Cass. n. 10357/2000).
Innanzitutto, si evidenzia che il disegno criminoso messo a punto dai minori e perpetrato per ben due giorni consecutivi non permette di considerare i fatti per cui è causa come delle “tipiche bravate adolescenziali”; invero, dagli atti di causa è emerso che i tre minori si impossessavano della vettura dell’attore e, al fine di utilizzarla durante le uscite notturne, provvedevano anche alla relativa custodia.
Inoltre, tali fatti sono idonei a disvelare tanto un insufficiente grado di educazione impartita dai genitori, ove gli stessi si siano messi alla giuda della vettura assumendo il rischio di creare una situazione di pericolo per la sicurezza pubblica, quanto un insufficiente grado di maturità, nel caso in cui i minori abbiano commesso tali fatti in modo incosciente senza comprendere le conseguenze che potevano derivare dalla propria condotta.
Alla luce di quanto esposto, quindi, deve essere affermata la responsabilità ex art. 2048 c.c. dei convenuti per il fatto illecito commesso dai minori.
3. Tanto accertato, passando all’esame del quantum della pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice, si rileva che (…) ha chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa del danneggiamento della propria vettura. Inoltre, sotto il profilo dei danni patrimoniali, l’attore ha dedotto di aver subito una perdita complessiva di Euro 9.581,85 a titolo di spese di riparazione sostenute prima del sinistro, spese di rottamazione, spese di noleggio auto, e in considerazione del valore dei beni che si trovavano all’interno del veicolo al momento del furto (sistema antifurto del luogo di lavoro e giubbotto).
Orbene, in relazione ai danni non patrimoniali subiti, si rileva che la domanda di risarcimento non può essere accolta in quanto a fondamento della stessa parte attrice nulla ha allegato e provato.
A conferma di ciò, basti pensare che (…) non ha indicato il diritto personale asseritamente compresso dal fatto illecito in oggetto.
Quanto, invece, alla perdita subita e quantificata in Euro 9.581,85, si ritiene che tale importo non possa essere riconosciuto in favore dell’attore per mancanza di prova in ordine al pagamento delle spese asseritamente sostenute.
In particolare, per quanto concerne le spese di riparazione, di rottamazione, e di noleggio auto, si rileva che la produzione delle fatture non è sufficiente a dimostrare l’esborso economico di cui l’attore chiede il rimborso.
A ciò si aggiunge la circostanza che dalla prova orale è emerso che parte attrice non ha effettuato alcun pagamento in ordine alla dedotta spesa di noleggio (cfr. deposizione del teste (…)).
In relazione, invece, alla deduzione di parte attrice secondo cui, al momento del furto, all’interno della vettura si trovavano oggetti di valore, va detto che, in relazione al “giubbotto” e ad “altre cose non più rinvenute”, l’allegazione è sfornita di qualsivoglia riscontro probatorio, in quanto dalla istruzione non è emersa la presenza nella vettura di effetti personali.
Inoltre, dalla prova orale è risultato che l’attore non ha sostenuto alcuna spesa per l’acquisto del sistema di antifurto del luogo di lavoro che si trovava nella vettura al momento della sottrazione (cfr. deposizione del teste (…)).
Ciò posto, si ritiene che, a fronte della convincente prova fornita da parte attrice in ordine alla distruzione della vettura a causa del furto perpetrato dai convenuti (cfr. anche verbale di accertamento della Polizia stradale di Sora allegato alla seconda memoria di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c. e le dichiarazioni rese dal convenuto nel corso dell’interrogatorio formale), in applicazione dell’art. 1226 c.c., appare equo riconoscere a titolo di risarcimento per i danni subiti la somma di Euro 2.000,00, in considerazione di una valutazione complessiva delle conseguenze economiche negative determinate dal furto della vettura e del presumibile valore di mercato della vettura (…) all’epoca dei fatti.
Alle somme spettanti a titolo di risarcimento del danno a parte attrice va ad aggiungersi l’ulteriore importo quale ristoro del danno da lucro cessante conseguente alla mancata disponibilità dell’equivalente monetario del danno per il periodo intercorso dalla data dell’illecito fino alla presente decisione.
Tale voce di danno viene liquidata equitativamente (Cass. sez. un. n. 1712/1995) utilizzando come base di calcolo il valore del danno – capitale al tempo del fatto illecito (ricavato in base all’indice medio Istat del costo della vita dell’anno 2007) e, quindi, rivalutato anno per anno; su tale importo si è applicato, in assenza di elementi che consentano di presumere un impiego maggiormente remunerativo della somma, il tasso di interesse del 2%, corrispondente al rendimento medio degli interessi sui titoli di Stato (Bot e Cct) nel periodo di riferimento suindicato.
Spetta, quindi, all’attore la somma di Euro 2,721,10 oltre a interessi nella misura legale dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
Dalla pronuncia della sentenza, infatti, con la trasformazione dell’obbligazione di valore in debito di valuta, sono dovuti, ex art. 1282 c.c., gli ulteriori interessi al saggio legale (Cfr. Cass. n. 13463/1999; Cass. n. 4030/1998).
Infine, va detto che all’importo così determinato non può essere operata alcuna diminuzione in applicazione dell’art. 1227 c.c., come dedotto da parte convenuta.
In particolare, il (…) ha dedotto, per un verso, che parte attrice ha concorso nella causazione dell’evento per cui è causa lasciando incustodita e aperta la vettura in oggetto al momento del furto e, per altro verso, che la spesa di noleggio poteva essere evitata attraverso la riparazione della vettura.
Orbene, con riferimento alla prima censura, si ritiene che non sussista alcun nesso eziologico tra la dedotta circostanza per cui la vettura, al momento del furto, presentava le chiavi inserite nel quadro dei comandi e la sottrazione del veicolo da parte dei convenuti.
Difatti, se è vero che tale condotta dell’attore può aver agevolato i convenuti nella consumazione del reato di furto, è altrettanto è vero che essa non ha avuto alcuna efficienza causale nella condotta di sottrazione, da ascrivere, in via esclusiva, alla condotta dei convenuti.
Quanto alla seconda censura, invece, si rileva che la spesa di noleggio non è stata riconosciuta da questo giudice come esborso effettivamente sostenuto dall’attore.
4. Va, infine, rigettata, la domanda risarcitoria proposta da (…) per i danni asseritamente subiti a causa della calunnia perpetrata dall’attore nei suoi confronti in occasione della denuncia del furto del veicolo in oggetto, in quanto genericamente formulata e sprovvista di qualsivoglia riscontro probatorio specie in ordine ai danni subiti; invero, nulla è stato allegato e dimostrato in ordine alle conseguenze negative che si sarebbero prodotte nella sfera giuridica del convenuto a causa della condotta illecita contestata.
5. Le spese di lite per il presente procedimento sono compensate nella misura di 1/2 stante la soccombenza reciproca.
La regolazione delle spese di lite può avvenire, infatti, in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalità degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (art. 92, comma 2, c.p.c.) e, a tal fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorché quest’ultima sia stata articolati in più capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (cfr. Cass. n. 3438 del 22/02/2016).
Esse, per la restante parte, liquidate in conformità al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza sono poste a carico dei convenuti.
5.1. Infine, deve essere rigettata la domanda di risarcimento del danno avanzata da parte attrice ai sensi dell’art. 96 c.p.c. per assenza di prova in ordine ai presupposti oggettivi e soggettivi della invocata responsabilità.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:
1) dichiara la contumacia di (…), (…), (…), (…), (…) e (…);
2) accerta e dichiara che i fatti illeciti di furto e danneggiamento, descritti nella parte motiva, sono avvenuti per responsabilità ex art. 2043 c.c. di (…), (…) e (…);
3) accoglie la domanda di risarcimento danni proposta dall’attore e, per l’effetto, condanna (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) e (…), in solido tra loro, al pagamento in favore di (…) della somma di Euro 2.721,10, oltre a interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo,
4)rigetta la domanda riconvenzionale proposta da (…);
5) compensa le spese di lite del presente giudizio tra le parti nella misura di 1/2;
6)condanna (…) e (…) alla rifusione delle spese di lite, in solido tra loro, in favore dei procuratori di parte attrice avv.ti Br.Fo. e Pa.Ot. dichiaratisi antistatari, nella misura di 1/2, che liquida in Euro 223,00 per spese e in Euro 1.200,00 per compensi, oltre spese generali, iva se dovuta per legge e cpa;
7)rigetta la domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c. proposta da parte attrice.
Così deciso in Cassino il 18 settembre 2018.
Depositata in Cancelleria il 18 settembre 2018.