in tema di responsabilita’ medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalita’ e’ necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento lesivo per il paziente, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo per il paziente sarebbe stato evitato al di la’ di ogni ragionevole dubbio.
Corte di Cassazione|Sezione 4|Penale|Sentenza|18 ottobre 2023| n. 42453
Data udienza 20 settembre 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere
Dott. RICCI Anna Luisa – Consigliere
Dott. DAWAN Daniela – Consigliere
Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/11/2022 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CIRESE MARINA;
lette le conclusioni del P.G..
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 2.11.2022 la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale aveva ritenuto (OMISSIS), nella qualita’ di ginecologo in servizio presso l’Ospedale “(OMISSIS)” in (OMISSIS), colpevole del reato di cui all’articolo 590 in relazione all’articolo 583 c.p., comma 1 per aver cagionato alla paziente (OMISSIS) la perforazione dell’utero e dell’intestino con conseguente insorgenza di un’ileite acuta virulenta gangrenosa che culminava nella resezione di 25 cm di ileo, condannandolo alla pena di mesi tre di reclusione nonche’ al risarcimento del danno, in solido con il responsabile civile Azienda Ospedaliera (OMISSIS), in favore delle parti civili costituite, da liquidarsi in separata sede, oltre alla condannai sempre in solido con il responsabile civile/al pagamento di una provvisionale pari ad Euro 8.000,00 in favore di (OMISSIS) e di Euro 2000,00 in favore di (OMISSIS).
2. Il fatto oggetto del procedimento, come ricostruito dalle sentenze di merito/e il seguente:
in data 26.1.2016 (OMISSIS) veniva sottoposta presso l’Ospedale “(OMISSIS)” di (OMISSIS) ad un intervento di revisione della cavita’ uterina per un aborto intervenuto alla quinta settimana, intervento eseguito dal Dott. (OMISSIS). La sera stessa la paziente lamentava forti algie pelviche che inducevano il Dott. (OMISSIS), medico di turno, a differire le dimissioni della paziente disposte dal Dott. (OMISSIS) e ad effettuare un nuovo controllo ecografico che evidenziava il persistere di materiale abortivo nell’utero. La (OMISSIS) veniva quindi sottoposta il giorno successivo, ovvero il (OMISSIS), ad un nuovo intervento di revisione della cavita’ uterina eseguito dal Dott. (OMISSIS) in presenza del Dott. (OMISSIS) il quale tuttavia non operava.
La sera stessa la (OMISSIS) veniva dimessa senza alcun controllo ecografico malgrado lamentasse ancora intense algie pelviche e nausea.
In data 30.2.2016 la (OMISSIS) veniva quindi visitata da un medico di famiglia e condotta con urgenza presso l’ospedale “(OMISSIS)” dove veniva sottoposta a Tac che evidenziava la perforazione dell’intestino.
La stessa veniva quindi sottoposta ad intervento chirurgico di laparatomia longitudinale e asportazione di 25 cm di ileo terminale, eseguito dal Dott. (OMISSIS).
Il decorso post operatorio si complicava per l’insorgenza di linfedema degli arti inferiori ed infezione della ferita chirurgica oltre che per il persistere delle algie.
Dai controlli successivi alle dimissioni emergeva un quadro ecografico di dilatazione delle tube oltre che il persistere di materiale abortivo in utero. Infine il controllo ecografico del 22.6.2016 evidenziava tube morfologicamente normali. Il giudice di primo grado sulla scorta della consulenza del P.M. e della parte civile e delle prove testimoniali assunte, ha affermato il nesso di causalita’ tra l’intervento di revisione della cavita’ uterina eseguito dal Dott. (OMISSIS) il 26.1.2016 e la perforazione dell’utero e dell’intestino con conseguente insorgenza di un’ileite acuta gangrenosa conseguente alla omessa tempestiva diagnosi della lesione intestinale che culminava nella resezione di cm 25 di intestino.
Quanto all’elemento soggettivo, ha ritenuto che la condotta dell’ (OMISSIS) fosse connotata da imperizia nell’esecuzione dell’intervento e da negligenza per aver omesso di porre in essere i dovuti esami in fase di esecuzione del medesimo previsti dalle linee guida e comunque dalle buone pratiche clinico-assistenziali; in particolare per aver omesso la dilatazione farmacologica consigliata per le caratteristiche anatomiche della paziente (utero retroverso) nonche’ un adeguato monitoraggio dell’intervento e del decorso post-operatorio e per l’omessa diagnosi tempestiva della lesione occorsa accompagnata dalla sottovalutazione della sintomatologia della paziente e dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici.
La sentenza di appello ha confermato l’impianto motivatorio della sentenza di primo grado/recependone la ricostruzione sia in fatto che in diritto.
3. Avverso detta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Con il primo motivo deduce la violazione dell’articolo 192 c.p.p. in relazione all’articolo 590 e all’articolo 583 c.p. e all’articolo 606 c.p.p., lettera b), c), d) ed e).
Rileva che la struttura e l’articolazione della sentenza impugnata non appaiono conformi alla regola di giudizio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” sotto il profilo della ritenuta sussistenza dell’indispensabile nesso causale tra la condotta tenuta dal Dott. (OMISSIS) e le lesioni occorse alla persona offesa.
Pone in rilievo come l’accertamento del nesso causale richieda la formulazione del c.d. giudizio esplicativo nonche’ del giudizio controfattuale.
In particolare,. al fine di stabilire se sussista o meno il nesso di condizionamento tra la condotta del medico e l’evento lesivo, non si puo’ prescindere dall’individuazione degli elementi rilevanti in ordine alla causa dell’evento stesso.
Si sottolinea che il consulente del Pubblico Ministero, Dott.ssa (OMISSIS), aveva concluso che non era possibile stabilire in quale dei due interventi di revisione della cavita’ uterina si fosse verificato il danno tanto che l’Ufficio di Procura aveva avanzato la richiesta di archiviazione.
Con il secondo motivo deduce la motivazione illogica e contraddittoria in relazione al meccanismo di determinazione della pena laddove il giudice d’appello non ha inteso diminuire la pena irrogata in primo grado.
4. Il Procuratore della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui chiede il rigetto del ricorso.
5. Le parti civili hanno depositato memoria e conclusioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La prima censura avanzata dal ricorrente, nella parte in cui evidenzia vizi logico-giuridici della sentenza impugnata in tema di accertamento del nesso di causalita’, coglie nel segno per le ragioni che si andranno ad esplicitare.
Giova premettere che, secondo la giurisprudenza ormai granitica di questa Corte, in tema di responsabilita’ medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalita’ e’ necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento lesivo per il paziente, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo per il paziente sarebbe stato evitato al di la’ di ogni ragionevole dubbio (vedi tra le ultime Sez. 4, n. 37193 del 15.9.2022).
In tema di nesso di causalita’, il giudizio controfattuale – imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento, o, in ipotesi di condotta commissiva, l’assenza della condotta commissiva vietata, avrebbe potuto evitare l’evento – richiede preliminarmente l’accertamento di cio’ che e’ accaduto (cosiddetto giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta.
Per effettuare il giudizio controfattuale e’ quindi, necessario ricostruire, con precisione, la sequenza fattuale che ha condotto all’evento, chiedendosi poi se, ipotizzando come realizzata la condotta dovuta dall’agente, l’evento lesivo sarebbe stato o meno evitato o posticipato (Sez. 4, n. 43459 del 04/10/2012, Albiero, Rv. 25500801).
L’importanza della ricostruzione degli anelli determinanti della sequenza eziologica e’ stata sottolineata, in giurisprudenza, laddove si e’ affermato che, al fine di stabilire se sussista o meno il nesso di condizionamento tra la condotta del medico e l’evento lesivo, non si puo’ prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi rilevanti in ordine alla “causa” dell’evento stesso, giacche’ solo conoscendo in tutti i suoi aspetti fattuali e scientifici la scaturigine ed il decorso della malattia e’ possibile analizzare la condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale, avvalendosi delle leggi scientifiche e/o delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto (Sez. 4, n. 25233 del 25/05/2005, Lucarelli, Rv. 23201301).
Le Sezioni unite, con impostazione sostanzialmente confermata dalla giurisprudenza successiva, hanno enucleato, per quanto attiene alla responsabilita’ professionale del medico, relativamente al profilo eziologico, i seguenti principi di diritto: il nesso causale puo’ essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensita’ lesiva. Non e’ pero’ consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilita’ espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiche’ il giudice deve verificarne la validita’ nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosicche’, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia altresi’ escluso l’interferenza di fattori eziologici alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico e’ stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto grado di credibilita’ razionale”. L’insufficienza, la contraddittorieta’ e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese).
Ne deriva che, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice in riferimento alla specifica attivita’ (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilita’ razionale (Sez. 4, n. 30469 del 13/06/2014, Jann, Rv. 26223901).
Il giudizio rimesso al giudice circa il nesso di causalita’ tra la condotta del medico e l’evento nella maggior parte dei casi(, non potra’ prescindere dal dato scientifico fornito dal contributo degli esperti. In tale prospettiva, il sapere scientifico acquisito nel processo mediante le conclusioni di periti e consulenti dovra’ necessariamente essere utilizzato dal giudice di merito secondo un approccio metodologico corretto che presuppone la indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilita’ delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto/ dovendosi precisare che l’esame dei dati che caratterizzano il fatto storico, ai fini del giudizio di tipo induttivo, riguardante l’indagine controfattuale, non potra’ mai essere basato su valutazioni di ordine congetturale, vale a dire sfornite di una adeguata base scientifica o esperlenziale. Occorre, piuttosto, che di tali basi il giudice dia adeguato conto, al fine di offrire una motivata valutazione in ordine all’attitudine degli elementi indiziari caratterizzanti il caso concreto ad incidere sul coefficiente di probabilita’ statistica, in maniera tale da “elevarlo” fino a giungere ad un motivato giudizio di alta probabilita’ logica in ordine all’efficacia salvifica della condotta dovuta, al di la’ di ogni ragionevole dubbio.
E’ poi noto che il giudice di merito puo’ fare legittimamente propria, allorche’ gli sia richiesto dalla natura della questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purche’ dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire.
2. Nel caso di specie la Corte territoriale non ha fatto buon governo dei principi fin qui enunciati.
L’addebito colposo mosso all’odierno imputato, secondo l’ipotesi accusatoria delineata nel capo di imputazione, e’ quello di avere, in occasione di un intervento di revisione della cavita’ uterina a seguito di aborto, cagionato alla paziente (OMISSIS) la perforazione dell’utero e dell’intestino con conseguente insorgenza di un’ileite acuta virulenta gangrenosa culminata poi in un intervento di resezione di 25 cm di ileo per colpa consistita nell’aver omesso un adeguato monitoraggio del raschiamento e del decorso post operatorio.
Ebbene, nel pervenire a formulare il giudizio di responsabilita’ nei riguardi dell’odierno imputato, la sentenza impugnata si e’ fondata sulle conclusioni espresse dal consulente del Pubblico Ministero, Dott.ssa (OMISSIS) e dal consulente delle parti offese, Prof. (OMISSIS)..
La prima, stando a quanto si legge nella sentenza impugnata, pur riconoscendo il nesso di causalita’ tra l’intervento di revisione della cavita’ uterina e la perforazione dell’intestino ha tuttavia aggiunto che “e’ difficoltoso stabilire quale dei due medici (il Dott. (OMISSIS) o il Dott. (OMISSIS)) che hanno eseguito i due interventi abbia cagionato la lesione, pur precisando che la presenza di tensione
addominale e la nausea manifestatasi dopo il primo intervento lascerebbe propendere per una possibile complicanza legata alla revisione eseguita il 26.1.2016 dal Dott. (OMISSIS)”.
Ad analoghe conclusioni giunge il secondo consulente che, dopo aver ampiamente stigmatizzato che l’intervento eseguito dal Dott. (OMISSIS) non era stato preceduto da un accurato esame clinico, ha ritenuto che”..diversi dati clinici inducono a ritenere che la perforazione sia stata prodotta nel corso del primo intervento”.
A completare il quadro dei pareri tecnici, la sentenza da’ atto altresi’ che il Dott. (OMISSIS), ovvero il medico che aveva sottoposto la (OMISSIS) all’intervento di laparatomia per porre rimedio alla perforazione intestinale, aveva evidenziato che la lesione era senza dubbio iatrogena cosi’ confutando la tesi ventilata secondo cui la perforazione potesse derivare dal morbo di Chron.
Nella specie, quindi, non e’ stato accertato il nesso di causalita’ tra l’intervento effettuato dall’odierno imputato e la perforazione dell’intestino subita dalla (OMISSIS), giudizio che invece e’ stato espresso espresso in termini meramente probabilistici dai consulenti tecnici nei termini gia’ evidenziati.
La Corte territoriale, a fronte di tali pareri tecnici, ha ritenuto di fondare il giudizio di responsabilita’ nei riguardi dell’odierno imputato surrogandosi in un giudizio tecnico che non puo’ essere rimesso al giudicante e, a corroborare la tesi secondo cui la lesione andava collegata al primo intervento, ha richiamato le dichiarazioni della persona offesa che ha riferito della insorgenza di dolori nel post operatorio, nonche’ “de relato” le dichiarazioni che lo stesso imputato avrebbe reso al collega (OMISSIS), prova dichiarativa palesemente affetta da inutilizzabilita’ anche per la posizione del dichiarante nella vicenda di cui si controverte.
Il secondo motivo di ricorso e’ assorbito.
3. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d’appello di Messina, altra sezione, per un nuovo giudizio.
Alla stessa deve essere altresi’ demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Messina, cui demanda altresi’ la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimita’.