è configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta.
Corte di Cassazione, Sezione 4 penale Sentenza 23 gennaio 2017, n. 3312
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Presidente
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. TANGA Antonio Leonard – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 335/2015 CORTE APPELLO di CALTANISSETTA, del 03/11/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/12/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MARINELLI Felicetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che si e’ associato alle conclusioni del PG depositando conclusioni scritte e nota spese;
Udito il difensore avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza in data 3 novembre 2015, in accoglimento del ricorso proposto dalle parti civili avverso la sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto pronunciata dal Tribunale nisseno in data 12 gennaio 2015, riformava la sentenza di primo grado dichiarando (OMISSIS) responsabile del delitto di omicidio colposo a lui ascritto in rubrica, commesso in danno di (OMISSIS) (deceduto il (OMISSIS)) e condannandolo, per l’effetto, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), da liquidarsi in separata sede, con assegnazione alla sola (OMISSIS) di una provvisionale immediatamente esecutiva in ragione di Euro 10.000,00, nonche’ alla rifusione delle spese processuali in favore delle dette parti civili, determinate in Euro 3.000,00 per ciascuna.
1.1. Al dott. (OMISSIS), anestesista presso la clinica privata (OMISSIS), e’ contestato di avere provocato, in cooperazione colposa con il dott. (OMISSIS) (che ha definito separatamente la sua posizione, con sentenza a pena patteggiata), il decesso del (OMISSIS), decede – in seguito a un’operazione di rinoplastica.
1.2. Per l’esattezza, lo (OMISSIS), il (OMISSIS), effettuava sul (OMISSIS) una visita preanestesiologica in vista dell’operazione di rinoplastica cui il paziente doveva sottoporsi: tale visita costituiva un primo accertamento propedeutico rispetto alla visita preoperatoria che veniva eseguita dal dott. (OMISSIS), il quale procedeva alla vera e propria anestesia del (OMISSIS) per l’effettuazione dell’intervento chirurgico.
1.3. I dati storico-fattuali salienti, nel succedersi degli accadimenti del (OMISSIS), sono narrati nella sentenza d’appello come sostanzialmente pacifici: lo (OMISSIS), nell’eseguire la visita, ometteva di annotare sulla scheda clinica alcuni indici di previsione di difficolta’ di intubazione del paziente e, in particolare, il fatto che la distanza tireo-mentoniera del (OMISSIS) era inferiore ai 6 centimetri; non veniva inoltre eseguita la misura di distanza interdentaria, mentre veniva eseguito in modo errato il test di Mallampati; in esito a tale accertamento, lo (OMISSIS) formulava altresi’ una generica indicazione della possibilita’ di procedere regolarmente in anestesia generale, non segnalando quindi il rischio che il paziente andasse incontro a una intubazione non facile.
All’atto della successiva visita anestesiologica eseguita dal dott. (OMISSIS) (competente a scegliere la tipologia di anestesia da praticare), questi si limitava a correggere il test di Mallampati effettuato dallo (OMISSIS), ed ometteva a sua volta di rilevare la distanza tireo-mentoniera. Il dott. (OMISSIS), non prevedendo di trovarsi in presenza di un paziente con parametri tali da rendere problematica l’intubazione, tentava ripetutamente di eseguire tale operazione nei modi ordinari (anziche’ procedere a intubazione da sveglio o a laringoscopia senza curarizzazione), ma cio’ provocava nel (OMISSIS) l’insorgere di un edema indotto della laringe; a fronte di cio’ il (OMISSIS) ometteva di utilizzare i devices alternativi (come la maschera laringea) e di praticare l’ossigenazione del paziente prima che questi andasse in arresto cardiaco causato da ipossia. In presenza di tali condizioni, il (OMISSIS) veniva trasferito presso il reparto di rianimazione dell’Ospedale (OMISSIS), ove pero’ decedeva alcuni giorni dopo, e precisamente il (OMISSIS); a causare il decesso era, in base a quanto esposto nella motivazione della sentenza d’appello, un’insufficienza respiratoria e multi organo in soggetto in stato di corna postanossico consecutivo a intubazione difficile.
1.4. Risultando pacifici, secondo la sentenza della Corte nissena, i dati storici sopra riassunti (ed in specie i comportamenti omissivi dello (OMISSIS), quelli del (OMISSIS) e l’evolversi delle condizioni del (OMISSIS) fino all’exitus), la questione di fondo, diversamente valutata dal Tribunale e dalla Corte d’appello, e’ costituita dalla rilevanza causale della condotta omissiva dello (OMISSIS) sul prodursi dell’evento-morte.
In estrema sintesi, mentre il Tribunale aveva escluso tale nesso di causalita’, la Corte d’appello e’ pervenuta a opposte conclusioni sulla base dei capisaldi argomentativi di cui appresso.
1.5. Muovendo dalle prescrizioni contenute dalle linee guida SIAARTI, che prescrivono come indispensabile in ogni visita anestesiologica l’esecuzione sistematica (quanto meno) del test di Mallampati, della misura di distanza interdentaria e di quella della distanza mento-tiroidea, la Corte nissena attribuisce rilevanza alla visita propedeutica effettuata dal dott. (OMISSIS) nella scelta del trattamento anestesiologico di competenza del dott. (OMISSIS): se il primo avesse correttamente espletato le suddette rilevazioni, egli avrebbe messo a disposizione del secondo elementi conoscitivi di fondamentale utilita’ per orientarlo nella scelta della tipologia di anestesia piu’ appropriata nel caso di specie: scelta che cadde, invece, sull’esecuzione dell’anestesia generale secondo le ordinarie modalita’, con le conseguenze letali in precedenza riportate.
1.6. Inoltre lo (OMISSIS), nell’omettere le suddette, doverose rilevazioni, non poteva fare affidamento sul comportamento diligente del collega (OMISSIS): di tal che la condotta negligente di quest’ultimo non assume carattere interruttivo ai fini della serie causale che porto’ al decesso del (OMISSIS), anche in considerazione del fatto che, tra la visita preanestesiologica eseguita dallo (OMISSIS) e quella anestesiologica eseguita dal (OMISSIS), vi era un nesso di interdipendenza.
1.7. In sostanza, afferma la Corte distrettuale, l’evento risultante dalla serie causale dianzi descritta e’ frutto della realizzazione sinergica di un rischio introdotto anche dal primo agente, ossia dallo (OMISSIS). Vengono a tal fine riportati, nella motivazione della sentenza d’appello, gli arresti giurisprudenziali inerenti alla successione di posizioni di garanzia, specie nell’ambito del lavoro medico d’equipe. Nella specie, osserva la Corte di merito, l’erronea esecuzione della visita preanestesiologica da parte del dott. (OMISSIS) era immediatamente e agevolmente riconoscibile da parte del collega (OMISSIS), anch’egli anestesista, sulla base delle linee guida; tuttavia a fronte di cio’, prosegue la Corte, se le informazioni omesse da parte del dott. (OMISSIS) fossero state invece fornite, vi sarebbe stata l’elevata probabilita’ di un effetto salvifico di tali informazioni attraverso l’adozione di una diversa pratica d’intubazione del paziente.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre lo (OMISSIS), per il tramite dei suoi difensori di fiducia.
Il ricorso, ampiamente illustrato e preceduto da una ricostruzione storica degli accadimenti (che in alcune parti si discosta da quella recepita nella sentenza impugnata), e’ articolato in tre ordini di motivi.
2.1. Con il primo, ampio motivo il ricorrente lamenta violazione di legge, anche in relazione alla mancata correlazione tra accusa e sentenza, nonche’ travisamento delle prove e dei fatti, ed ancora motivazione fondata su prova inutilizzabile e comunque illogica, apparente e contraddittoria. L’esponente contesta in particolare l’assunto secondo il quale la regolare esecuzione delle rilevazioni da parte dello (OMISSIS) avrebbe indotto, con fondata probabilita’, il (OMISSIS) ad adottare un’altra metodologia nell’anestetizzare il paziente: il (OMISSIS), in realta’, aveva rieffettuato l’esame clinico testa-collo (test di Mallampati) e si era dunque trovato di fronte a indici rivelatori di possibile difficolta’ dell’intubazione; cionondimeno scelse in modo del tutto autonomo la tipologia di anestesia da adottare, ma commise un grave errore, intubando in esofago e non facendo nulla per consentire al paziente di respirare, provocandone cosi’ il corna. Tra l’altro, vi era la prova che in precedenza il (OMISSIS) era stato sottoposto senza problemi a tonsillectomia in anestesia generale. Per cui, da un lato, il comportamento del (OMISSIS) fu del tutto autonomo e per nulla influenzato dalla visita preanestesiologica dello (OMISSIS), cosi’ assumendo rilievo interruttivo del nesso causale; dall’altro, non e’ stato esaminato dalla Corte distrettuale l’indice di difficolta’ dell’intubazione effettivamente sussistente nel caso di specie, indice che in realta’, avuto riguardo ai dati concernenti il (OMISSIS), era al piu’ di moderata difficolta’ e, come tale, non ostativo all’ordinaria procedura (richiedendo solo l’adozione di alcuni accorgimenti per espletarla); ma di tale difficolta’ il (OMISSIS), nella successiva visita anestesiologica, era gia’ a conoscenza, avendo autonomamente proceduto a eseguire il test di Mallampati. Oltre a cio’, prosegue il ricorrente, la Corte territoriale, nel ritenere che lo (OMISSIS) fosse responsabile per avere egli indicato di procedere ad anestesia generale, ha violato il principio di correlazione fra accusa e sentenza, atteso che tale profilo non ha formato oggetto di contestazione, neppure in via suppletiva. Lamenta ancora l’esponente che, alla base del convincimento della Corte di merito, siano state assunte le linee guida SIAARTI, che risulterebbero depositate all’udienza del 3 novembre 2015, senza che cio’ risulti dal verbale; e contesta inoltre la tesi recepita nella sentenza impugnata a proposito della sussistenza di un lavoro d’equipe (nozione in realta’ riferibile al personale presente in sala operatoria) e dell’affidamento dello (OMISSIS) sull’operato del (OMISSIS) (la cui condotta fu in realta’ autonoma rispetto a quella del ricorrente e del tutto eccentrica rispetto al rischio). Vi e’ poi contraddizione fra l’assunto, sostenuto dalla Corte nissena, secondo il quale l’omissione dello (OMISSIS) riguardasse “specifica questione anestesiologica immediatamente rilevabile anche meccanicamente” a fronte dell’assunto, parimenti sostenuto nell’impugnata sentenza, secondo cui l’omessa segnalazione di dati da parte dello (OMISSIS) influenzo’ le scelte del (OMISSIS) riguardanti tali dati. Ancora, si duole il ricorrente dell’omessa valutazione di quanto accaduto in sala operatoria, ove pure erano disponibili tutti i presidi atti a gestire l’emergenza, e che l’equipe (cui lo (OMISSIS) era estraneo) omise di utilizzare. In definitiva, non e’ stata esaminata, sul piano della rilevanza eziologica, la presenza o meno di fattori causali alternativi, il che sarebbe stato necessario per accreditare, nell’ambito del giudizio controfattuale, la probabilita’ logica che la condotta omissiva dello (OMISSIS) abbia contribuito alla causazione dell’evento letale.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si contesta vizio di motivazione, travisamento delle prove e violazione dell’articolo 6 Convenzione EDU: in primo luogo, secondo l’esponente, non risponde a verita’ che fossero pacificamente ammesse anche dalla difesa le condotte omissive attribuite all’imputato: cio’ e’ smentito sia dalle domande formulate dalla difesa ai testimoni e ai consulenti, sia dalle conclusioni rassegnate in sede di discussione. Inoltre, la cartella anestesiologica e’ stata acquisita agli atti unicamente in copia fotostatica, e non in originale, ma cionondimeno la Corte di merito non ha motivato in ordine all’attendibilita’ di tale documento, pur a fronte del fatto che la difesa aveva fornito prova documentale del precedente intervento in anestesia generale cui il (OMISSIS) era stato sottoposto senza problemi. Deduce poi il ricorrente che la Corte distrettuale ha ribaltato la statuizione assolutoria di primo grado senza procedere a una doverosa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 3, ma limitandosi a rivalutare il materiale probatorio gia’ acquisito in primo grado, in modo peraltro contrastante con molte delle risultanze probatorie ivi emerse (e sinteticamente riproposte nel motivo di ricorso in esame, con particolare riguardo alla deposizione del consulente tecnico del Pubblico ministero): cio’ viola i principi affermati dalla Corte di Strasburgo con la nota sentenza Dan c. Moldavia. Prosegue l’esponente osservando che, a fronte di cio’, neppure e’ stato considerato che l’evento-morte del (OMISSIS) si e’ verificato, oltre 20 giorni dopo, in altro nosocomio, per “shock settico” (ossia per infezione), ad ulteriore riprova della carenza di elementi circa la riconducibilita’ eziologica delle omissioni contestate allo (OMISSIS) rispetto alla morte del paziente.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente impugna la condanna generica al risarcimento del danno in favore delle parti civili e alla liquidazione della provvisionale in favore di (OMISSIS), nonche’ l’ordinanza di rigetto della richiesta di esclusione della parte civile, deducendo in proposito violazione di legge processuale e vizio di motivazione: lamenta l’esponente che alcuna motivazione e’ stata spesa dalla Corte territoriale in ordine al titolo specifico su cui si fondasse la condanna generica al risarcimento in favore del sig. (OMISSIS), cognato della vittima, nulla essendo stato provato in ordine al presunto danno patito dal (OMISSIS), in quanto cognato non convivente del (OMISSIS), soggetto privo di legittimazione ad agire e in relazione al quale era stata chiesta l’esclusione della parte civile, richiesta rigettata in primo grado con ordinanza parimenti qui impugnata. Il ricorrente si duole inoltre della determinazione della somma assegnata alla sorella della vittima, (OMISSIS), a titolo di provvisionale, atteso che quest’ultima e’ dovuta in relazione al danno per cui si ritiene gia’ raggiunta la prova: danno che la parte civile afferma riferirsi all’intangibilita’ della sfera degli affetti, laddove la lesione del rapporto parentale e’ riconosciuta solo nei confronti dei congiunti piu’ prossimi (coniuge, figli e genitori), mentre nessuna presunzione puo’ al riguardo operare nei riguardi di altri congiunti, per di piu’ non conviventi.
Nella specie, conclude l’esponente, manca del tutto qualsiasi prova circa la spettanza della detta somma a titolo di provvisionale, e manca del tutto la motivazione di tale statuizione, adottata per di piu’ sulla sola base delle richieste di parte rassegnate con note scritte, mentre nell’atto d’appello la relativa istanza non veniva presentata.
3. Con memoria depositata il 16 novembre 2016, il difensore delle parti civili, confutando ciascuno dei suesposti motivi di ricorso, ha chiesto dichiararsi gli stessi inammissibili e comunque infondati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ fondato e assorbente delle ulteriori questioni.
1.1. Nel percorso argomentativo seguito dalla Corte distrettuale, il perno del convincimento posto a base della sentenza impugnata e’ costituito, in estrema sintesi, dal seguente assunto: se il dott. (OMISSIS) avesse eseguito la visita anestesiologica propedeutica effettuando gli accertamenti ritenuti necessari dalle vigenti linee guida, e dando quindi segnalazione dei relativi risultati all’anestesista (dott. (OMISSIS)) che successivamente esegui’ la visita anestesiologica in sede operatoria e tento’ di praticare l’anestesia, quest’ultimo avrebbe avuto a sua disposizione elementi di valutazione che avrebbero potuto ragionevolmente indurlo (diversamente da quanto accadde) a eseguire l’anestesia in modo adeguato alle peculiarita’ del caso concreto. Il rilievo causale della condotta del dott. (OMISSIS) rispetto al decesso del (OMISSIS) e’ desumibile percio’ – secondo la Corte di merito – dall’interdipendenza tra l’accertamento da lui eseguito (in modo omissivo e negligente) e quello demandato all’anestesista dott. (OMISSIS): i cui errori nell’eseguire l’anestesia mediante intubazione non costituivano pertanto evento eccezionale e imprevedibile, e neppure “eccentrico” rispetto alla precedente condotta dell’odierno ricorrente, e non avevano dunque portata interruttiva rispetto all’innesco causale recato da quest’ultima: percio’ e’ anche da escludersi, secondo la Corte nissena, che potesse nella specie operare il principio d’affidamento, da parte dello (OMISSIS), sulla successiva attivita’ anestesiologica del collega (OMISSIS); vi era anzi, nel comportamento omissivo del dott. (OMISSIS), l’introduzione di un fattore di rischio coincidente con quello che il successivo anestesista (ossia il dott. (OMISSIS)) era chiamato a governare, di tal che la condotta colposa di quest’ultimo ebbe quale antecedente causale quella, a sua volta colposa, dell’odierno ricorrente.
1.2. In tal modo la sentenza impugnata si rapporta unicamente all’interconnessione tra la condotta addebitata al dott. (OMISSIS) e quella attribuita al dott. (OMISSIS) (il quale, come risulta in atti, ha patteggiato la pena), traendone la conclusione che il subentro di quest’ultimo nel governo del rischio anestesiologico non aveva avuto rilevanza interruttiva rispetto all’omessa rilevazione, da parte del primo, di alcuni dati somatici che, se opportunamente segnalati, avrebbero potuto indirizzare l’esecuzione dell’anestesia da parte del dott. (OMISSIS) secondo modalita’ idonee in rapporto al caso concreto.
1.3. Sennonche’, deve considerarsi che nella specie – come correttamente rilevato dal ricorrente – trova applicazione il principio per cui, essendovi stata riforma da parte del giudice di appello di una decisione assolutoria emessa dal primo giudice, il secondo giudice ha l’obbligo di dimostrare specificamente l’insostenibilita’ sul piano logico e giuridico degli argomenti piu’ rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (cfr. ex multis Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679; Sez. 5, n. 35762 del 05/05/2008, Aleksi e altri, Rv. 241169; Sez. 6, Sentenza n. 1253 del 28/11/2013, dep. 2014, Ricotta, Rv. 258005; Sez. 2, Sentenza n. 50643 del 18/11/2014, Fu e altri, Rv. 261327).
1.4. Orbene, la pur ampia motivazione della sentenza impugnata omette di confrontarsi nei termini suddetti con la pronunzia di primo grado, non approfondendo in modo adeguato gli elementi caratterizzanti la fattispecie in esame, sia sotto il profilo delle interferenze fra la condotta dello (OMISSIS) e quella del (OMISSIS), sia sotto il piu’ generale profilo delle diverse componenti della serie causale complessiva che condusse al decesso del (OMISSIS).
1.5. Sotto il primo profilo, colgono nel segno le doglianze del ricorrente nell’evidenziare alcuni dati che appaiono idonei a porre in risalto il sovrapporsi della condotta erronea e negligente del dott. (OMISSIS) in modo del tutto autonomo rispetto a quella omissiva del dott. (OMISSIS).
1.5.1. Al riguardo, assume rilievo il fatto (oggettivamente accertato) che il dott. (OMISSIS), nel sottoporre a visita anestesiologica il (OMISSIS), non solo era anch’egli nelle condizioni di verificare agevolmente i parametri rilevanti a tal fine (che costituivano quella “specifica questione anestesiologica immediatamente rilevabile anche meccanicamente”, come la Corte di merito ha descritto la valutazione che avrebbe a sua volta dovuto eseguire il dott. (OMISSIS)), ma – sia pure parzialmente e in modo incompleto – esamino’ ex novo i suddetti parametri, tant’e’ che effettuo’ un controllo correttivo del test Mallampati, che il dott. (OMISSIS) aveva eseguito in modo non adeguato e che costituiva una delle rilevazioni ritenute indispensabili, per una corretta valutazione anestesiologica, dalle linee guida SIAARTI prese a base della decisione della Corte distrettuale (e, pervero, anche dal giudice di primo grado).
1.5.2. In sostanza, nella sequenza dei fatti riveniente dalla lettura dell’incarto, non risulta che il dott. (OMISSIS) sia stato in alcun modo condizionato dalla visita propedeutica del dott. (OMISSIS) nella scelta di effettuare l’intubazione secondo modalita’ inidonee. Risulta di contro che il dott. (OMISSIS), oltre a disporre a sua volta della possibilita’ di verificare in modo semplice e immediato le caratteristiche somatiche del paziente, opero’ tale scelta in modo autonomo; e lo fece dopo avere parzialmente e autonomamente eseguito i relativi accertamenti sul (OMISSIS) (in specie attraverso la correzione del test Mallampati precedentemente effettuato dal dott. (OMISSIS)), in base ai quali poteva eventualmente essere valutata, da parte sua, l’esecuzione dell’anestesia con modalita’ alternative.
1.5.3. In tal senso appare apodittico quanto sostenuto dalla Corte territoriale nell’affermare che fosse “altamente probabile (…) che un comportamento tecnicamente corretto avrebbe evidenziato l’opportunita’ di procedere con maggiore cautela ad una diversa pratica anestesiologica, condotta che avrebbe certamente evitato il danno irreversibile, che aveva poi causato il decesso del paziente” (pag. 9 sentenza impugnata). Non vi e’ in realta’, nella sentenza impugnata, un’adeguata e ponderata valutazione anche in chiave controfattuale, scientificamente supportata, circa la portata salvifica che avrebbe assunto il comportamento alternativo doveroso del dott. (OMISSIS), a fronte delle modalita’ autonome in cui il dott. (OMISSIS) procedette alla valutazione e alla scelta della procedura anestesiologica da adottare: al riguardo, giova ricordare che il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l’effettivo rilievo condizionante della condotta umana (ad esempio, l’effetto salvifico delle cure omesse), deve fondarsi su affidabili informazioni scientifiche nonche’ sulle contingenze significative del caso concreto (Sez. 4, n. 10615 del 04/12/2012, dep. 2013, Perrotta ed altro, Rv. 256337: fattispecie nella quale la Corte ha annullato la sentenza di merito per carenze motivazionali in ordine all’individuazione dell’esistenza del nesso causale fra la condotta omissiva e l’evento, in quanto non era stata valutata in concreto l’efficacia salvifica delle cure omesse).
Gia’ tale rilievo appare in se’ sufficiente a evidenziare l’insanabile vizio motivazionale della sentenza impugnata.
1.6. Venendo al secondo profilo, nel percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale, vi e’ un’ulteriore carenza concettuale, riferita al fatto che nella decisione impugnata si da’ per presupposta ed ex se sufficiente, ai fini dell’inclusione della condotta omissiva del dott. (OMISSIS) nella serie causale che porto’ al decesso del (OMISSIS), l’interdipendenza fra la posizione di garanzia rivestita dallo stesso dott. (OMISSIS) e quella successivamente assunta dal dott. (OMISSIS) rispetto al governo del medesimo rischio anestesiologico.
Tale assunto pecca nel non sottoporre a scrutinio, se non en passant e comunque in modo del tutto sommario e insufficiente, la condotta complessiva del dott. (OMISSIS), non solo sotto il profilo delle manchevolezze “diagnostiche”, ma anche sotto il profilo esecutivo, a cominciare dalle modalita’ di materiale effettuazione dei tentativi di intubazione che, in base a quanto enunciato nella stessa imputazione, cagionarono un edema al paziente e determinarono criticita’ respiratorie a suo carico: cio’ che avrebbe imposto di verificare in modo completo e adeguato la portata eventualmente interruttiva del contributo causale di tali condotte al decesso del (OMISSIS) rispetto a quello ravvisato dalla Corte distrettuale nella condotta del dott. (OMISSIS).
1.7. Un ulteriore profilo segnalato dal ricorrente e non considerato nella sentenza impugnata attiene a un elemento anamnestico riguardante il (OMISSIS), il quale risultava essere stato in precedenza operato di tonsillectomia in anestesia generale, eseguita secondo le modalita’ ordinarie (le stesse poi adottate nel caso di specie), senza che cio’ avesse comportato l’insorgere di alcun problema. E’ di intuitiva evidenza che tale pregresso elemento, acquisito in atti, potesse deporre per l’idoneita’ della procedura di anestesia secondo le stesse modalita’, mentre la sentenza impugnata sembra dare per scontato che, alla base dell’evento mortale, vi sia stata una scelta erronea di tale procedura in luogo di altre possibili: scelta adottata dal (OMISSIS) ma, secondo la Corte nissena, in qualche modo “indotta” dallo (OMISSIS).
1.8. A ben vedere, cio’ pone ulteriormente in risalto il fatto che, oltre all’autonomia della decisione del dott. (OMISSIS) di dare corso a una normale procedura di anestesia, meritavano di essere esaminate dalla Corte distrettuale anche le modalita’ di materiale esecuzione dell’intubazione e quelle in cui fu affrontata in sala operatoria la crisi respiratoria del (OMISSIS), la cui rilevanza causale sul prodursi dell’evento doveva essere valutata nella sua portata potenzialmente “assorbente” e interruttiva rispetto a quella attribuita al pregresso comportamento omissivo del dott. (OMISSIS).
1.9. In definitiva, nel cercare di confutare gli argomenti posti dal primo giudice a fondamento della propria decisione assolutoria, la sentenza impugnata esamina in modo affatto carente i diversi passaggi della vicenda, omettendo di ricostruire, in tutte le sue componenti e nella valenza di ciascuna di esse, la serie causale intercorrente fra la condotta omissiva addebitata al dott. (OMISSIS) e il decesso del (OMISSIS), 20 giorni dopo, presso altra struttura ospedaliera.
In particolar modo, la Corte territoriale trascura di valutare in modo adeguato i suddetti elementi sopravvenuti, che appaiono decisivi rispetto al ritenuto antecedente causale costituito dal comportamento omissivo del dott. (OMISSIS): ossia il grado d’autonomia della decisione del dott. (OMISSIS) (il quale aveva a tal fine riesaminato le caratteristiche somatiche del (OMISSIS), sia pure limitatamente all’esecuzione del test di Mallampati) di procedere a intubazione secondo le ordinarie modalita’; il modo in cui questi esegui’ le manovre di intubazione, all’esito delle quali si sarebbe manifestato un edema a carico del (OMISSIS), e l’eventualita’ che tali manovre potessero essere materialmente eseguite in modo piu’ corretto; ed infine, la valutazione del comportamento del dott. (OMISSIS) (e, a ben vedere, dell’intera equipe chirurgica) allorche’ il paziente presento’ una crisi respiratoria.
1.10. Insomma, pur a fronte della condotta omissiva da parte del dott. (OMISSIS), non poteva per cio’ stesso trarsi la conclusione, fatta propria dalla Corte di merito, in base alla quale tale condotta omissiva si inseri’ nel decorso eziologico che porto’ alla morte del (OMISSIS), in rapporto di equivalenza causale rispetto al successivo comportamento del dott. (OMISSIS). Occorreva invece riconoscere che quest’ultimo, nel suo complessivo atteggiarsi (sia sotto il profilo delle valutazioni e delle scelte anestesiologiche, sia sotto il profilo della materiale attuazione delle stesse) ebbe effetto interruttivo del nesso di causalita’ in rapporto alla pregressa condotta dell’odierno ricorrente, quale risultato di una corretta ricostruzione controfattuale basata su una completa caratterizzazione della fattispecie concreta, esaminando ogni singolo fattore potenzialmente rilevante dal punto di vista eziologico e procedendo con il dovuto rigore a un giudizio di probabilita’ logica circa l’idoneita’ del comportamento doveroso a impedire il verificarsi dell’evento.
Un tale approccio avrebbe dovuto condurre la Corte di merito, sulla scorta di quanto affermato in casi analoghi dalla piu’ recente giurisprudenza di legittimita’, a constatare che, nella serie causale intercorrente fra la condotta dell’odierno ricorrente e il decesso del (OMISSIS), si sono inseriti una pluralita’ di fattori successivi e autonomamente determinanti, tali da interrompere il nesso causale fra la condotta contestata e il detto evento mortale.
1.11. Al riguardo, invero, occorre muovere dai principi enunciati in subiecta materia dalla Corte di legittimita’ e ormai consolidatisi, in base ai quali, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalita’ tra omissione ed evento non puo’ ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilita’ statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilita’ logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarita’ del caso concreto (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261103).
In materia di responsabilita’ colposa in ambito sanitario, in una sentenza recente e particolarmente interessante ai fini che qui rilevano, e’ stato chiarito che e’ configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta (Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, Sorrentino e altri, Rv. 264365: nella fattispecie la S.C. ha escluso il nesso causale tra l’errore nell’originaria diagnosi dell’entita’ della patologia, dovuta al mancato espletamento dei necessari accertamenti strumentali, ed il decesso del paziente, giacche’ l’evento letale era stato determinato da un gravissimo errore dell’anestesista, qualificato dalla Corte “rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile”, rispetto a quello innescato dalla prima condotta. In termini analoghi v. anche Sez. 4, Sentenza n. 15493 del 10/03/2016, Pietramala e altri, Rv. 266786; Sez. 4, Sentenza n. 25689 del 03/05/2016, Di Giambattista e altri, Rv. 267374).
Non e’ chi non veda che, per stabilire se nella specie vi fosse stata interruzione del nesso di causalita’ tra la condotta addebitata al dott. (OMISSIS) e il decesso del (OMISSIS), era necessario procedere a un’accurata disamina di tutti i fattori sopravvenuti potenzialmente incidenti sullo sviluppo causale dell’evento mortale, precedentemente indicati, e tali da poter costituire effettivamente un rischio “nuovo e incommensurabile” nei termini suindicati: cio’ che non e’ stato fatto, avendo la Corte distrettuale ritenuto apoditticamente dirimente l’accertamento della condotta omissiva dello (OMISSIS) in quanto caratterizzata da interferenza con quella, successiva, del (OMISSIS), senza considerare che in senso contrario deponevano le modalita’ (si ripete, del tutto autonome) in cui quest’ultimo pervenne alla scelta di procedere a intubazione nei modi ordinari; il modo in cui egli esegui’ materialmente tale operazione; ed infine il suo comportamento in esito alle difficolta’ respiratorie manifestate dal paziente.
1.12. A proposito, poi, dei richiami giurisprudenziali operati dalla sentenza impugnata alla giurisprudenza di legittimita’ in tema di successione di posizioni di garanzia e di principio di affidamento, e’ ben vero che, quando l’obbligo giuridico di impedire l’evento connesso ad una posizione di pericolo ricade su piu’ persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, il nesso di causalita’ tra la condotta omissiva del titolare della posizione di garanzia, tenuto per primo ad intervenire, non viene meno per effetto del negligente od omesso intervento da parte di altro garante, chiamato ad impedire l’evento in epoca successiva; ma cio’ a condizione che la posizione di pericolo non si sia modificata, ad esempio (come parrebbe nella specie) per effetto di un comportamento del secondo garante, in modo tale da escludere la riconducibilita’ al primo garante della nuova situazione creatasi (Sez. 4, n. 1194 del 15/11/2013, dep. 2014, Braidotti e altro, Rv. 258232).
2. In conclusione, la sentenza impugnata merita censura per avere trascurato una pluralita’ di elementi necessari a ricostruire per intero la serie causale che condusse al decesso del (OMISSIS): elementi in base ai quali, sulla base dei criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimita’, il comportamento omissivo addebitato al ricorrente non rivesti’ rilievo causale tale da determinarne la responsabilita’ per l’accaduto, a fronte dei sopravvenuti fattori causalmente rilevanti, che dovevano essere ricostruiti e valutati nella loro portata interruttiva.
3. Il carattere assorbente dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, per le ragioni e nei termini illustrati, esime il Collegio dal valutare le ulteriori doglianze.
L’impugnata sentenza va percio’ annullata senza rinvio, perche’ l’imputato ricorrente non ha commesso il fatto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ l’imputato ricorrente non ha commesso il fatto.