Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 27 aprile 2018, n. 10158
entrambi i sanitari intervenuti erano radiologi, chiamati ad eseguire la mammografia e a darne corretta lettura, e non rientrava nei loro compiti suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere un consulto di altri specialisti, di talche’ la mancata esecuzione dell’approfondimento diagnostico, che era stato consigliato alla paziente nel certificato medico (OMISSIS), non poteva essere imputato loro (intervenuti oltre 10 anni dopo); quindi in assenza di uno specifico comprovato addebito colposo, elevabile nei confronti dei medici radiologi, perde rilievo la disamina della sussistenza del nesso di causalita’ tra la condotta dagli stessi tenuti e l’evento letale poi purtroppo verificatosi.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 27 aprile 2018, n. 10158
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9336-2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), in persona del Direttore amministrativo e legale rappresentante pro tempore, Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 506/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 14/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/02/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RILEVATO
CHE:
Nel maggio 2000 la sig.ra (OMISSIS) conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Crema il dr. (OMISSIS), la dott.ssa (OMISSIS) e l'(OMISSIS), esponendo quanto segue:
– si era sottoposta, nel (OMISSIS), a visita mammografica presso l’ospedale di (OMISSIS) e, all’esito di detta visita, era stato stilato referto radiologico che evidenziava, in corrispondenza del quadrante esterno della mammella destra, pressoche’ sul piano equatoriale, una piccola formazione opaca, di forma ovoidale e di natura benigna;
– dopo tale evento, si era sottoposta a periodici controlli, con cadenza sostanzialmente semestrale;
– il (OMISSIS) si era sottoposta a mammografia presso l'(OMISSIS) e, in tale occasione, il medico che aveva eseguito l’esame radiologico, dott.ssa (OMISSIS), non aveva ritenuto opportuna l’esecuzione di altri esami di approfondimento;
– il (OMISSIS) si era sottoposta a mammografia presso l'(OMISSIS) e, in tale occasione, il medico che aveva eseguito l’esame radiologico, dott. (OMISSIS), aveva stilato referto radiografico che concludeva come segue: “Obiettivita’ rx del tutto stazionaria rispetto ad ultima indagine del (OMISSIS); in particolare risulta immodificato il raggruppamento di piccole calcificazioni al quadrante esterno. Si consiglia nuovo controllo unicamente alla mammella destra fra 6-8 mesi”;
– il (OMISSIS) si era nuovamente sottoposta a mammografia presso l'(OMISSIS) e, in tale occasione, l’esame radiologico era stato eseguito ancora dal predetto dott. (OMISSIS), il quale aveva stilato referto radiologico del seguente tenore: “Lo studio della mammella dx effettuato con mammografia nel piano frontale ed obliquo medio laterale con tecniche differenziate documenta la presenza di addensamento, a profili sfrangiati ed irregolari del diam. Trasverso max di circa 3-4 cm localizzato al quadrante supero/esterno dx. Sono inoltre presenti in adiacenza all’addensamento sopradescritto alcune piccole calcificazioni raggruppate stabili rispetto a precedenti controlli. A completamento della indagine mammografica e’ stata eseguita indagine etg, che viene allegata che conferma e documenta la presenza di lesione solida etero di 3-4 cm con piccoli noduli satelliti. Si richiede ricovero ospedaliero per accertamenti e cure del caso”;
– successivamente, in data 4 marzo 1999, era stata ricoverata presso l'(OMISSIS), ove era stata sottoposta ad intervento chirurgico d’urgenza, seguito da esame istologico, che aveva sorretto la diagnosi di “carcinoma duttale infiltrante dall’elevato grading (43) e metastasi linfonodali in tre dei ventisei linfonodi esaminati”.
Tanto premesso in fatto, la sig.ra (OMISSIS) chiedeva la condanna solidale dei convenuti al risarcimento dei danni derivati dagli esiti della vicenda delineata, addebitando alla dott.ssa (OMISSIS) ed al dott. (OMISSIS) colpa professionale/responsabilita’ extracontrattuale, e, all’ospedale, responsabilita’ contrattuale, in relazione alla tardiva diagnosi, a sua volta conseguita alla mancata esecuzione di approfondimenti assolutamente necessari ed ineludibili, ai fini di una diagnosi senologica corretta ed esaustiva.
Si costituiva in giudizio l'(OMISSIS), resistendo alla pretesa attorea, mentre la dott.ssa (OMISSIS) ed il dott. (OMISSIS) rimanevano contumaci.
Il Tribunale, dopo l’esperimento di tre consulenze tecniche medico-legali, con sentenza n. 190/08 respingeva la domanda di (OMISSIS), compensando le spese di lite.
La sig.ra (OMISSIS) proponeva appello avverso la sentenza del giudice di primo grado, deducendo sei motivi di doglianza.
L'(OMISSIS), nel costituirsi anche in detto grado di giudizio, chiedeva respingersi l’appello e svolgeva un motivo di appello incidentale.
In data (OMISSIS) decedeva la sig.ra (OMISSIS).
In data 29 agosto 2012 si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente marito e figlio della sig.ra (OMISSIS).
La Corte territoriale – dopo aver disposto l’integrazione della consulenza tecnica d’ufficio, a cura del gia’ nominato dott. (OMISSIS), anche in punto di accertamento del danno risarcibile conseguente alle inadempienze addebitate alle parti convenute con la sentenza impugnata respingeva l’appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado.
I signori (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi della sig.ra (OMISSIS), presentavano ricorso avverso la sentenza della Corte territoriale, articolando 8 doglianze.
L’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) resisteva con controricorso.
In vista dell’odierna adunanza camerale, i signori (OMISSIS) e (OMISSIS), nella suddetta qualita’, depositavano memoria, nella quale insistevano nell’accoglimento del ricorso.
Pervenivano anche conclusioni del Procuratore Generale, che chiedeva il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
CHE:
Il ricorso e’ inammissibile.
I signori (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’ di eredi della sig.ra (OMISSIS), censurano la sentenza impugnata sotto 8 distinti profili:
– in relazione all’articolo 360 c.p.c, comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo e controverso, nella parte in cui la Corte territoriale:
a) ha fondato la propria decisione (pp. 13-16) sulle conclusioni del nominato ctu dr. (OMISSIS) (come rassegnate nell’elaborato peritale, depositato nel giudizio di appello in data 2/11/2013 e riportato per estratto in ricorso), senza considerare che dette conclusioni, come si desumeva dalle osservazioni formulate dal proprio consulente di parte (il prof. Paolucci) costituivano “una palese e documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale”;
b) non ha preso in considerazione le circostanziate critiche, mosse dal proprio consulente di parte alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, senza spiegare le ragioni per le quali e’ addivenuto ad una conclusione piuttosto che ad un’altra;
c) non ha preso in considerazione il certificato medico (OMISSIS), a firma del dr. (OMISSIS), primario del Presidio ospedaliero di (OMISSIS), nel quale era indicata la presenza di “piccola formazione opaca, di forma ovoidale, di circa 20×15 mm. di densita’ omogenea, a limiti abbastanza ben definibili” e nel quale espressamente veniva indicato che: “sarebbe utile approfondimento con agoaspirato e/o piccolo prelievo bioptico”, strumenti di indagine medico diagnostica nella specie non utilizzati;
– in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione:
a) dell’articolo 1218 c.c., articolo 1176 c.c., comma 2 e articolo 2236 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale non ha affermato che i medici intervenuti – allertati dalle rilevate calcificazioni (ed anche alla luce delle diverse valutazioni, effettuate in occasione delle distinte e successive mammografie, intervenute il (OMISSIS)) avevano il dovere di operare un tempestivo accertamento diagnostico del tumore mediante mammografia, esame citologico e biopsia chirurgica, e, conseguentemente, nella parte in cui la Corte non ha affermato la responsabilita’ dei medici stessi per violazione di detto dovere;
b) degli articoli 1223 e 2056 c.c., nonche’ degli articoli 40 e 41 c.p., nella parte in cui la Corte territoriale ha escluso il nesso causale tra la condotta omissiva dei medici intervenuti e l’evento letale occorso (peraltro a donna che, all’epoca delle visite radiologiche, aveva appena 47 anni), in distonia con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita’ in materia civile (diversi da quelli rilevanti ai fini dell’accertamento della causalita’ in sede penale);
c) per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1228 e 2049 c.c. nella parte in cui la Corte ha escluso la responsabilita’ dell’Azienda convenuta per fatto e colpa dei medici dipendenti, senza considerare che la struttura ospedaliera, quale datore di lavoro dei due ragiologi, e’ responsabile fatto illecito commesso dagli stessi, in forza di quanto disposto dagli articoli 1228 e 2049 c.c.;
d) per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2043 e 2049 c.c. nella parte in cui la Corte non ha considerato che dalla documentazione prodotta in primo grado risultava provato che l'(OMISSIS) aveva organizzato un servizio di radiodiagnostica, privo di tutta la tecnologia moderna e di tutti i collegamenti con gli altri reparti e servizi, idonei a garantire una diagnosi precoce; ed ha quindi erroneamente escluso la responsabilita’ dell’Azienda convenuta per inadeguata organizzazione del servizio di prevenzione tumori; e) per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1223 e 2056 c.c. nella parte in cui la Corte di merito, avendo erroneamente risolto il problema dell’an debeatur, non ha neppure affrontato il problema del quantum debeatur.
Inammissibile e’ il primo motivo di ricorso, che e’ stato formulato in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Invero, la nuova disposizione, che e’ stata introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ha escluso la possibilita’ di ricorrere in cassazione per motivazione insufficiente o contraddittoria e si applica alle sentenze pubblicate a partire dall’11/9/2012 (e, dunque, si applica anche alla sentenza per cui e’ ricorso, che e’ stata emessa dalla Corte di appello di Brescia il 8/1/2014 ed e’ stata poi pubblicata il 14/4/2014).
D’altronde, secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimita’, la nuova disposizione: da un lato, limita il sindacato del giudice di legittimita’ ai soli casi d’inesistenza della motivazione in se’ (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile); dall’altro, demanda a questa Corte di legittimita’ il compito di verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, soltanto di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioe’ che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
In definitiva, e’ estraneo all’ambito del sindacato di legittimita’ l’omesso esame di elementi istruttori: le Sezioni Unite (cfr. sent. n. 19881 del 22/9/2014; nonche’ n. 8053 del 07/04/2014) hanno avuto modo di precisare che detto omesso esame non integra la fattispecie prevista dalla nuova norma, ogniqualvolta il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, come per l’appunto e’ avvenuto nel caso di specie, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.
Inammissibili sono anche il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso che, in quanto tutti concernenti l’operato professionale dei medici radiologi – dott.ssa (OMISSIS) e dott. (OMISSIS) – e tra loro strettamente connessi, vengono qui trattati unitariamente.
4.1. Come risulta dalla sentenza impugnata (pp. 7-9), il Tribunale – dopo aver richiamato il principio per cui il nesso causale e’ ravvisabile allorquando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica-universale o statistica, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento “hic et nunc”, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato in un’epoca significativamente posteriore o con minor intensita’ lesiva – calando tale principio nel caso di specie, ha respinto la domanda risarcitoria sulla base delle seguenti argomentazioni:
– il giudice non puo’ desumere la sussistenza di detto nesso dal mero coefficiente di probabilita’, espresso dalle legge statistica, ma deve verificare la validita’ di detta legge nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosi’ che, ad esito del ragionamento probatorio che escluda l’esistenza di fattori alternativi, risulti giustificato e processualmente certo concludere che la condotta omissiva o in ogni caso colpevole del medico, con elevato grado di credibilita’ razionale o probabilita’ logica, e’ stata condizione necessaria dell’evento lesivo;
– detta indagine, nella presente controversia aveva reso necessaria l’effettuazione di tre consulente tecniche d’ufficio, a cagione del contrasto determinatosi fra le conclusioni raggiunte dai professionisti di volta in volta incaricati;
– andava condiviso il giudizio espresso dal dott. (OMISSIS) nell’elaborato depositato il 30 maggio 2006; questi, in sintesi, aveva escluso che la condotta posta in essere dai sanitari convenuti fosse passibile di censure, in quanto questi erano medici radiologi (e, dunque, non clinici e neppure chirurghi) e non potevano sostituirsi a questi ultimi, non rientrando nei loro compiti quello di visitare la paziente, anche in considerazione delle difficolta’ e delle insidie che comporta la delicatissima semiologia mammaria: in sostanza, l’esame mammografico, da solo, non era sufficiente alla formulazione di una diagnosi senologica corretta, in quanto esso deve seguire o precedere la valutazione clinica da parte dello specialista, senologo od oncologo, cui, nel caso di specie, la Sig.ra (OMISSIS) aveva ritenuto di non doversi rivolgere, anche se cio’ avrebbe probabilmente consentito una diagnosi piu’ precoce del tumore.
4.2. La Corte territoriale nella sentenza impugnata (p. 12 e ss.) – dopo aver premesso che “valutata la singolare complessita’, anche scientifica, delle questioni che caratterizzano la presente controversia”, ha “ritenuto utile provocare il terzo consulente tecnico d’ufficio ad una rivalutazione della materia ed a portare a compimento l’incarico a suo tempo conferito dal Tribunale, anche relativamente agli aspetti che riguardano piu’ propriamente il “quantum debeatur”” – ha in primo luogo precisato che il thema decidendum si identificava “nell’accertamento dell’esistenza di colpevoli omissioni da parte prima della dott.ssa (OMISSIS) e poi del dott. (OMISSIS) nell’affrontare le incombenze correlate all’esecuzione dell’esame mammografico, a carico di (OMISSIS), rispettivamente il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), e del rapporto di causalita’ fra esse, qualora sussistenti, e l’infausto decorso della grave malattia che aveva colpito l’attrice, conducendola alla morte, sopravvenuta nel corso del presente grado di appello”.
Quindi la Corte d’appello – dopo aver rilevato che la relazione depositata dal dott. (OMISSIS) il 14 novembre 2013 era meritevole di essere accreditata, in quanto sorretta dall’allegazione di circostanze non controverse e dall’esposizione di convincenti argomenti logici e scientifici e confermava in toto le valutazioni sulle quali poggiava la sentenza di primo grado – ha respinto i motivi di doglianza sia in relazione all’operato della dott.ssa Anna (OMISSIS) che in relazione all’operato del dott. (OMISSIS).
A) Quanto all’operato della prima, la Corte ha rilevato “l’evidente esclusione” di qualsivoglia contributo causale dello stesso rispetto alla, in tesi difensiva, mancata o tardiva diagnosi della neoplasia, poi riscontrata in occasione della mammografia eseguita il (OMISSIS): invero, non soltanto l’esame mammografico eseguito dalla sig.ra (OMISSIS) (su prescrizione del ginecologo dott. (OMISSIS)) non aveva evidenziato nulla oltre alla presenza di un “piccolo cluster” di microcalcificazioni, di natura probabilmente benigna, come riscontrato dalle indagini effettuate successivamente, ma, addirittura, ad avviso dell’ausiliario (pag. 6 della relazione), detto esame, quand’anche seguito da una ecografia mammaria, in maniera del tutto inverosimile avrebbe potuto segnalare, sia pure in fase “inizialissima”, il nodulo maligno sopra menzionato. Tale giudizio era stato congruamente motivato con la sottolineatura della “rilevante malignita’ del tumore”, caratterizzato da una significativa velocita’ di accrescimento, in guisa da fondare la convinzione che esso, quasi certamente, ebbe a comparire in epoca successiva al mese di (OMISSIS).
B) Quanto poi alla condotta professionale del dott. (OMISSIS), la Corte territoriale, ritenendo necessaria una piu’ articolata valutazione, ha argomentato nei termini che seguono sulla base della espletata ctu:
– alla luce del senno di poi, e’ verosimile che, all’epoca della mammografia eseguita dal dott. (OMISSIS) (il (OMISSIS), come precisa la Corte) l’effettuazione di un esame ecografico avrebbe potuto evidenziare la nodularita’ maligna al quadrante supero-esterno, in fase iniziale. Evidenza questa che non era stata ottenuta con il solo esame radiografico, che pur aveva mostrato ampiamente il quadrante predetto, “ossia il quadrante parenchimale che alla successiva indagine (24/2/1999) risulto’ essere impegnato dalla grossolana neoformazione maligna del diametro di oltre 3 cm”;
– il c.t.u. dott. (OMISSIS) aveva ricavato dalla “sicura assenza di micro-calcificazioni maligne alla mammografia del (OMISSIS)”, che invece erano in netta evidenza alla mammografia del (OMISSIS), e, dunque, dalla certa comparsa delle medesime in epoca successiva al (OMISSIS), un sicuro indizio di “una neoplasia comparsa di recente, poiche’ in rapido accrescimento”; e – sulla base dei dati relativi, per un verso, alla rilevata estrema velocita’ di accrescimento e di propagazione del tumore e, per l’altro, alle caratteristiche che il tumore presentava nel (OMISSIS) (asse maggiore di cm 3,2 e presenza di metastasi in 3 dei 17 linfonodi asportati) – aveva reputato che, verosimilmente, all’epoca della mammografia eseguita dal dott. (OMISSIS), il tumore potesse avere gia’ un diametro di cm 1-2 e un seppur contenuto interessamento linfonodale ascellare;
– il consulente tecnico, proseguendo nell’indagine, aveva affrontato il tema attinente agli effetti che, stanti le delineate caratteristiche del tumore, avrebbe potuto avere una diagnosi piu’ tempestiva (che, nella logica della complessiva esposizione, non poteva che essere successiva al (OMISSIS)) ed era pervenuto alla ferma convinzione (addirittura dichiaratamente rafforzata rispetto a quella espressa nella precedente relazione peritale) per cui “l’incolpevole ritardo diagnostico di circa otto mesi non determino’ comunque una terapia medica e chirurgica diverse da quelle che sarebbero state poste in essere, se la diagnosi fosse stata tempestiva ed anzi piu’ tempestiva ossia formulata il 3/6/98”; cio’ in quanto, anche nella ben piu’ grave situazione riscontrata nel (OMISSIS), non vi erano controindicazioni all’esecuzione di un intervento di terapia conservativa (quadrantectomia) anziche’ demolitiva (mastectomia). E che, quanto alla chance di sopravvivenza, il peggioramento prognostico si era realizzato in termini non gia’ di qualche anno, ma di qualche mese.
In conclusione, la Corte territoriale, accreditando l’opinione espressa dal tecnico incaricato, ha confermato il rigetto della domanda, gia’ operato e motivato dal Giudice di primo grado, ritenendo che – quand’anche fosse addebitabile (ma il consulente tecnico d’ufficio era propenso ad escluderlo) al dott. (OMISSIS) un ritardo nella diagnosi – in concreto nessun effettivo danno ne sarebbe conseguito a carico della sig.ra (OMISSIS); cio’ in quanto l’esito infausto sarebbe stato, ugualmente, inevitabile (ancorche’, di pochi mesi, ritardato) e, d’altra parte, il deterioramento delle condizioni complessive di vita, sotto i profili analiticamente illustrati anche nell’atto di appello, non avrebbe avuto differenti manifestazione e progressione.
4.3. Orbene, i ricorrenti, attraverso le censure critiche articolate con i motivi in esame, si sono inammissibilmente spinti a prospettare la rinnovazione, in questa sede di legittimita’, del riesame nel merito della vicenda oggetto di lite, come tale sottratto alle prerogative della Corte di cassazione. Invero, al di la’ del formale richiamo, contenuto nell’esposizione dei motivi, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, le censure sollevate in ricorso sono tutte dirette a denunciare la congruita’ dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti.
Deve qui ribadirsi che, da un lato, il giudice di merito non e’ tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma e’ sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata; e, dall’altro, non rientra nel sindacato di questo giudice di legittimita’ la facolta’ di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo stato demandato dal legislatore a questa Corte il controllo della sentenza impugnata sotto l’esclusivo profilo logico-formale della correttezza giuridica.
Sotto detto profilo – premesso che nella sentenza impugnata non viene affatto affermata l’inutilita’ di una diagnosi precoce della neoplasia alla mammella e men che meno viene affermato che, in tale prospettiva, non assumano rilievo altri accertamenti, oltre alla mammografia – si ricorda che: a) il focolaio di neoplasia, che era stato evidenziato dal dott. (OMISSIS) nella mammografia di febbraio 1999, non era visibile nelle due precedenti mammografie del (OMISSIS) e del (OMISSIS); b) in presenza di micro-calcificazioni benigne, quali quelle apparse nelle mammografie del (OMISSIS) e del (OMISSIS), le linee guida internazionali prevedono un follow up mammografico da effettuarsi in tempi brevi (e non indagini invasive, quali la biopsia in sterotassi); c) a tali linee guida risultano essersi attenuti la dott.ssa (OMISSIS) ed il dott. (OMISSIS), i quali, in tempi diversi, hanno entrambi consigliato alla sig.ra (OMISSIS) controlli ravvicinati; d) solo l’esecuzione di una ecografia nel (OMISSIS) avrebbe potuto evitare il tumore, ma il ctu, come rilevano gli stessi ricorrenti (p. 11, righi 4-5), aveva ritenuto che, a detta data, “non v’era alcuna indicazione alla esecuzione della medesima”; e) entrambi i sanitari intervenuti erano radiologi, chiamati ad eseguire la mammografia e a darne corretta lettura, e non rientrava nei loro compiti suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere un consulto di altri specialisti, di talche’ la mancata esecuzione dell’approfondimento diagnostico, che era stato consigliato alla paziente nel certificato medico (OMISSIS), non poteva essere imputato loro (intervenuti oltre 10 anni dopo); f) in assenza di uno specifico comprovato addebito colposo, elevabile nei confronti dei medici radiologi, perde rilievo la disamina della sussistenza del nesso di causalita’ tra la condotta dagli stessi tenuti e l’evento letale poi purtroppo verificatosi.
In definitiva, la sentenza impugnata supera il vaglio di correttezza logico-formale, demandato a questa Corte, di talche’, in presenza di un dictum non violativo di alcuna norma di legge, come per l’appunto si verifica nel caso di specie, nulla rileva che le prove raccolte nel giudizio di merito avrebbero potuto o dovuto essere valutate in altro modo.
Inammissibili sono il motivo sesto ed il motivo settimo, che concernono entrambi la dedotta responsabilita’ dell’Azienda Ospedaliera di Crema nell’esercizio di attivita’ di prevenzione dei tumori.
Invero, la Corte territoriale – dopo aver rilevato che dal rigetto della domanda nei confronti dei due sanitari convenuti conseguiva il rigetto della domanda risarcitoria anche sotto il profilo della dedotta colpa attribuita all'(OMISSIS), per difetto di organizzazione del servizio di prevenzione – ha osservato (p. 16) che tale profilo della domanda era stato articolato tardivamente e genericamente soltanto in sede di atto di appello.
Sotto tale profilo, il motivo di ricorso nessuna precisa censura muove alla valutazione svolta dalla Corte territoriale.
Dalla declaratoria di inammissibilita’ dei primi sette motivi di ricorso, concernenti l’an debetur, consegue che l’ottavo motivo di ricorso, concernente il quantum debeatur, deve intendersi assorbito.
Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, nonche’ al pagamento dell’ulteriore importo, dovuto per legge ed indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in via tra loro solidale, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, sostenute dall’Azienda Ospedaliera resistente, spese che liquida in Euro 8.000, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.