La responsabilità professionale dell’avvocato, la cui obbligazione e’ di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza, da commisurare, ai sensi dell’articolo 1176 c.c., comma 2, alla natura dell’attivita’ esercitata. Non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole auspicato dal cliente, il danno derivante da eventuali omissioni e’ ravvisabile solo se, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimita’ solo per eventuali vizi di motivazione.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 1 ottobre 2018, n. 23740
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15036/2014 R.G., proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, depositata il 31.3.2014;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.6.2018 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
L’avv. (OMISSIS) ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti della (OMISSIS), per l’importo di Euro 7300.35, oltre interessi ex d.lgs. 231/2002, a titolo di corrispettivi per l’attivita’ difensiva svolta nel giudizio intentato dalla (OMISSIS) s.r.l. nei confronti della ricorrente per ottenere il risarcimento del danno derivante dall’errata consegna di un quantitativo di calzature.
L’ingiunta ha proposto opposizione, asserendo di non dover corrispondere il compenso, avendo il difensore operato con negligenza, avendo chiamato in causa una sola delle coassicuratrici (la (OMISSIS) s.r.l.). Ha inoltre chiesto la restituzione di Euro 448,38, assumendo di aver versato al difensore un importo superiore al dovuto.
L’opposizione e’ stata respinta, con conseguente conferma dell’ingiunzione di pagamento.
Il Tribunale, ritenuto applicabile il rito sommario ai sensi del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, e giudicata tempestiva l’opposizione benche’ proposta con citazione, ha escluso profili di responsabilita’ a carico del difensore, rilevando che la scelta di non evocare in causa l’altra coassicuratrice si giustificava per il fatto che la polizza non era stata sottoscritta dalla Fondiaria. Ha infine osservato che la (OMISSIS) s.p.a., aveva proposto appello, contestando anzitutto l’operativita’ della copertura assicurativa il che escludeva che le strategie difensive adottate dal resistente avessero condotto alla riforma della sentenza di primo grado.
Per la cassazione di tale decisione la (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso in quattro motivi, cui ha resistito l’Avv. (OMISSIS) con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo censura la violazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, L. n. 794 del 1942, articolo 28 e ss., articolo 183 c.p.c., comma 3, articolo 633 c.p.c. e ss., articolo 702 bis c.p.c. e ss., articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
A parere della ricorrente, il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, contempla, in materia di compensi del difensore, la duplice possibilita’ di richiedere il decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 633 c.p.c. e ss., suscettibile di opposizione ex articolo 645 c.p.c., sottoposta al rito ordinario (e da introdurre con citazione) o di proporre la domanda secondo il rito sommario ex articolo 702 bis c.p.c.; che, avendo il difensore richiesto il decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 633 c.p.c. e ss., senza menzionare il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, il giudice era tenuto a procedere con il rito ordinario e a concedere i termini dell’articolo 183 c.p.c., richiesti dalla ricorrente. La domanda andava rivolta, inoltre, alla Corte d’appello, discutendosi dei compensi relativi al giudizio di secondo grado.
Il primo motivo e’ infondato.
L’opposizione aveva ad oggetto il decreto ingiuntivo ottenuto dal resistente per il pagamento dei compensi professionali relativi alle attivita’ di difesa esauritesi con la pronuncia della Corte d’appello di Bari n. 190/2009.
La domanda monitoria e’ stata proposta in data 7.10.2011 ed era sottoposta al regime del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14.
La norma dispone che le controversie previste dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, articolo 28, e l’opposizione proposta a norma dell’articolo 645 c.p.c., contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto.
Le suddette controversie possono, quindi, essere alternativamente introdotte: a) con un ricorso ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c., che da’ luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articoli 3, 4 e 14; b) ai sensi dell’articolo 633 c.p.c. segg., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’articolo 702 bis c.p.c. e segg., integrato dalla disciplina speciale e con applicazione degli articoli 648, 649, 653 e 654 c.p.c..
E’ invece esclusa la possibilita’ di introdurre l’azione con il rito ordinario di cognizione o con quello del procedimento sommario ordinario disciplinato dagli articoli 702 bis c.p.c. e ss. (Cass. s.u. 4485/2018).
Ne discende che anche l’opposizione ex articolo 645 soggiace al rito sommario e va introdotta con ricorso, fermo che, ove proposta con citazione, la congiunta applicazione dei commi primo e quarto del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, rende l’errore privo di conseguenze (Cass. s.u. 4485/2018).
Riguardo alla competenza, la questione non risulta sollevata nei gradi di merito ed e’ percio’ preclusa, ma, in ogni caso, l’articolo 14, non introduce un criterio esclusivo di competenza, poiche’, ai sensi dell’articolo 637 c.p.c., comma 1, la domanda di pagamento dei compensi puo’ esser proposta anche dinanzi all’autorita’ giudiziaria del luogo ove ha sede il consiglio dell’Ordine al cui albo cui e’ iscritto il difensore (Cass. 18264/2016).
2. Il secondo motivo censura la violazione degli articoli 1176 e 2236 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il Tribunale, nel respingere la domanda riconvenzionale volta alla condanna del difensore al risarcimento del danno, non avrebbe considerato che il resistente, omettendo di chiamare in causa l’altra coassicuratrice ( (OMISSIS) s.p.a.), aveva determinato l’esito sfavorevole del giudizio di appello e che inoltre aveva omesso di informare la ricorrente della scelta processuale adottata, non consentendole di valutare se assumere il rischio della soccombenza in giudizio, ed in palese violazione degli obblighi di diligenza professionale, non aveva interrotto il termine di prescrizione del credito verso la coassicuratrice, ne’ informato la ricorrente della possibilita’ di proporre ricorso in cassazione.
Il motivo e’ infondato.
La circostanza che il difensore non avesse interrotto il termine di prescrizione dell’azione verso la (OMISSIS) s.p.a. ne’ informato e concordato con la cliente se procedere alla chiamata in giudizio della coassicuratrice, omettendo anche di informarla sulla possibilita’ di proporre il ricorso in cassazione, appare oggetto di una deduzione nuova, non sollevata nei gradi di merito, e di cui non vi e’ menzione nella decisione impugnata.
Di conseguenza non puo’ essere esaminata in sede di legittimita’.
2.2. La responsabilita’ professionale dell’avvocato, la cui obbligazione e’ di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza, da commisurare, ai sensi dell’articolo 1176 c.c., comma 2, alla natura dell’attivita’ esercitata.
Non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole auspicato dal cliente, il danno derivante da eventuali omissioni e’ ravvisabile solo se, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimita’ solo per eventuali vizi di motivazione (Cass. 6967/2006; Cass. 16846/2005).
L’imperizia del difensore e’ configurabile allorche’ egli ignori o violi precise disposizioni di legge, ovvero risolva in modo errato questioni giuridiche prive di margine di opinabilita’, mentre la scelta di una determinata strategia processuale puo’ essere foriera di responsabilita’, purche’ la sua inadeguatezza al raggiungimento del risultato sia valutata (e motivata) dal giudice di merito “ex ante” e non “ex post”, sulla base dell’esito del giudizio (Cass. 11906/2016). Nel caso in esame il Tribunale, con accertamento in fatto, ha escluso che la riforma della sentenza di primo grado del giudizio proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. fosse imputabile al difensore, dando rilievo al fatto che la (OMISSIS) non si era limitata a dedurre la sussistenza della coassicurazione ma aveva sollevato una molteplicita’ di altre censure alla decisione impugnata ed ha concluso che, percio’, l’appello sarebbe stato comunque proposto.
Ha ritenuto che la possibilita’ di convenire in causa la coassicuratrice fosse quantomeno dubbia, poiche’ la polizza non recava la sottoscrizione della (OMISSIS) s.p.a. e tale accertamento, riguardando il merito, si sottrae alle censure sollevate in ricorso, di merito l’accertamento della sussistenza e della gravita’ dell’inadempimento.
3. Il terzo motivo censura la violazione del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 5, articoli 115 e 166 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il tribunale avrebbe ritenuto congrue le somme richieste con l’ingiunzione di pagamento sebbene, con la specifica prodotta in giudizio, fossero stati richiesti i compensi massimi e benche’ il difensore si fosse limitato alla chiamata in causa della (OMISSIS) s.p.a., senza compiere ulteriori attivita’ difensive. La pronuncia non avrebbe considerato che il valore della causa non eccedeva l’importo di Euro 16.000 ed avrebbe trascurato l’esito sfavorevole del giudizio, riconoscendo importi superiori a quanto il cliente aveva ottenuto dall’assicuratore.
Il motivo e’ infondato.
Anzitutto il valore della causa non era stato oggetto dei motivi di opposizione (cfr. sentenza pag. 7) e cio’ spiega che la sentenza abbia preso in considerazione il valore dichiarato nella nota specifica.
La questione, stante la sua novita’, non puo’ – comunque – esser proposta per la prima volta in sede di legittimita’.
Il ricorso non contiene – inoltre – alcun riferimento al contenuto degli atti difensivi e alle attivita’ svolte, impedendo di valutare se effettivamente il resistente si sia limitato alla chiamata in causa dell’assicurazione senza svolgere ulteriori difese.
Resta comunque che la determinazione degli onorari di avvocato costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice, che, se contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una motivazione specifica e non puo’ formare oggetto di sindacato in sede di legittimita’, se non quando l’interessato specifichi le singole voci della tariffa che siano state oggetto di un’inadeguata valutazione nella pronuncia impugnata, argomentando sulle ragioni della violazione lamentata (Cass. 11583/2004; Cass. 7527/2002; Cass. 15373/2000).
Nessun vincolo derivava dal fatto che il compenso riconosciuto al difensore era superiore alle somme rimborsate, a titolo di manleva, dalla societa’ assicuratrice, poiche’ non sussiste alcun principio che imponga la perfetta corrispondenza tra i compensi del difensore, relativamente ai rapporti con il cliente, e le somme poste a carico della parte soccombente in giudizio.
4. Il quarto motivo censura la violazione degli articoli 92, 115 e 166 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite, benche’ il mandato professionale non fosse stato diligentemente eseguito e benche’ la condotta del difensore avesse determinato una riduzione della condanna dell’assicuratore e la mancata attribuzione, per l’intero, delle spese processuali del giudizio di appello.
Il motivo e’ infondato, poiche’, non configurandosi a carico del difensore specifici profili di negligenza, nulla poteva opporre la ricorrente al fine di escludere la sua soccombenza in giudizio e pertanto la sentenza, ponendo a suo carico le spese processuali, ha fatto puntuale applicazione dell’articolo 91 c.p.c..
Il ricorso e’ quindi respinto, con condanna al pagamento delle spese processuali come da dispositivo.
Sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente e’ tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2000,00 per compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.
Si da’ atto che la ricorrente e’ tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.