costituiscono errore essenziale, e possono dare luogo a revisione delle tabelle millesimali, gli errori che attengano alla determinazione degli elementi necessari per il calcolo del valore dei singoli appartamenti (quali l’estensione, l’altezza, l’ubicazione, esposizione etc.), siano errori di fatto (per esempio, erronea convinzione che un singolo appartamento abbia una estensione diversa da quella effettiva), siano errori di diritto (ad esempio, erronea convinzione che nell’accertamento dei valori debba tenersi conto di alcuni degli elementi che, a norma dell’art. 68 disp. att., c.u., sono irrilevanti a tale effetto). Mentre non possono qualificarsi essenziali gli errori determinati soltanto da criteri più o meno soggettivi con cui la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, poiché l’errore di valutazione, in sé considerato, non può mai essere ritenuto essenziale, in quanto non costituisce un errore sulla qualità della cosa a norma dell’art. 1429 n. 2 cod. civ.
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Tribunale|Pescara|Civile|Sentenza|13 febbraio 2020| n. 172
Data udienza 13 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PESCARA
in persona del giudice unico dott. Stefania Ursoleo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 2762/2019 R.A.C.C.
TRA
Di.Ma. (c.f. (…)),
rappresentato e difeso da se stesso;
ATTORE
E
Condominio via (…) di Montesilvano, in persona del lrpt, rappresentato e difeso dall’Avv. Co.Pi., come da mandato in atti;
CONVENUTO
Oggetto: modifica tabelle millesimali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, Di.Ma., premesso di essere proprietario di un locale/magazzino al piano seminterrato del Condominio di via (…) di Montesilvano, ha evocato in giudizio quest’ultimo chiedendo la revisione delle tabelle millesimali.
L’attore, allegando genericamente evidenti alterazioni dovute a errore delle tabelle, ha rinviato alla CTP in atti, nella quale il Consulente ha rappresentato che le tabelle millesimali inerenti l’immobile di proprietà del Di Benedetto non rispecchiano il valore reale ed effettivo che il bene suddetto dovrebbe per legge rappresentare in relazione al Condominio in generale, ed ad ogni unità immobiliare in particolare, ed ha proceduto, per sostenere la propria tesi, ad un confronto tra il valore del locale di proprietà dell’attore e il valore di un negozio appartenente allo stesso Condominio.
Si è costituito in giudizio il Condominio, che ha eccepito, nel merito, l’infondatezza dell’azione.
Ed invero, la domanda appare infondata per le ragioni di cui di seguito.
Ai fini della presente decisione, risulta opportuno procedere all’inquadramento giuridico della fattispecie de qua, delineando la causa petendi all’interno dello schema normativo di cui all’art. 69 disp. att. c.c., disposizione quest’ultima, che nella sua formulazione attuale, così recita:
“I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione – delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale – dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo – costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione. Ai soli fini della – revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni. Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali”.
Ora, a fronte di una tale formulazione, è possibile rilevare come il primo comma dell’art. 69 co. 1 disp. att., ai punti sub nn. 1 e 2, non faccia altro che individuare espressamente i casi in cui la maggioranza qualificata può deliberare la modifica della tabella millesimale, con la conseguenza che la minoranza ne deve accettare la revisione. Ciò significa anche che la minoranza non ha il diritto alla conservazione di una tabella errata sin dall’origine, oppure superata per effetto di certi lavori e/o incrementi sopravvenuti.
In altri termini, è possibile scorgere, da un lato, l’affermazione del diritto di un solo condomino, supportato dalla maggioranza, ad ottenere la revisione della tabella millesimale alla ricorrenza delle condizioni di cui alla norma, e, dall’altro, la soggezione della minoranza alla volontà di modifica della maggioranza.
Se ciò è vero, si può a contrario desumere che in mancanza di tali condizioni il condomino in minoranza rispetto ad un’eventuale maggioranza assembleare ha il diritto alla conservazione della tabella.
Tanto ciò rilevato, ne deriva allora che il condomino, se non nei due casi – di cui ai punti nn. 1 e 2, non ha il diritto ad ottenere la revisione della tabella millesimale, nemmeno in via giudiziale, in quanto contrasterebbe con il diritto del condomino, come appena evidenziato, a non subire la modifica della tabella.
In forza dell’interpretazione letterale – sistematica come sopra condotta, la formulazione dell’art. 69 co. 1 disp. att. c.c. sta dunque a significare che il diritto del condomino di chiedere la revisione delle tabelle millesimali è subordinato alla esistenza di almeno uno dei due presupposti, indicati ai punti nn. 1 e 2, ossia dell’errore o dell’alterazione per più di un quinto del valore proporzionale dell’unità immobiliare in seguito a certi incrementi di superficie.
La presenza dell’uno o dell’altro requisito rientra, pertanto, nella fattispecie del diritto azionato ed in base alla regola generale sull’onere della prova incombe all’attore allegare e provare detto requisito. (cfr. Cass. n. 25790/16: “Logico corollario è che, in base alla regola generale dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.), la prova della sussistenza delle condizioni che legittimano la modifica incombe su chi intende modificare le tabelle”).
Ora, quanto all’ipotesi di errore, i Giudici di legittimità hanno precisato che la tabella … è soggetta ad emenda solo in relazione ad errori, di fatto e di diritto, attinenti alla determinazione degli elementi necessari al calcolo del valore delle singole unità immobiliari ovvero a circostanze sopravvenute relative alla consistenza dell’edificio o delle sue porzioni, che incidano in modo rilevante sull’originaria proporzione dei valori. Pertanto, in ragione dell’esigenza di certezza dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini, fissati nelle tabelle millesimali, non comportano la revisione o la modifica di tali tabelle né gli errori nella determinazione del valore, che non siano indotti da quelli sugli elementi necessari al suo calcolo, né i mutamenti successivi dei criteri di stima della proprietà immobiliare, pur se abbiano determinato una rivalutazione disomogenea delle singole unità dell’edificio o alterato, comunque, il rapporto originario fra il valore delle singole unità e tra queste e l’edificio (Cass. 10-2-2010 n. 3001).
Gli errori rilevanti ai fini della revisione delle tabelle, dunque, oltre ad essere causa di apprezzabile divergenza tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari ed il valore effettivo delle stesse, devono essere obiettivamente verificabili (ad es.: divergenze di estensione della superficie, di piano e simili), restando, di conseguenza, esclusa la rilevanza (ai fini dell’errore) dei criteri soggettivi (ad es.: d’ordine estetico e simili) nella stima degli elementi necessari per la valutazione ex art. 68 disp. att. c.c. (Cass. Sez. Un. 24-1-1997 n. 6222).
Più specificamente, costituiscono errore essenziale, e possono dare luogo a revisione delle tabelle millesimali, gli errori che attengano alla determinazione degli elementi necessari per il calcolo del valore dei singoli appartamenti (quali l’estensione, l’altezza, l’ubicazione, esposizione etc.), siano errori di fatto (per esempio, erronea convinzione che un singolo appartamento abbia una estensione diversa da quella effettiva), siano errori di diritto (ad esempio, erronea convinzione che nell’accertamento dei valori debba tenersi conto di alcuni degli elementi che, a norma dell’art. 68 disp. att., c.u., sono irrilevanti a tale effetto). Mentre non possono qualificarsi essenziali gli errori determinati soltanto da criteri più o meno soggettivi con cui la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, poiché l’errore di valutazione, in sé considerato, non può mai essere ritenuto essenziale, in quanto non costituisce un errore sulla qualità della cosa a norma dell’art. 1429 n. 2 cod. civ. (Cass. 27-3-2001 n. 4421).
Al contrario, la norma di cui all’art. 68 disp. att. c.c., c.u., stabilisce che nell’accertamento dei valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell’intero edificio, “non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione”. L’esclusione del canone locativo, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione si giustifica con la considerazione che detti elementi non afferiscono alla obiettiva conformazione strutturale del piano o della porzione di piano in rapporto all’intero edificio, la quale invece dipende da altri fattori, e cioè la estensione, l’altezza, la ubicazione, l’esposizione (Cass. 10-2-1994 n. 1367) (cfr. Cass. 4.10.2016, n. 19797)”.
Nel caso di specie, deve innanzitutto rilevarsi che l’attore (su cui grava uno specifico onere di deduzione prima e di prova dopo) non ha nemmeno allegato nel proprio atto di citazione in che cosa consisterebbe l’errore delle tabelle, limitandosi a richiamare la documentazione tecnica a supporto.
Nella CTP così richiamata, il Tecnico ha riferito alcune differenze tra il magazzino di proprietà dell’attore ed un negozio dello stesso Condominio, senza tuttavia chiarire la tipologia di errore che inficerebbe le tabelle millesimali, in relazione anche alle altre unità immobiliari.
Pertanto, non avendo l’attore assolto al proprio onere (di allegazione e prova), la domanda va rigettata.
Si deve evidenziare che tali mancanze non si sarebbero potute colmare – attraverso la CTU pure richiesta dall’attore, che avrebbe avuto natura di atto – di indagine.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pescara, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
– rigetta la domanda;
– condanna l’attore alla rifusione, in favore del Condominio, delle spese di lite, che liquida in Euro 1617,50 per compenso (dm 37/18, scaglione da 5.200 a 26 mila Euro, fasi di studio, introduttiva e decisionale, minimi), oltre rimborso forfettario al 15%, iva e cap, come per legge.
Così deciso in Pescara il 13 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2020.