il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, e’ atto a titolo gratuito, senza che rilevino in contrario i doveri di solidarieta’ familiare che nascono dal matrimonio, posto che l’obbligo dei coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia non comporta affatto per essi l’obbligo di costituire i propri beni in fondo patrimoniale, che ha essenza e finalita’ diverse ed ulteriori, consistenti non nel soddisfare i bisogni della famiglia, ma nel vincolare alcuni beni al soddisfacimento anche solo eventuale di tali bisogni, sottraendoli alla garanzia generica di tutti i creditori. Pertanto, in caso di fallimento di uno dei coniugi, il negozio costitutivo di fondo patrimoniale e’ suscettibile di revocatoria fallimentare a norma della L. Fall., articolo 64, dovendosi del pari escludere che tale costituzione possa considerarsi di per se’, cosi’ ricadendo in una delle esenzioni previste dalla seconda parte della L. Fall., citato articolo 64, come atto compiuto in adempimento di un dovere morale nei confronti dei componenti della famiglia, a meno che non si dimostri in concreto l’esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettivita’, gli estremi del dovere morale ed il proposito del “solvens” di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione. Dunque, al fine di stabilire se un atto a titolo gratuito, compiuto dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, configuri adempimento di un dovere morale, e quindi sia opponibile ai creditori ai sensi della L. Fall., articolo 64, occorre dimostrare non solo la esistenza di una situazione tale da far configurare un dovere morale nella sua oggettivita’, secondo la comune concezione sociale rapportata all’ambiente in cui l’atto e’ stato posto in essere, ma anche il proposito dell’autore, e cioe’ lo scopo, da lui perseguito, di soddisfare unicamente quel dovere, mediante l’atto di disposizione.
Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di diritto fallimentare, si consiglia di consultare la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 29 marzo 2019, n. 8978
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15681/2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Fallimento (OMISSIS), in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 4299/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/02/2019 dal Cons. Dott. AMATORE ROBERTO.
RILEVATO
CHE:
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli – decidendo sull’appello principale svolto da (OMISSIS) e (OMISSIS) e su quello incidentale presentato dal Fallimento di (OMISSIS) avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Torre Annunziata (con la quale era stata accolta la domanda revocatoria L. Fall., ex articolo 64, del fondo patrimoniale costituito dai coniugi) – ha ridotto la misura dei frutti civili in quella maturata a far data dalla domanda giudiziale (diversamente da quanto disposto dal primo giudice che li aveva liquidati dalla data del fallimento) e ha ridotto, pertanto, la domanda risarcitoria conseguente all’istanza di revoca di costituzione del fondo patrimoniale e, in accoglimento dell’appello incidentale, ha ritenuto inammissibile perche’ tardiva l’eccezione sollevata dai (OMISSIS) in punto di mancata dimostrazione da parte della curatela fallimentare dell’esimente della proporzionalita’ dell’atto di liberalita’ rispetto al patrimonio dei disponenti.
La corte del merito ha ritenuto infondate le doglianze sollevate dagli appellanti in relazione alla mancata integrazione del contraddittorio processuale nei confronti dei beneficiari del fondo patrimoniale (e cioe’ dei figli degli odierni ricorrenti), in ordine alla mancata dimostrazione da parte della curatela fallimentare dell’esimente della proporzionalita’ di cui alla L. Fall., articolo 64 e alla mancata prova, sempre da parte del fallimento, della destinazione dei debiti alle esigenze della famiglia, accogliendo, pertanto, la sola censura in punto di decorrenza dei frutti civili.
2. La sentenza, pubblicata il 6.12.2013, e’ stata impugnata da (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui il Fallimento di (OMISSIS) ha resistito con controricorso, con il quale ha anche avanzato impugnativa incidentale condizionata.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’articolo 102 c.p.c. – si duole dell’erroneita’ della motivazione impugnata in punto di mancata integrazione del contraddittorio processuale nei confronti dei figli beneficiari del fondo, ricorrendo una ipotesi di litisconsorzio necessario, con necessita’, pertanto, di annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al primo giudice per realizzare la necessaria integrazione del contraddittorio.
2. Con il secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’articolo 112 codice di rito e L. Fall., articolo 64, per la mancata prova da parte della curatela fallimentare dell’assenza del profilo della proporzionalita’ della liberalita’ al patrimonio del donante, elemento quest’ultimo che, in virtu’ della L. Fall., articolo 64, costituisce un’esimente alla revocabilita’ degli atti compiuti a titolo gratuito dal fallito.
La parte ricorrente contesta, inoltre, la ricostruzione giuridica operata sul punto qui da ultimo in discussione da parte della sentenza impugnata atteso che l’eccezione di proporzionalita’ non poteva essere intesa come eccezione in senso stretto (non trattandosi di un fatto impeditivo della domanda revocatoria) e non essendo, pertanto, suscettibile di decadenza se non dedotta nei termini processuali applicabili al caso di specie (e cioe’ quelli vigenti ratione temporis, in relazione dell’articolo 180 codice di rito, comma 2).
Sostengono i ricorrenti che le eccezioni in senso stretto si identificano in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte ovvero in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare.
Osserva ancora la parte ricorrente come la motivazione impugnata sia da considerarsi viepiu’ errata sul punto qui da ultimo in esame nella parte in cui afferma la mancata prova da parte dei ricorrenti della fondatezza dell’eccezione impediente della proporzionalita’, non potendosi ritenere l’esimente in discorso un’eccezione il cui onere dimostrativo spetta ai soggetti convenuti in revocatoria.
3. Con un terzo motivo si declina sempre vizio di violazione di legge in riferimento all’articolo 170 c.c. e L. Fall., articolo 64. Sostiene la parte ricorrente che, ai sensi della norma da ultimo citata, la curatela fallimentare avrebbe dovuto dimostrare la destinazione dei debiti contratti dal fallito ai bisogni della famiglia per poter esperire azione di inefficacia, L. Fall., ex articolo 64, del fondo patrimoniale.
4. Con il quarto motivo si denunzia sempre vizio di violazione di legge in riferimento agli articoli 81 e 100 c.p.c., ed in relazione alla carenza di legittimazione passiva del coniuge non fallito. Sostiene la difesa dei ricorrenti che il coniuge non debitore non riveste la qualita’ di soggetto legittimato passivamente dall’azione revocatoria del fondo patrimoniale e che la detta eccezione puo’ essere rilevata d’ufficio anche dal giudice al di la’ dell’eccezione sollevata sul punto dalla parte.
5. Con il quinto motivo si articola vizio di violazione di legge in riferimento agli articoli 167 e 2901 c.c., per l’illegittima liquidazione delle spese di lite e per la carenza di legittimazione passiva sempre della (OMISSIS), unica ad essere stata condannata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
6. Il ricorso e’ infondato.
6.1 Gia’ il primo motivo di doglianza non merita positivo apprezzamento.
Sul punto e’ necessario ricordare (e confermare anche in questa sede decisoria) il consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ secondo il quale i figli dei coniugi che hanno proceduto alla costituzione di un fondo patrimoniale non sono parte necessaria nel giudizio, promosso dal creditore con azione revocatoria, diretto a far valere l’inefficacia di tale costituzione, giacche’ il fondo patrimoniale non viene costituito a beneficio dei figli, ma per far fronte ai bisogni della famiglia, com’e’ confermato dal fatto che esso cessa con l’annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (articolo 171 c.c.).
E la circostanza che il giudice, all’atto della cessazione del fondo patrimoniale, possa attribuire ai figli, in godimento o in proprieta’, una quota dei beni del fondo stesso, non puo’ essere valorizzata al punto di attribuire ai figli stessi la legittimazione passiva nei giudizi che investano il fondo patrimoniale, trattandosi di mera eventualita’ i cui presupposti devono essere verificati soltanto al momento della cessazione del fondo (cosi’, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5402 del 17/03/2004; cfr. anche: Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1242 del 27/01/2012);
In realta’, la costituzione del fondo patrimoniale determina soltanto un vincolo di destinazione sui beni confluiti nel fondo, affinche’, con i loro frutti, sia assicurato il soddisfacimento dei bisogni della famiglia, ma non incide sulla titolarita’ dei beni stessi, ne’ implica l’insorgere di una posizione di diritto soggettivo in favore dei singoli componenti del nucleo familiare, neppure con riguardo ai vincoli di disponibilita’ (cosi’, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10641 del 15/05/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19330 del 03/08/2017).
Ne consegue l’infondatezza della tesi perorata dalla parte ricorrente secondo cui sussisterebbe, nel caso di specie, un litisconsorzio necessario anche nei confronti dei figli beneficiari delle disposizioni del fondo patrimoniale.
6.2 Anche il secondo motivo di doglianza e’ infondato.
La tesi difensiva della parte ricorrente vuole in realta’ ricostruire l’esimente della proporzionalita’ di cui alla L. Fall., articolo 64, alla stregua di un fatto costitutivo della domanda revocatoria del fondo patrimoniale che, per tale ragioni, sarebbe dovuto rientrare nelle incombenze dimostrative della parte attrice.
Tale affermazione non e’ tuttavia condivisibile perche’ destinata a scontrarsi con il dato testuale dettato dalla L. Fall., articolo 64, norma a tenore della quale sono esclusi dall’azione revocatoria “i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilita’, in quanto la liberalita’ sia proporzionata al patrimonio del donante”, con cio’ costituendo in modo lampante una scriminante idonea a paralizzare la declaratoria di inefficacia invocata dai creditori per il tramite della curatela fallimentare.
Ne consegue che, integrando l’elemento in esame un fatto impediente dell’azione revocatoria, incombe, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., sulla parte convenuta in revocatoria (e cioe’ sul disponente) l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti applicativi dell’invocata esimente della proporzionalita’.
In realta’, l’istituto regolato dalla L. Fall., articolo 64 – letto alla luce dei principi regolanti la ripartizione dell’onere della prova (per come dettati dal sopra menzionato articolo 2697 c.c.) – impone al curatore di provare unicamente la gratuita’ dell’atto ed il suo compimento nel periodo sospetto.
Ne discende ancora che l’esenzione dalla revocatoria, per come regolata dal predetto articolo 64, impone, per contro, al disponente di dimostrare la proporzionalita’ dell’atto di liberalita’ rispetto al patrimonio. Ed invero, l’elemento di valutazione da ultimo citato costituisce a tutti gli effetti, per la sua evidente connotazione di esimente, un fatto impeditivo al sorgere del diritto di ottenere la declaratoria di inefficacia del fondo patrimoniale.
Se cosi’ e’, allora risulta innegabile la natura di eccezione in senso stretto da riconoscersi all’esimente in parola, con la conseguenza che la stessa deve essere eccepita nei termini e con le scansioni processuali previste dal codice di rito.
Occorre pertanto confermare il provvedimento impugnato anche laddove, in relazione alla dedotta questione della proporzionalita’ della disposizione a titolo gratuito, ha ritenuto di accogliere l’appello incidentale proposto sul punto dalla curatela fallimentare, ritenendo la eccezione cosi’ sollevata dalla parte oggi ricorrente non tempestiva perche’ in violazione del termine preclusivo di cui all’articolo 180 c.p.c., comma 2, applicabile ratione temporis.
Va, peraltro, aggiunto che – secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 18065 del 08/09/2004; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19029 del 08/08/2013), il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, e’ atto a titolo gratuito, senza che rilevino in contrario i doveri di solidarieta’ familiare che nascono dal matrimonio, posto che l’obbligo dei coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia non comporta affatto per essi l’obbligo di costituire i propri beni in fondo patrimoniale, che ha essenza e finalita’ diverse ed ulteriori, consistenti non nel soddisfare i bisogni della famiglia, ma nel vincolare alcuni beni al soddisfacimento anche solo eventuale di tali bisogni, sottraendoli alla garanzia generica di tutti i creditori.
Pertanto, in caso di fallimento di uno dei coniugi, il negozio costitutivo di fondo patrimoniale e’ suscettibile di revocatoria fallimentare a norma della L. Fall., articolo 64, dovendosi del pari escludere che tale costituzione possa considerarsi di per se’, cosi’ ricadendo in una delle esenzioni previste dalla seconda parte della L. Fall., citato articolo 64, come atto compiuto in adempimento di un dovere morale nei confronti dei componenti della famiglia, a meno che non si dimostri in concreto l’esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettivita’, gli estremi del dovere morale ed il proposito del “solvens” di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione.
Dunque, al fine di stabilire se un atto a titolo gratuito, compiuto dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, configuri adempimento di un dovere morale, e quindi sia opponibile ai creditori ai sensi della L. Fall., articolo 64, occorre dimostrare non solo la esistenza di una situazione tale da far configurare un dovere morale nella sua oggettivita’, secondo la comune concezione sociale rapportata all’ambiente in cui l’atto e’ stato posto in essere, ma anche il proposito dell’autore, e cioe’ lo scopo, da lui perseguito, di soddisfare unicamente quel dovere, mediante l’atto di disposizione (Cass., sez. I, 24 maggio 1982, n. 3164, m. 421105, Cass., sez. I, 11 novembre 1977, n. 4869, m. 388474), oltre alla proporzione della liberalita’ rispetto al patrimonio del fallito (Cass., sez. I, 7 aprile 1972, n. 1045, m. 357413).
Sul punto va osservato che, come correttamente rilevato anche dalla Corte territoriale, la parte oggi ricorrente non ha dedotto ed allegato alcuna prova in relazione all’esenzione sopra ricordata, cosi’ venendo, comunque, meno al suo onere allegatorio e probatorio. Anche per tale ultima ragione la censura va, dunque, rigettata.
6.3 Anche il terzo motivo di censura e’ infondato.
Erra la parte ricorrente nel ritenere che la motivazione impugnata abbia fornito una interpretazione illegittima dell’articolo 170 c.c..
In realta’, l’istituto della revoca degli atti a titolo gratuito e’ disciplinata esclusivamente dalla L. Fall., articolo 64 e cio’ anche in riferimento al sopra ricordato regime di esenzioni. Ne consegue che non puo’ certo invocarsi l’articolo 170 c.c., norma dettata in altro contesto normativo, per ritenere inammissibile l’applicata tutela revocatoria in mancanza della dimostrazione da parte della curatela della destinazione dei debiti al soddisfacimento delle esigenze della famiglia.
E’, infatti, la norma dettata dalla L. Fall., articolo 64, a regolare l’istituto revocatorio in esame, non dovendo il curatore fallimentare dimostrare altro che la sussistenza di un atto a titolo gratuito del fallito nel biennio precedente la dichiarazione di fallimento.
La diversa norma dettata dall’articolo 170 c.c., regola il diverso regime della limitazione del diritto di esecuzione dei creditori sui beni costituenti il fondo patrimoniale.
6.4 Il quarto motivo di doglianza e’ addirittura inammissibile in quanto introduce un argomento di censura non sollevato nei precedenti gradi di giudizio.
Peraltro risulta singolare come la parte ricorrente, da un lato, perori (in maniera infondata, per quanto detto sopra) la tesi del litisconsorzio necessario, nel giudizio revocatorio in esame, anche nei confronti dei figli beneficiari della costituzione del fondo e, dall’altro, introduca la doglianza in punto di esclusione del litisconsorzio (ed anche della legittimazione passiva) nei confronti del coniuge non debitore, ma disponente dei beni nel fondo patrimoniale.
Sul punto e’ comunque utile ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimita’, in tema di azione revocatoria, la natura reale del vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo patrimoniale in vista del soddisfacimento dei bisogni della famiglia e la conseguente necessita’ che la sentenza faccia stato nei confronti di tutti coloro per i quali il fondo e’ stato costituito comportano che, nel relativo giudizio per la dichiarazione della sua inefficacia, la legittimazione passiva spetta ad entrambi i coniugi, anche se l’atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo di essi, spettando ad entrambi, ai sensi dell’articolo 168 c.c., la proprieta’ dei beni che costituiscono oggetto della convenzione, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo, con la precisazione che anche nell’ipotesi in cui la costituzione del fondo non comporti un effetto traslativo, essendosi il coniuge (o il terzo costituente) riservato la proprieta’ dei beni, e’ configurabile un interesse del coniuge non proprietario alla partecipazione al giudizio (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1242 del 27/01/2012; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10641 del 15/05/2014; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19330 del 03/08/2017).
6.5 Il quinto motivo e’ anch’esso infondato alla luce delle medesime considerazioni svolte in relazione al motivo che precede.
7. Il rigetto del ricorso esime il Collegio dall’esame del ricorso incidentale condizionato, la cui valutazione risulta, pertanto, assorbita.
Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come da separato dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna i ricorrenti principali al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200 e alle spese forfettarie ed altri accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.