il decreto che accolga il reclamo avverso il rigetto dell’istanza di fallimento ai sensi dell’articolo 22 L.F. e’ privo del necessario requisito della definitivita’, non derivando l’incidenza sui diritti soggettivi delle parti da tale atto, ma solo dal successivo provvedimento adottato dal tribunale (la dichiarazione di fallimento) per il quale e’ previsto un autonomo sistema di impugnazioni”, con la conseguenza che la sua inidoneita’ al giudicato non lo rende ricorribile per cassazione ex articolo 111 Cost., comma 7; con la precisazione che, in difetto di attitudine al giudicato, “non e’ configurabile una preclusione da cosa giudicata, bensi’ una mera preclusione di fatto, in ordine al credito fatto valere, alla qualita’ di soggetto fallibile in capo al debitore ed allo stato di insolvenza dello stesso, di modo che e’ possibile, dopo il rigetto, dichiarare il fallimento sulla base della medesima situazione, su istanza di un diverso creditore, ovvero sulla base di elementi sopravvenuti, preesistenti ma non dedotti, e anche di una prospettazione identica a quella respinta, su istanza dello stesso creditore”.
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Corte di Cassazione|Sezione 6 1|Civile|Ordinanza|11 giugno 2019| n. 15619
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1096-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 30/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/02/2019 dal Cons. Relatore Dott. PAOLA VELLA.
RILEVATO
che:
1. con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Roma ha accolto il reclamo ex articolo 22 L.F. proposto dalla Curatela del Fallimento (OMISSIS) s.p.a. avverso il decreto con cui il Tribunale di Roma, accogliendo l’eccezione di compensazione sollevata dalla debitrice, aveva rigettato la sua istanza di fallimento del (OMISSIS) s.r.l., rimettendo percio’ gli atti allo stesso tribunale di Roma per la declaratoria di fallimento;
2. la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e corredato da memoria, cui la curatela fallimentare intimata ha resistito con controricorso;
3. a seguito di deposito della proposta ex articolo 380 bis c.p.c. e’ stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
4. con il primo motivo si deduce la violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c. in riferimento all’interpretazione del contratto ed alla qualificazione operata dal giudice del merito, nonche’ degli articoli 1185 e 1243 c.c. e 56 L.Fall., mentre con il secondo si lamenta la nullita’ del decreto impugnato per violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 (“motivazione apparente, perplessa e incomprensibile”);
5. il ricorso e’ inammissibile, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte – a partire da Cass. Sez. U, n. 26181/2006 – in base al quale “il decreto che accolga il reclamo avverso il rigetto dell’istanza di fallimento ai sensi dell’articolo 22 L.F. e’ privo del necessario requisito della definitivita’, non derivando l’incidenza sui diritti soggettivi delle parti da tale atto, ma solo dal successivo provvedimento adottato dal tribunale (la dichiarazione di fallimento) per il quale e’ previsto un autonomo sistema di impugnazioni”, con la conseguenza che la sua inidoneita’ al giudicato non lo rende ricorribile per cassazione ex articolo 111 Cost., comma 7 (Cass. 15859/2014; conf. Cass. 5069/2017, 6683/2015, 20297/2015, 23478/2011, 19446/2011, 25818/2010 16656/2008, 26831/2006); con la precisazione che, in difetto di attitudine al giudicato, “non e’ configurabile una preclusione da cosa giudicata, bensi’ una mera preclusione di fatto, in ordine al credito fatto valere, alla qualita’ di soggetto fallibile in capo al debitore ed allo stato di insolvenza dello stesso, di modo che e’ possibile, dopo il rigetto, dichiarare il fallimento sulla base della medesima situazione, su istanza di un diverso creditore, ovvero sulla base di elementi sopravvenuti, preesistenti ma non dedotti, e anche di una prospettazione identica a quella respinta, su istanza dello stesso creditore” (Cass. 16411/2018; cfr. Cass. 25818/2010, 21834/2009).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.