In tema di Riposo settimanale e riposo giornaliero, la Corte di giustizia dell’Unione ha dichiarato che:
1) L’articolo 5 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che: il riposo giornaliero previsto all’articolo 3 di tale direttiva non fa parte del periodo di riposo settimanale di cui a detto articolo 5, ma si aggiunge ad esso.
2) Gli articoli 3 e 5 della direttiva 2003/88, letti alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,devono essere interpretati nel senso che: qualora una normativa nazionale preveda un periodo di riposo settimanale che supera la durata di trentacinque ore consecutive, si deve concedere al lavoratore, in aggiunta a tale periodo, il riposo giornaliero quale garantito dall’articolo 3 di detta direttiva.
3) L’articolo 3 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che: quando a un lavoratore è concesso un periodo di riposo settimanale, esso ha altresì il diritto di beneficiare di un periodo di riposo giornaliero che preceda detto periodo di riposo settimanale.
Corte di Giustizia dell’Unione europea|Sezione 2 |Sentenza|2 marzo 2023| n. 477/21
Data udienza 13 ottobre 2022
SENTENZA DELLA CORTE
Seconda Sezione
2 marzo 2023
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Direttiva 2003/88/CE – Articoli 3 e 5 – Riposo giornaliero e riposo settimanale – Normativa nazionale che prevede un periodo di riposo settimanale minimo di quarantadue ore – Obbligo di concedere il riposo giornaliero – Modalità di concessione»
Nella causa C-477/21,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Miskolci Törvényszék (Corte di Miskolc, Ungheria), con decisione del 28 giugno 2021, pervenuta in cancelleria il 3 agosto 2021, nel procedimento
IH
contro
Ma. ST. Va. Sz.Zrt.,
LA CORTE
Seconda Sezione,
composta da A. Prechal, presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún (relatrice), F. Biltgen, N. Wahl e J. Passer, giudici,
avvocato generale: G. Pi.
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per IH, da L. Tóth, ügyvéd;
– per la MA. ST. Va. Sz.Zrt., da S. Sz. e I. Tó. Pe., ügyvédek;
– per il governo ungherese, da Zs. Biró-Tóth e M.Z. Fehér, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da D. Recchia e K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 ottobre 2022,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 3 e 5 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), letti alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra IH e il suo datore di lavoro, la MA. ST. Va. Sz.Zrt. (in prosieguo: la «MA. ST.»), in merito alla concessione di periodi di riposo giornaliero in occasione della concessione di periodi di riposo settimanale.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, quest’ultima «stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro».
4 L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Riposo giornaliero», così dispone:
«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive».
5 L’articolo 5 di detta direttiva, intitolato «Riposo settimanale», prevede che:
«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3.
Se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore».
6 Ai sensi dell’articolo 15 della medesima direttiva, intitolato «Disposizioni più favorevoli»:
«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».
Diritto ungherese
Codice del lavoro
7 L’articolo 104, paragrafo 1, dell’a munka törvénykönyvérol szóló 2012. évi I. törvény (legge n.°I del 2012, che istituisce il codice del lavoro) (Magyar Közlöny 2012/2.; in prosieguo: il «codice del lavoro») prevede quanto segue:
«Un periodo di riposo di almeno undici ore consecutive deve essere concesso tra la fine di un giorno lavorativo e l’inizio del giorno lavorativo successivo (in prosieguo: il “riposo giornaliero”)».
8 L’articolo 105, paragrafo 1, di tale codice così dispone:
«Sono concessi 2 giorni di riposo alla settimana (giorni di riposo settimanale). I giorni di riposo settimanale possono anche essere distribuiti in modo variabile».
9 L’articolo 106 di detto codice così recita:
«1. Invece dei giorni di riposo settimanale, a un lavoratore può essere concesso un periodo di riposo settimanale ininterrotto di almeno quarantotto ore alla settimana.
(…)
Quando il programma di distribuzione dell’orario di lavoro è variabile, al lavoratore può essere concesso ogni settimana, in luogo del riposo settimanale previsto al paragrafo 1 e fatta salva l’applicazione mutatis mutandis del paragrafo 2, un periodo di riposo settimanale ininterrotto di almeno quaranta ore, che includa un giorno di calendario. Al lavoratore deve essere concesso un periodo medio di riposo settimanale di almeno quarantotto ore settimanali, prendendo come riferimento il quadro di programmazione del tempo di lavoro o il periodo contabile».
Legge n. CLXXXIII del 2005, sul traffico ferroviario
10 L’articolo 68/A, paragrafo 4, dell’a vasúti közlekedésrol szóló 2005. évi CLXXXIII. törvény (legge n. CLXXXIII del 2005, sul traffico ferroviario) (Magyar Közlöny 2005/172.) prevede che:
«In deroga ai paragrafi da 1 a 3, le disposizioni dell’articolo 68/B, paragrafo 1 (…) si applicano anche ai conducenti di veicoli ferroviari che non sono considerati lavoratori ferroviari mobili che effettuano servizi nel contesto dell’interoperabilità transfrontaliera».
11 L’articolo 68/B, paragrafo 1, di tale legge così dispone:
«Nel caso dei lavoratori mobili delle ferrovie che svolgono servizi nel contesto dell’interoperabilità transfrontaliera, il periodo di riposo giornaliero in residenza deve essere di almeno dodici ore consecutive per periodo di ventiquattro ore».
Contratto collettivo applicabile
12 Ai sensi dell’articolo 46, punto 1, del contratto collettivo concluso tra la MA. ST. e organizzazioni sindacali (in prosieguo: il «contratto collettivo»), i macchinisti devono beneficiare di un riposo giornaliero di dodici ore (riposo giornaliero in residenza), che decorre dal loro arrivo al proprio domicilio e termina con la loro partenza dal proprio domicilio verso il loro luogo di lavoro (tempo di spostamento).
13 Conformemente all’articolo 47, punto 1, di tale contratto collettivo, i macchinisti beneficiano di due giorni di riposo settimanale, che devono essere fruiti in modo che un periodo di almeno quarantotto ore di riposo ininterrotto divida due periodi di servizio.
14 Il punto 4 dell’articolo 47 di detto contratto prevede che, in forza dell’articolo 106 del codice del lavoro, ai macchinisti possa essere concesso, al posto dei giorni di riposo previsti al punto 1 di tale articolo, un periodo di riposo ininterrotto di almeno quarantadue ore alla settimana. In questo caso, il lavoratore deve beneficiare di un periodo medio di riposo settimanale di almeno quarantotto ore, prendendo come riferimento il quadro di programmazione dell’orario di lavoro.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
15 IH è impiegato dalla MA. ST. come macchinista. Il suo luogo di lavoro è la sede operativa della MA. ST. a Miskolc (Ungheria). IH svolge il suo lavoro esclusivamente in Ungheria.
16 IH è soggetto al contratto collettivo. Il suo lavoro si inserisce in un quadro di programmazione mensile dell’orario di lavoro corredato non già da giorni di riposo settimanale, bensì da un periodo di riposo settimanale concesso dal datore di lavoro sulla base di un periodo di riferimento settimanale.
17 Conformemente al contratto collettivo, la MA. ST. concedeva a IH, tra due periodi di lavoro, un periodo di riposo giornaliero in residenza di dodici ore, al quale si aggiungeva un tempo standard di spostamento di trenta minuti, calcolato due volte.
18 Inoltre, una volta alla settimana, la MA. ST. gli concedeva un periodo di riposo settimanale di almeno quarantotto ore consecutive. Quando, per una settimana particolare, la concessione di un siffatto riposo non era possibile, la MA. ST. concedeva a IH un periodo di riposo ininterrotto di almeno quarantadue ore, in modo da farlo beneficiare di un periodo medio di riposo settimanale di almeno quarantotto ore prendendo come riferimento il quadro di programmazione mensile dell’orario di lavoro.
19 Ciò premesso, quando tale periodo di riposo settimanale veniva concesso a IH, così come quando usufruiva di ferie, non gli era concesso né riposo giornaliero né tempo di spostamento.
20 IH ha adito il giudice del rinvio, la Miskolci Törvényszék (Corte di Miskolc, Ungheria), al fine di ottenere il versamento di una retribuzione non pagata, sostenendo di aver diritto al beneficio del periodo di riposo giornaliero immediatamente prima o dopo i suoi periodi di riposo settimanale o di ferie.
21 Dinanzi a tale giudice, la MA. ST. sostiene che il riposo giornaliero deve essere concesso tra due periodi di lavoro che si succedono nel corso di uno stesso periodo di ventiquattro ore, e non quando non è previsto alcun nuovo periodo di lavoro, ad esempio quando sono concessi riposo settimanale o ferie. A suo avviso, ciò si giustifica a motivo dall’obiettivo del riposo giornaliero, che sarebbe permettere al lavoratore di recuperare le forze tra due periodi di lavoro. Inoltre, per ogni periodo di sette giorni, sarebbe necessario concedere un periodo di riposo settimanale di durata più lunga, che sostituirebbe il riposo giornaliero.
22 Il giudice del rinvio rileva che, in forza dei poteri derivanti dalla direttiva 2003/88 e dal codice del lavoro, il contratto collettivo deroga, in modo favorevole ai lavoratori, alle norme relative al riposo giornaliero e al periodo di riposo settimanale.
23 Infatti, il riposo giornaliero è di dodici ore, le quali superano così il minimo di undici ore previsto dall’articolo 3 della direttiva 2003/88 e possono inoltre essere integralmente trascorse dal lavoratore al proprio domicilio, a motivo del tempo standard di spostamento.
24 Per quanto riguarda il riposo settimanale, il giudice del rinvio afferma che la versione in lingua ungherese dell’articolo 5 della direttiva 2003/88 è leggermente diversa dalle versioni in lingua inglese, tedesca e francese, in particolare nella parte in cui la versione in lingua ungherese definisce la nozione di «riposo settimanale», ai sensi di tale articolo 5, in modo tale che ogni lavoratore deve beneficiare, per ogni periodo di sette giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di ventiquattro ore «e, in più» («továbbá»), delle undici ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3 di tale direttiva. Le versioni in lingua inglese, tedesca e francese impiegano, dal canto loro, rispettivamente, i termini «plus», «zuzüglich» e «s’ajoutent» al posto di «e, in più».
25 Tale giudice si chiede quindi se occorra interpretare detta nozione di «riposo settimanale» nel senso che, o dopo il periodo minimo di riposo ininterrotto di ventiquattro ore, si debba inoltre concedere il riposo giornaliero di una durata minima di undici ore, o, come è propensa a ritenere, il periodo di ventiquattro ore e quello di undici ore si sommano per formare insieme il periodo minimo di riposo settimanale, cosicché il lavoratore deve beneficiare, in tutto, di un periodo di riposo settimanale minimo di trentacinque ore consecutive.
26 A tal riguardo, detto giudice rileva che la normativa ungherese fissa la durata del riposo settimanale a quarantotto ore, con un minimo di quarantadue ore, e che la nozione di «periodo di riposo settimanale», come utilizzata nel codice del lavoro nonché nel contratto collettivo, non contiene alcun riferimento al riposo giornaliero né alla sua durata.
27 Infine, il giudice del rinvio si chiede se il riposo giornaliero debba essere concesso tra la fine del lavoro giornaliero di cui trattasi e l’inizio del lavoro il giorno successivo (o, lo stesso giorno, tra la fine di un periodo di lavoro e l’inizio del successivo periodo di lavoro) oppure, più in generale, tra la fine di una giornata lavorativa e l’inizio della giornata di lavoro successiva, anche se quest’ultima inizia diversi giorni più tardi.
28 In tale contesto, la Miskolci Törvényszék (Corte di Miskolc) ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 5 della direttiva [2003/88] letto in combinato disposto con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che il riposo giornaliero previsto dall’articolo 3 [della menzionata direttiva] fa parte del riposo settimanale.
2) (…) [S]e l’articolo 5 della direttiva [2003/88], in combinato disposto con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, conformemente all’obiettivo di tale direttiva, esso prevede soltanto la durata minima del riposo settimanale, vale a dire che il riposo settimanale deve avere una durata di almeno 35 ore consecutive, purché non sussistano condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro che lo impediscano.
3) Se l’articolo 5 della direttiva [2003/88], in combinato disposto con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, qualora il diritto dello Stato membro e il contratto collettivo applicabile prevedano la concessione di un riposo settimanale ininterrotto di almeno 42 ore, è obbligatorio concedere anche, dopo un lavoro svolto il giorno lavorativo precedente il riposo settimanale, il riposo giornaliero di 12 ore garantito insieme al primo nel diritto dello Stato membro interessato e nel contratto collettivo applicabile, purché non sussistano condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro che lo impediscano.
4) Se l’articolo 3 della direttiva [2003/88], in combinato disposto con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che il lavoratore ha altresì diritto a un periodo minimo di riposo che deve essere concesso nell’ambito di un periodo di 24 ore qualora, per qualsiasi ragione, non sia tenuto a lavorare nelle 24 ore successive.
5) In caso di risposta affermativa alla quarta questione, se gli articoli 3 e 5 della direttiva [2003/88], in combinato disposto con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debbano essere interpretati nel senso che il riposo giornaliero [deve] essere concesso prima del riposo settimanale».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle questioni prima e seconda
29 Con le sue questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che il riposo giornaliero previsto all’articolo 3 di tale direttiva fa parte del periodo di riposo settimanale di cui a tale articolo 5 o se quest’ultimo articolo fissi soltanto la durata minima di detto periodo di riposo settimanale.
30 In via preliminare, si deve rammentare che, istituendo il diritto di ciascun lavoratore a periodi di riposo giornaliero e settimanale, la direttiva 2003/88 precisa il diritto fondamentale espressamente sancito dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta e deve, di conseguenza, essere interpretata alla luce di tale articolo 31, paragrafo 2. Ne consegue, segnatamente, che le disposizioni della direttiva 2003/88 non possono essere oggetto di un’interpretazione restrittiva a discapito dei diritti che il lavoratore si vede riconosciuti dalla direttiva medesima [v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2021, Radiotelevizija Slovenija (Periodo di reperibilità in un luogo remoto), C-344/19, EU:C:2021:182, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
31 In tali circostanze, al fine di rispondere alle questioni sollevate, occorre interpretare tale direttiva tenendo conto dell’importanza del diritto fondamentale di ciascun lavoratore a periodi di riposo giornaliero e settimanale (v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 33).
32 Occorre altresì ricordare che l’obiettivo della direttiva 2003/88 è fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante un ravvicinamento delle normative nazionali riguardanti, in particolare, la durata dell’orario di lavoro. Tale armonizzazione a livello dell’Unione europea in materia di organizzazione dell’orario di lavoro è intesa a garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo beneficiare questi ultimi di periodi minimi di riposo, in particolare giornaliero e settimanale (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, Fetico e a., CCOO, C-588/18, EU:C:2020:420, punti 26 e 27, nonché giurisprudenza ivi citata).
33 In conformità alle disposizioni degli articoli 3 e 5 della direttiva 2003/88, gli Stati membri sono pertanto tenuti a prendere le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, rispettivamente, nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore, di un periodo minimo di riposo di undici ore consecutive e, per ogni periodo di sette giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di ventiquattro ore cui si sommano le undici ore di riposo giornaliero previste al citato articolo 3 (sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, EU:C:2019:402, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
34 Al fine di garantire la piena efficacia della direttiva 2003/88 è quindi necessario che gli Stati membri garantiscano il rispetto di tali periodi minimi di riposo (sentenza del 14 maggio 2019, CCOO C-55/18, EU:C:2019:402, punto 40).
35 Pertanto, tenuto conto dell’obiettivo essenziale perseguito dalla direttiva 2003/88, consistente nel garantire una protezione efficace delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, e una migliore tutela della loro sicurezza e della loro salute, gli Stati membri sono tenuti a garantire che l’effetto utile di tali diritti sia integralmente assicurato, facendoli beneficiare effettivamente dei periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale previsti da tale direttiva. Ne consegue che le modalità definite dagli Stati membri per garantire l’attuazione delle prescrizioni della direttiva 2003/88 non devono essere tali da svuotare di contenuto i diritti sanciti all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, e agli articoli 3 e 5 di tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punti 42 e 43).
36 A tal riguardo, si deve altresì rammentare che il lavoratore dev’essere considerato la parte debole nel rapporto di lavoro, cosicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti (sentenza del 14 maggio 2019, CCOO, C-55/18, EU:C:2019:402, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).
37 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la questione se il riposo giornaliero previsto all’articolo 3 della direttiva 2003/88 rientri nel periodo di riposo settimanale di cui all’articolo 5.
38 A tal riguardo, si deve rilevare, in primo luogo, che tale direttiva prevede il diritto al riposo giornaliero e il diritto al riposo settimanale in due disposizioni distinte, ossia, rispettivamente, all’articolo 3 e all’articolo 5 di quest’ultima. Ciò indica che si tratta di due diritti autonomi che, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi da 49 a 51 delle sue conclusioni, perseguono diversi obiettivi, consistenti, nel caso del riposo giornaliero, nel permettere al lavoratore di sottrarsi al suo ambiente di lavoro per un determinato numero di ore che non solo devono essere consecutive, ma anche seguire direttamente un periodo di lavoro, e, nel caso del riposo settimanale, nel permettere il riposo del lavoratore nell’arco di ogni periodo di sette giorni.
39 Di conseguenza, occorre garantire ai lavoratori il godimento effettivo di ciascuno di tali diritti.
40 In secondo luogo, occorre ricordare, come emerge dalla giurisprudenza della Corte citata al punto 35 della presente sentenza, che le modalità definite dagli Stati membri per garantire l’attuazione delle prescrizioni della direttiva 2003/88 non devono essere idonee a svuotare di contenuto i diritti sanciti all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta e agli articoli 3 e 5 di tale direttiva. A tal riguardo, si deve constatare che un’interpretazione secondo la quale il riposo giornaliero farebbe parte del riposo settimanale equivarrebbe a svuotare del suo contenuto il diritto al riposo giornaliero di cui all’articolo 3 di detta direttiva, privando il lavoratore dell’effettivo godimento del periodo di riposo giornaliero previsto da tale disposizione, quando egli beneficia del suo diritto al riposo settimanale.
41 A tal riguardo, è giocoforza constatare che l’articolo 5, primo comma, della direttiva 2003/88 non si limita a fissare globalmente un periodo minimo a titolo del diritto al riposo settimanale, ma si premura di precisare che a tale periodo si aggiunge quello che deve essere riconosciuto a titolo del diritto al riposo giornaliero, sottolineando così il carattere autonomo di questi due diritti. Ciò conferma che il diritto al riposo settimanale non è destinato a ricomprendere, se del caso, il periodo corrispondente al diritto al riposo giornaliero, ma deve essere riconosciuto in aggiunta a quest’ultimo diritto.
42 Inoltre, occorre che l’effetto utile dei diritti riconosciuti ai lavoratori dalla direttiva 2003/88 venga integralmente assicurato, il che implica necessariamente l’obbligo per gli Stati membri di garantire il rispetto delle singole prescrizioni minime stabilite da tale direttiva (sentenza dell’11 aprile 2019, Syndicat des cadres de la sécurité intérieure, C-254/18, EU:C:2019:318, punto 33).
43 Ne consegue che il periodo di riposo giornaliero, previsto all’articolo 3 della direttiva 2003/88, si aggiunge non alle ventiquattro ore di riposo di cui all’articolo 5 di tale direttiva per formare un periodo complessivo di riposo settimanale di almeno trentacinque ore, bensì al periodo di riposo settimanale, autonomo e distinto, di almeno ventiquattro ore previsto in tale disposizione.
44 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 5 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, deve essere interpretato nel senso che il riposo giornaliero previsto all’articolo 3 di tale direttiva non fa parte del periodo di riposo settimanale di cui a detto articolo 5, ma si aggiunge ad esso.
Sulla terza questione
45 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 3 e 5 della direttiva 2003/88, letti alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debbano essere interpretati nel senso che, qualora una normativa nazionale preveda un periodo di riposo settimanale che supera la durata di trentacinque ore consecutive, si debba concedere al lavoratore, in aggiunta a tale periodo, il riposo giornaliero quale garantito dall’articolo 3 di detta direttiva.
46 Nella decisione di rinvio, tale giudice osserva, da un lato, che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale utilizza la nozione di «periodo di riposo settimanale», che essa fissa in linea di principio a quarantotto ore, e che non può essere inferiore a quarantadue ore, e, dall’altro, che tale normativa non contiene alcun riferimento al riposo giornaliero né alla durata di quest’ultimo. Orbene, detto «periodo di riposo settimanale» ha una durata che supera le trentacinque ore risultanti dalla somma del periodo minimo di riposo di ventiquattro ore previsto all’articolo 5 della direttiva 2003/88 con il periodo minimo di riposo di undici ore previsto all’articolo 3 di quest’ultima.
47 A tal riguardo, occorre sottolineare che l’articolo 5 della direttiva 2003/88 non contiene alcun rinvio al diritto nazionale degli Stati membri. Pertanto, i termini che utilizza devono essere intesi come nozioni autonome del diritto dell’Unione e interpretati in modo uniforme sul territorio di quest’ultima, indipendentemente dalle qualificazioni utilizzate negli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Maio Marques da Rosa, C-306/16, EU:C:2017:844, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
48 Ne consegue che la nozione di «periodo di riposo settimanale» prevista dalla normativa nazionale di cui al procedimento principale non incide sull’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 2003/88.
49 Ciò precisato, si deve ricordare che il periodo minimo di riposo settimanale previsto da tale disposizione è di ventiquattro ore ininterrotte. Tuttavia, l’articolo 15 di tale direttiva autorizza gli Stati membri ad applicare o introdurre disposizioni più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o a favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra parti sociali più favorevoli a tale protezione. Così, conformemente al contratto collettivo applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, al lavoratore interessato è stato concesso un riposo settimanale di almeno quarantadue ore. In un caso del genere, le ore di riposo settimanale così concesse oltre il minimo richiesto dall’articolo 5 della direttiva 2003/88 non sono disciplinate da tale direttiva, bensì dal diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2019, TSN e AKT, C-609/17 e C-610/17, EU:C:2019:981, punti 34 e 35).
50 Tuttavia, il fatto di prevedere siffatte disposizioni più favorevoli in materia di riposo settimanale rispetto a quelle che richiede, quale soglia minima, la direttiva 2003/88 non può privare il lavoratore di altri diritti che gli sono concessi da tale direttiva, e in particolare del diritto al riposo giornaliero.
51 Infatti, come emerge dalla giurisprudenza della Corte, l’esercizio di tali competenze proprie, da parte di uno Stato membro, non può avere tuttavia l’effetto di pregiudicare la tutela minima garantita ai lavoratori da detta direttiva e, in particolare, la possibilità di poter effettivamente fruire del periodo minimo di riposo giornaliero previsto all’articolo 3 di quest’ultima (v., per analogia, sentenza del 4 giugno 2020, Fetico e a., C-588/18, EU:C:2020:420, punto 32).
52 Di conseguenza, al fine di garantire ai lavoratori il godimento effettivo del diritto al riposo giornaliero sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta e all’articolo 3 della direttiva 2003/88, quest’ultimo deve essere concesso indipendentemente dalla durata del riposo settimanale prevista dalla normativa nazionale applicabile.
53 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che gli articoli 3 e 5 della direttiva 2003/88, letti alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, devono essere interpretati nel senso che, qualora una normativa nazionale preveda un periodo di riposo settimanale che supera la durata di trentacinque ore consecutive, si deve concedere al lavoratore, in aggiunta a tale periodo, il riposo giornaliero quale garantito dall’articolo 3 di detta direttiva.
Sulle questioni quarta e quinta
54 Con le sue questioni quarta e quinta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, quando a un lavoratore è concesso un periodo di riposo settimanale, esso ha altresì il diritto di beneficiare di un periodo di riposo giornaliero che preceda detto periodo di riposo settimanale.
55 Dalla decisione di rinvio emerge che, nel caso di specie, la MA. ST. concedeva un periodo di riposo giornaliero solo qualora fosse previsto un nuovo periodo di lavoro entro ventiquattro ore dalla fine di un determinato periodo di lavoro. Se non era previsto alcun nuovo periodo di lavoro, se ad esempio erano concesse ferie o un riposo settimanale, la MA. ST. reputa che non sussistesse più alcun obbligo di concedere il riposo giornaliero.
56 A tal riguardo, si deve rammentare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che, per potersi effettivamente riposare, il lavoratore deve beneficiare della possibilità di sottrarsi al suo ambiente di lavoro per un certo numero di ore che non solo devono essere consecutive, ma anche venire subito dopo un periodo di lavoro, per consentire all’interessato di rilassarsi e smaltire la fatica connessa all’esercizio delle proprie funzioni (sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère, C-428/09, EU:C:2010:612, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
57 Ne consegue che, dopo un periodo di lavoro, ogni lavoratore deve immediatamente beneficiare di un periodo di riposo giornaliero, e ciò indipendentemente dalla questione se tale periodo di riposo sarà o meno seguito da un periodo di lavoro. Inoltre, quando il riposo giornaliero e il riposo settimanale sono concessi in modo contiguo, il periodo di riposo settimanale può cominciare a decorrere solo dopo che il lavoratore abbia beneficiato del riposo giornaliero.
58 In tali circostanze, occorre rispondere alle questioni quarta e quinta dichiarando che l’articolo 3 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, deve essere interpretato nel senso che, quando a un lavoratore è concesso un periodo di riposo settimanale, esso ha altresì il diritto di beneficiare di un periodo di riposo giornaliero che preceda detto periodo di riposo settimanale.
Sulle spese
59 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1) L’articolo 5 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
deve essere interpretato nel senso che:
il riposo giornaliero previsto all’articolo 3 di tale direttiva non fa parte del periodo di riposo settimanale di cui a detto articolo 5, ma si aggiunge ad esso.
2) Gli articoli 3 e 5 della direttiva 2003/88, letti alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
devono essere interpretati nel senso che:
qualora una normativa nazionale preveda un periodo di riposo settimanale che supera la durata di trentacinque ore consecutive, si deve concedere al lavoratore, in aggiunta a tale periodo, il riposo giornaliero quale garantito dall’articolo 3 di detta direttiva.
3) L’articolo 3 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
deve essere interpretato nel senso che:
quando a un lavoratore è concesso un periodo di riposo settimanale, esso ha altresì il diritto di beneficiare di un periodo di riposo giornaliero che preceda detto periodo di riposo settimanale.