A norma dell’articolo 2056 c.c., comma 2, il lucro cessante e’ valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso, senza pero’ che la liquidazione discrezionale integri un giudizio di equita’, essendosi pur sempre in presenza di un giudizio di diritto caratterizzato dall’equita’ giudiziale. La ratio sottesa alla norma e’ quella di garantire un adeguato risarcimento, anche a fronte di casi in cui risulti particolarmente complesso provare il danno nel suo complessivo ammontare.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 27 settembre 2018, n. 23192

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6865/2016 proposto da:

COMUNE MERCATO SARACENO, in persona del Sindaco pro tempore nonche’ legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 271/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 11/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

RILEVATO

che:

Nel 2004, (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio il Comune di Mercato Saraceno, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in ragione della morte del loro congiunto, (OMISSIS), avvenuta a causa del sinistro stradale verificatosi lungo la percorrenza di una strada extraurbana, priva di guard rail, di proprieta’ dell’Ente.

In particolare, parti attrici assumevano che la responsabilita’ del Comune di Mercato Saraceno discendesse dalla mancata adozione delle cautele necessarie ad evitare l’evento in un tratto di strada caratterizzato da mancata illuminazione e successione di curve. Parte convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda e che venisse chiamata in causa la propria assicuratrice, si’ da essere da essa manlevata in caso di condanna.

Il Tribunale di Forli’ sezione distaccata di Cesena, con sentenza 281/2007 accoglieva la domanda attorea, condannando l’assicurazione intervenuta a tenere indenne il Comune di Mercato Saraceno nel pagamento delle somme dovute.

2. Parte soccombente proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado. La Corte territoriale di Bologna, con sentenza 271 del 11 febbraio 2015, rigettava l’impugnazione, ritenendo sussistente il nesso causale tra l’omissione della cautela e il decesso del (OMISSIS) sulla base delle risultanze probatorie acquisite. La Corte escludeva la ricorrenza del concorso di colpa del deceduto, essendosi accertato che questi avesse tenuto una condotta di guida incensurabile, e che il mancato utilizzo della cintura di sicurezza non vantasse alcun rilievo causale nella verificazione dell’evento. In ultimo, il Giudice di seconde cure dichiarava l’infondatezza delle censure attinenti la liquidazione del danno, in quanto fondanti su orientamenti obsoleti della giurisprudenza, secondo i quali il risarcimento del danno morale era subordinato al riconoscimento della colpa in concreto.

3. Il Comune di Mercato Saraceno propone ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi illustrati da memoria.

3.1. (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso. Depositano anche memoria.

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c. e dell’articolo 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte confermato la responsabilita’ del (OMISSIS) pur in difetto di accertamento dell’esatta dinamica del sinistro, addossando al Comune custode della strada l’onere di provare l’esatta dinamica dell’evento dannoso.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. In particolare, si assume che la Corte avrebbe omesso ogni motivazione in merito al fatto storico secondo il quale la vettura condotta dal (OMISSIS) non aveva lasciato tracce di sterzata e di frenata ne’ sull’asfalto ne’ sulla banchina erbosa.

4.3. Con la terza censura parte ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, quale la conoscenza, da parte del (OMISSIS), delle insidie della strada di proprieta’ dell’Ente.

Le prime tre censure possono essere esaminate congiuntamente, in quanto intrinsecamente collegate tra loro e sono tutte inammissibili.

Occorre preliminarmente rilevare che la valutazione delle prove e’ attivita’ rimessa esclusivamente al giudice di merito, che e’ libero di attingere il proprio convincimento dagli elementi che ritenga piu’ attendibili, sicche’ l’unico limite che egli incontra risiede nella puntuale indicazione delle ragioni del proprio convincimento. In tal senso, come piu’ volte ribadito, il sindacato della Corte di Cassazione deve ritenersi limitato al minimo costituzionale, quindi al controllo della sola correttezza giuridica e logico-formale dell’iter motivazionale sviluppato in fase di merito, e non anche alle valutazioni di fatto concretamente operate, correndosi diversamente il rischio di prospettare il ricorso per cassazione quale terzo grado di giudizio, a discapito della funzione ad esso assegnata dall’Ordinamento. (Cass., Sez. 3, 9356/2017; Cass., Sez. L., 9234/2006; Cass., Sez. L., 4766/2006).

Ne deriva che la sentenza della Corte d’Appello di Bologna non puo’ essere censurata in punto di violazione dell’articolo 2051 c.c., avendo la stessa espressamente indicato gli elementi di fatto posti a fondamento del proprio convincimento, confermando quanto gia’ sostenuto in prime cure. Giova comunque rammentare che nel giudizio civile l’accertamento della rilevanza causale della condotta nella verificazione dell’evento e’ soggetto a criteri di probabilita’ relativa, sicche’, ai fini della responsabilita’ risarcitoria, non si richiede che l’adozione della condotta omessa avrebbe evitato con assoluta certezza il verificarsi dell’evento, ma che questo probabilmente non si sarebbe dispiegato in presenza delle cautele necessarie ad impedirlo.

E’ destituita di fondamento, poi, la doglianza con la quale parte ricorrente rimprovera alla Corte di aver addossato al Comune, custode della strada, l’onere di provare la dinamica dell’evento dannoso. Il giudice di seconde cure ha fatto corretta applicazione del combinato disposto dell’articolo 2051 c.c., con i principi generali in materia di responsabilita’ aquiliana, avendo gli appellati provato il fatto ed il danno, ed essendosi desunta la prova del nesso causale dalle risultanze della consulenza d’ufficio, senza che nel merito della cui valutazione codesta Corte possa entrare, per le ragioni esposte in premessa.

Per le stesse ragioni sopra esposte deve ritenersi inammissibile la seconda censura sollevata, rispetto alla quale occorre altresi’ rilevare che il giudice di merito, nella valutazione degli elementi probatori acquisiti al giudizio, non e’ tenuto a vagliare ogni elemento dedotto o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendosi queste ritenere implicitamente disattese quando logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Ragionamento analogo deve svolgersi con riguardo al terzo motivo di appello, con cui si lamenta l’omesso esame della presunta conoscenza delle insidie della strada luogo del sinistro, da parte del deceduto. In maniera non troppo velata, il ricorrente richiede un nuovo accertamento di fatto, che esorbita i poteri riconosciuti a codesta Corte dal Codice di rito. Essendo il sindacato di legittimita’ limitato alla valutazione della correttezza giuridica e della congruita’ logica della decisione, non puo’ che rilevarsi l’inammissibilita’ della doglianza, avendo la Corte d’Appello di Bologna motivato la propria decisione copiosamente e con estremo rigore, conformemente alle risultanze probatorie acquisite.

4.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4, sotto il profilo della violazione dell’articolo 112 c.p.c., nel punto in cui la sentenza impugnata omette di pronunciarsi nel caso in concreto sull’eccezione di concorso di colpa del danneggiato ex articolo 1227 c.c., comma 1.

4.5. Con il quinto motivo parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di legge ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 1227 c.c., comma 1, avendo la Corte errato nell’escludere la ricorrenza del concorso di colpa del deceduto sulla base del presupposto per cui la condotta colpevole del danneggiato non avrebbe da sola escluso la responsabilita’ del Comune.

4.6. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4, sotto il profilo della violazione dell’articolo 112 c.p.c., nel punto in cui la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione relativa all’eccessiva liquidazione del danno patrimoniale.

4.7. Con la settima censura il ricorrente si duole della violazione di legge ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli articoli 2056, 1223 e 1226 c.c., avendo la Corte liquidato il danno patrimoniale da lucro cessante concedendo un risarcimento superiore al danno da queste patito.

Le quattro censure possono essere considerate congiuntamente e sono tutte inammissibili.

Stante il disposto dell’articolo 112 c.p.c., in forza del quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti della stessa, il vizio di omessa pronuncia ricorre quando manchi qualsivoglia statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte, di tal che possa dirsi inesistente la decisione sul punto della controversia. Cio’ premesso, il vizio dedotto con la quarta censura non puo’ dirsi ricorrente, poiche’ la statuizione sulla questione assunta omessa puo’ dirsi implicita, in quanto presupposta dalla decisione definitiva. (Cass., Sez. 5, 29191/2017; Cass., Sez. 1, 7472/2017). L’infondatezza del quarto motivo di ricorso, per le ragioni sopra esposte, giustifica al contempo il rigetto della sesta censura, avendo il giudice motivato nell’ultimo capo di sentenza il rigetto delle doglianze attinenti alla liquidazione del danno.

Con la quinta censura parte ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere insussistente il concorso di colpa del danneggiato sul solo presupposto che la condotta colpevole da lui tenuta non avrebbe escluso la responsabilita’ dell’Ente. Il motivo e’ inammissibile, in quanto volto ad ottenere una nuova valutazione di merito. Valutando discrezionalmente le risultanze della consulenza medico legale, la Corte d’Appello ha ritenuto che la condotta negligente del (OMISSIS), da individuarsi nel mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, non vantasse alcuna incidenza causale sulla verificazione del sinistro, soprattutto alla luce del carattere assorbente dei fattori causali gia’ esaminati in primo grado, e fermo comunque il mancato assolvimento da parte del Comune dell’onere di provare il caso fortuito a norma dell’articolo 2051 c.c..

E’ inammissibile la settima ed ultima censura, con la quale si lamenta una liquidazione eccessiva del danno patito dalle odierne controricorrenti.

A norma dell’articolo 2056 c.c., comma 2, il lucro cessante e’ valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso, senza pero’ che la liquidazione discrezionale integri un giudizio di equita’, essendosi pur sempre in presenza di un giudizio di diritto caratterizzato dall’equita’ giudiziale. La ratio sottesa alla norma e’ quella di garantire un adeguato risarcimento, anche a fronte di casi in cui risulti particolarmente complesso provare il danno nel suo complessivo ammontare(Cass., Sez. 2, 13288/2007).

La valutazione equitativa comunque non esonera il giudice dalla indicazione dei criteri logici seguiti, nonche’ degli elementi di fatto sui quali ha fondato il proprio convincimento, pena l’arbitrarieta’ della decisione, che giustifica il sindacato di legittimita’ ex articolo 360 c.p.c., n. 3. In tal senso, questa Giurisprudenza ha piu’ volte ribadito la sussistenza della discrezionalita’ del giudice di merito in ordine alla liquidazione del danno, il cui unico limite e’ dato dalla indicazione, anche sommaria, delle ragioni logiche poste a fondamento della decisione. Cio’ premesso, l’eccepita violazione non ricorre nel caso in esame, avendo la Corte territoriale aderito per relationem all’iter logico sviluppato in prime cure, fondante sul parametro normativo della tabella allegata al Regio Decreto n. 1403 del 1922.

5. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.