Fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo pattuito, è l’avverarsi di un rischio corrispondente a quello descritto nella polizza. L’assicurato, dunque, ha l’onere di dimostrare che si è verificato il fatto avverso previsto nella polizza, che sia derivato dalle cause previste dalla polizza, e che abbia prodotto gli effetti previsti dalla polizza. È noto tuttavia come il rischio previsto nel contratto di assicurazione sia di norma un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti. Per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie: (a) i rischi inclusi; (b) i rischi esclusi; (c) i rischi non compresi. I rischi inclusi sono quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo. I rischi esclusi sono quelli del tutto estranei al contratto (ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile). I rischi non compresi sono invece quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio (ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine). La distinzione appena riassunta, risalente e condivisa da sapiente dottrina, riverbera effetti sul piano del riparto dell’onere della prova.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita (c.d. Polizza vita)

Tribunale Milano, Sezione 6 civile Sentenza 18 febbraio 2019, n. 1554

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

SESTA CIVILE

Tribunale di Milano in composizione monocratica, sesta sezione civile, in persona della dott.ssa Anna Giorgia Carbone, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 49908 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2014

TRA

(…) (c.f. (…)), rappresentata e difesa dall’avv. Mi.Sa., presso il studio è elettivamente domiciliata a Milano, Corso (…), in virtù di delega a margine dell’atto di citazione

ATTRICE

E

SOCIETA’ (…) S.P.A. (C.F. e P.IVA. (…)), in persona del dirigente procuratore dott. Roberto Musso, rappresentata e difesa dall’avv. Cr.Pa., presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Milano, Via (…), in virtù di delega in calce all’atto di citazione notificato

CONVENUTA

OGGETTO: Assicurazione

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 22.08.2014 la sig.ra (…) ha convenuto in giudizio la compagnia assicurativa (…) s.p.a. chiedendo la sua condanna al pagamento dell’importo di Euro 5.500,00 – di cui Euro 4.000,00 per intervento chirurgico di asportazione cisti palpebrali, Euro 300,00 per la strumentazione chirurgica e Euro 1.200,010 per prestazioni dell’anestesia – a titolo di rimborso spese mediche dovute in virtù della polizza assicurativa “(…) della salute e dell’integrità fisica” n. (…), stipulata tra le parti, con decorrenza dal 31.09.2009, per effetto dell’intervento chirurgico di asportazione cisti palpebrali bilaterali. L’attrice, a fondamento della propria pretesa ha dedotto:

– Di essersi sottoposta in data 19.04.2012, su prescrizione medica, ad intervento chirurgico di asportazione cisti periorbitali bilaterali presso la clinica “(…)”;

– che contestualmente all’intervento di asportazione delle cisti, per il quale veniva emessa relativa fattura pari ad Euro 4.000,00, la sig.ra (…) effettuava anche intervento di minilifting facciale che veniva fatturato separatamente per la somma di Euro 4.174,50;

– che per la prestazione relativa all’assistenza dell’intervento venivano fatturati Euro800,00, mentre per la prestazione relativa all’anestesia e per quella relativa alla strumentazione, venivano fatturati rispettivamente Euro 2.401,81 ed Euro 600,00;

– che tali ultime due voci di spesa dovevano essere suddivise in egual misura tra l’intervento di asportazione delle cisti e quello di chirurgia estetica considerato che entrambi gli interventi erano stati eseguiti durante la medesima prestazione medica;

– di avere chiesto alla (…) s.p.a. il rimborso di Euro 5.500- di cui Euro 4.000,00 per intervento chirurgico di asportazione cisti palpebrali, Euro 300,00 per la strumentazione chirurgica e Euro 1.200,010 per prestazioni dell’anestesia – in virtù della polizza assicurativa “(…) della salute e dell’integrità fisica” n. (…), stipulata tra le parti con decorrenza dal 31.09.2009;

– che, tuttavia, la (…) s.p.a., società incaricata della gestione della liquidazione, respingeva tale richiesta ritenendo le prestazioni, per le quali l’assicurata chiedeva il rimborso, di tipo estetico e, come tali, escluse dalla copertura assicurativa ai sensi dell’art. 1.10 f) del contratto;

– che le cisti provocavano dolore e l’unica terapia possibile era quella chirurgica, per cui l’asportazione delle cisti non era legata ad una finalità estetica.

La convenuta si è costituita in giudizio resistendo alle pretese avversarie ed eccependo, in particolare, che dagli accertamenti medici effettuati emerge che l’intervento chirurgico di asportazione delle cisti periorbitali sia stato un intervento di “blefaroplastica fatto a fini estetici per potenziare gli effetti del face lift” a cui l’attrice si è sottoposta.

Ha, quindi, dedotto la non rimborsabilità delle spese relative alle prestazioni richieste da parte attrice perché eseguite per finalità esclusivamente estetiche e – come tali – escluse dalla copertura assicurativa ex art. 1.10 f) del contratto di assicurazione e ha concluso chiedendo il rigetto delle domande attoree e l’espletamento di una CTU medico legale volta ad accertare se l’intervento di exeresi delle cisti palpebrali avesse finalità estetiche o meno.

Concessi i termini per il deposito di memorie ex art. 183 comma sesto c.p.c., è stata espletata una consulenza tecnica per verificare se l’intervento per cui è causa sia stato determinato da finalità terapeutiche o da finalità estetiche.

All’esito è stata fissata l’udienza del 04.10.2018 per la precisazione delle conclusioni e in quella sede, mutato l’organo giudicante, la causa è stata trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. di giorni sessanta per il deposito delle comparse conclusionali e di successivi giorni venti per il deposito delle memorie di replica.

Va anzitutto ribadita l’inammissibilità delle istanze istruttorie reiterate dalla difesa della società attrice in sede di precisazione delle conclusioni in quanto aventi ad oggetto circostanze ininfluenti con conseguente conferma dell’ordinanza emessa in data 26.5.2016.

Prima di esaminare la domanda attorea occorre richiamare i principi giurisprudenziali che regolano le controversie in materia di assicurazione contro i danni in cui deve essere ricompresa anche l’assicurazione della salute e dell’integrità fisica oggetto del presente giudizio.

Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità contrattuale, colui che agisce per l’adempimento ( ovvero per la risoluzione o per il risarcimento del danno ) deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero del fatto impeditivo o modificativo ( cfr. Cass., Sez Un., 30/10/2001, n. 13533).

Peraltro, come la Corte di Cassazione ha avuto modo di ulteriormente precisare in tema di assicurazione contro i danni, il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, essendo pertanto onere dell’assicurato dimostrare che si è verificato un rischio coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro, analogo onere probatorio incombendo sull’assicurato con riferimento agli elementi temporali e spaziali della garanzia (v. Cass., 8/1/1987, n. 17; Cass., 4/3/1978, n. 1081).

In altri termini, poiché nell’assicurazione contro i danni il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, ai sensi dell’art. 2697 c.c. spetta al danneggiato dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro o chiede la copertura ai fini della responsabilità civile (v. Cass., 17/5/1997, n. 4426).

E la Corte di Cassazione afferma che (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 6108 del 20/03/2006) qualora l’assicuratore convenuto per il pagamento dell’indennità deduca che la garanzia assicurativa non opera, ricorrendo una ipotesi di esclusione, propone un’eccezione in senso improprio e non proprio in quanto altro non fa che contestare il fatto costitutivo della domanda, con la conseguenza che non si assume alcun onere probatorio, come a norma del capoverso dell’art. 2697 c.c. accadrebbe se proponesse una eccezione in senso proprio, lasciando immutato l’onere probatorio a carico della parte attrice, la quale è tenuta a dimostrare il fatto costitutivo della domanda in tutta la sua estensione.

Da ultimo la Corte di Cassazione ( vedi Ordinanza n. 1558 del 23/01/2018) , con riferimento al riparto dell’onere della prova fra assicurato e assicuratore ha precisato:

“Fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo pattuito, è l’avverarsi di un rischio corrispondente a quello descritto nella polizza.

L’assicurato, dunque, ha l’onere di dimostrare che si è verificato il fatto avverso previsto nella polizza, che sia derivato dalle cause previste dalla polizza, e che abbia prodotto gli effetti previsti dalla polizza.

È noto tuttavia come il rischio previsto nel contratto di assicurazione sia di norma un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti. Per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie: (a) i rischi inclusi; (b) i rischi esclusi; (c) i rischi non compresi.

I rischi inclusi sono quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo. I rischi esclusi sono quelli del tutto estranei al contratto (ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile).

I rischi non compresi sono invece quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio (ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine).

La distinzione appena riassunta, risalente e condivisa da sapiente dottrina, riverbera effetti sul piano del riparto dell’onere della prova.

La circostanza che l’evento dannoso rientri tra i “rischi inclusi” è fatto costitutivo della pretesa, e va provata dall’assicurato. La circostanza che l’evento verificatosi rientri fra i rischi “non compresi” costituisce invece un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore.

Tale circostanza infatti non rappresenta un fatto costitutivo della domanda, ma un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, e come tale deve essere dimostrato da chi quell’eccezione intenda sollevare.

Facendo applicazione di tali principi al caso in esame la domanda proposta da parte attrice non può essere accolta, ritenendosi fondate le eccezioni di non operatività della polizza, sollevate dalla compagnia convenuta, anche alla luce della consulenza tecnica espletata.

E’ pacifico, in quanto documentale (doc. n. 1 fascicolo parte convenuta) e non contestato che la sig. (…) fa parte del nucleo familiare del sig. (…) che, in qualità di contraente, ha stipulato con la (…), la polizza n. (…) “tutela della salute e dell’integrità fisica” con decorrenza dal 31.3.2009 e scadenza al 31.3.2014 che si estende ai componenti della famiglia del contraente “in base alle condizioni riportate sul Mod. 5093 Mal”. Nelle condizioni generali di assicurazione al punto 1.10 tra le “delimitazioni di garanzia” è indicato “Cosa non assicuriamo” e al punto f la “(…) non riconosce le prestazioni assicurate per prestazioni aventi finalità estetiche, salvo quanto previsto al punto 2.3 A.b., dietologche e fitoterapiche”. Al punto 2.3 delle condizioni generali è disciplinata la “Garanzia globale ricoveri” e al punto A.

“Ricovero- intervento chirurgico” si legge “In caso di ricovero o di intervento chirurgico resi necessari da malattia o da infortunio (…) paga le spese sostenute dall’assicurato per : lett. b “intervento chirurgico; sono compresi gli apparecchi terapeutici, le protesi applicati durante l’intervento o da applicarsi, per necessità medica, successivamente all’intervento stesso. In caso di sostituzione di detti apparecchi e protesi determinata da necessità medica, (…) paga le spese per il loro acquisto con il massimo di Euro 5.000,00 per sinistro.

Sono compresi gli interventi di chirurgia plastica ricostruttiva resi necessari da neoplasia o da infortunio purché comprovato da referto della prestazione del pronto soccorso Pubblico”.

Tanto premesso si evidenzia che la compagnia assicuratrice convenuta ha contestato l’operatività della polizza sollevando eccezione di non indennizzabilità delle prestazioni relativamente alle quali è stato chiesto il rimborso, in quanto aventi natura estetica.

La compagnia di assicurazione convenuta ha, difatti, espresso seri dubbi in merito alla reale natura dell’intervento cui si è sottoposta la sig. (…) rilevando come dai moduli relativi al consenso informato riguardante gli interventi chirurgici si faccia esclusivo riferimento all’intervento di lifting facciale e di blefaroplastica, senza alcuna menzione di quello relativo all’asportazione delle cisti perioculari.

L’eccezione di inoperatività della polizza è fondata.

Il CTU, al quale è stato richiesto di accertare se l’intervento per cui è causa sia stato determinato da finalità terapeutiche oppure estetiche, ha proceduto alla valutazione clinica ed obiettiva della signora ed ha quindi concluso che “Quanto accertato in occasione della prima visita dello specialista Chirurgo Vascolare in data 6.3.2012 – cisti periorbitarie palpebrali -, quanto riscontrato preoperatoriamente e riportato in cartella clinica da parte dei sanitari della Madonnina di Milano – cisti multiple delle palpebre superiori -, la descrizione dell’intervento – asportazioni di cisti – ed i consensi sottoscritti dalla paziente per due interventi di natura esclusivamente estetica, nonché la mancata esecuzione di esame istologico delle citi asportate – che si esegue nel sospetto di lesioni di natura da determinare -, nonché il riferito della paziente che le medesime cisti non caratterizzavano disturbi funzionali o sintomatologia di tipo doloroso, peraltro mai segnalata neanche in documentazione sanitaria, porta a concludere inequivocabilmente che tutte le rilevanze esposte rappresentano un quadro di interventi condotti con finalità prettamente estetica”.

Le conclusioni del consulente in ordine alle finalità prettamente estetiche dell’intervento subìto dalla sig.ra (…) sono state condivise da entrambi i consulenti di parte ed appaiono congrue e motivate ove, per di più, il consulente tecnico d’ufficio ha concluso per l’inequivocabilità della finalità estetica dell’intervento. In particolare, il dott. (…), con il supporto della dott.ssa (…), ha evidenziato come la stessa sig. (…) riferiva, in sede di esame, che “si trattava di microcisti delle palpebre asintomatiche” e l’assenza di disturbi funzionali e sintomatologici, unitamente alla mancata esecuzione di un esame istologico delle cisti asportate sono circostanze che hanno determinato il CTU a ritenere che gli interventi chirurgici praticati dalla sig. (…) avessero finalità meramente estetica.

Si deve ritenere, quindi, che le prestazioni chirurgiche cui si è sottoposta l’attrice non sono coperte dalla polizza salute in quanto espressamente escluse nelle delimitazioni di garanzia all’art. 1.10 lett. F che fa salvi solo “gli interventi di chirurgia plastica ricostruttiva resi necessari da neoplasia o da infortunio purché comprovato da referto della prestazione del pronto soccorso Pubblico” previsti dall’art. 2.3 A. b., circostanza che non ricorre nel caso in esame avendo, peraltro, il CTU affermato che “L’asportazione di cisti cutanee con finalità esclusivamente estetica…viene ad oggi anche esclusa in ambito del Servizio Sanitario Nazionale non rientrando nei LEA (Livelli essenziali di assistenza)”.

Tuttavia, nei propri scritti conclusivi la difesa attorea ha espresso critiche in ordine alla valutazione del CTU per non essersi questo confrontato con i membri dell’equipe medico – chirurgica della sig.ra (…) e per non aver dato il giusto peso al concetto di terapia quale misura avente lo scopo di riportare uno stato patologico a uno stato sano e rendere sopportabile la manifestazione di sintomi disagevoli. Per tali ragioni le valutazioni del CTU, ad avviso di parte attrice, sarebbero superficiali e, pertanto, non attendibili.

Le censure avanzate dalla difesa attorea all’elaborato del consulente non appaiono meritevoli di accoglimento.

Anzitutto, non coglie nel segno la contestazione circa la necessità di un confronto con la Dott.ssa Ga. – che non risulta essere il CTP nominato da parte attrice e che non risulta avere partecipato alle operazioni peritali- dal momento che risulta che il Dott. (…) si sia comunque confrontato con i CTP e si sia avvalso altresì delle ulteriori competenze mediche della Dott.ssa La.Ma. Peraltro, mentre la dott.ssa Fi.Be. CTP di parte convenuta ha fatto pervenire al CTU una comunicazione di adesione alle risultanze della bozza di relazione trasmessa, il CTP di parte attrice, Alberto Poli non ha fatto pervenire alcuna osservazione alla bozza di elaborato peritale trasmessa.

Né, come deciso dal giudice all’udienza del 24.11.2016, potevano essere ammesse le osservazioni alla CTU che parte attrice avrebbe voluto depositare all’udienza del 24.11.2016 in quanto successive al deposito dell’elaborato peritale e alle operazioni peritali che si sono svolte nel contraddittorio tecnico delle parti.

In secondo luogo, non si ravvisa nell’elaborato peritale la superficialità riscontrata dalla difesa atteso che risulta attentamente valutata tutta la documentazione anamnestica nonché le condizioni obiettive della paziente.

Tuttalpiù, la relazione potrebbe dirsi analitica ed essenziale e ciò, però, quale esclusiva conseguenza della inequivocabilità delle conclusioni alle quali è giunto il CTU.

In conclusione, appare comunque legittimo il rifiuto alla liquidazione da parte della compagnia convenuta in virtù dell’art. 1.10 f) delle condizioni contrattuali di assicurazione.

Le spese di lite seguono la soccombenza di parte attrice e si liquidano in dispositivo nella misura indicata dalla compagnia convenuta in quanto congrua rispetto ai valori di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della causa determinato ai sensi dell’art. 5 del predetto decreto e dell’attività effettivamente svolta, nonché della complessità delle questioni trattate. Le spese di CTU liquidate con provvedimento nel corso del giudizio devono essere poste definitivamente a carico di parte attrice.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, sesta sezione civile, in persona della dott.ssa Anna Giorgia Carbone, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla sig.ra (…) contro la Società (…) S.p.a., così provvede:

a. rigetta la domanda attorea;

b condanna parte attrice al pagamento, in favore della compagnia convenuta, delle spese processuali che liquida nella somma di Euro 4.200,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso forfetario per spese generali, nella misura del 15% del compenso, oltre ad IVA e CPA come per legge.

c. pone definitivamente a carico di parte attrice le spese di CTU liquidate con separato provvedimento nel corso del giudizio.

Così deciso in Milano il 18 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.