In tema di scioglimento della comunione, il criterio dell’assegnazione di porzioni eguali mediante estrazione a sorte di cui all’articolo 729 c.c., deve ritenersi derogabile quando il sorteggio possa comportare un frazionamento antieconomico, come nel caso in cui un bene oggetto della comunione medesima sia collegato economicamente ad altro bene ad essa estraneo, gia’ appartenente ad uno dei condividenti; o, piu’ in generale, ogni qualvolta il sorteggio possa comportare un frazionamento antieconomico dei beni gia’ comuni o presenti degli inconvenienti che devono essere opportunamente valutati. Tuttavia, il criterio dell’estrazione a sorte e’ stabilito, per l’ipotesi di uguaglianza di quote – a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo soltanto in via tendenziale, poiche’ vi si puo’ derogare in base a valutazioni prettamente discrezionali, che quindi sono insindacabili in sede di legittimita’, salvo che sotto il profilo del difetto di motivazione.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 11 settembre 2018, n. 22031
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8352-2014 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 188/2013 della CORTE DI APPELLO di GENOVA, pubblicata il 12/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 19.4.1997, (OMISSIS) (in seguito al cui decesso, il giudizio veniva proseguito dagli eredi (OMISSIS) e (OMISSIS)) citava in giudizio (OMISSIS), cosi’ concludendo: 1) disporre lo scioglimento della comunione esistente tra gli attori, (OMISSIS) e (OMISSIS), e la convenuta (OMISSIS), formando le porzioni in natura e determinando gli eventuali conguagli in ipotesi di porzione di valore non equivalente; 2) condannare (OMISSIS) a corrispondere agli attori le somme risultate dovute sulla base della espletanda CTU, con rivalutazione ed interessi, in relazione ai frutti percepiti dalla stessa e dal suo dante causa (OMISSIS) per il godimento esclusivo dell’immobile sito in (OMISSIS), primo piano, nonche’ per i frutti percepiti dalla locazione dell’immobile sito in (OMISSIS), piano terreno; 3) condannare (OMISSIS) a rimborsare agli attori i miglioramenti apportati alla comunione da (OMISSIS); 4) condannare la convenuta (OMISSIS) alla refusione delle spese di lite.
(OMISSIS) si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande attoree, fatta eccezione per quella concernente la divisione, e proponendo domanda riconvenzionale volta ad ottenere la condanna di parte attrice al pagamento in suo favore della somma di Euro 2.773,58 per interventi di ristrutturazione dell’immobile sito in (OMISSIS) e per i frutti conseguiti da (OMISSIS) per lo sfruttamento dei terreni concessi da (OMISSIS) a far data dal 1956.
Esaurita l’istruttoria, il Tribunale di Savona, con sentenza n. 490/2004, scioglieva la comunione de qua formando due lotti, assegnava gli stessi rispettivamente alla (OMISSIS) (lotto n. 1) ed a (OMISSIS) e (OMISSIS) (lotto n. 2) e determinava il conguaglio in denaro da versarsi a favore della (OMISSIS) nella misura di Euro 4.020,00.
(OMISSIS), nella sua qualita’ di erede di (OMISSIS), impugnava la citata sentenza.
Gli appellati si costituivano in giudizio, eccependo la carenza di legittimazione attiva di (OMISSIS) per non aver provato di essere l’erede di (OMISSIS) e chiedendo nel merito il rigetto dell’appello, in quanto infondato in fatto e in diritto.
La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 12.2.2013, ha rigettato l’appello sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni: a) l’appellante era legittimato a proporre impugnazione, avendo prodotto copia dell’atto di accettazione dell’eredita’ della (OMISSIS), dal quale si evinceva che egli, in virtu’ di testamento pubblico del 20.1.1999, era erede della stessa; b) il principio posto dall’articolo 729 c.c., secondo cui, nell’ipotesi di uguaglianza di quote, l’assegnazione delle porzioni uguali e’ fatta mediante estrazione a sorte, non ha carattere assoluto, essendo derogabile in presenza di valide ragioni, da identificarsi, nel caso di specie, nella circostanza che nel compendio da dividere rientrava un terreno che era stato locato dalla (OMISSIS), con la conseguenza che era giustificata l’attribuzione di tale lotto alla predetta (onde evitare successioni nel contratto di locazione).
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di due motivi. Il solo (OMISSIS) (essendo deceduta (OMISSIS)) ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli articoli 729 e 1116 c.c. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”, per aver i giudici di merito proceduto, in presenza di quote da dividere uguali ed omogenee, ad assegnazione diretta dei lotti, anziche’ mediante estrazione a sorte, fornendo una motivazione sul punto del tutto apparente e non tenendo presente che la sua dante causa ( (OMISSIS)) aveva espressamente negato di aver concesso in affitto il terreno incluso nel lotto che era stato poi ad essa (e, per lei, al nipote) assegnato e che, semmai, nel lotto assegnato alle controparti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) era stato inserito l’appartamento al primo piano del fabbricato sito in (OMISSIS) abitato, sino alla morte, proprio dalla (OMISSIS).
1.1. – Il motivo non e’ fondato.
1.2. – In tema di scioglimento della comunione, il criterio dell’assegnazione di porzioni eguali mediante estrazione a sorte di cui all’articolo 729 c.c., deve ritenersi derogabile quando il sorteggio possa comportare un frazionamento antieconomico, come nel caso in cui un bene oggetto della comunione medesima sia collegato economicamente ad altro bene ad essa estraneo, gia’ appartenente ad uno dei condividenti; o, piu’ in generale, ogni qualvolta il sorteggio possa comportare un frazionamento antieconomico dei beni gia’ comuni o presenti degli inconvenienti che devono essere opportunamente valutati (Cass. n. 5947 del 1996). Tuttavia, il criterio dell’estrazione a sorte e’ stabilito, per l’ipotesi di uguaglianza di quote – a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo soltanto in via tendenziale, poiche’ vi si puo’ derogare in base a valutazioni prettamente discrezionali, che quindi sono insindacabili in sede di legittimita’ (Cass. n. 4426 del 2017), salvo che sotto il profilo del difetto di motivazione (Cass. n. 3461 del 2013; conf. Cass. n. 12333 del 2003; Cass. n. 20821 del 2004; Cass. n. 8833 del 2005; Cass. n. 9848 del 2005; Cass. n. 1091 del 2007; Cass. n. 2394 del 2009).
La Corte di merito non solo ha correttamente individuato la norma (articolo 729 c.c.) specificamente applicabile alla fattispecie, ma ne ha anche fatto altrettanto corretta interpretazione ed applicazione, prendendo espressamente in considerazione la possibilita’ di derogare al criterio generale, ed enunciandone le ragioni, ancorche’ non espressamente esplicitate dal primo giudice, rinvenibili (per il giudice del gravame) nella esplicitata circostanza che nel lotto n. 1 “rientrava un terreno che era stato locato dalla stessa (OMISSIS) e pertanto era giustificata l’attribuzione di tale lotto alla predetta convenuta onde evitare successioni nel contratto di locazione”.
1.3. – Pertanto, poiche’ (come detto) la deroga apportata al criterio generale del sorteggio non e’ scrutinabile sul piano della violazione di legge, ma solo su quello della motivazione, tale profilo andrebbe esaminato ove conforme ai requisiti ed ai limiti del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione adottata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 12 febbraio 2013.
Prevede, infatti, il nuovo testo che la sentenza puo’ essere impugnata con ricorso per cassazione solo in caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”.
E’ noto come, secondo le Sezioni Unite (n. 8053 e n. 8054 del 2014), la norma consenta di denunciare in cassazione – oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioe’, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017). Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, la ricorrente avrebbe dovuto specificamente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’” (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017). Ma della enucleazione di siffatti presupposti (sostanziali e non meramente formali), non v’e’ traccia.
1.4. – Quanto poi alla lamentata violazione dell’articolo 116 c.p.c., essa e’ ammissibile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria, nonche’, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento; mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ consentita ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ne consegue l’inammissibilita’ della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (Cass. n. 13960 del 2014; conf. Cass. n. 26965 del 2007).
2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3), la’ dove la Corte territoriale, muovendo dall’infondatezza delle sue domande, posto a suo carico le spese di lite.
2.1. – Il motivo non e’ fondato.
2.2. – La Corte genovese si e’ limitata a fare corretta applicazione della individuazione del soccombente in base al principio di causalita’ ai sensi dell’articolo 91 c.p.c. Ne’ sono specificati i motivi della asserita violazione di legge.
3. – Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa altresi’ la dichiarazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite al controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
La sentenza e’ stata redatta con la collaborazione dell’Assistente di Studio Dott. (OMISSIS).