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Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 17 aprile 2018, n. 17163
integra il reato di bancarotta per distrazione l’operazione di scissione di una societa’, successivamente dichiarata fallita, a favore di altra societa’ alla quale siano conferiti beni di rilevante valore, qualora tale operazione – astrattamente lecita – sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operi la societa’ poi fallita al momento della scissione, nonche’ di ulteriori operazioni poste in essere a danno della societa’ poi fallita, si riveli volutamente depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non essendo le tutele previste dall’articolo 2506 c.c. e seg. di per se’ idonee ad escludere ogni danno o pericolo per le ragioni creditorie (Sez. 5, n. 20370 del 10/04/2015, Piscedda, Rv. 264078), va dunque sottolineato che, ai fini del giudizio sulla configurabilita’ del reato, e’ necessaria “una valutazione in concreto”, che tenga conto della “effettiva situazione debitoria in cui versava la societa’ poi fallita al momento della scissione”, essendo pacifico, ai fini penalistici, che uno schema civilisticamente lecito (come la scissione) possa essere utilizzato per realizzare uno scopo penalmente illecito.
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Integrale
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente
Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30/06/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. Perelli Simone, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Milano del 06/12/2012 (OMISSIS) e (OMISSIS) venivano condannati per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale di cui agli articoli 216 e 223 L.F. per avere, (OMISSIS) in qualita’ di amministratore unico di (OMISSIS) s.r.l., fallita il (OMISSIS), e (OMISSIS) in qualita’ di liquidatore, distratto il complesso dei beni aziendali (autocarri, escavatori, semirimorchi, rulli) della (OMISSIS), attraverso vendite in blocco, o altri negozi simulati, a (OMISSIS) s.r.l., senza alcun corrispettivo, e con corrispondente depauperamento del patrimonio sociale, per un importo di Euro 875.472,00, e per aver tenuto le scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione del patrimonio e degli affari, registrando fraudolentemente rimesse da (OMISSIS) quali “compensazioni”, “rimesse dirette per cassa” ed “effetti attivi”; venivano, invece, assolti dal reato contestato al capo A) dell’imputazione, concernente il cagionamento del fallimento della societa’ per effetto di operazioni dolose, consistite nella costituzione di una new.co – la (OMISSIS) s.r.l. – in cui far confluire gli asset patrimoniali e i rapporti economici attivi, al fine di proseguire le attivita’ sociali della (OMISSIS), che manteneva i rapporti debitori.
2. Con sentenza del 30/06/2016 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, ha riconosciuto le attenuanti generiche a (OMISSIS) e l’attenuante di cui all’articolo 114 c.p., comma 3, a (OMISSIS), e, all’esito di un giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante, ha rideterminato le pene, confermando l’affermazione di responsabilita’ per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, e l’assoluzione dal reato contestato al capo A) dell’imputazione, concernente il cagionamento del fallimento della societa’ per effetto di operazioni dolose.
3. Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione, con unico atto, (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo i seguenti motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
3.1. Violazione di legge in relazione agli articoli 518 e 522 c.p.p.: la motivazione della sentenza impugnata richiama integralmente quella di primo grado; le cause del fallimento sono state individuate non nella costituzione della new.co, ma nell’informativa della Prefettura che evidenziava alle stazioni appaltanti il sospetto di infiltrazioni mafiose; tale informativa determino’ il venir meno di quasi tutti i contratti di appalto, e la societa’, che aveva circa 50 dipendenti e fatturava 12 milioni di Euro, venne estromessa dal mercato; l’assoluzione dalla contestazione concernente la costituzione della new.co non puo’ lasciare immutata la valutazione delle condotte distrattive contestate ai capi B e C.
3.2. Vizio di motivazione: la condotta dell’imputato di cercare di salvare cio’ che di buono c’era nella societa’ (OMISSIS), trasferendo i lavoratori e provvedendo al pagamento del TFR, non puo’ essere ritenuta distrattiva, anche sotto il profilo dell’elemento soggettivo; il parziale mancato pagamento dei canoni di locazione e dei beni confluiti nella new.co e’ stato determinato dalle vicende economiche della (OMISSIS), costituita per proseguire almeno in parte i lavori della (OMISSIS) e salvaguardare l’occupazione; fu infatti stipulato un contratto di affitto di ramo d’azienda della durata di 5 anni, per un canone di 60 mila Euro, e l’accollo del TFR maturato dai dipendenti ceduti, da portare in compensazione con le prime rate del canone; fu poi pattuita la cessione dei macchinari, perche’, per partecipare alle gare di appalto, occorreva la proprieta’ degli stessi; nonostante l’obsolescenza, il valore dei macchinari fu sopravvalutato, ed individuato in Euro 875.472,00; dopo la messa in liquidazione, nell’ottobre 2009, la (OMISSIS) venne ammessa al concordato preventivo, poi revocato per l’esposizione debitoria con l’erario, e, dopo il fallimento, vi furono trattative tra il curatore e la (OMISSIS) per una soluzione transattiva.
In ordine a tali circostanze la Corte ha omesso qualsiasi motivazione in merito alla fraudolenza delle operazioni ed all’elemento soggettivo.
3.3. Vizio di motivazione: la stima superiore dei macchinari, effettuata dalla new.co, lungi da qualsiasi ipotesi fraudolenta, che avrebbe fondato una stima al ribasso, costituisce un riscontro della volonta’ di proseguire nell’attivita’ con la nuova societa’ e nel frattempo corrispondere il dovuto alla fallita.
3.4. Vizio di motivazione in relazione alla bancarotta documentale: lamenta che la sentenza non abbia motivato in ordine alla bancarotta fraudolenta documentale, pur avendo il curatore evidenziato l’assoluta congruita’ dal punto di vista formale delle scritture contabili della (OMISSIS), ne’ abbia motivato in ordine alla riqualificazione in bancarotta semplice, di cui alla L. Fall., articolo 217, n. 5, concernente l’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Con il primo motivo si lamenta una violazione di legge in relazione al principio di correlazione tra imputazione e sentenza, derivante dall’assoluzione degli imputati dal reato di cagionamento del fallimento di cui alla L. Fall., articolo 223, comma 2, n. 2.
La doglianza e’ manifestamente infondata, in quanto e’ pacifico che, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
Nel caso in esame, il fatto storico contestato ai capi B e C e’ rimasto inalterato nella contestazione e nell’accertamento, concernendo la distrazione dei beni aziendali della societa’ fallita in favore della new.co. ed i relativi artifici contabili, e non risulta in alcun modo modificato dall’assoluzione dal reato contestato al capo A, concernente la costituzione della new.co.; la circostanza che la causa del fallimento sia stata individuata nell’informativa “atipica” della Prefettura sui sospetti di infiltrazione mafiosa della societa’, che ha determinato il recesso di quasi tutte le stazioni appaltanti dai contratti di appalto stipulati dalla fallita, e che, di conseguenza, la costituzione della nuova societa’ sia stata valutata come un tentativo di “salvare” le attivita’ imprenditoriali della (OMISSIS), non priva di rilevanza penale le condotte distrattive e di falsificazione delle scritture contabili accertate con riferimento ai capi B e C.
Ne consegue, dunque, che non sussiste alcuna violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza quando non muta il fatto storico sussunto nell’ambito della contestazione (ex multis, Sez. 3, n. 5463 del 05/12/2013, dep. 2014, Diouf, Rv. 258975).
3. Le doglianze proposte sotto il profilo del vizio di motivazione in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale sono inammissibili, non soltanto perche’ i tre motivi proposti, che meritano una valutazione congiunta, ripropongono le medesime censure proposte con l’atto di appello, e motivatamente respinte dalla Corte territoriale, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 3, n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, Rv. 259456), ma anche perche’ sono manifestamente infondati, e perche’ propongono motivi diversi da quelli consentiti dalla legge (articolo 606 c.p.p., comma 3), risolvendosi in doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione.
3.1. Va innanzitutto evidenziata l’inammissibilita’ delle doglianze relative alla valutazione probatoria degli elementi di fatto integranti le condotte distrattive e di falsificazione delle scritture contabili, in quanto sollecitano, ictu oculi, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita’; infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., sono in realta’ dirette a richiedere a questa Corte un sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata, che non avrebbe adeguatamente considerato la finalita’ perseguita dagli imputati di “salvare” le attivita’ imprenditoriali della societa’ fallita mediante costituzione della new.co e trasferimento dei beni strumentali necessari per la prosecuzione dell’attivita’.
Il controllo di legittimita’, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia’ il rapporto tra prova e decisione; sicche’ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia’ nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e’ estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Ebbene, le censure proposte concernono la ritenuta erroneita’ e/o parzialita’ della valutazione probatoria formulata dal giudice di merito, e prospettano una lettura alternativa del compendio probatorio, ribadendo, peraltro, doglianze gia’ proposte e disattese, con diffusa motivazione, dal provvedimento impugnato.
3.2. Tanto premesso, esclusa l’ammissibilita’ di una rivalutazione del compendio probatorio, va ribadito che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita’ (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta’.
Al riguardo, infatti, va evidenziato che, nel caso in esame, ricorre il frequente fenomeno societario della “scissione” di una societa’ in crisi, che, allo scopo di superare lo stato di difficolta’ in cui versa l’impresa, separa le passivita’ (il c.d. badwill), lasciato nella c.d. bad company, dalle attivita’ (il c.d. goodwill), che vengono trasferite alla societa’ di nuova costituzione, la c.d. new company.
Sebbene in dottrina sia stato osservato che le fattispecie incriminatrici che astrattamente possono venire in rilievo ai fini della qualificazione sono tre (la bancarotta fraudolenta impropria per distrazione, la bancarotta fraudolenta impropria da reato societario, in riferimento all’articolo 2629 c.c., che punisce le scissioni contra legem, e la bancarotta per effetto di operazioni dolose), la giurisprudenza di questa Corte ha sovente affermato il principio che integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la scissione di societa’, successivamente dichiarata fallita, mediante conferimento dei beni costituenti l’attivo alla societa’ beneficiaria, qualora tale operazione, sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operava l’impresa al momento della scissione, si riveli volutamente depauperativa del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale (Sez. 5, n. 13522 del 21/01/2015, Di Cesare, Rv. 262964; Sez. 5, n. 42272 del 13/06/2014, Alfano, Rv. 260393).
Pur avendo chiarito che, in caso di scissione mediante costituzione di nuova societa’, l’assegnazione a quest’ultima di rilevanti risorse non costituisce di per se’ un fatto di distrazione (Sez. 5, n. 10201 del 18/01/2013, Marzona, Rv. 254788), questa Corte ha affermato la natura distrattiva dell’operazione di conferimento di tutti gli elementi attivi alla societa’ beneficiaria, qualora detta operazione sulla base di una valutazione in concreto, avuto riguardo alla situazione di dissesto dell’originaria societa’ al momento della scissione, si riveli avulsa dalle finalita’ dell’impresa fallita, volutamente depauperativa del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non essendo in tal caso le tutele previste dall’articolo 2506 c.c. e seg. di per se’ idonee ad escludere il danno o il pericolo per le ragioni creditorie (Sez. 5, n. 6404 del 08/10/2014, dep. 2015, Ferla, Rv. 262723), sottolineando che tale manovra assume i connotati dell’operazione distrattiva per l’assenza di un concreto vantaggio economico e per l’impossibilita’ di continuare l’attivita’ di impresa (Sez. 5, n. 15715 del 28/11/2013, dep. 2014, Vigilante, Rv. 262762).
Secondo quanto evidenziato da Sez. 5, n. 42272 del 13/06/2014, Alfano, Rv. 260393, cio’ che rileva e’ che una determinata operazione, anche astrattamente riconducibile ad una categoria di atti gestionali leciti e disciplinati dall’ordinamento (ad esempio, l’affitto di azienda, in determinate condizioni, avente ad oggetto l’intero complesso aziendale della fallita, in modo da privare quest’ultima della concreta possibilita’ di proseguire nella propria attivita’), “per le modalita’ con le quali e’ stata realizzata, si presenti come produttiva di effetti immediatamente e volutamente depauperativi del patrimonio (…) ed in prospettiva pregiudizievoli per i creditori laddove si addivenga ad una procedura concorsuale”.
Con particolare riferimento alla scissione, ha osservato ancora la sentenza n. 42272 del 2014, le tutele normative accordate ai creditori risultano inidonee ad escludere interamente il danno, o quanto meno il pericolo, per le ragioni dei creditori, in quanto, se e’ vero che ad essi e’ riconosciuto il diritto di rivalersi sui beni conferiti alle societa’ beneficiarie, che rimangono obbligate per i relativi debiti, “e’ vero altresi’ che un pregiudizio per gli stessi e’ comunque ravvisabile nella necessita’ di ricercare detti beni” e che, soprattutto, “all’esito di tale ricerca i creditori potranno trovarsi nella condizione di dover concorrere con i portatori di crediti nel frattempo maturatisi nei confronti delle societa’ beneficiarie, con la concreta possibilita’ che tanto riduca le possibilita’ di un effettivo soddisfacimento delle loro pretese”.
Pertanto, nel ribadire il principio secondo cui integra il reato di bancarotta per distrazione l’operazione di scissione di una societa’, successivamente dichiarata fallita, a favore di altra societa’ alla quale siano conferiti beni di rilevante valore, qualora tale operazione – astrattamente lecita – sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operi la societa’ poi fallita al momento della scissione, nonche’ di ulteriori operazioni poste in essere a danno della societa’ poi fallita, si riveli volutamente depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale, non essendo le tutele previste dall’articolo 2506 c.c. e seg. di per se’ idonee ad escludere ogni danno o pericolo per le ragioni creditorie (Sez. 5, n. 20370 del 10/04/2015, Piscedda, Rv. 264078), va dunque sottolineato che, ai fini del giudizio sulla configurabilita’ del reato, e’ necessaria “una valutazione in concreto”, che tenga conto della “effettiva situazione debitoria in cui versava la societa’ poi fallita al momento della scissione”, essendo pacifico, ai fini penalistici, che uno schema civilisticamente lecito (come la scissione) possa essere utilizzato per realizzare uno scopo penalmente illecito.
Tanto premesso, dalla ricostruzione dei fatti accertata dalle sentenze di merito emerge che la situazione in esame concerne l’attribuzione alla societa’ beneficiaria ( (OMISSIS)) di tutti gli elementi attivi della societa’ scissa, che restava priva di mezzi e di dipendenti, rimanendo gravata dell’intero passivo fino a quel momento dalla stessa accumulato, e cosi’ assumendo la sostanziale natura di quella che viene definita come una bad company.
La sentenza impugnata ha, infatti, affermato la tipicita’ della bancarotta fraudolenta per distrazione sul rilievo che i beni ceduti alla new.co ( (OMISSIS)) tra il settembre ed il dicembre 2009 ed i canoni previsti dal contratto di fitto di ramo d’azienda, a prescindere dalle finalita’ perseguite, non furono mai pagati, se non in minima parte; invero, successivamente alla manifestazione dei segni di crisi finanziaria (determinata dalla radicale contrazione dei fatturati, indotta dalla c.d. informativa atipica antimafia, e dagli accertamenti fiscali per omesse contribuzioni tributarie gia’ notificati), la (OMISSIS) stipulo’ con la new.co (OMISSIS), costituita nel luglio 2009, e di fatto amministrata dallo stesso (OMISSIS) (amministratore di diritto della (OMISSIS)), un contratto di affitto di ramo di azienda della durata di 5 anni, che prevedeva l’acquisizione di maestranze, macchinari ed alcuni contratti di appalto per un corrispettivo annuo di Euro 60.000,00; e successivamente vennero ceduti ulteriori beni, per un importo complessivo di Euro 875.472,00, senza considerazione del reale valore degli stessi, ridotto a circa 500.000,00 in ragione dell’obsolescenza; tali cessioni vennero perfezionate senza alcun termine per i pagamenti, senza individuazione delle modalita’ di pagamento, e senza prestazione di garanzie da parte della societa’ di nuova costituzione, che, dopo circa tre mesi, venne messa in liquidazione. Condotte che, all’evidenza, hanno comportato un distacco di beni e di attivita’ senza adeguata contropartita, con conseguente compromissione dell’integrita’ del patrimonio sociale della fallita e della garanzia dei creditori.
La sentenza impugnata appare congruamente motivata in ordine agli indici distrattivi dell’operazione, individuati sia nelle modalita’ della stessa, che nella situazione debitoria della societa’ fallita.
Sotto il primo aspetto, invero, l’assegnazione alla societa’ beneficiaria della totalita’ dell’attivo della (OMISSIS) poneva quest’ultima nell’impossibilita’ di continuare ad operare e di pagare i debiti interamente rimasti a carico della stessa, senza che alcun vantaggio fosse individuabile per la stessa come risultato della scissione; sotto il secondo profilo, l’operazione faceva seguito non solo all’accumulo di significativi debiti tributari (gia’ oggetto di accertamenti notificati nel 2008 e nel luglio 2009, proprio in concomitanza con la costituzione della new.co), ma altresi’ alla significativa contrazione del fatturato (da 10/12 milioni di Euro a 350 mila Euro) determinata dall’informativa atipica antimafia ricevuta.
Da tali elementi veniva coerentemente desunto che l’operazione era preordinata ad abbandonare la (OMISSIS) al fallimento (come pure ammesso dall’imputato, che ha riferito del suggerimento dei consulenti di “far morire in maniera soft” la societa’), creando per cio’ solo, oltre che per i gia’ evidenziati pericoli di un effettivo ed integrale recupero di quanto dovuto, un concreto pregiudizio per i creditori della fallita.
3.2.1. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, infine, va chiarito che la finalita’ perseguita dall’imprenditore di consentire, mediante trasferimento dei beni e delle attivita’ ad una nuova societa’, la prosecuzione delle attivita’ imprenditoriali della societa’ poi fallita non sarebbe, di per se’, elemento in grado di escludere la coscienza e volonta’ del fatto (le condotte distrattive e di falsificazione delle scritture contabili), trattandosi del mero movente dell’azione, della causa psichica della condotta umana, dello stimolo che ha indotto l’autore ad agire, facendo scattare la volonta’; al riguardo, e’ pacifico che il movente dell’azione, pur potendo contribuire all’accertamento del dolo, costituendo una potenziale circostanza inferenziale, non coincide con la coscienza e volonta’ del fatto, della quale puo’ rappresentare, invece, il presupposto (Sez. 1, n. 466 del 11/11/1993, dep. 1994, Hasani, Rv. 196106: “Il movente e’ la causa psichica della condotta umana e costituisce lo stimolo che ha indotto l’individuo ad agire; esso va distinto dal dolo, che e’ l’elemento costitutivo del reato e riguarda la sfera della rappresentazione e volizione dell’evento”; Sez. 6, n. 5541 del 02/04/1996, Tosi, Rv. 204874).
Viceversa, l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e’ costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non e’ necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, ne’ lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volonta’ di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266805).
3.3. Anche in ordine alla doglianza concernente la bancarotta fraudolenta documentale, con riferimento alla quale i ricorrenti lamentano il vizio di motivazione in relazione all’affermazione del curatore fallimentare dell’assoluta congruita’ sotto il profilo formale delle scritture contabili, nel ribadire l’inammissibilita’ di un motivo, peraltro estremamente generico, che propone una rilettura del materiale probatorio, va evidenziato che la sentenza impugnata ha esaustivamente motivato, avendo accertato l’esistenza di una serie di “irregolarita’, dal punto di vista sostanziale, nella tenuta della contabilita’”, integrate dalla registrazione di operazioni di “compensazioni”, “rimesse dirette per cassa” ed “effetti attivi” in relazione a crediti che la (OMISSIS) avrebbe assunto in seguito al pagamento di debiti della (OMISSIS) Strade nei confronti di creditori chirografari; rapporti contabili tra le due societa’ che, tuttavia, non risultavano documentati e riscontrati, ne’ erano suscettibili di ricostruzione, in assenza di informazioni extracontabili, e che, sul rilievo che gli “aggiustamenti contabili” fossero diretti ad indurre i creditori a ritenere che la (OMISSIS) non vantasse piu’ crediti ingenti nei confronti della (OMISSIS), hanno fondato una valutazione di fraudolenza, tale da escludere la mera bancarotta semplice pure invocata dagli imputati.
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l’articolo 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilita’, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilita’ dichiarata ex articolo 606 c.p.p., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilita’ pronunciata ex articolo 591 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.