Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 17 gennaio 2018, n. 1218

una volta proposta con l’intimazione di sfratto per morosità l’ordinaria domanda ex articolo 1453 c.c., non è possibile mutarla in richiesta di accertamento dell’avvenuta risoluzione “ope legis” di cui all’art. 1456 c.c.., atteso che quest’ultima è radicalmente diversa dalla prima, sia quanto al “petitum”, perché invocando la risoluzione ai sensi dell’articolo 1453 c.c. si chiede una sentenza costitutiva mentre la domanda di cui all’articolo 1456 c.c. ne postula una dichiarativa, sia relativamente alla “causa petendi”, perché nella ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1453 c.c. il fatto costitutivo è l’inadempimento grave e colpevole, nell’altra, viceversa, le violazione della clausola risolutiva espressa (Cass. civ., n. 11864/15, in senso conforme, Cass. civ., n. 24207/06). Pertanto, la stessa deve ritenersi “inammissibile come domanda nuova la domanda ex articolo 1456 c.c.

 

 

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Tribunale Roma, Sezione 6 civile Sentenza 17 gennaio 2018, n. 1218

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE SESTA CIVILE

Il Tribunale di Roma, in persona del giudice dott.ssa Manuela Caiffa all’udienza del 17.01.2018, all’esito della discussione orale ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(ex art. 429 comma 1 c.p.c.)

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 51867 del Registro Generale Affari Contenziosi dell’anno 2017, avente ad oggetto “intimazione di sfratto per morosità – uso diverso”, pendente

tra

(…) (C.F. (…)) rappresentato in proprio ed elettivamente domiciliato in R. alla Via (…) (C.F. (…)) rappresentata e difesa dall’Avv. To.Ru. e presso di lui elettivamente domiciliata in Roma Via (…);

– attori –

e

(…) (C.F. (…)) rappresentata e difesa dall’Avv. Mi.Gu. e presso di lei elettivamente domiciliata in Roma alla Via (…);

– convenuta –

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 08.06.2017, la parte attrice in epigrafe intimava, alla Sig.ra (…), lo sfratto per morosità dall’immobile in R. Via (…) ed esponeva al Tribunale:

– di aver concesso in locazione per uso diverso dall’abitazione alla Sig.ra (…) detto immobile, con contratto stipulato in data 11.09.2014, debitamente registrato;

– che a termini di contratto la conduttrice si era impegnata al versamento del corrispettivo annuo di Euro 11.400,00 da pagarsi in 12 rate mensili di Euro 950,00 entro il giorno 5 di ogni mese;

– che la convenuta intimata si era resa morosa del pagamento dei mesi di maggio e giugno 2017 pari a complessivi Euro 1.900,00.

Per tali ragioni gli intimanti chiedevano la convalida dello sfratto e, in caso di opposizione, la emissione di ordinanza di rilascio, oltre che del decreto ingiuntivo; il tutto col favore delle spese di giudizio.

Si costituiva in giudizio la conduttrice che si opponeva allo sfratto deducendo la sussistenza di un accordo tra le parti per la momentanea sospensione del pagamento dei canoni di locazione, oltre che il versamento della morosità dopo la notifica dell’atto di intimazione; nel merito, l’accertamento dei danni al locale e la condanna degli attori al risarcimento e/o l’accertamento della risoluzione del contratto di locazione per loro grave inadempimento.

All’udienza del 24.07.2017, veniva disposto il mutamento del rito.

Veniva esperito il procedimento di mediazione con esito negativo, come da verbale del 03.10.2017, in atti.

Con memoria integrativa, parte attrice chiedeva di accertare il grave inadempimento della conduttrice e, conseguentemente, dichiarare la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione, fissando il termine per l’esecuzione.

Parte convenuta, chiedeva il rigetto delle domande attrici e, in via riconvenzionale, accertati i danni all’interno del locale locato, condannare gli attori al risarcimento degli stessi nella somma di Euro 5.000,00; condannare altresì gli attori ad effettuare i lavori di manutenzione straordinaria a loro spese; condannare, infine, i Sigg.ri (…) alla restituzione della somma di Euro 341,60 per la riparazione della serranda.

La causa veniva decisa all’udienza del 17.01.2018 e il Giudice dava lettura in udienza del dispositivo e della contestuale motivazione.

Preliminarmente, va precisato che, nel caso di specie, non può soccorrere l’esistenza della richiamata clausola risolutiva espressa, giacché “una volta proposta con l’intimazione di sfratto per morosità l’ordinaria domanda ex articolo 1453 c.c., non è possibile mutarla in richiesta di accertamento dell’avvenuta risoluzione “ope legis” di cui all’art. 1456 c.c.., atteso che quest’ultima è radicalmente diversa dalla prima, sia quanto al “petitum”, perché invocando la risoluzione ai sensi dell’articolo 1453 c.c. si chiede una sentenza costitutiva mentre la domanda di cui all’articolo 1456 c.c. ne postula una dichiarativa, sia relativamente alla “causa petendi”, perché nella ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1453 c.c. il fatto costitutivo è l’inadempimento grave e colpevole, nell’altra, viceversa, le violazione della clausola risolutiva espressa” (Cass. civ., n. 11864/15, in senso conforme, Cass. civ., n. 24207/06). Pertanto, la stessa deve ritenersi “inammissibile come domanda nuova la domanda ex articolo 1456 c.c.” (Cass. civ., n. 10691/169) proposta, appunto, nelle note conclusive.

L’esistenza di tale clausola (v. art. 15 del contratto di locazione) e la conseguente violazione da parte della convenuta che non adempiva al puntuale pagamento dei canoni, in ogni caso, assumono rilevanza ai fini della valutazione che il Giudice in ordine alla gravità dell’inadempimento per cui dichiarare la risoluzione contrattuale.

Va accolta la domanda di risoluzione articolata dagli intimanti – locatori.

Entrambe le parti hanno chiesto la risoluzione contrattuale per inadempimento, talché occorre procedere ad una valutazione comparativa degli inadempimenti rispettivamente contestati, per verificare quale dei medesimi, nella misura in cui acclarato in giudizio, abbia prodotto, sotto il profilo della preponderanza causale e della proporzionalità rispetto all’assetto d’interessi voluto in contratto, l’irreversibile alterazione del sinallagma contrattuale, sì da giustificare la pronunzia di risoluzione (v. Cass. n. 11430/2006: “il giudice, ove venga proposta dalla parte l’eccezione “inadimplenti non est adimplendum”, deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti adempimenti avuto riguardo anche allo loro proporzionalità rispetto alla funzione economico – sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art. 1455 c.c., deve ritenersi che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia in buona fede e, quindi, non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460, secondo comma, cod. civ.”; conf. Cass. n. 15796/2009; Cass. n.20678/2005; Cass. n. 10477/2004: “nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario far luogo ad un giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambedue le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma”; nello stesso senso, da ultimo Cass. n. 13840/2010; Cass. n.20614/2009; Cass. n. 13365/2006).

Sotto il profilo dell’onere della prova, incombeva alla parte attrice di dimostrare il titolo e la scadenza dell’obbligazione dedotta inadempiuta e di allegare l’altrui inadempimento, incombendo, poi, alla controparte di eccepire e dimostrare idonei fatti impeditivi, modificativi od estintivi idonei a paralizzare l’accoglimento della domanda in questione (“in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”: così Cass. n.15659/2011; conf. Cass. n.3373/2010; Cass. n.9351/2007; Cass. n.1743/2007; Cass. n.20073/2004; Cass. n. 13674/2006; Cass. n.8615/2006; Sezioni Unite n. 13533/2001; Cass. n. 2387/2004; Cass. n. 9351/2007).

Ciò posto, è agevole osservare che mentre la parte attrice ha sicuramente assolto agli oneri di prova che le incombevano, ex comb. disp. artt. 2697, 1453, 1455 c.c., altrettanto non può dirsi per la convenuta, che a ben vedere non è stata in grado di dimostrare il titolo e la scadenza delle obbligazioni che ha affermato inadempiute dai locatori; da qui, l’impossibilità di predicare l’inadempimento contestato alla parte attrice, con il rigetto della relativa domanda e l’accoglimento dell’azione risolutiva dei Sigg.ri (…).

Quanto all’inadempimento imputato alla Sig.ra (…), consistente nell’omesso pagamento dei canoni locativi dovuti in forza del contratto di locazione e scaduti relativi ai mesi di maggio e giugno 2017, basti osservare che i locatori hanno adeguatamente dimostrato l’insorgenza e scadenza dell’obbligazione dedotta inadempiuta, con la produzione in giudizio del titolo contrattuale intercorso con la convenuta.

Non vi è, poi, dubbio alcuno sull’idoneità di tale inadempimento a produrre l’irreversibile alterazione del sinallagma contrattuale, e della funzione economico – individuale propria del contratto di locazione, comportando l’integrale frustrazione dell’interesse, del locatore, a ricevere la principale prestazione dovuta dal conduttore, per legge e per contratto (“l’omesso pagamento dei canoni alle scadenze, costituendo la violazione di una delle obbligazioni primarie ed essenziali scaturenti dal contratto di locazione, rende inutile una valutazione specifica della gravità dell’inadempimento, ai fini della risoluzione del contratto”. V. Cass. n.959/1980; conf. Cass. n.4096/1978: “l’omesso pagamento dei canoni di locazione alle scadenze costituisce violazione di una delle obbligazioni primarie ed essenziali scaturenti dal contratto di locazione, incidente su tutta l’economia del contratto stesso. Pertanto, ai fini della risoluzione, non è necessaria in tale ipotesi alcuna valutazione specifica della gravità dell’inadempimento, essendo essa implicita nella circostanza stessa del mancato pagamento”; “in tema di risoluzione contrattuale per inadempimento, la valutazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1455 cod. civ., della non scarsa importanza dell’inadempimento – riservata al giudice di merito – deve ritenersi implicita ove l’inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in materia di locazione, quella di pagamento dei canoni dovuti” V. Cass. n.24460/2005; Cass. n. 19652/2004; Cass. n. 14234/2004: “qualora l’inadempimento sia accertato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto, quale, in ipotesi di locazione, quella di pagamento dei canoni dovuti, la valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento, ai sensi ed agli effetti dell’art. 1455 cod. civ., che è valutazione riservata al giudice di merito, deve ritenersi implicita” V. Cass. n. 15553/2002; Cass. n. 2616/1990).

Per contro, la convenuta ha evidenziato la sussistenza di “infiltrazioni importanti e gravose all’interno del locale” da cui una “situazione insalubre e malsana con presenza di muffe sul soffitto”, con inutilizzabilità del sotto negozio, ma nessuna delle affermazioni che precedono è utile ai fini della domanda di inadempimento rivolta nei confronti dei locatori.

Infatti, non è stata dedotta una inutilizzabilità totale dell’immobile de quo per cui eventualmente legittimare la sospensione del pagamento dei canoni di locazione; non è stata, poi, fornita prova dei pretesi inconvenienti e danni, oltre che del comportamento asseritamente colpevole dei locatori.

A tale ultimo riguardo, le prove orali articolate dalla parte convenuta venivano ritenute inammissibili e, comunque, superflue, perché, tra l’altro, non dirette a dimostrare la pretesa inutilizzabilità dell’immobile.

La documentazione in atti, poi, non risulta idonea a sostenere la domanda di parte convenuta, dal momento che il fenomeno infiltrative contestato non apparirebbe attribuibile agli odierni attori che, peraltro, da quel che rileva dalla corrispondenza prodotta dalla stessa convenuta (all. 2 della comparsa di costituzione), si attivavano per far fronte all’inconveniente, anche proponendo accertamento tecnico preventivo nei confronti della terza responsabile, le cui risultanze, in ogni caso, non possono assumere una qualche rilevanza nel presente giudizio; per la contestata presenza di muffe e/o umidità nel sotto locale, ancora, i locatori intendevano intervenire sulla grata di areazione.

Dei dedotti danni, inoltre, non veniva dato riscontro a mezzo di rilievi fotografici e/o constatazione tecnica, nonché di preventivo di spesa per la eliminazione, per cui la Consulenza Tecnica d’Ufficio, così come richiesta, avendo finalità prettamente esplorativa, non veniva ammessa.

Vanno respinte, dunque, le domande di parte convenuta, siccome infondate e, comunque, non provate: quelle di cui alla memoria integrativa (seppur rinunciate dalla convenuta in sede di note conclusive), appaiono, poi, inammissibili per intervenuta decadenza a seguito di mancata presentazione di istanza di differimento udienza ex art. 418 c.p.c. e, nel merito, per preclusione della richiesta di adempimento laddove già chiesta la risoluzione contrattuale.

In definitiva, il contratto di locazione de quo va dichiarato risolto per fatto e colpa della conduttrice.

Il ritardato pagamento della morosità intimata, avvenuto solo successivamente alla notificazione dell’atto introduttivo, infatti, non può considerarsi estintivo della pretesa attorea dal momento che per giurisprudenza costante, “la circostanza che il conduttore in mora di un immobile ad uso non abitativo adempia la propria obbligazione dopo che il locatore abbia domandato la risoluzione del contratto, non può essere tenuta in considerazione al fine di stabilire se l’inadempimento abbia il requisito della “gravità”, di cui all’art. 1455 c.c.” (Cass. civ., n. 18500/12).

Ovvero, non è sufficiente il pagamento anche integrale, laddove sia tardivo, per escludere la gravità della morosità.

Va ricordato, infatti, che “ai sensi dell’art. 1453 c.c., comma 3, dalla data della domanda (domanda che è già quella avanzata ex art. 657 c.p.c. con la intimazione di sfratto, introduttiva della causa di risoluzione del contratto) il conduttore non può più adempiere” (Cass., civ., n. 13248/10).

Può, ovviamente, ancora pagare, onde evitare un procedimento ingiuntivo, ma tale versamento non potrebbe mai, di per sé, evitare la risoluzione del contratto.

Nel caso che ci occupa, non v’è dubbio che l’omesso versamento del canone locativo alle scadenze pattuite in contratto (in rate anticipate, di cui all’articolo 3) del contratto), non giustificato da qualsivoglia motivo giuridicamente apprezzabile, è fatto idoneo ad alterare l’economia del contratto, ovverosia l’equilibrio tra prestazione del locatore e controprestazione del conduttore, costituente espressione del sinallagma contrattuale.

E’ da evidenziare, inoltre, che i locatori non mancavano di sollecitare la conduttrice al pagamento regolare dei canoni, come di evince dalla corrispondenza di cui al fascicolo della Sig.ra (…).

Va notata, inoltre, nel caso di che trattasi, la mancata offerta del pagamento delle spese di lite, elemento ritenuto essenziale, ai sensi dell’art. 55 della L. n. 392 del 1978, per ottenere la sanatoria della morosità che, seppur, non possa applicarsi automaticamente, al caso di specie, costituisce, un parametro utilizzale per valutare la gravità dell’inadempimento, posto che il mancato rimborso delle spese di lite si risolve, comunque e sempre, in un costo per la parte ricorrente che quindi non vede, neanche tardivamente, ripristinato, nella sua interezza, il diritto violato.

Circa la gravità e l’importanza dell’inadempimento, per quel che riguarda le locazioni ad uso diverso, la valutazione resta affidata ai comuni criteri di cui all’art. 1455 c.c. “Salva la facoltà del Giudice di utilizzare come parametro orientativo il principio di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 5, alla stregua delle particolarità del caso concreto” (v. Cass., Sez. VI, 23 giugno 2011,n. 13887).

Ne deriva, che “La risoluzione del contratto di locazione a uso commerciale per mancato pagamento di canoni e/o oneri accessori, può aversi solo con riferimento inadempimenti tali da rompere l’equilibrio contrattuale, tenuto conto del complessivo comportamento osservato dal conduttore” (v. Cass. n. 8076 del 04.06.2002).

Va, dunque, anche valutata la sussistenza della imputabilità della mora debendi con dolo o colpa della debitrice che, come detto, sospendeva i pagamenti senza comunicare alcunché al proprietario e corrispondendo i canoni insoluti solo dopo la notificazione dell’intimazione; non contestava, peraltro, la morosità intimata.

Alla risoluzione del contratto stipulato l’11.09.2014 non segue la condanna al pagamento dei canoni di locazione, in difetto di domanda.

Con la pronuncia della risoluzione del contratto di locazione, va ordinato il rilascio dell’immobile per cui è causa e, tenuto conto del tempo necessario a reperire altro locale ed il fatto, va fissato al 05.03.2018 il termine per l’esecuzione, ex art.56 L. n. 392 del 1978.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del Dm Giustizia n.55/2014.

P.Q.M.

Il Tribunale , definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dai Sigg.ri (…) e (…), così provvede:

accoglie la domanda e dichiara il contratto di locazione stipulato in data 11.09.2014 relativo all’immobile sito in R. Via (…) (foglio (…), particella (…), sub (…), cat. (…)), risolto per inadempimento della conduttrice;

ordina alla convenuta al rilascio dell’immobile in favore dell’attore e letto l’art.56 L. n. 392 del 1978 fissa per l’esecuzione la data del 05.03.2018;

respinge le domande proposte dalla Sig.ra (…);

condanna la convenuta al rimborso in favore dell’attore delle spese di lite che liquida in Euro 1.350,00, di cui Euro 250,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario.

Così deciso in Roma il 17 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2018.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.