l’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all’articolo 148 C.d.A. Qualora, invece, la raccomandata di messa in mora, inviata dal danneggiato alla impresa di assicurazione, non contenga tutte gli elementi indicati dall’art. 148, comma 2, fra cui l’indicazione del codice fiscale, dei dati relativi al reddito, all’età, all’attività lavorativa, all’entità delle lesioni subite e l’allegazione della attestazione medica di avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti e di cui all’art. 142 comma 2 C.d. A., come nel caso di specie, la domanda giudiziale di risarcimento danni da questi avanzata deve essere dichiarata improcedibile. L’omissione delle prescritte indicazioni configura infatti una carenza del contenuto di un atto formale tipico contemplato dall’ordinamento quale condizione di proponibilità della domanda e in quanto tale si sottrae alla disciplina dell’art. 156, comma 2 e 3, c.p.c. riguardante i soli atti processuali, con la conseguente improponibilità della domanda giudiziale, fermo restando il valore interruttivo della prescrizione e l’inerenza della pronuncia ai soli profili procedurali.
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Tribunale|Cosenza|Sezione 2|Civile|Sentenza|12 marzo 2020| n. 551
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Cosenza, Sezione Seconda Civile, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Filomena De Sanzo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 2639 del R.G.A.C. dell’anno 2016 vertente
TRA
TA.PI., con il patrocinio dell’avv. CA.SE.;
APPELLANTE
E
AM. S.p.A. (già CA. SPA), in persona del l.r.p.t., con il patrocinio dell’avv. RI.PA.;
APPELLATO – APPELLANTE INCIDENTALE
NONCHÉ
FI.PA.
APPELLATA CONTUMACE
Oggetto: appello avverso sentenza del Giudice di Pace – lesione personale Conclusioni: come in atti.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con citazione ritualmente notificata Ta.Pi. ha proposto appello avverso la sentenza n. 226/2016 emessa il 21.02.2016 dal Giudice di Pace di Cosenza con cui, in parziale accoglimento della domanda da lui spiegata contro gli odierni appellati per ottenere il risarcimento dei danni asseritamele subiti a seguito del sinistro stradale occorso il 07.02.2015 tra la vettura Mercedes Classe A di sua proprietà (assicurata Carige) e l’Audi A2 di Fi.Pa., era stato ad egli attribuito un concorso di colpa nella misura del 30% con conseguente riconoscimento, a titolo risarcitorio, della minor somma di Euro 7.856,00 (oltre interessi di legge dal fatto al soddisfo), rispetto a quella che gli sarebbe spettata ritenendo esclusivamente responsabile dell’evento dannoso la Fi..
Ha dedotto in particolare l’appellante: la violazione da parte del Giudice di prime cure della presunzione iuris tantum del modello CAI doppia firma; l’errore materiale di calcolo del risarcimento del danno biologico per come quantificato nella disposta CTU medico-legale ed il mancato riconoscimento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria dal giorno dell’occorso fino al soddisfo.
Il Ta. ha, per questi motivi, chiesto la riforma della sentenza gravata chiedendo accertarsi e dichiarare che il sinistro “è da addebitare alla esclusiva responsabilità di Fl.An., conducente” della vettura di proprietà Fi.; accertarsi e dichiarare l’errore di calcolo del danno biologico statuendo che a lui è dovuto l’importo di Euro 3.267,20 e non la somma, ritenuta in sentenza, di Euro 2.267,20; accertarsi e dichiarare “che il Giudice di primo grado ha omesso” di liquidare la chiesta rivalutazione monetaria del danno accertato e di riconoscere gli interessi compensativi, pure richiesti.
Costituitasi in giudizio, Am. (già Ca. spa) ha eccepito: la nullità dell’atto di appello per mancanza di procura; la nullità dell’atto di appello per omessa indicazione dell’art. 38 c.p.c. e l’inammissibilità del gravame per violazione del contenuto dell’art. 324 c.p.c.
L’appellata ha inoltre spiegato appello incidentale censurandola decisione di primo grado nella parte in cui il Giudice: ha rigettato l’eccezione di nullità della citazione senza motivare sul rigetto; ha omesso ogni pronuncia sulla formulata eccezione di difetto di procura ex parte actoris; ha omesso ogni pronuncia sull’eccezione di improcedibilità della domanda attrice per violazione dell’art. 145 D. L.vo 20972005; ha omesso ogni pronuncia sulla richiesta di CTU modale da essa formulata; ha accolto, seppur parzialmente, la domanda attorea facendo erronea applicazione del dettato dell’art. 2054 c.c.; ha erroneamente operato la quantificazione del danno, sia patrimoniale che non patrimoniale.
La causa, assunta in decisione dopo il rigetto della richiesta di CTU modale da parte della compagnia assicuratrice, è stata rimessa sul ruolo per l’esame in contraddittorio della domanda di rimessione in termini dell’appellante per il deposito del proprio fascicolo di parte, ritirato a seguito della precisazione delle conclusioni e rinvenuto da impiegato del Tribunale in un ufficio diverso da quello della scrivente.
Esaminata dunque con controparte la questione, la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e repliche.
Va in primo luogo accolta la richiesta di rimessione in termini per il deposito del fascicolo di parte avanzata dall’appellante.
Dalla certificazione dell’impiegato An.D’A., depositata in Cancelleria il 27.03.2019, emerge infatti che il fascicolo di parte del Ta. è stato accidentalmente rinvenuto tra i fascicoli da archiviare in data 27.02.2019 e restituito al procuratore, notiziato del rinvenimento a mezzo telefono dallo stesso impiegato.
E’ dunque fondato il dubbio che il legale abbia tempestivamente depositato il proprio fascicolo in Cancelleria e che esso, per disguido e/o errore di chi lo ha ricevuto e preso in carico, sia stato inserito tra gli atti da archiviare piuttosto che all’interno del fascicolo d’ufficio.
Ciò posto, nel merito del gravame si osserva quanto segue.
L’eccezione di nullità dell’atto di appello per difetto di procura formulata dalla compagnia assicuratrice è infondata.
Com’è noto, infatti, la mancanza della sottoscrizione del procuratore nella copia notificata dell’atto di appello non ne determina la nullità ma configura una mera irregolarità – sanabile ex tunc dalla costituzione dell’appellato – quando la copia notificata contenga elementi che ne rivelano la provenienza da un procuratore munito di mandato. A tal fine, la dichiarazione dell’ufficiale giudiziario, che ha certificato l’avvenuta notifica di “copia del suesteso atto” consente di ritenere attestata, sia pure implicitamente, la conformità della copia notificata all’originale, sia per quanto riguarda la copia stessa che per quanto riguarda il mandato in essa riprodotto, così come la locuzione “richiesto come in atti, “ut sopra”, contenuta nella relata di notifica, va intesa nel senso che la notifica avviene su istanza di colui che l’atto rivela legittimato ed interessato a richiederla (ex plurimis, v. Cass. civ., sez. I, 07.11.1991, n. 11883).
Nel caso di specie si rilava che la copia dell’atto di appello notificata contiene elementi tali da consentire di ritenere la conformità della stessa all’originale, e cioè: la sottoscrizione dell’avvocato Ca. a conclusione dell’atto di appello e l’intestazione: “Studio legale Se.Ca.” sulla richiesta di notifica dell’appello all’ufficiale giudiziario.
Infondata è anche l’eccezione di nullità dell’atti di appello per omessa indicazione dell’avvertimento che la mancata tempestiva costituzione comporta le decadenze di cui all’art. 38 c.p.c. formulata dall’assicurazione.
Ed infatti, l’art. 342 c.p.c., laddove prevede che l’appello si propone con citazione contenente “le indicazioni prescritte nell’art. 163”, non richiede altresì che l’atto d’impugnazione contenga anche lo specifico avvertimento, prescritto dall’art. 163, n. 7, comma 3, c.p.c., che la costituzione oltre i termini di legge implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., atteso che queste ultime si riferiscono solo al regime delle decadenze nel giudizio di primo grado e, in mancanza di una espressa previsione di legge, la prescrizione di tale avvertimento non può essere estesa alle decadenze che in appello comporta la mancata tempestiva costituzione della parte appellata (Cass. civ., sez. III; 13.01.2016, n. 341).
Va ancora rigetta l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione del disposto dell’art. 342 c.p.c. avendo il Ta. espressamente indicato i punti motivazionali della sentenza gravata oggetto di censura e le ragioni delle rispettive doglianze.
Quanto alla censura, formulata in sede di appello incidentale, di nullità della citazione in primo grado per indeterminatezza di petitum e causa petendi, si rileva che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellato, il Giudice di prime cure ha fornito adeguata motivazione del rigetto della richiesta di declaratoria di nullità laddove ha evidenziato che l’atto introduttivo del giudizio si presentava “rituale, regolare e completo di tutti i requisiti richiesti dall’art. 163 c.p.c.”.
La lettura del contenuto della citazione dà, del resto, conto della completezza dello stesso, emergendo la dettagliata descrizione sia dei fatti posti a fondamento della domanda (sinistro stradale con descrizione delle relative modalità, spaziali e temporali) che del petitum (richiesta di risarcimento danni, materiali e non patrimoniali).
Infondata è anche l’eccezione di nullità della citazione per difetto di procura non risultando sottoscritto il mandato ad litem nella copia notificata alla compagnia assicuratrice.
Per come rilevato prima in relazione all’analoga eccezione formulata in relazione all’atto di appello, si osserva che la citazione risulta sottoscritta dall’avvocato Ca. ed emerge altresì che la notifica dello stesso all’ufficiale giudiziario è stata richiesta dallo stesso legale.
Emergono, quindi, elementi univoci e concreti da cui inferire il tempestivo conferimento di valida procura al proprio legale da parte del Ta..
Fondata è invece l’eccezione di improponibilità della domanda giudiziale spiegata dal Ta. in primo grado per violazione del disposto dell’art. 148 Codice delle Assicurazioni.
Si tratta invero di eccezione su cui il Giudice di Pace non si è pronunciato in sentenza, omettendone completamente l’esame.
Ebbene, rileva il Tribunale che la richiesta di risarcimento inviata alla Compagnia di assicurazione dal Ta. con missiva dell’11.03.2015 deve ritenersi incompleta non contenendo le indicazioni previste dal combinato disposto degli artt. 1145 e 148 codice delle assicurazioni.
Sotto tale profilo va infatti ritiene questo Giudice di condividere il principio secondo cui l’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all’articolo 148 C.d.A.
Qualora, invece, la raccomandata di messa in mora, inviata dal danneggiato alla impresa di assicurazione, non contenga tutte gli elementi indicati dall’art. 148, comma 2, fra cui l’indicazione del codice fiscale, dei dati relativi al reddito, all’età, all’attività lavorativa, all’entità delle lesioni subite e l’allegazione della attestazione medica di avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti e di cui all’art. 142 comma 2 C.d. A., come nel caso di specie, la domanda giudiziale di risarcimento danni da questi avanzata deve essere dichiarata improcedibile.
L’omissione delle prescritte indicazioni configura infatti una carenza del contenuto di un atto formale tipico contemplato dall’ordinamento quale condizione di proponibilità della domanda e in quanto tale si sottrae alla disciplina dell’art. 156, comma 2 e 3, c.p.c. riguardante i soli atti processuali, con la conseguente improponibilità della domanda giudiziale, fermo restando il valore interruttivo della prescrizione e l’inerenza della pronuncia ai soli profili procedurali (cfr. Tribunale Torino sez IV 17 ottobre 2007)
L’importanza giuridica della fase pre – processuale tra danneggiato ed ente assicurativo è stata posta in luce dalla S.c. con sentenza n. 11606/05 del 31 maggio, in cui la Cassazione ha riconosciuto la rilevanza della specifica attività legale stragiudiziale svolta dall’avvocato a partire dall’inoltro della missiva all’ente assicurativo ex art. 22 legge n. 990/69 per conto del danneggiato – ora artt. 145 e 148 D. Lgs. n. 209/05 (C.d.A.) – in quanto da un lato trattasi di attività pre – processuale necessaria e propedeutica alla possibile successiva attività giudiziale ove non si raggiunga accordo bonario: il procedimento pre – processuale, osserva la Corte, è condizione di proponibilità della domanda giudiziale e dunque trattasi, in casi del genere, di assicurare il diritto di difesa costituzionalmente previsto dall’art. 24 Cost. in una fase anteriore al processo ma necessaria e propedeutica ad esso.
Ciò posto, seguendo i canoni interpretativi sopra evidenziati, può esaminarsi in fatto il caso sottoposto all’esame e va allora osservato che la missiva datata 11.03.2015, che costituisce l’unica richiesta di risarcimento inoltrata alla Compagnia Assicuratrice, allegata dall’istante, è insufficiente rispetto ai tanti specifici elementi normativamente richiesti dall’art. 148 cod. assicurazioni non contenendo l’indicazione né dei codici fiscali delle parti coinvolte, del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione e l’esame da parte dei periti né risulta ad essa allegata la documentazione medica attestante l’avvenuta guarigione ed i postumi residuati al danneggiato.
La missiva non indica nemmeno la tipologia di lesioni riportate dall’infortunato, non specifica se vi sia stata o meno guarigione oppure quali postumi permanenti siano residuati, la “attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti” così come richiesto dalla norma in esame.
Le osservazioni in fatto e le argomentazioni in diritto più sopra svolte, conducono inevitabilmente per la declaratoria di improponibilità della domanda giudiziale, anche considerato che alla prima missiva non sono seguite altre missive di aggiornamento della situazione fattuale del danneggiato. Né può ritenersi che l’incompletezza della richiesta stragiudiziale possa essere sanata, ai fini della proponibilità della domanda, dalla mancata richiesta di integrazione da parte dell’assicurazione.
Ad avviso del Tribunale infatti la norma in questione non si applica ai casi in cui la prima richiesta del danneggiato sia generica e carente, in radice, degli elementi e dei dati indicati dal secondo comma 148, come nel caso di specie.
A ciò osta una lettura sistematica, logica e non contraddittoria dell’intero art. 148 che non potrebbe da un lato sanzionare con la improponibilità una richiesta gravemente carente e subito dopo prevedere che anche in tale ipotesi l’onere si sposta sull’assicuratore il quale dovrebbe anche in tal caso rispondere al danneggiato segnalandogli le carenze della prima missiva; di fatto si tornerebbe, inammissibilmente, alla più blanda disciplina procedimentale di cui all’art. 22 legge n. 990/69 che l’attuale legislatore ha voluto – anche in esecuzione di direttive comunitarie in materia – chiaramente superare.
In tale prospettiva la norma di cui al comma quinto va allora propriamente riferita alle ben diverse ipotesi in cui “l’incompletezza” riguarda alcuni “dati” o documenti “integrativi” specifici la cui necessità di acquisizione sorga per l’assicuratore sulla base della cornice conoscitiva già “completa” rappresentagli dal danneggiato, come ad esempio nel caso in cui il danneggiato ha effettuato un esame radiografico oppure una RMN oppure ancora emerga che in essa si fa riferimento ad altre cartelle cliniche o ad esami diagnostici non trasmessi all’ente assicurativo (i casi possono essere i più vari); e la conoscenza di tali “dati” o “integrazioni” di tipo tecnico è utile od opportuna – secondo canoni di correttezza e buona fede – per l’assicuratore al fine dei necessari approfondimenti e valutazioni in ordine alla sussistenza, al tipo ed al grado di danno biologico risarcibile al danneggiato (cfr. Trib. Roma 15.07.2010).
Si aggiunga, a sostegno di tale interpretazione, che il contenuto che la richiesta deve avere ai sensi dell’art. 148 C.d.A. è infatti funzionale al perseguimento di un intento deflattivo del contenzioso in materia di infortunistica stradale nell’alveo di una disciplina che pone a carico dell’assicuratore l’obbligo di proporre una congrua e motivata offerta risarcitoria o di esporre al richiedente i motivi del diniego.
Pertanto, la documentazione da allegare alla lettera di messa in mora, ed in particolare la documentazione medica unitamente all’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi, richiesta dall’art. 148 Codice delle Assicurazioni, si appalesa assolutamente necessaria alla compagnia richiesta del risarcimento per valutare l’ammontare del risarcimento del danno non patrimoniale da invalidità temporanea ed eventualmente permanente.
Tale interpretazione non si pone del resto in contrasto col diritto dell’attore danneggiato di agire in giudizio che è comunque fatto salvo dalla possibilità di riproporre la domanda una volta soddisfatta la condizione di procedibilità.
Ne discende che la domanda risarcitoria avanzata dal Ta. in primo grado doveva essere dichiarata improcedibile.
In accoglimento dell’appello incidentale, quindi, la sentenza gravata va annullata con conseguente pronuncia di declaratoria di improcedibilità della domanda e condanna dell’appellante principale alle spese dei due gradi di giudizio ed a quelle della CTU medico-legale espletata in prime cure.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra istanza ed eccezione, così decide:
– accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, annullata la sentenza gravata, dichiara improcedibile la domanda risarcitoria avanzata in primo grado da Ta.Pi.;
– condanna l’appellante principale al pagamento delle spese legali sostenute da parte appellata che liquida in Euro 1.500,00 per il primo grado di giudizio ed Euro 1.800,00 per presente grado d’appello per onorari professionali, oltre rimborso forfettario, CAP ed IVA come per legge;
– pone definitivamente a carico del Ta. le spese della CTU espletata in primo grado con obbligo rimborso agli appellati di quanto eventualmente già pagato al consulente.
Così deciso in Cosenza il 12 marzo 2020.
Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2020.