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il principio dell’onere probatorio contenuto nell’art. 2697 cod. civ. trova applicazione anche in relazione alla domanda proposta dal danneggiato di un sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore per la responsabilità civile del veicolo che il danneggiato ritiene responsabile del sinistro stesso, e pertanto, ove l’attore produca a fondamento della propria domanda solo il verbale di constatazione amichevole sottoscritto dai due conducenti dei veicoli coinvolti nell’incidente, che genera nei confronti dell’assicuratore solo una presunzione “iuris tantum” in ordine allo svolgimento dei fatti, ove il giudice abbia ritenuto superata la presunzione dagli elementi di prova contraria dedotti dall’assicuratore, la domanda che non si fondi su altri elementi probatori non può che essere rigettata.
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Sinistri stradali, danno da fermo tecnico, risarcimento: onere probatorio e liquidazione equitativa.
Giudice di Pace Milano, civile Sentenza 11 settembre 2018, n. 7470
REPUBBLICA ITALIANA
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI MILANO
In nome del Popolo Italiano, il Giudice di Pace di Milano, IV sezione, Avv. Rossella Barbaro, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 19514/2017 del Ruolo Generale Affari Contenziosi
da
Au.Ca., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Bi. e Di.Mo.
ATTRICE
contro
Zu., CF (…) in persona del legale rappresentante pro – tempore, con l’avv. Al.Fr.
CONVENUTA
nonché contro
Ve.El., CF (…)
CONVENUTA CONTUMACE e con l’intervento volontario di Av., P. IVA (…) rappresentata e difesa dall’Avv. Sa.
INTERVENIENTE VOLONTARIA
Oggetto: risarcimento danni extracontrattuali.
1.
Trattasi di richiesta di risarcimento danni da sinistro stradale, per il quale l’attore, carrozziere di professione e cessionario del credito dell’originario danneggiato, Sig. Sc.Ro., a seguito di riparazione del veicolo di quest’ultimo, evocava in giudizio la Zu., per sentirla condannare al risarcimento del danno subito dal predetto veicolo, oltre fermo tecnico ed interessi.
2.
Più in dettaglio, asseriva l’attore che il sinistro stradale era avvenuto il 26.09.16 in Tavazzano con Villavesco (LO), allorché il veicolo di proprietà dello Sc., condotto dal Sig. Sc.An., una (…), tg. (…) veniva attinto da altro veicolo, una (…), tg. (…) assicurata Zu., di proprietà della Sig.ra Ve.El., la quale – invadendo l’opposta corsia – andava a collidere con il veicolo dello Sc., causandone l’urto contro il guard – rail.
Aggiungeva l’attore, che la Sig.ra Ve., alla quale era addebitabile il sinistro, ammetteva la propria responsabilità sottoscrivendo la CAI, che allegava.
A seguito del sinistro si verificavano danni materiali all’autovettura (…) per l’importo complessivo di Euro 5.876,96 – che venivano prontamente richiesti alla Zu., ma senza esito.
3.
Nessuno si costituiva per la Zu. alla prima udienza e, pertanto, la stessa veniva dichiarata contumace, così come la convenuta Ve..
Alla prima udienza, tuttavia, si costituiva – quale interveniente volontaria – la (…), che assicurava il veicolo attoreo, deducendo un proprio interesse a stare in giudizio, quale mandataria Card, stanti gli accordi tra imprese assicurative di cui all’art. 149 del Codice delle Assicurazioni (d’ora in poi, CdA).
Parte attrice non accettava il contraddittorio e chiedeva dichiararsi inammissibile tale intervento..
Tale questione veniva preliminarmente affrontata e risolta con sentenza parziale, con la quale veniva dichiara l’inammissibilità dell’intervento volontario in questione.
Alla successiva udienza, fissata per assunzione incarico e giuramento CTU, si costituiva la Zu., per la quale veniva revocata la contumacia precedentemente dichiarata.
4.
Ciò premesso, la domanda non è stata provata.
5.
Come si è avuto modo di anticipare, parte convenuta si è avvalsa della CAI agli atti, con la quale, la convenuta Ve. si assumeva la responsabilità del sinistro.
Il Giudice disponeva CTU, tenendo anche conto che parte convenuta Zu. aveva eccepito che il medesimo veicolo riparato dal carrozziere (la (…)) aveva subito, nel corso di circa cinque mesi, ben 7 sinistri, escluso quello di cui trattasi. La circostanza sebbene non provata specificamente a causa della tardività del deposito della documentazione – non è stata contestata da parte attrice, la quale ha glissato sull’argomento. Pertanto, ex art. 115 c.p.c. può ritenersi come acciarata.
6.
Durante l’istruttoria veniva dato incarico ad un CTU, il quale depositava l’elaborato riconoscendo parte dell’importo, ma facendo presente, tuttavia, che:
– la carreggiata sulla quale si è verificato il sinistro non è percorribile contemporaneamente da due veicoli, data la ristrettezza;
– quanto ai danni da contatto diretto, non vi è la possibilità di stabilire con certezza la compatibilità, stante il fatto che la vettura antagonista (a quella dell’attore) era stata già riparata e i danni non risultavano visibili neanche da reperti fotografici;
– quanto ai danni cd indiretti, con particolare riferimento all’urto contro il guard rail, essi non risultano compatibili se non limitatamente alla parte anteriore dx;
– la valutazione effettuata dalla Carrozzeria attrice, in ogni caso, supera il valore ante sinistro del veicolo riparato, tale da risultale antieconomica su tali importi; secondo il CTU i soli danni compatibili con la dinamica così descritta – ferma l’impossibilità di verificarne la compatibilità tra i veicoli
coinvolti – sarebbero quantificabili in Euro 3.417,32 oltre IVA (se versata, mancando agli atti una fattura/ricevuta fiscale).
7.
Alla luce di quanto premesso, occorre fare una serie di valutazioni, non prima di rammentare quale sia, in giudizio, il valore di una CAI sottoscritta dalle parti.
La sottoscrizione del modello CAI costituisce presunzione (legale) relativa (iuris tantum) a mente dell’art. 143 Codice delle Assicurazioni, il quale al punto 2) recita: quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro si presume, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso. Ciò detto, nell’ambito della ripartizione dell’onere della prova, due sono le soluzioni date per la compagnia assicurativa al fine di superare la presunzione iuris tantum: fornire una prova contraria o, in alternativa, una serie di presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti (art. 2729 c.c.), tali da superare la stessa presunzione legale portata dalla C.A.I.
In altre parole, al fine di superare tale presunzione non è assolutamente necessario che l’assicuratore dia la prova positiva delle effettive modalità di svolgimento dell’incidente (cosa peraltro difficile, se non impossibile), essendo sufficiente a tal fine qualsiasi altro ordinario mezzo di prova (compresa la confessione o il giuramento del danneggiato, o anche altra presunzione) atto a convincere il giudice che il sinistro non si sia mai verificato, o che si sia verificato secondo modalità diverse (in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. III, n. 4007/2004).
8.
Ciò detto e venendo al caso di specie, se il valore della CAI dev’essere di mera presunzione, diventa tanto più necessario per il Giudice verificare se altri elementi possano corroborare tale presunzione, facendola assurgere al rango di prova. Se, viceversa, gli elementi ricavabili dal giudizio (nell’istruttoria, nelle stesse allegazioni delle parti, nei documenti depositati agli atti) risultassero in contrasto con la presunzione creata dalla CAI, quest’ultima non avrebbe più lo stesso valore che comunemente le viene assegnato e, addirittura, verrebbe ad essere superata da altre presunzioni (che, benché semplici, singolarmente considerate, diventassero) gravi, precise e concordanti. In tal senso, si è espressa la Suprema Corte con l’Ordinanza n. 12370/2016: “in materia di responsabilità da sinistro stradale, ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole di incidente (cosiddetto C.I.D.) deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio.
Per mutuare i principi esposti al caso di specie, sono molti gli elementi emersi in corso di causa che depongono a favore del fatto che il sinistro non si sia mai verificato o verificato in altre circostanze (diverse da quelle indicate dalle parti).
Innanzitutto, nella CAI viene dato atto di un’invasione di corsia da parte della convenuta Ve., ma dai fotogrammi dei luoghi (scattati dal CTU ed allegati all’elaborato peritale) si evince chiaramente che nel punto in cui si è verificato il sinistro vi è una strettoia priva di linea di mezzeria: il che rende difficile già come principio stabilire chi abbia invaso la corsia dell’altro.
In secondo luogo, per chi si approssimi a detta strettoia (perfettamente visibile a distanza da entrambi i sensi di marcia, tenuto conto anche dell’orario e del periodo in cui si è verificato sinistro) non è credibile di non avvedersi dell’impossibilità di transitare contemporaneamente per due veicoli (come accertato dal CTU), ma solo a senso alternato, peraltro senza l’ausilio di segnaletica orizzontale. Da ciò apparirebbe quantomeno arbitrario accollarsi l’esclusiva responsabilità per un sinistro che accada in quel punto.
In terzo luogo, parte dei danni segnalati nella CAI (in particolare, quelli centro – posteriori dx) a carico della (…) non risultano compatibili con la dinamica così come narrata e per ciò sono stati categoricamente esclusi dal CTU. E tutto ciò nonostante nella CAI venissero attribuiti plasticamente a questo sinistro (ad ulteriore dimostrazione della scarsa valenza della stessa). Inoltre, se è vero che il CTU ha operato una quantificazione in relazione agli ulteriori danni (cd diretti) ritenuti plausibili secondo la ricostruzione attorea, l’ha fatto con una fondamentale premessa: l’impossibilità di valutare la compatibilità del danno tra i due veicoli coinvolti, tenuto conto che non è stato possibile visionare i danni riportati dal veicolo della Ve., già riparato, neanche mediante reperti fotografici.
Si aggiunga, poi, che parte convenuta Zu. ha allegato (senza contestazioni di controparte) una totalità di 8 sinistri, compreso il presente, in cui è stato coinvolto il veicolo attoreo, in un periodo di tempo molto ristretto (di circa 5 mesi). Detta circostanza fa apparire come plausibile l’impossibilità (registrata dallo stesso CTU) di far risalire alcuni danni al sinistro de quo e l’incertezza in generale sulla compatibilità con l’atro veicolo.
Ancora, risulta anomalo che una Carrozzeria (persona giuridica) effettui una riparazione, con una quantificazione dei danni superiore ad Euro 5.000,00, certamente al limite o addirittura al di sotto di quello che era il valore ante sinistro del mezzo, senza emettere regolare fattura, la quale – in base al regime fiscale a cui è sottoposta – andrebbe emessa al momento dell’esecuzione delle prestazioni. Quasi come ad attendere l’esito di un giudizio aleatorio senza dover sopportare anticipatamente i costi fiscali della fattura medesima!
9.
Tanto argomentato, quindi, non resta che fare applicazione dei principi sanciti dalla Suprema Corte nella sentenza succitata (4007/2004): il principio dell’onere probatorio contenuto nell’art. 2697 cod. civ. trova applicazione anche in relazione alla domanda proposta dal danneggiato di un sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore per la responsabilità civile del veicolo che il danneggiato ritiene responsabile del sinistro stesso, e pertanto, ove l’attore produca a fondamento della propria domanda solo il verbale di constatazione amichevole sottoscritto dai due conducenti dei veicoli coinvolti nell’incidente, che genera nei confronti dell’assicuratore solo una presunzione “iuris tantum” in ordine allo svolgimento dei fatti, ove il giudice abbia ritenuto superata la presunzione dagli elementi di prova contraria dedotti dall’assicuratore, la domanda che non si fondi su altri elementi probatori non può che essere rigettata.
Ciò premesso, la domanda va respinta, poiché la stessa non è stata provata. Le spese di lite e di CTU, seguono la soccombenza e vengono liquidate ex D.M. 55/14 diminuite in ragione della prossimità al limite inferiore dello scaglione.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando;
ogni contraria istanza, azione ed eccezione disattesa;
– rigetta la domanda proposta dall’attrice e, per l’effetto la
– condanna al pagamento in favore della Zu., in persona del legale rapp.te, delle spese legali sostenute da parte attrice e liquidate in complessivi Euro 1.492,50 per compensi professionali (di cui Euro 303,75 per la fase di studio; Euro 251,25 per la fase introduttiva; Euro 405,00 per la fase istruttoria ed Euro 532,50 per la fase decisoria), oltre spese non imponibili, Iva, Cpa e rimborso forfetario, come per legge;
– condanna al pagamento delle spese di CTU;
– nulla sulle spese in relazione alla convenuta contumace.
Così deciso in Milano il 9 luglio 2018.
Depositata in Cancelleria l’11 settembre 2018.