Anche a prescindere dal caso specifico della regione Campania la cui legislazione e’ tuttavia vincolante nel caso di specie, il principio generale, affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ alla quale si intende dare pienamente continuita’, e’ quello di radicare la responsabilita’ civile per i danni causati dai cani randagi nell’ente o enti cui e’ attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991) il dovere di prevenire il pericolo specifico per l’incolumita’ della popolazione, e cioe’ il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi, mentre non puo’ ritenersi sufficiente, a tal fine, l’attribuzione di generici compiti di prevenzione del randagismo, quale e’ il controllo delle nascite della popolazione canina e felina, avendo quest’ultimo ad oggetto il mero controllo numerico degli animali, a fini di igiene e profilassi, e, al piu’, una solo generica ed indiretta prevenzione dei vari inconvenienti legati al randagismo. Sulla base di questo principio generale la ASL e’ il soggetto individuato dalla normativa regionale quale competente in materia di prevenzione del fenomeno del randagismo.
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|10 settembre 2019| n. 22522
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28344-2017 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE BENEVENTO in persona del Direttore Generale Dott. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
COMUNE BENEVENTO in persona del Sindaco p.t. On. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso L’AGENZIA (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1583/2017 del TRIBUNALE di BENEVENTO, depositata il 01/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 10/6/2010 (OMISSIS) cito’ la Asl di Benevento davanti al Giudice di Pace della stessa citta’ per sentir dichiarare la responsabilita’ della stessa nella causazione del sinistro avvenuto il giorno (OMISSIS) sulla strada statale in direzione (OMISSIS) localita’ Contrada (OMISSIS) a causa di un cane randagio che aveva investito la sua autovettura, procurando danni non inferiori ad Euro 4.900.
Nel contraddittorio con la ASL che eccepi’ il proprio difetto di legittimazione passiva e con il Comune di Benevento, chiamato in causa dalla ASL, il Giudice di Pace accolse la domanda e condanno’ la ASL in solido con il Comune di Benevento a pagare in favore dell’attore la somma Euro 4.108,86, oltre interessi e spese.
Il Tribunale di Benevento, adito in appello dalla ASL in via principale ed in via incidentale dal Comune di Benevento, ha accertato che il cane fosse randagio, e che sussistesse la legittimazione passiva di entrambi i convenuti, della ASL onerata della vigilanza sugli animali randagi e del Comune gravato del compito di predisporre l’organizzazione, prevenzione e controllo dei cani vaganti.
In particolare la sentenza ha valorizzato la testimonianza del teste (OMISSIS), residente nella zona, che aveva riferito della presenza di molti randagi, senza collare o museruola, nella stessa zona, segnalati in piu’ occasioni alle autorita’ di competenza e che il grosso cane randagio, all’atto del sopraggiungere dell’autovettura dell’attore, aveva attraversato la strada per unirsi ad un branco di altri cani, tagliando la strada alla Fiat Punto che procedeva verso Benevento.
In assenza di prova che il cane fosse, invece, di proprieta’ di qualcuno, il Giudice ha rigettato sia l’appello principale sia quello incidentale, confermando l’impugnata sentenza e condannando l’appellante alle spese del grado.
Avverso la sentenza la ASL di Benevento ricorre sulla base di quattro motivi. Resistono con distinti controricorsi (OMISSIS) ed il Comune di Benevento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’errata interpretazione della normativa vigente. Violazione della Legge Regionale Campania, articolo 6 attuativa della L. n. 281 del 1991 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Censura la sentenza nella parte in cui ha riconosciuto puramente e semplicemente la legittimazione passiva della ASL senza valutare che alla medesima erano affidati solo compiti di profilassi e polizia veterinaria ed il servizio di accalappiamento ma non anche il compito di controllare continuamente il territorio comunale per verificare la presenza o meno di randagi.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia error in procedendo (senza illustrarlo), violazione dell’articolo 2697 c.c., omessa e contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Censura la sentenza nella parte in cui non si e’ fatta carico di accertare un comportamento omissivo colposo della ASL, consistente ad esempio in un suo mancato intervento a seguito di tempestiva chiamata da parte del Comune o di altri.
La sentenza avrebbe dovuto addossare l’intera responsabilita’ al Comune tenuto al rispetto del dovere di prevenzione e controllo del randagismo sul territorio di competenza sulla base della giurisprudenza di questa Corte.
1.-2. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione e sono entrambi inammissibili sia perche’ la sentenza impugnata ha deciso in senso conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, sicche’ i motivi sono inammissibili ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., sia perche’ viene proposta, in termini peraltro inammissibili, una censura motivazionale ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, non proponibile in base all’articolo 348 ter c.p.c., comma 4, in presenza di una cd. “doppia conforme”.
In sostanza la ricorrente tende a contestare che, in base al quadro normativo, costituito dalla legge quadro nazionale e da quella regionale, non ci sarebbe un obbligo per la ASL di controllo continuo del territorio comunale ma solo un obbligo specifico di intervento per la cattura dell’animale randagio a seguito di segnalazione, mentre la giurisprudenza di questa Corte si sarebbe orientata, in altri casi analoghi, a ritenere la responsabilita’ del Comune.
I motivi sono inammissibili perche’, come affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, la disciplina stabilita a livello nazionale dalla L. 14 agosto 1991, n. 281 ha demandato la competenza a legiferare in materia di randagismo alle Regioni e la Regione Campania, con la L. 24 novembre 2001, n. 16, ha affidato la competenza della vigilanza e del controllo del randagismo, con accalappiamento e trasferimento degli animali randagi nei canili pubblici, ai servizi veterinari della ASL, mentre ha riservato ai Comuni il compito di munirsi dei canili nei quali ricoverare i cani catturati e quello di risanare le strutture esistenti.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte, con particolare riguardo alla legge Regione Campania, ha confermato questo quadro normativo (Cass., 3, n. 8137 del 3/4/2009) ed ha, al piu’, in generale affermato la responsabilita’ solidale del Comune con la Asl di competenza (Cass., 3, n. 17528 del 23/8/2011; Cass., 3, n. 15167 del 20/6/2017) o in alcuni casi addirittura la sola competenza dei servizi veterinari della Asl (Cass., 3, n. 17060 del 28/6/2018).
Anche a prescindere dal caso specifico della regione Campania la cui legislazione e’ tuttavia vincolante nel caso di specie, il principio generale, affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ alla quale si intende dare pienamente continuita’, e’ quello di radicare la responsabilita’ civile per i danni causati dai cani randagi nell’ente o enti cui e’ attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991) il dovere di prevenire il pericolo specifico per l’incolumita’ della popolazione, e cioe’ il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi, mentre non puo’ ritenersi sufficiente, a tal fine, l’attribuzione di generici compiti di prevenzione del randagismo, quale e’ il controllo delle nascite della popolazione canina e felina, avendo quest’ultimo ad oggetto il mero controllo numerico degli animali, a fini di igiene e profilassi, e, al piu’, una solo generica ed indiretta prevenzione dei vari inconvenienti legati al randagismo (Cass., 3, n. 12495 del 18/5/2017). Sulla base di questo principio generale la ASL e’ il soggetto individuato dalla normativa regionale quale competente in materia di prevenzione del fenomeno del randagismo.
Da quanto premesso discende l’inammissibilita’ dei primi due motivi del ricorso volti a censurare la sentenza per non aver escluso la legittimazione passiva della ASL.
3. Con il terzo motivo si censura la manifesta contraddittorieta’ nell’applicazione della normativa con riferimento ad altri giudicati del medesimo Tribunale che avrebbero deciso diversamente, escludendo la responsabilita’ della ASL. Si tratta di un non-motivo, che fuoriesce dai limiti delle censure di cui all’articolo 360 c.p.c., ed e’, pertanto radicalmente inammissibile.
4. L’inammissibilita’ dei precedenti motivi travolge nella stessa sorte anche il quarto motivo volto a censurare la statuizione sulle spese, poste a carico di entrambi i soggetti soccombenti nel giudizio di appello, ASL e Comune di Benevento.
5. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e la ASL ricorrente condannata alle spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi in favore di (OMISSIS), mentre il Comune di Benevento avendo agito ai soli fini di litis denuntiatio non avendo un effettivo interesse al ricorso, non ha diritto alla liquidazione delle spese. Va posto a carico del ricorrente il cd. “raddoppio” del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi in favore del (OMISSIS) nella misura di Euro 1.200 (oltre Euro 200 per esborsi), piu’ accessori di legge e spese generali al 15%. Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.